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TIM AGLI AMERICANI DI KKR!

Post n°1906 pubblicato il 20 Agosto 2024 da scricciolo68lbr
 

Un'altro pezzo di Italia cambia proprietà, ed è un pezzo da nivanta, parlo della rete telefonica. Colpevolizzano la Meloni, quando invece il responsabile è Giorgetti, bocconiano, già al Mef con Draghi. E tutti i governi comunisti che hanno spolpato l'azienda con assunzioni clientelari e malagestione.

Così l’azienda guidata da Pietro Labriola ha confermato il 1° luglio 2024 – con una nota ufficiale – la vendita della sua rete. La rete TIM diventa quindi parte integrante degli asset di KKR (Kohlberg Kravis Roberts & Co. L.P.), fondo di investimenti statunitense, di proprietà di un ex agente della CIA, non serve aggiungere altro.

Da NetCo a FiberCop a KKR. L’intesa tra le due aziende prevede il trasferimento di NetCo, società del gruppo Telecom Italia che si occupa della gestione della rete fissa e che ha un controllo diretto sulla gestione dei cavi sottomarini Sparkle, all’interno di FiberCop (azienda a sua volta controllata al 58% da TIM). KKR, tramite la controllata Optics BidCo andrà ad acquisire l’intero capitale di FiberCop. Quanto si aspetta di guadagnare KKR da questo investimento? Secondo la regola del 72 (t~72/r) se vuole rientrare dall’investimento in cinque anni, assumendo che sborsi 18 miliardi, ha bisogno di un rendimento del 14,4%, quasi 3 miliardi all’anno da estrarre dalle "tasche" di quegli italiani che malauguratamente resteranno clienti Telecom e pagheranno le bollette ai nuovi padroni. Se si accontenta di rientrare in dieci anni gli basta il 7,2%, ma questo mi sembra più improbabile.

L’operazione di cessione è valorizzata fino a un massimo di 22 miliardi di euro, comprensivi di earn-out legati al verificarsi di determinate condizioni, e permette a TIM una riduzione dell’indebitamento finanziario in linea con quanto già comunicato al mercato.

A seguito del trasferimento degli asset verso KKR-Optics BidCo, i rapporti tra TIM e NetCo saranno regolate attraverso un Master Service Agreement (MSA) della durata di 15 anni, rinnovabile per ulteriori 15 anni. I servizi saranno resi a prezzi di mercato e senza impegni minimi di acquisto. 

Nel comunicato diramato da TIM, l’amministratore delegato Labriola sostiene che la società saprà essere più efficace sia sul mercato consumer che enterprise. L’operazione di vendita è il culmine del lavoro di due anni e mezzo. Oltre a TIM, i protagonisti sono ovviamente KKR ma anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), che ha seguito da vicino tutte le vicissitudini.

Raggiungiamo un traguardo che è anche un nuovo punto di partenza: lo abbiamo fatto centrando tutti gli obiettivi che avevamo annunciato e rispettando tutte le tempistiche promesse. Intendiamo continuare su questa strada per far crescere la fiducia dei dipendenti, dei clienti e degli azionisti“, ha commentato Labriola.

L’organico totale di TIM scende da 37.065 a 17.281 persone. Ciò significa che buona parte del personale cambierà formalmente, a questo punto, datore di lavoro. La “nuova FiberCop” nasce con 4 miliardi di ricavi, circa 2 miliardi di margine operativo e oltre 20 mila dipendenti. Ci sono diversi miliardi di debiti, parte dei quali “scaricati” su TIM, ma l’azienda di Labriola vuole a questo punto puntare sui servizi e, forse, in futuro tornare a parlare di acquisizioni maggiormente in linea con quello che d’ora in avanti sarà il suo core business.

La nota firmata TIM anticipa che maggiori dettagli sulla chiusura dell’accordo sono stati condivisi pubblicamente il 1° agosto.

Dopo la cessione della rete fissa di TIM a KKR, attraverso la società NetCo, l’azienda guidata da Labriola incasserà la quota di vendita che sarà utilizzata per appianare in parte il debito societario. Non avendo più controllo sulla rete, TIM sarà di fatto un operatore di servizi come tanti, alla stregua di tutti gli altri concorrenti.

KKR, dal canto suo, diviene comproprietaria delle infrastrutture di rete fissa e sottomarina ex Gruppo Telecom Italia. Ciò significa che il fondo d’investimento statunitense controllerà asset strategici per le telecomunicazioni italiane. Insieme con il MEF che avrà il 20% delle quote e F2i (Fondi Italiani per le Infrastrutture, società di gestione del risparmio italiana) che si aggiunge con il 10%. George Roberts e Henry Robert Kravis, cugini di primo grado, sono soci fondatori del fondo di private equity americano KKR e co-presidenti esecutivi. 

TIM manterrà comunque per sé (avendo estrapolato le risorse dall’accordo) la dorsale, 16 data center e la rete mobile.

A valle di tutto questo, TIM giocherà certamente da player più libero, scrollatosi di dosso l’oneroso fardello della rete. E in tanti sono già pronti a preconizzare accordi importanti con altri operatori, in alcuni casi proprietari e gestori di una loro rete. Fino a qualche anno fa sarebbe stata fantascienza, a dir poco.

Con la cessione di Netco-Fibercop, TIM passa in altre mani anche la sua storica sede romana di Corso D’Italia 41. Lì si insedierà l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Anche questa, a suo modo, una novità davvero epocale.

L’acquisizione della rete di telecomunicazione italiana di TIM da parte del fondo statunitense KKR e l’affidamento di attività di intelligence economica di Cassa Depositi e Prestiti alla Globintech, una società di cybersecurity guidata da ex dirigenti della CIA, sollevano preoccupanti interrogativi sulla sovranità tecnologica e sulla sicurezza nazionale dell’Italia.

Questi due eventi evidenziano un’inquietante tendenza: la crescente influenza di entità straniere, legate ai servizi di intelligence e militari americani, su settori strategici italiani.

L’acquisizione della rete TIM, che passerà attraverso FiberCop e poi a Optics BidCo controllata da KKR, rappresenta un passaggio cruciale. Il think tank che affianca KKR nell’analisi geopolitica e degli scenari globali, il KKR Global Institute, è guidato da David H. Petraeus, ex direttore della CIA e generale con una lunga carriera nelle forze armate statunitensi.

Parallelamente, la Cassa Depositi e Prestiti ha affidato alla Globintech la fornitura di servizi di intelligence per la cybersecurity. Globintech è co-fondata da Robert Gorelick, ex capo centro della CIA in Italia, e Alberto Manenti, ex direttore della branca estera dei Servizi Segreti italiani (Aise). Questa collaborazione, sebbene prometta servizi di alta qualità in termini di business intelligence e risk advisory, suscita preoccupazioni per la gestione dei dati sensibili. La presenza di figure con un passato così rilevante nei servizi di intelligence solleva dubbi sulla possibilità di influenze straniere nella gestione delle informazioni critiche.

Questi sono solamente due esemplificazioni che sottolineano in maniera netta e chiara il percorso che l’Italia ha intrapreso, cedendo il controllo su settori chiave come quello della sua economia e della sicurezza a entità private ex intelligence legate agli Stati Uniti. L’acquisizione della rete TIM da parte del fondo KKR, con Petraeus al timone, potrebbe essere vista come un sottolineare se ce ne fosse bisogno, ll spadroneggiare degli Stati Uniti dalla fine del secondo conflitto mondiale, e di estendere la loro influenza non più limitatamente alle scelte politiche ed economiche, fino ad arrivare al controllo delle infrastrutture di comunicazione italiane. Questo mette l’Italia in una posizione vulnerabile rispetto e rispetto al "padrone" statunitense e rispetto all'anglosfera.

L’affidamento di "attività di intelligence economica" di CDP a Globintech, guidata da ex dirigenti della CIA, rimarca ulteriormente questa vulnerabilità. La gestione di dati sensibili da parte di una società con forti legami con i servizi segreti americani, potrebbe compromettere l’autonomia decisionale del paese, mettendone a rischio la sicurezza nazionale.

L’Italia non sa reagire, nulla a che vedere coi governi della prima Repubblica, quando Craxi disse no nell'affair Sigonella; attualmente non proteggere più adeguatamente la sua sovranità nelle comunicazioni, né la sua sicurezza nazionale, in un contesto di crescente mutamenti a livello globale.

La vendita di infrastrutture "critiche" a soggeti privati stranieri e l’affidamento di servizi di intelligence interna, a società con legami con i servizi segreti americani, rappresentano una minaccia sottovalutata alla sovranità del paese.

Il governo italiano doveva valutare attentamente le implicazioni di queste scelte e di conseguenza adottare misure per garantire che le infrastrutture critiche e i dati sensibili siano gestiti in modo sicuro e indipendente. La protezione della sovranità tecnologica è fondamentale per la sicurezza nazionale e per la preservazione dell’autonomia decisionale del paese.

In un mondo sempre più interconnesso, è essenziale che l’Italia mantenga il controllo sulle sue risorse strategiche per garantire la sicurezza e la prosperità futura.


 

 
 
 
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