ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 19/02/2010

QUARESIMA: GESU' VINCE LA TENTAZIONE CONTRO LA VITA

Post n°3134 pubblicato il 19 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

“Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: 'Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane'. Gesù gli rispose: 'Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo'. Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: 'Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do’ a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo'. Gesù gli rispose: 'Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto'. Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: 'Se tu sei Figlio di Dio gettati giù di qui; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinchè essi ti custodiscano; e anche: Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra'. Gesù gli rispose: 'E’ stato detto: Non metterai alla prova il Signore tuo Dio'. Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato” (Lc 4,1-13).

“La giustizia di Dio si è manifestata per mezzo della fede in Cristo”: il Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2010, si può riassumere con le parole dell’evangelista Giovanni: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Si tratta dell’abbondanza infinita della vita di Dio, che l’uomo aveva già ricevuto in dono e conservata fino al giorno della sua disobbedienza originale. In principio, infatti, Dio ha creato l’uomo nella libertà dell’amore e nell’innocenza della vita, colmandolo di gioia per la comunione con Lui; ma poi,“per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono” (Sap. 2,24).
Appartengono alla morte tutti coloro che liberamente scelgono il peccato, vivendo come se il Dio della vita non ci fosse, e, di conseguenza, non riconoscendo nemmeno l’inviolabile divina dignità dei loro fratelli. E’ questa l’ingiustizia diabolica che ha portato Caino ad uccidere il fratello Abele e, oggi, spinge l’uomo a congiurare contro la vita come mai ha fatto da quel primo omicidio. Ma Dio, Fonte della Vita, “al momento fissato” ha mandato il Suo Figlio, che è la Vita in Persona, a riconciliare gli uomini con Sé per mezzo della Croce, strumento tremendo e meraviglioso della “giustizia” del Padre. Tale giustizia è perciò l’opera del suo amore misericordioso, che in Cristo ci ha resi figli della Vita, partecipi della sua divina abbondanza. Gesù ha così rivelato il principio e il fondamento dell’inviolabile dignità di ogni uomo, già presente tutta intera fin dal primo istante del concepimento, quando non è ancora sviluppata la personalità: non riconoscere da questo istante tale dignità costituisce la più grave e deleteria delle ingiustizie. Lo ha implicitamente affermato lo stesso Benedetto XVI, il 13 febbraio scorso davanti all’Assemblea della Pontificia Accademia per la Vita, ribadendo che la dignità della persona è “un principio fondamentale, che la fede in Gesù Cristo Crocifisso e Risorto ha da sempre difeso, soprattutto quando viene disatteso nei confronti dei soggetti più semplici e indifesi: Dio ama ciascun essere umano in modo unico e profondo.(…) Quando si invoca il rispetto per la dignità della persona è fondamentale che esso sia pieno, totale e senza vincoli, tranne quelli del riconoscere di trovarsi sempre dinanzi a una vita umana”. Il Vangelo di questa I Domenica di Quaresima getta un fascio di luce divina nell’abisso del peccato contro la vita, anzitutto mostrandoci la strategia subdola e menzognera del diavolo, l’avversario e distruttore principale della vita umana. Luca descrive il Signore, apparentemente in balìa fisica del diavolo, impegnato a combattere con la sola forza della Parola per non “entrare” nella tentazione che satana Gli presenta di volta in volta: non solo in ognuna delle tre descritte dall’evangelista, ma in “ogni tentazione” (Lc 4,13). Come va inteso questo “ogni”? La risposta comincia ad affiorare se ricordiamo un testo fondamentale del Concilio Vaticano II: “Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo” (Costituzione pastorale “Gaudium et spes”, n. 22). In forza di questa comunione ontologica con l’umanità di ogni individuo assunta dal Verbo nell’incarnazione, Gesù ha potuto e ha dovuto sperimentare l’ambito totale della fragilità della nostra carne, per poterla sanare radicalmente in tutti gli uomini. Perciò era giusto che Egli fosse tentato in tutto, come noi peccatori. Questo “tutto” non si riferisce però alle singole, innumerevoli occasioni di peccato, ma al peccato come movente, desiderio, come fame di sè.

Pensiamo all’ambito attuale, gravissimo, del peccato contro la vita: ad esempio una donna che si ritrovi suo malgrado incinta, tra grandi difficoltà e lasciata “nel deserto” di una angosciante solitudine a dover decidere se tenere il bambino o no, mentre amiche, servizi sociali e perfino i genitori la spingono ad abortire. Ebbene, questa terribile tentazione Gesù l’ha combattuta? l’ha vinta? Oppure: Lui che aveva il potere di risuscitare i morti, in che modo si è misurato con la perversa tentazione di decidere sulla vita e sulla morte di un uomo? E ancora: Gesù, Autore della vita e figlio di un miracolo nel grembo, ha conosciuto la tentazione essenzialmente diabolica del figlio ad ogni costo (fecondazione artificiale)? Queste domande, volutamente provocanti, anzitutto ci conducono ad affermare che la Bibbia non va presa alla lettera, perciò: “Tutto ciò è mistero,…non possiamo penetrarlo a fondo e la confessione di questa impotenza deve restare al di sopra di tutto quanto è possibile dire sull’esistenza di Gesù” (R. Guardini, “Il Signore”, cap. 5). Detto questo, dobbiamo tuttavia credere che realmente non è esistita, non esiste e non esisterà mai tentazione alcuna, di uomo o donna, che l’umanità di Gesù non abbia dovuto combattere e vincere nei quaranta giorni di prova nel deserto (il numero 40 è simbolico e significa la pienezza di un periodo corrispondente all’arco della vita). Egli infatti non è stato sottoposto a tre tentazioni di seguito, ma all’unica e triplice radice che sta alla base di ogni tentazione umana (la miriade dei rami è generata tutta da questo tronco trigemino): “la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita” (1 Gv 2,16). Commenta al riguardo s. Agostino: “Ecco, dunque, le tre concupiscenze: ogni cupidigia umana è causata dalla concupiscenza della carne, dalla concupiscenza degli occhi o dalla superbia terrena. Il Signore stesso fu tentato dal diavolo su queste tre concupiscenze” (“Commento alla Prima lettera di Giovanni” II,14). Il tronco iniquo e ben piantato di cui parlo è la “legge di gravità” del peccato originale: quella tendenza egocentrica che è l’amore egoistico di sé, una sorta di bocca sempre spalancata dell’io affamato di piacere e gratificazione, vero e proprio istinto originale che si innesta psicologicamente sulla paura della morte (Sap 1,16-2,24). Ascoltiamo, allora, la Parola del Vangelo che ci libera da questa legge maligna e confrontiamola con il testo di 1Gv 2,16.

“Se sei il Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane” (Lc 4,3): corrisponde alla “concupiscenza della carne”, cioè il comportamento di chi vuole unicamente soddisfare le proprie esigenze e così trasforma il suo desiderio in bisogno impellente, in “voracità” dell’io-carne.

“Gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: 'Ti darò tutto il loro potere e la loro gloria...'” (Lc 4,5-6): corrisponde alla “concupiscenza degli occhi”, quella stimolata dalla sensualità e alimentata dai media e dalla pubblicità, vera e propria droga (internet può diventarlo) che spinge irresistibilmente la volontà alla ricerca del piacere, e, più comunemente, fa del benessere materiale e psicofisico il criterio del vivere, abolendo totalmente l’idea della rinuncia e del sacrificio come educazione necessaria al vero bene, personale e comune.

“Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui...” (Lc 4,9): corrisponde alla “superbia della vita”, l’ostentazione di una sicurezza morale falsa e menzognera, la pretesa vertiginosa di decidere da sé ciò che è bene e ciò che è male misurando tutto l’ambito morale con il metro assoluto della propria coscienza, tanto certa quanto erronea perché svincolata dalla legge eterna naturale inscritta dal Creatore in ogni uomo.

Tutto ciò equivale a dire che nel deserto, in quei quaranta giorni, in Gesù e con Gesù era presente ogni essere umano, concretamente tentato nella sua nativa e storica fragilità, in forza della comune natura umana assunta dal Figlio di Dio incarnato. In Lui ogni tentazione, e in particolare quella contro la vita nel grembo, è destinata a venir meno, ad esaurirsi, per la forza vittoriosa della Parola, e di questa Parola che oggi è annunziata “nel deserto”: “Lo libererò, perché a me si è legato, lo porrò al sicuro perché ha conosciuto il mio nome. Mi invocherà e gli darò risposta; nell’angoscia io sarò con lui, lo libererò e lo renderò glorioso” (Salmo 91/90, v.15). -  Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. - Zenit -

 
 
 

O SEI OMOSESSUALE O SEI FUORI MODA

Post n°3133 pubblicato il 19 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Mediaset e Rai si sono messe a suonare la stessa musica • Di punto in bianco, grazie alle trasmissioni televisive, si è passati dall'omofobia all'omofilia.

Se sei normale (statisticamente parlando, è ovvio, cioè nel senso della massima frequenza) la tv (Rai e Mediaset che siano) non fa per te. Si vuol varare una legge contro l'omofobia (cosa indubbiamente necessaria, al pari della lotta contro ogni altro tipo discriminazione di ogni essere umano) ma ci si arena nelle distinzioni o nelle esclusioni? Si vuol dare un crisma di legalità alle unioni di fatto, in specie a quelle omosessuali, ma ci si impantana tra Dico e non dico, Pacs, patria e famiglia? Non importa. A dare a tutti noi una consapevolezza sociale corretta ci pensa la Tv che è la più grande levatrice che sia mai esistita dei comportamenti di massa. Ecco infatti che in molti sceneggiati o serial si fanno largo i matrimoni omosessuali, con una incidenza di tutto rispetto, sicuramente esagerata rispetto a ciò che capita nella vita di tutti i giorni. Sulla Rai, ad esempio, in una sola serata, quella del venerdì, e precisamente su Raidue vanno in onda, alle 21 circa, Desperate housewiwes e, a seguire Brothers & Sisters. Nel primo, che comunque viene segnalato come non adatto ai minori, appare chiaro che le uniche due coppie che non hanno vite contorte o stressanti sono quelle formate da omosessuali, che vivono in tranquillità il loro rapporto e spesso danno saggi consigli alle vicine. Nel secondo invece anche la coppia di omosessuali, regolarmente sposati e con professioni di successo, ha qualche problema, anche se riesce rapidamente a chiarire le ragioni del conflitto e a ritrovare l'armonia, mentre gli altri brothers e sisters hanno parecchi problemi di comprensione e di vita, del tipo se utilizzare o meno un utero in affitto, proseguire il percorso di recupero dalla tossicodipendenza, trovare lavoro, ed anche trovare un altro fidanzato per uno zio rimasto «vedovo», che però sembra riuscire a superare il dolore ed ha incominciato «a vedersi con un'altra persona». Mediaset non vuole essere da meno e quindi manda in onda prima serata, il mercoledì, uno sceneggiato «Caterina e le sue figlie» che, in mancanza di avvisi (che Mediaset non fa perché altrimenti perde audience) si deve ritenere consigliato per tutti. È il terzo anno della serie e la storia si dipana intorno alle vicende della suddetta Caterina che ha la croce di avere tre figlie che appaiono del tutto deficienti, oltre che pronte ad andare a letto col primo venuto, scambiandolo sempre per il grande amore. Quest'anno, due sorelle si dividono inconsapevolmente lo stesso uomo, ovviamente un farabutto, mentre la terza fa collezione di figurine e orienta la sua vita a seconda dei consigli della sua eroina televisiva. Caterina ha una grande amica che invece vive tranquilla e felice perché il suo figliolo in Spagna ha incontrato l'amore ed è tornato sposato con un aitante spagnolo. Purtroppo, come si suol dire «nelle puntate precedenti», lo spagnolo ha avuto un piccolo cedimento con la maliarda del paese, da cui è nata una bimba ma, dopo varie traversie, adesso i due mariti, la bambina e la maliarda redenta sono, tutti insieme e finalmente, una famiglia felice: «Una mamma e due papà» testuale. Caterina, oltre che dal farabutto di cui sopra, è minacciata, anche se non lo sa, da una perfida femmina che si è invaghita del suo secondo marito. Costei, ovviamente siciliana, pazza di gelosia come solo le siciliane dei film sanno essere, trama nell'ombra per far fuori la rivale. Inevitabilmente, per ben evidenti ragioni di mercato, lo sceneggiato, che raccoglie sponsor, pubblicità e ascolti, deve durare un bel po' di settimane e quindi, per movimentare ed allungare la storia ha bisogno di continue novità. Ecco quindi apparire un altro personaggio, la giovane nipote delle due pettegole del paese che, come un coro greco, siedono in qualunque stagione sulla panchina della piazza commentando ogni evento. Le due anziane, nubili ed illibate sorelle, accolgono con gioioso affetto la nipote e la dichiarano loro futura erede nel momento in cui lei assicura di non essere mai andata a letto con un uomo. Infatti è sincera a tal punto che, il giorno dopo il suo arrivo, intreccia una relazione saffica con la barista del locale al centro della suddetta piazza. Penso che al più presto, quando qualche governo o governatore regionale glielo consentirà, anche loro si sposeranno, perché una cosa è chiara: le famiglie più per bene sono quelle omosessuali. E così, ancora una volta la televisione ha contribuito a farci crescere e se un tempo ci incitava dicendoci che non è mai troppo tardi, ora ci sussurra che non è mai troppo presto - Serena Gana Cavallo - Italia Oggi -

 
 
 

LE IMMAGINI "ATEE" DELLA HAUSNER CHE SPEGNE LE LUCI ( E LA FEDE) A LOURDES

Post n°3132 pubblicato il 19 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La prospettiva di Jessica Hausner nel suo Lourdes è dichiarata subito, sin dalla scena iniziale, coll’inquadratura dall’alto della sala da pranzo per i pellegrini. Nessuna finestra, ma una luce artificiale fioca, su un ambiente claustrofobico: nero il pavimento, nere le pareti cui sono appesi crocifissi neri, nere le gonne e i pantaloni del personale, neri i mantelli delle hospitalières con la croce di Malta, nere le divise dei Cavalieri dell’Ordine, neri i clergyman dei preti. A quei tavoli funerei prende posto,in silenzio, una turba da corte dei miracoli di nani, paralitici, cancerosi, assistiti da volontari tanto formalmente educati quanto distratti o perplessi ("che ci faccio, qui?"), vivi solo nello scambio di sguardi tra ragazze col velo e giovanotti col basco. Poca, pochissima luce in tutto il film, la cui cifra cromatica è il plumbeo: nuvole nere nel cielo persino nelle pochissime scene all’aperto. Anche la benedizione eucaristica del pomeriggio –l’appuntamento quotidiano più amato dai pellegrini, assieme alla processione notturna con le fiaccole– non è girata, come è nel vero, sulla grande, luminosa Esplanade che fronteggia i tre santuari sovrapposti. No, la Hausner ha scelto di ambientarla nell’enorme chiesa sotterranea, dove non penetra alcuna luce. Poca luce pure per la lugubre festicciola finale. E buia, ovviamente, la scena topica della guarigione –miracolosa o casuale che sia– della tetraplegica venuta a Lourdes non per fede, ma per sfuggire dalla casa dove il male la imprigiona. Crediamo abbia visto bene la UAAR, "Unione degli atei e degli agnostici razionalisti" nell’attribuire a questo film il suo beffardo premio intitolato a Brian, dal nome di una dissacrante pellicola su Gesù. Dicono, questi atei organizzati, che l’opera della Hausner potrà aiutare a perdere la fede "chi non è ancora approdato a una visione disincantata e scettica". Pure la Massoneria ha espresso il suo apprezzamento. Che dire, allora, del premio attribuito dagli uomini di cinema cattolici, riuniti in un’associazione riconosciuta ufficialmente dalla Santa Sede? Che dire della diocesi milanese che ha deciso di sponsorizzare quest’opera, diffondendola nelle parrocchie? Verrebbe in mente quanto mi disse un Umberto Eco ironicamente deluso, quando analoghi premi cattolici (uno, addirittura dalla Loyola University, l’ateneo dei gesuiti americani) furono attribuiti al film tratto dal suo Il nome della rosa: "Io ho faticato per fare un libro radicalmente agnostico se non ateo, sperando di suscitare un dibattito infuocato. E invece no, ‘sti preti mi fregano , applaudendomi e riempiendomi di premi. Quasi quasi ho nostalgia dei bei, vecchi tempi della Santa Inquisizione. Quei tosti domenicani erano meno noiosi del frate e del sagrestano " adulti" che, entusiasti, acclamano il miscredente". Ma sì, sarebbe facile sorridere del masochismo clericale, cui peraltro siamo ormai rassegnati. Qui, però, occorre forse riconoscere delle attenuanti. In effetti, a una prima lettura il film della regista austriaca (la solita ex-cattolica: l’Occidente ne è ormai pieno) pare accattivante per i devoti. Non c’è nulla dell’anticlericalismo di un Emile Zola che si intrufolò, da anonimo, nel Pellegrinaggio Nazionale francese e ne trasse il suo fazioso romanzo, dove tutto inizia, per lui, da "une pauvre idiote", da una piccola isterica chiamata Bernadette. Nulla, qui, delle invettive delle Logge ottocentesche, che chiedevano la chiusura manu militari di Lourdes "per abuso della credulità pubblica", nonché per "ragioni igieniche". Il vecchio mangiapretismo vociferante ha fatto posto, nella Hausner, a un ateismo radicale, ma politically correct. E una simile negazione della fede -durissima nei contenuti, ma molto soft nei modi- può avere depistato i clericali entusiasti. L’ateismo, peraltro onestamente dichiarato nelle interviste, non sta tanto nella barzelletta del capo dei Cavalieri hospitaliers (la Madonna che vuole andare a Lourdes, perché non vi è mai stata), battuta un po’ blasfema che svela l’incredulità di quei volontari. Non sta tanto nei dubbi dei pellegrini, nel loro spiarsi invidiosi, ciascuno temendo che il vicino di stanza sia guarito e lui no. E non sta neppure in quei cappellani che, alle domande dei malati, replicano con slogan, quasi fossero distributori automatici di risposte apologetiche. No, l’ateismo radicale del film sta nell’annuncio che il cristianesimo è morto, perché proprio la cartina di tornasole di Lourdes rivela che sono morte le tre virtù teologali che lo sorreggevano: morta la Fede, morta la Speranza, morta anche la Carità, malgrado le apparenze di chi, come i volontari, sembra esercitarla. Ma per amore di sé, non dei bisognosi. Per sfuggire alla noia, per trovare un senso o un marito, più che per aiutare il prossimo. Papa Giovanni definì Lourdes, che molto amava, "una finestra che si è spalancata all’improvviso, mostrandoci il Cielo". La Hausner, quella finestra la chiude: da qui, la mancanza di luce, il senso di oppressione, la claustrofobia, il nero che segnano tutta la sua pellicola. Quel Cielo di Roncalli è ormai sbarrato, uccidendo la Speranza. L’esplosione gioiosa dell’alba della Risurrezione è rimossa a favore di una routine devozionale grigia, noiosa, segretamente ipocrita. Ma è sul serio così? Chi ha esperienza vera di Lourdes sa (e non è retorica) che questo è il regno del dolore ma anche della gioia; della disperazione e della speranza; del dubbio e della fede; dell’egoismo di mercanti, osti, professionisti dell’assistenza e della generosità di infiniti anonimi. Un impasto contradditorio, certo, ma pieno di vita e plasmato, malgrado tutto, da una fede tenace, che non si arrende. Vi sono talvolta nubi, sui Pirenei. Ma, ancor più spesso, vi splende un sole caldo. La Hausner ha le sue ragioni, cui va il nostro rispetto. Ma, attorno alla Grotta –quella vera, non quella della ex allieva delle suore che ha perso la fede- c’è un braciere che continua ad ardere, simboleggiato dalle mille candele accese giorno e notte, da 150 anni. Non c’è il cero ormai spento, o solo fumigante, che vorrebbe questo film, tanto eccellente nella tecnica quanto unilaterale nei contenuti. - Vittorio Messori -

 
 
 

LA MIRACOLOSA CONVERSIONE DEL RABBINO CAPO DI ROMA ISRAEL ZOLLI

Post n°3131 pubblicato il 19 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il 13 febbraio 1945 Israel Zolli, Rabbino Capo di Roma, e sua moglie furono battezzati nella basilica di S.Maria degli Angeli. Il fatto miracoloso, la sua conversione, è frutto di una storia profonda. Già da bambino, Zolli rimaneva turbato alla vista del crocifisso che più tardi avrebbe identificato nel servo sofferente di Isaia. Egli racconterà successivamente nel suo libro "Prima dell'Alba" due episodi centrali per la sua conversione. Il primo nel 1918 quando mentre scriveva un articolo dovette deporre la penna e come in trance cominciò ad invocare il nome di Gesù, fino a vederlo come in un quadro senza cornice sul muro della sua stanza. Il secondo e decisivo episodio fu nel 1944 durante la cerimonia dello Yom Qippur dove lui stesso presiedeva la preghiera: "Mi sentivo lontanissimo dal rito e lasciai che gli altri continuassero per loro conto a recitare le preghiere e a cantare. Non avvertivo né gioia né dolore; ero privo di pensieri e di sensazioni. Il cuore era come morto nel petto (...) E proprio allora vidi con gli occhi della mente un prato che si estendeva verso l’alto, luccicante d’erba ma senza fiori. In questo prato vidi Gesù Cristo vestito d’un mantello bianco, e dietro il suo capo il cielo azzurro. Provai la più grande pace interiore... Circa un’ora dopo, mia moglie, mia figlia e io eravamo finalmente a casa per la cena. Quando fui stanco mi ritirai nella mia camera da letto. La porta della stanza di mia figlia era chiusa. Ad un tratto mia moglie mi disse: "Oggi mentre stavamo davanti l’arca della Torah mi è parso come se un’immagine bianca di Gesù ti mettesse le mani sul capo nell’atto di benedirti". Fui sbalordito ma rimasi calmissimo, e finsi di non aver capito. Mia moglie allora mi ripeté ciò che aveva detto, parola per parola. In quello stesso momento udimmo la nostra figlia minore, Myriam, che chiamava da lontano: "Papà!". Andai nella sua stanza. "Che c’è?" le domandai. "Stavate parlando di Gesù Cristo" rispose. "Sai, papà, ho sognato che vedevo un Gesù altissimo, ma non ricordo che cosa succedeva dopo (…) Fu pochi giorni dopo questi fatti che mi dimisi dal mio posto nella comunità israelitica e mi rivolsi ad un umile prete per farmi istruire. Ci fu un intervallo di alcune settimane, dopo di che, il 13 febbraio, ricevetti il sacramento del Battesimo ed entrai a far parte della Chiesa cattolica, Corpo Mistico di Gesù Cristo".

Nel 1940, durante l'occupazione tedesca, fu preteso dalla Comunità ebraica la consegna di 50 kg d'oro in 24 ore, minacciando la deportazione in Germania in caso di inadempienza. Zolli si recò da Pio XII per chiedere aiuto e questi avrebbe a sua volta dato disposizione che fossero consegnati i 15 kg mancanti. Tale azione venne ricordata, terminata l'occupazione, in una solenne celebrazione nel Tempio Maggiore ebraico di Roma nel luglio 1944, che fu radiotrasmessa, per esprimere pubblicamente la riconoscenza della comunità ebraica a Pio XII, per l'aiuto dato loro durante la persecuzione nazista. L'incontro con Pio XII sarebbe stato determinante per la futura conversione al cattolicesimo del rabbino: Zolli ritenne papa Pacelli così importante per il suo cammino spirituale che, al momento di ricevere il battesimo cattolico nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, scelse il nome di Eugenio Pio. In risposta all'insinuazione che si sarebbe fatto Cattolico per interesse, il coraggioso Rabbino disse: "Nessun motivo egoistico mi ha spinto. Quando io e mia moglie abbiamo abbracciato la Chiesa abbiamo perso tutto quello che avevamo al mondo. Ora dovremo cercarci un lavoro e Dio ci aiuterà a trovarne uno." Quando al buon Rabbino è stato chiesto perché avesse abbandonato la Sinagoga per la Chiesa, egli ha risposto: "Ma io non l'ho abbandonata. Il Cristianesimo è il completamento della Sinagoga. Poiché la Sinagoga era la promessa e il Cristianesimo è il completamento di tale promessa. La Sinagoga era rivolta al Cristianesimo: il Cristianesimo presuppone la Sinagoga. Come vedi, uno non può esistere senza l'altro. Ciò a cui mi sono convertito è il Cristianesimo vivente."

"Ma perché non ha abbracciato una delle denominazioni protestanti che sono parimenti cristiane?"

"Perché protestare non significa testimoniare. Non ho intenzione di mettere in imbarazzo qualcuno domandando: "Perché aspettare 1500 anni per protestare? La Chiesa Cattolica è stata riconosciuta dall'intero mondo cristiano come la vera Chiesa di Dio per 15 secoli consecutivi. Nessuno può dire alt alla fine di questi 1500 anni e dire che la Chiesa Cattolica non è la Chiesa di Cristo senza mettersi seriamente in imbarazzo da solo. Io posso accettare solo quella Chiesa che fu predicata a tutte le creature dai miei stessi antenati, i 12 Apostoli che, come me, provenivano dalla Sinagoga." "Ero cattolico nel cuore prima che scoppiasse la guerra; nel 1942 ho promesso a Dio che sarei diventato Cristiano se fossi sopravvissuto al conflitto. Nessuno al mondo ha mai cercato di convertirmi. La mia conversione è stata una lenta evoluzione, completamente interiore." " Ho cominciato a capire che per molti anni sono stato un Cristiano senza saperlo. Se avessi notato questo fatto 30 anni fa, quello che è successo ora sarebbe successo allora." "Un uomo non è convertito nel momento in cui sceglie, bensì nell’ora in cui riceve la chiamata di Dio. E quando si sente tale chiamata, chi la riceve ha solo una cosa da fare: obbedire". "Gesù che avrebbe potuto convertire le pietre in pane, digiuna per quaranta giorni nel deserto; egli che avrebbe potuto chiamare in sua difesa intere legioni di angeli, comanda a Pietro di rinfoderare la spada con cui ha tagliato l'orecchio di Malco; ma egli ridona la vista ai ciechi, monda i lebbrosi, risuscita i morti; egli combatte contro un nemico solo: il male; e i nemici vanno perdonati e fatti oggetto di preghiere al Padre". Anche la moglie e la figlia si convertirono: Emma aggiunse al proprio nome quello di Maria, mentre la conversione e il successivo battesimo di Myriam giunsero un anno più tardi.
Morì il 2 marzo 1956 (il giorno dell'80° compleanno di Pio XII) e fu sepolto nel Cimitero romano di Campo Verano.

 
 
 

STAMINALI ED EMBRIONI: QUANDO LA SCIENZA E' MANIPOLATA DALLA POLITICA

Post n°3130 pubblicato il 19 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Parla James Sherley, il «luminare» della genetica di Boston che già cura pazienti con le cellule adulte I fallimenti nella pratica sperimentale, la rivoluzione di Yamanaka, il dirottamento dei fondi concessi da Obama, oggi impiegati per altro: le staminali embrionali sembrano ormai solo un ricordo, e non solo negli Usa.

All’epoca le cose Oltreoceano andavano diversamente: l’amministrazione Bush aveva idee chiare sull’impiego delle cellule staminali embrionali, i fondi pubblici non venivano utilizzati per quel tipo di ricerca e nei laboratori si faceva 'muro', continuando a spingere la causa della distruzione di embrioni quale unica via possibile per guarire le malattie del secolo come Alzheimer e Parkinson. All’apoca Sherley, al Massachusetts Institute of Technology di Boston (il celebre Mit), era fra i pochi a studiare le staminali adulte e soprattutto a rifiutarsi di prendere in esame le embrionali, le sue convinzioni erano 'scomode'. Fu letteralmente defenestrato, il suo laboratorio chiuso. L’'eretico' delle staminali, lo chiamavano. Il 'filo-Bush'. Oggi le cose sono cambiate: i fondi per la ricerca sugli embrioni sono stati 'liberati' da Obama, con un colpo di mano che molto ha fatto discutere. Ma le cellule embrionali hanno ormai dimostrato i loro evidenti limiti e anacronismi, i laboratori hanno dirottato studi e progetti sulle riprogrammate. E Sherley, che continua le sue ricerche con profitto in un centro indipendente, non sembra più il folle che lotta contro i mulini a vento.

Professore, che cosa pensa dello stato attuale della ricerca sulle cellule staminali negli Usa e nel resto del mondo?
«Le cose sono cambiate. Fino a qualche tempo fa una piccola porzione dell’intero universo scientifico – concentrato in un numero relativamente piccolo di eccellenti laboratori con a disposizione la maggior parte dei fondi devoluti per la ricerca – manipolava l’attenzione dei media e, di conseguenza, dell’opinione pubblica. La ricerca sulle cellule staminali embrionali sembrava l’unica via possibile, nonostante i suoi evidenti limiti. Primo fra tutti non realizzare i benefici che prometteva».

Dunque conferma che l’impiego degli embrioni per la ricerca ha avuto esiti fallimentari?
«È proprio così. Non a caso in molti dei laboratori americani – anche se ufficialmente nessuno lo ammetterà mai – i fondi sulla ricerca resi accessibili da Obama vengono oggi utilizzati per la ricerca sulle cellule riprogrammate scoperte da Yamanaka».

Qual è il suo giudizio su quella scoperta?
«Senza’altro si è trattato di una rivoluzione, anche se le cellule 'ringiovanite' hanno dimostrato lo stesso limite delle embrionali: quello di non sapersi trasformare in tessuti adulti o ripararli senza innescare delle reazioni 'avverse', per così dire, nei tessuti stessi. Su questo aspetto oggi si sta lavorando. Ciò che davvero dobbiamo alla scoperta di Yamanaka è di aver rotto un incantesimo, mostrando alla scienza la possibilità di fare ricerca senza distruggere vite umane».

Che dire invece della ricerca sulle staminali adulte, in cui lei è impegnato?
«Credo da sempre che questa sia la vera via da battere. Da quando sono venuto via dal Mit di Boston, anche a causa della sistematica discriminazione di cui sono stato vittima per la mia contrarietà alla ricerca sugli embrioni, ho compiuto notevoli passi avanti nel mio programma di ricerca, focalizzato sull’impiego delle cellule staminali adulte nella riparazione di tessuti. Insieme al mio team, al Boston Biomedical Research Institute, ora stiamo lavorando con le staminali per produrre cellule del fegato, del pancreas e dei polmoni. Ci riusciamo, e queste cellule servono già per curare i pazienti».

E pensare che – prima ancora di entrare nel merito dell’eticità o meno della ricerca sugli embrioni – sembra radicata la convinzione che sia del tutto 'antiscientifico' fare senza...
«Per come la vedo io, la questione degli embrioni umani è prima di tutto una questione di diritti umani. La posta in gioco, nel dibattito se sia lecito o no utilizzarli per la ricerca, è altissima: quella di costruire una società che ignori la verità sulla natura umana e su quello che le spetta di diritto, la vita. La sfida degli esseri umani – e anche della scienza – dovrebbe essere quella di realizzare il proprio bene personale tenendo un occhio ben puntato su quello futuro di tutti».

Ci siamo abituati anche a vedere molta politica, e molti interessi economici, dietro le scelte sulle staminali.
«Anche questo è un aspetto ormai evidente dello stato della ricerca. Basti pensare al clamoroso caso delle licenze per la produzione di ibridi in Inghilterra: un ramo della scienza altrettanto fallimentare, (chi ha avuto più notizia degli esiti di quegli studi?) ma grazie al quale diversi quattrini sono finiti nelle casse di laboratori che sembravano condannati a chiudere. E poi alla scelta politica di Obama, qui negli Usa, di dare un segno di discontinuità rispetto al suo predecessore e di accontentare chi lo aveva sostenuto in campagna elettorale. La scienza manipolata dalla politica, tuttavia, non è affatto scienza. E la co-azione di scienza e politica per il conseguimento di determinati obiettivi è aberrante, in ogni società».

Cosa dobbiamo aspettarci dal futuro?
«Passi avanti! Io sono un ottimista. Le leggi della natura, su tutte quella del rispetto della vita, possono essere anche distorte temporaneamente, ma la scienza stessa finisce per rivelarle. E questo indipendentemente da ogni ragione ideologica, politica o economica». - Viviana Daloiso - miradouro -

 

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 26
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Febbraio 2010 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
 
 
 

ARTICOLI DI FEDE MOLTO BELLI

 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963