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L'ombra di Ulisse

La rabbia per l’esame non sostenuto è passata, per cui, questa sera,  voglio parlarvi, come precedentemente annunciato, di qualcosa che mi sta molto a cuore, un libro che ho letto di recente, appunto per un esame,  che mi ha suscitato emozioni ma, soprattutto riflessioni, ho visto molto di me in quel libro e tanto delle persone che mi circondano o che, comunque, sono passate nella mia vita, ho visto molto dell’essere umano, in generale, ho ritrovato in questo libro, quella che forse è la natura di ogni uomo, quella che senza dubbio è la storia, intesa come radici culturali, dell’uomo occidentale, (non soltanto di quello occidentale, in verità, ma mi limito alla tradizione  letteraria presa in esame dall’autore, che è esclusivamente quella occidentale). La mia non pretende di essere una recensione, non ne sarei capace, sono soltanto le mie impressioni e riflessioni di lettrice che voglio comunicare a voi, invitandovi, se mi è concesso, a leggere a questo meraviglioso libro, pieno di sapere, di poesia, di storia, letteratura, vita. Il libro in questione è “ L’ombra di Ulisse” di P. Boitani che ripercorre, appunto, il mito di Ulisse dall’origine omerica, passando per Dante,  fino ai giorni nostri, attraverso le interpretazioni, le “riscritture” dei vari autori occidentali, egli mostra come Ulisse non sia semplicemente una figura mitologica, ma un segno che ogni epoca, ogni autore ha riempito con il proprio significato. Ulisse è la sete di conoscenza, è colui che affronta l’altro da sé, è colui che naviga nel pelago infinito e sconosciuto… è l’uomo dell’inganno, colui che abbandona la propria casa, gli affetti familiari per seguire il sogno, il desiderio di sapere, quel sapere infinito che è la conoscenza dell’altro, del divino, quel sapere che si acquisisce solo con la fine della vita…è colui che sempre è avvolto da un’ombra, l’ombra del dubbio, l’ombra dell’ignoto, l’ombra della morte che prima o poi arriva per tutti…Non vi riassumerò il libro, (l’ho già fatto per l’esame!), ma voglio porvi qualche quesito, esponendovi così le domande che ho fatto a me stessa: Noi quanto desideriamo conoscere l’ignoto? Cosa e quanto siamo disposti a spendere per la conoscenza? Cosa è per noi l’ignoto? Cosa intendiamo per ALTRO?  Dio? Un altro essere umano? Un’altra forma di vita? Quanto siamo disposti a spendere di noi stessi nella conoscenza e nel rapporto con l’altro, chiunque esso sia?

Quanto al viaggio di Ulisse nell’infinito pelago, oltre le Colonne d’Ercole, cioè aldilà del mondo conosciuto, verso l’ignoto…noi siamo disposti ad oltrepassare le Colonne? Lo abbiamo mai fatto? Io credo che la nostra vita sia un continuo viaggio nel pelago infinito, oltre le Colonne, dal primo passo fino all’ultimo, sempre verso l’ignoto, che ci spaventa ma ci attrae, che da senso alla nostra vita…

Un’altra delle cose che ha suscitato le mie riflessioni è il tema della morte-in-vita…il morire lentamente giorno dopo giorno, vivere morendo…mi ha fatto pensare al male di vivere, alla depressione…e non solo… Come ogni uomo, Ulisse sapeva di essere destinato alla morte, ebbene egli per non abbandonarsi ad essa prematuramente, ancora in vita, per dare senso e valore alla propria vita ha seguito il proprio desiderio di conoscenza… Non è forse questo che ci tiene in vita? Non è forse questo che da senso alla vita? Viaggiare, alla ricerca del nuovo, cercare risposte, acquisire saperi e sentire il bisogno di acquisirne altri, sentire che c’è ancora qualcosa che valga la pena fare prima di spegnersi…non è questo che ci tiene in vita? Non è questo che ci permette di dire che siamo vivi, che siamo vita che non stiamo vivendo la morte-in-vita? E non penso solo alla depressione, ai mali dell’animo, ma penso anche a quanti sanno che la loro vita sta per volgere al termine…cosa li aiuta ad arrivare all’ultimo giorno? Certo tutti sappiamo di essere destinati, un giorno, a morire, ma ci chiediamo mai come affronti questa consapevolezza chi sa che la propria ora è vicina? E quelli che invece non l’hanno nel corpo la morte, ma nel cuore, nell’animo, nel proprio essere, quelli che vivono ogni giorno affrontando la morte-in-vita, come vivono? Come sopravvivono? Come fanno a liberarsi dalla morte e a vivere davvero la vita?

Forse quelle persone dovrebbero leggere questo libro, a me ha fatto bene, molto… e poi c’è la poesia, che largo spazio ha in questo testo, la poesia che consola, la poesia che crea l’infinito, la poesia che ci permette di conoscere l’infinito, la poesia che da sempre accompagna l’uomo, la poesia del bello, la poesia del dolore, la poesia della speranza, della disperazione, della vita e della morte… la poesia che descrive l’essere nel modo più profondo possibile…

Non aggiungo altro, lo so, è un po’ vaga come conclusione, ma proprio la “vaghezza” è il segno più forte che di questo libro mi è rimasto, la certezza che, per quanto dedichiamo tutta la vita alla ricerca del sapere, alla ricerca di risposte, alla ricerca di certezza, non le otterremo mai davvero del tutto, se così fosse non avremmo più motivo di andare avanti, se così fosse avremmo ritrovato il paradiso perduto…

Elena