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ENNESIMA AMMISSIONE DI ZUCKERBERG SULLE PRESSIONI DELLA CASA BIANCA PER CENSURARE LE VERITÀ SULLA PANDEMIA!

Post n°1913 pubblicato il 28 Agosto 2024 da scricciolo68lbr

Era già accaduto. Il 31 di luglio a.D. 2023: Zuckerberg obbligato dal Congresso, consegnò i documenti che dimostrarono il controllo politico dell'amministrazione Biden sui contenuti dei social relativi al Cov*d.

L’amministrazione Usa guidata da Joe Biden esercitò pressioni su Facebook per ottenere censure in materia di Cov*d-19. Questo emerse dai cosiddetti «Facebook Files»: una serie di documenti che la società di Mark Zuckerberg consegnò alla commissione Giustizia della Camera dei rappresentanti. Si trattava di file che il presidente della commissione, il deputato repubblicano Jim Jordan, cominciò a rendere pubblici su Twitter in quei giorni.

«Documenti interni mai pubblicati prima, ottenuti dalla commissione Giustizia tramite ordine di comparizione, dimostrano che Facebook e Instagram hanno censurato i post e modificato le loro politiche di moderazione dei contenuti a causa di pressioni incostituzionali della Casa Bianca di Biden», scrisse Jordan. Il deputato anche pubblicò un’email di un dipendente dell’aprile 2021, indirizzata sia a Zuckerberg sia all’allora direttrice operativa di Facebook, Sheryl Sandberg, in cui diceva: «Stiamo affrontando continue pressioni da parte di stakeholder esterni, Casa Bianca inclusa e media, per rimuovere più contenuti che scoraggiano l’uso del vaccino».

Jordan proseguì riportando che, nello stesso mese, il presidente per gli Affari globali di Facebook, Nick Clegg, riferì al suo team che l’allora senior advisor di Biden per il contrasto al Covid, Andy Slavitt, si era «indignato» perché la piattaforma non aveva rimosso un meme sul vaccino. Jordan quindi pubblicò un messaggio, in cui Clegg raccontava il suo scambio di battute con Slavitt. «Ho ribattuto che rimuovere contenuti come quello avrebbe rappresentato una significativa intromissione nei tradizionali paletti della libertà d’espressione negli Usa». Eppure, secondo Jordan, «Slavitt aveva ignorato l’avvertimento e il Primo emendamento».

Sempre documenti alla mano, il deputato repubblicano affermò che, a seguito dell’irritazione di Slavitt, «Facebook andò nel panico» e che i suoi dirigenti «volevano ricucire il rapporto con la Casa Bianca per evitare azioni avverse». Ma non era ancora finita. Secondo i documenti, la Casa Bianca chiese alla piattaforma social per quale ragione non avesse censurato un video del giornalista Tucker Carlson. Nella risposta preparata dalla società di Zuckerberg per l’amministrazione Biden, il colosso di Menlo Park riferì di aver ridotto del 50% la diffusione del video in questione, pur ammettendo che quel contenuto «non violava» le politiche della piattaforma sui vaccini.

Jordan riferì inoltre che, durante l’estate del 2021, Facebook decise di mutare le proprie politiche in materia pandemica in conseguenza di ulteriori pressioni alcune provenienti dal Surgeon general (il responsabile della sanità pubblica negli Usa, che - ricordiamolo - era stato nominato da Biden); altre provenienti dallo stesso Biden che, in luglio, aveva esplicitamente accusato la piattaforma di «uccidere persone», veicolando «disinformazione». In un documento interno di agosto 2021 relativo alle pressioni del Surgeon general, si poteva leggere: «Durante la discussione, abbiamo concordato di esplorare ulteriormente quattro opzioni discrete di policy per ridurre la diffusione della disinformazione sul Covid-19 sulle nostre piattaforme».

Le pressioni di Biden si concentrarono anche contro la teoria, secondo cui il Covid poteva essere fuoriuscito da un laboratorio. I documenti rivelavano che i dirigenti di Facebook decisero di censurare tale teoria «perché eravamo sotto pressione da parte dell’amministrazione». In un altro file, pubblicato da Jordan, un dipendente scriveva che «il Surgeon general vuole che rimuoviamo informazioni vere sugli effetti collaterali, se l’utente non fornisce informazioni complete sul fatto che l’effetto collaterale sia raro e curabile».

Tali interferenze stupirono fino a un certo punto, visti gli stretti legami tra Facebook e l’attuale Casa Bianca. A novembre 2020, Politico riferì che Biden aveva assunto nel team di transizione presidenziale vari ex dirigenti della società. L’allora direttrice operativa, Sheryl Sandberg, intratteneva inoltre storici legami con Kamala Harris, a cui aveva in passato garantito endorsement e finanziamenti elettorali. Inoltre, secondo il sito Open Secrets, nel 2020 la quasi totalità delle donazioni elettorali del colosso di Menlo Park era andata al Partito democratico.

Sarà un caso, eppure Facebook limitò la diffusione dell’ormai famoso scoop del New York Post che, a pochi giorni dalle ultime presidenziali, rischiava di mettere seriamente in imbarazzo Biden e suo figlio Hunter in riferimento allo spinoso «caso Burisma»: lo stesso Zuckerberg rivelò l’anno prima che quella misura di censura fu adottata a seguito di alcuni avvertimenti arrivati dall’Fbi. Quello stesso Fbi che, come dimostrato da documenti interni resi pubblici da Elon Musk, effettuò pressioni anche su Twitter, per censurare utenti conservatori e scienziati non allineati all’amministrazione Biden in materia pandemica (come il professore di Stanford Jay Bhattacharya).

Poteva considerarsi normale tutto questo? Secondo i documenti che Jordan ottenne e rivelò, la Casa Bianca spinse Facebook a censurare non solo teorie magari bislacche sui vaccini, ma anche meme scherzosi e, addirittura, informazioni vere sui loro effetti collaterali. Senza ovviamente trascurare l’aver messo nel mirino l’ipotesi della fuoriuscita dal laboratorio, che all'epoca non solo era considerata concreta ma che, secondo un report investigativo pubblicato ad aprile dai senatori repubblicani, risultava addirittura altamente probabile.

A dimostrazione della problematicità di quanto accadde c'erano d’altronde le stesse preoccupazioni di Clegg sulla salvaguardia della libertà di espressione: un principio con cui l’attuale Casa Bianca a guida dem sembrava evidentemente avere qualche problema. Forse i repubblicani non avevano proprio tutti i torti a condurre delle inchieste parlamentari sulle attività di censura dei big del Web e sulla politicizzazione delle agenzie governative.

 

articolo di Stefano Graziosi, "La Verità".

 

27 agosto a.D. 2024. Pressioni da parte della Casa Bianca su Meta per limitare e censurare diversi contenuti riguardanti la pandemia, che comprendevano persino l’umorismo e la satira, decine di milioni di post rimossi a causa delle “regole di moderazione dei contenuti” e persino una fantomatica operazione di «disinformazione russa» sulla famiglia Biden, che è costata la censura al New York Post e che si è poi rivelata tutt’altro che infondata: si può riassumere così quanto emerge dalla lettera scritta dall’amministratore delegato di Meta, Mark Zuckerberg, alla commissione giudiziaria della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. Il proprietario dei social network Facebook e Instagram si è detto «dispiaciuto» e «rammaricato» per quanto accaduto e, sempre all’interno della lettera, si concede anche un passaggio sulla campagna elettorale per le presidenziali USA 2024, assicurando che l’obiettivo è quello di «essere neutrale e di non giocare un ruolo in un senso o nell’altro».

All’interno della lettera, pubblicata in versione integrale dalla Commissione giudiziaria della Camera su X, si legge: «Nel 2021, alti funzionari dell’amministrazione Biden, inclusa la Casa Bianca, hanno ripetutamente esercitato pressioni sui nostri team per mesi affinché censurassero determinati contenuti relativi al COVID-19, inclusi umorismo e satira, e hanno espresso molta frustrazione nei confronti dei nostri team quando non eravamo d’accordo. In definitiva, è stata una nostra decisione se rimuovere o meno i contenuti e siamo responsabili delle nostre decisioni, comprese le modifiche relative al COVID-19 che abbiamo apportato alla nostra applicazione in seguito a questa pressione». Un documento che certamente assomiglia a una lettera – almeno indiretta – di scuse, visto che Zuckerberg prosegue scrivendo: «Credo che la pressione del governo sia stata sbagliata e mi rammarico di non essere stati più espliciti al riguardo. Penso anche che abbiamo fatto alcune scelte che, con il senno di poi e con nuove informazioni, non faremmo oggi. Come ho detto ai nostri team in quel momento, sono fermamente convinto che non dovremmo compromettere i nostri standard di contenuto a causa delle pressioni di qualsiasi amministrazione in entrambe le direzioni, e siamo pronti a respingere se qualcosa del genere dovesse accadere di nuovo».

L’amministratore delegato di Meta prosegue citando un esempio concreto: in vista delle elezioni presidenziali del 2020, l’FBI avrebbe avvertito la piattaforma di una eventuale «potenziale operazione di disinformazione russa» riguardante la famiglia Biden e Burisma, azienda con cui faceva affari il figlio Hunter. Ciò ha causato la censura ad un articolo del New York Post che riportava accuse di corruzione riguardanti l’allora candidato democratico alle presidenziali. «Abbiamo inviato quell’articolo ai verificatori dei fatti per la revisione e l’abbiamo temporaneamente retrocesso in attesa di una risposta. Da allora è stato chiarito che la notizia non era disinformazione russa e, in retrospettiva, non avremmo dovuto declassare la storia. Abbiamo modificato le nostre politiche e i nostri processi per assicurarci che ciò non accada di nuovo: ad esempio, non declassiamo più temporaneamente le cose negli Stati Uniti in attesa dei verificatori dei fatti», ha aggiunto. Infine, Zuckerberg ha promesso il suo impegno a rimanere neutrale durante la campagna in corso per le prossime presidenziali e ciò, alla luce delle numerose accuse riguardanti spese da milioni di dollari che avrebbero portato ulteriori elettori a Biden, sembrerebbe quindi una rassicurazione tutt’altro che indifferente per i repubblicani. «Il mio obiettivo è essere neutrale e non interpretare un ruolo in un modo o nell’altro, o addirittura dare l’impressione di recitare un ruolo. Quindi non ho intenzione di dare un contributo simile in questo ciclo», ha poi aggiunto.

In conclusione, la lettera conferma ciò di cui avevamo scritto in molteplici occasioni, ovvero che durante la pandemia di Covid-19 numerosi contenuti, post satirici o riguardanti informazioni non allineate alla comunicazione governativa, sono stati rimossi con lo spauracchio del “pericolo di disinformazione” mentre in realtà vi era l’influenza della politica e di agenzie governative come l’FBI.

di Roberto Demaio - L'Indipendente.

FONTE:

https://www.lindipendente.online/2024/08/28/zuckerberg-ha-confessato-le-pressioni-della-casa-bianca-per-censurare-i-contenuti-sul-covid/

 
 
 
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