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Post N° 606

Post n°606 pubblicato il 09 Maggio 2008 da pianosindaci
Foto di pianosindaci

10.OMICIDI PREMEDITATI O COINCIDENZE
Vi sono alcuni studiosi che affermano che certi “illustri” omicidi possono essere collegati a personaggi noti o meno che si sono schierati contro il potere del sistema bancario.

Tra queste tesi vorrei annoverare quali personaggi assassinati due illustri presidenti, entrambi americani, quali Abramo Lincoln e J.F. Kennedy.

Quando Abramo Lincoln ebbe bisogno di 449 milioni di dollari di allora per ulteriori finanziamenti per la guerra di secessione, le banche si offrirono di creare quella moneta con il solito metodo: ma chiesero il 30% d'interesse. Lincoln per evitare la bancarotta ricorse al Congresso, che approvò la proposta di emissione di banconote di Stato (greenback), prestito che il popolo può fare a se stesso, senza pagare gli interessi.

In piena guerra, si videro l'agricoltura e l'industria nordiste tornare a fiorire. Il lavoro umano, comandato da denaro abbondante, riempì quei biglietti di ricchezza reale. Nel 1864 Lincoln si ricandidò alla presidenza, dichiarando pubblicamente la sua intenzione di continuare ad emettere moneta di Stato, invece che acquistarla dai banchieri di Londra.

Il 14 aprile dello stesso anno, Lincoln ebbe una letale intossicazione da piombo.

Secondo alcune versioni che portarono alle cause dell’omicidio di J.F. Kennedy ci sono anche quelle che ammettono che il presidente americano, come Lincoln, potrebbe essere stato ucciso perché schieratosi contro il sistema bancario.

Fu nel 1963 che John F. Kennedy, allora Presidente degli Stati Uniti, prese la decisione di creare moneta propria per governare il paese, perché sapeva che le banconote della Riserva Federale, che venivano usate come moneta a corso legale, erano in contrasto con la Costituzione degli Stati Uniti.

Così il 4 giugno 1963, venne fatto un piccolo tentativo per togliere alla Federal Reserve Bank il suo potere di affittare la moneta al governo facendosi pagare un interesse. In quel giorno, il presidente John Fitzgerald Kennedy firmò l'ordine esecutivo numero 11110 che ripristinava al governo USA il potere di emettere moneta senza passare attraverso la Federal Reserve. L'ordine di Kennedy dava al Ministero del Tesoro il potere "di emettere certificati sull'argento contro qualsiasi riserva d'argento, argento o dollari d'argento normali che erano nel Tesoro".
Questo voleva dire che per ogni oncia di argento nella cassaforte del Tesoro, il governo poteva mettere in circolazione nuova moneta. In tutto, Kennedy mise in circolazione banconote per 4,3 miliardi di dollari. Le conseguenze di questa legge furono enormi. Con un colpo di penna, Kennedy stava per mettere fuori gioco la Federal Reserve Bank di New York. Se fosse entrata in circolazione una quantità sufficiente di questi certificati basati sull'argento, questa avrebbe eliminato la domanda di banconote della Federal Reserve.

Questo sarebbe accaduto perché i certificati argentiferi sono garantiti da argento mentre le banconote della Federal Reserve non sono garantite da niente. L'ordine esecutivo 11110 avrebbe impedito al debito pubblico di raggiungere il livello attuale, poiché avrebbe dato al Governo la possibilità di ripagare il suo debito senza utilizzare la Federal Reserve e senza essere gravato dall'interesse richiesto per la creazione di nuova moneta. L'ordine esecutivo 11110 dava agli USA la possibilità di crearsi la propria moneta garantita da argento.

Secondo delle registrazioni scoperte di recente si evincono dai discorsi che Kennedy ha tenuto alla Casa Bianca certe preoccupazioni non sottolineate dai media di allora e di oggi.. Mentre ufficialmente dicevano che il problema per Kennedy fosse quello di togliere le truppe dal Vietnam, in realtà in quei giorni (si evince dalle registrazioni) quello che preoccupava veramente Kennedy era il fatto che la Francia restituiva i dollari chiedendo in cambio oro, secondo gli accordi che c’erano. Quindi Kennedy era molto attento alla situazione economico-finanziaria e ai rapporti con le banche centrali.

Il 22 novembre, e cioè dopo pochi mesi dalla firma dell’ordine esecutivo 11110, Kennedy fu eliminato a Dallas, città simbolo del «denaro» e «undicesima» sede delle dodici Banche Centrali statunitensi!

La prima cosa che fece il suo successore, Lyndon Johnson, fu guarda caso ritirare immediatamente dalla circola­zione quei dollari del «popolo» sostituendoli con quelli «privati» della Fe­deral Reserve!

Come ci dice Marco Saba nel suo Bankenstein[32] tutti i presidenti americani che hanno cercato di far ritornare la sovranità monetaria nelle mani del popolo americano sono morti di morte violenta (Harrison avvelenato, Taylor avvelenato, Lincoln sparato, Garfield avvelenato, McKinley sparato, Roosevelt avvelenato, Kennedy sparato).

A questa lista vorrei ricordare anche una presunta vittima italiana che ha denunciato due istituzioni dell’attuale sistema bancario, ovvero l’ex questore di Genova, Arrigo Molinari.

Il quotidiano nazionale La Repubblica, in data 27/09/2005, riportava questo articolo:

“ Ucciso a coltellate nella sua casa l'ex questore di Genova Molinari.

E' stato trovato ucciso a coltellate l'ex questore di Genova Arrigo Molinari, 73 anni. Il corpo senza vita è stato trovato stamattina nella camera da letto della sua abitazione di Andora. Sul posto, oltre ai carabinieri della compagnia di Alassio, sono arrivati il procuratore capo Vincenzo Scolastico ed il suo vice Maria Chiara Paolucci.

La settimana scorsa, proprio da una sua denuncia, erano stati rinviati a giudizio 6 tra ex direttori e direttori di istituti bancari della Riviera di Ponente con l'accusa di usura. “

La Repubblica non riporta nell’articolo questa notizia invece pubblicata da Adusbef riguardante Molinari:

“ La Banca d’Italia è stata citata a giudizio per danni, presso il tribunale di Imperia, con provvedimento d’urgenza ex art. 700 «per non aver svolto un’ adeguata forma di vigilanza sulla Banca di Roma - sostiene nel ricorso l’ex questore e oggi avvocato Arrigo Molinari -, in quanto sua socia, in un precedente procedimento giudiziario».

L’udienza di discussione del ricorso, presentato da Molinari, è stata fissata per il prossimo 5 ottobre. La vicenda ha avuto inizio da una causa per anatocismo, la richiesta di interessi sugli interessi, che l’avvocato Molinari aveva presentato nel 2000 contro l’istituto di credito romano, a difesa della defunta moglie Maria Teresa Pallavicino e del padre di lei.

Molinari aveva chiesto un risarcimento, quantificato a circa 15 miliardi di euro, contro la capitalizzazione trimestrale degli interessi dal 1934 a fine anni Novanta. “

Pochi giorni prima della sua morte il quotidiano «il Giornale» aveva intervistato Arrigo Molinari, in occasione dell'udienza presso il tribunale civile su due ricorsi da lui presentati contro Banca d'Italia e Banca centrale europea.

Alcuni passi dell’intervista riportavano:

D: Lei sostiene che Bankitalia si prende diritti che non può avere.

R: «Appunto. Prima Bankitalia, nella sua qualità di società commerciale, fino all'introduzione dell'euro in via esclusiva e successivamente a tale evento, quale promanazione nazionale della Banca centrale europea, si arroga arbitrariamente e illegalmente il diritto di percepire il reddito monetario derivante dalla differenza tra il valore nominale della moneta in circolazione, detratti i costi di produzione, in luogo dello Stato e dei cittadini italiani».

D: Un assurdo tutto italiano, secondo lei?

R: «Certamente. Sembra un assurdo, ma purtroppo è una realtà. L'euro, però, è dei cittadini italiani ed europei, e non, come sta avvenendo in Italia, della banca centrale e dei suoi soci banchieri privati».

D: Quasi tutto chiaro. Ma che si fa adesso?

R: «Farà tutto il tribunale. Dovrà chiarire se esiste una norma nazionale e/o comunitaria che consente alla Banca centrale europea, di cui le singole banche nazionali dei Paesi membri sono divenute articolazioni, di emettere denaro prestandolo e/o addebitandolo alla collettività. L'emissione va distinta dal prestito di denaro: la prima ha finalità di conio, il secondo presuppone la qualità di proprietario del bene, oggetto del prestito».

D: Lei, professore, ha fiducia?

R: «Certo. La magistratura dovrà dire basta!».

Una settimana dopo questa intervista e a pochi giorni dall’udienza di discussione dei due ricorsi Arrigo Molinari venne accoltellato.


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[1] Lucio Settimio Severo fu imperatore romano dal 193 al 211. Finanziò l'ingente spesa che serviva a mantenere l'esercito con l'espediente di dimezzare la quantità di metallo prezioso contenuto nelle monete e differenziando per la prima volta il valore intrinseco da quello nominale.

[2] MARX K., Il Capitale, Libro I, capitolo 24, paragrafo 6, Editori Riuniti, Roma 1974.

[3] ALLAIS M., La crise mondiale aujourd'hui , Parigi, (1991)

[4] di PASCUCCI S. ; tratto da http://www.signoraggio.com/index_ilproblema.html

[5] TARQUINI B., La banca, la moneta e l'usura , Ed. Controcorrente, Napoli (2001)

[6] La stampa e quindi l'emissione di moneta costa pochissimo, anche perché dal 15 agosto 1971, il presidente degli USA Nixon eliminò la convertibilità delle monete in oro, affossando per sempre gli accordi di Bretton Woods del 1944. Quindi l'emissione di moneta da oltre trent'anni non ha più bisogno di un controvalore in metallo prezioso (oro, argento o rame).

[7] diversamente dalle banconote attuali, essa portano l'intestazione della "Repubblica Italiana", è denominata "Biglietto di Stato a corso legale", non risulta "pagabile a vista", è firmata da funzionari statali (il Direttore Generale del tesoro ed il Cassiere speciale) e reca il visto della Corte dei Conti.

[8] Professore universitario in discipline giuridiche. E’ stato tra i docenti fondatori della facoltà di giurisprudenza dell'Università di Teramo, della quale è stato anche preside. Ha insegnato "Diritto della navigazione", "Diritto internazionale", "Diritto privato comparato" e "Teoria generale del diritto".

[9] SAMUELSON P.A. e NORDHAUS W.D., Economia, Ed. Zanichelli, Bologna, 1993

[10] DELLA LUNA M. e MICLAVEZ A. , EuroSchiavi , Arianna Editrice, Bologna (2006)

[11] RANDAZZO A., Dittature. La Storia Occulta, Edizione Il Nuovo Mondo (2007)

[12] Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio meglio conosciuta come OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countrie )

[13] Fort Knox è una riserva militare nello Stato del Kentucky (USA). È considerato un centro importante perché vi si trova il deposito delle riserve auree degli Stati Uniti.

[14] ICKE D., Il segreto più nascosto, Macroedizioni, Folrlì-Cesena (2001)

[15] PAPADIA F. e SANTINI C., La Banca centrale europea , Il Mulino, Bologna (2001)

[16] consultabile a questo link


[17] Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Notifica del deficit e del Debito Pubblico inviata alla Commissione Europea ex Reg. CE 3605/93, così come modificato dal Reg. 2103/05.

[18] Dal 1° gennaio 1999, il TUR (tasso ufficiale di riferimento) ha sostituito il Tasso Ufficiale di Sconto (TUS). Dal 14/03/2007 il TUR si attesta al 3,75%.

[19]Marco Saba è scrittore di libri di economia e finanza; responsabile Affari Monetari per European Consumers; membro di Alliance21; membro di WSSE-Workgroup on Solidarity Socio-Economy.

[20] Cioè una moneta priva della funzione di misura del valore. Una Moneta è per definizione una misura del valore, il Certificato monetario è per definizione un mezzo di scambio. Una misura non può essere comparata con ciò che non è misura. E se non vi è possibilità di comparazione, esse non possono essere convertibili tra loro.

[21] Silvio Gesell[21] (1862-1930). Nella sua opera principale pubblicata nel 1916 a Berlino e Berna, L’ordine economico naturale attraverso un paese libero e un denaro libero, Gesell spiegò esaurientemente come in una circolazione del denaro libera da disturbi l’offerta e la domanda di capitale si equilibrino.

[22] BLONDET M, Schiavi delle banche, Effedieffe edizione, Milano (2004)

[23] N. GALLONI è un economista. Nel 1989 diventa direttore generale, prima al ministero del Bilancio (oggigiorno Ministero dell'Economia), poi a quello del Lavoro dove dirige l'Osservatorio sul mercato del Lavoro fino al 1993 e la Cooperazione fino al 1996. Dal 2002 è sindaco effettivo e revisore dei conti dell'Inpdap. E’ docente presso la Cattolica di Milano, la Luiss di Roma e le Università di Napoli e Modena.

[24] Grafico prelevato dal database di Complementary Currency, consultabile al link: http://www.complementarycurrency.org/ccDatabase/les_public.html .

[25] I Lets (Local Exchange Trading System) sono zone in cui si recuperano antiche forme di scambio di merci o servizi senza la mediazione del denaro. Assai diffusi in Gran Bretagna e Australia, i Lets hanno esperienze paragonabili anche in USA, Canada, Francia, Germania e molti altri paesi.

[26] Dettagli al link: www.ces.org.za

[27] L'organizzazione commerciale sociale, STRO, sviluppa le innovazioni per rinforzare il micro accreditamento e le economie locali. Ulteriori informazioni consultabili al sito dell’organizzazione, preso il link http://www.strohalm.net/en/site.php

[28] Adusbef : (Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari Finanziari Assicurativi Postali), particolarmente specializzata nel settore bancario, finanziario, assicurativo, combatte aspre battaglie in difesa dei diritti dei cittadini in ogni settore consumerista.

[29] Il comunicato è visualizzabile sul sito ufficiale della banca d’Italia a questo link
[30] il profilo del deputato Buontempo, nonché altre informazioni che lo riguardano sono consultabili presso il suo sito internet, al link: http://www.teodorobuontempo.it/info.html

[31] L’intero documento sulla proposta di legge è consultabile sul sito della Camera a questo link

[32] SABA M.; Bankenstein, Nexus edizioni, Padova, (2006)







postato da Sal @ 19.37

TESI - Il Nuovo Ordine Mondiale (CAP.3)

1.NWO: NEW WORLD ORDER
Molte sono le teorie del nuovo governo mondiale, tanti i millantatori delle teorie rettiliane e sataniche che vedono l'esistenza di complotto che vuole distruggere l'uomo e la terra, per vederla sprofondare. In realtà questo è solo un aspetto dell'intero quadro che viene accentuato per manipolare la controinformazione, per renderla così assurda da trasformarla poi in eresia e screditarla, in quanto il vero obiettivo è il controllo del governo mondiale mediante strumenti che già conosciamo, che sono già nella nostra vita.

Il Nuovo Ordine Mondiale[1] è l’espressione di una èlite che aspira alla realizzazione di un unico Governo Mondiale, in cui concetti e realtà come "nazione" o "differenze culturali" sono cancellate per far posto a un unico concetto: "Un solo mondo, un solo popolo, un solo governo, un solo esercito, una sola moneta".

Sembra logico chiedersi perché non sarebbe meraviglioso immaginare un Nuovo Ordine Mondiale, un mondo in cui ci si senta ovunque a casa, in cui i vari Paesi e popoli vivono in pace perché hanno appianato odii atavici dettati solo dalla non conoscenza reciproca e da pregiudizi razziali,politici,religiosi o culturali.
Sarebbe meraviglioso un mondo in cui vivere in pace. Purtroppo gli intenti del Nuovo Ordine Mondiale non sono questi.

Il controllo totale è il punto cardine del nuovo ordine del mondo.
Una ristretta oligarchia ha in mano le sorti del mondo, detiene il potere di emettere moneta (che diverrà un'unica moneta), controlla i mercati internazionali (che diverranno un solo mercato globale), pilota i suoi burattini preferiti, i politici, che ha provveduto da tempo a suddividere in schieramenti apparentemente opposti.

Nessun popolo ha mai sentito parlare di NWO[2] dai media o dai propri governanti, ma il Nuovo Ordine del Mondo sta avanzando in modo inesorabile e sempre più veloce.

Gli eventi accadono a ritmo sempre più frenetico, in special modo dall'11 settembre 2001, "il giorno che ha cambiato il mondo", infatti un perenne stato di incertezza e paura è il leitmotif del Terzo Millennio, un perenne stato di emergenza che ha permesso a chi detiene il potere di attivare leggi restrittive della privacy, di diffondere ovunque un insopprimibile senso di inquietudine, tra falsi allarmi e "attentati sventati".

Nella storia del NWO rientrano le teorie sui Protocolli dei Savi di Sion, gli Illuminati, politici guidati da coscienze o ideali satanici, insomma tutte cose da valutare con grande discrezione per non cadere nella mitologia e in storie di pura fantasia, inventate senza nessun riscontro reale.

Infatti a proposito dei Protocolli dei Savi di Sion Cesare G. De Michelis ha dimostrato nel suo libro[3] , che i celebri Protocolli di Sion sono certamente un falso, con tutta probabilità redatto a Parigi tra il 1897 e il 1898 dalla polizia segreta zarista. Ciò non impedì tuttavia la loro immensa diffusione in tutto il mondo, le innumerevoli traduzioni, la deleteria influenza sull'antisemitismo di stato e la shoa e addirittura, in maniera inquietante, il loro rispuntare oggi negli ambienti dell'islam integralista e del neo-nazismo.

Però basta analizzare la cosiddetta “piramide del potere” per far ricredere gli scettici e provare come in realtà ci siano molti collegamenti tra politici, multinazionali, enti indipendenti che decidono gli aspetti più importanti dell’economia mondiale con gli ideali proposti dal Nuovo Ordine Mondiale.

Il dott. Richard J. Boylan, noto psicologo ed ufologo statunitense, prende in considerazione il cosiddetto "Governo Ombra", sviscerandone la struttura e le numerose ramificazioni. Con il suddetto termine viene indicato il gruppo di potere occulto che opera dietro le quinte dei governi ufficiali e della politica
internazionale. Una sorta di governo parallelo a quelli
legittimamente eletti dal popolo che si avvale di una clandestina e
ben organizzata rete mondiale.

"Il mondo si divide in tre categorie di persone: un piccolissimo numero che fanno produrre gli avvenimenti; un gruppo un po’ più importante che veglia alla loro esecuzione e assiste al loro compimento, e infine una vasta maggioranza che giammai saprà ciò che in realtà è accaduto". Così si espresse Dr. Nicholas Murray Butler, presidente dell’Università di Columbia, presidente della Carnegie Endwment for International Peace, membro fondatore, presidente della Pilgrims Society e membro del Council on Foreign Relations (CFR) e capo del British Israel.

Secondo Giuseppe Cosco[4], taluni autori denunciano, sempre con maggiore insistenza, che è in atto una cospirazione superpolitica, "religiosa" o satanica che coinvolge l’alta finanza, le massonerie e l’integralismo islamico. I fili della storia, asseriscono questi studiosi, si tirano proprio nelle logge massoniche e nei consigli di amministrazione delle multinazionali e delle grandi banche. La Rivoluzione francese fu una congiura massonica, preparata da "società di pensiero" – uguali a quelle studiate da Augustin Cochin (1876-1916) – e da altri gruppi di pressione. La Rivoluzione bolscevica fu una congiura giudaico-massonica. Diversi storici sono convinti di questo. Lo stesso "Times" (10 marzo 1920) confermò il complotto: "Si può considerare ormai come accettato che la rivoluzione bolscevica del 1917 è stata finanziata e sostenuta principalmente dall’alta finanza ebraica attraverso la Svezia: ciò non è che un aspetto della messa in atto del complotto del 1773".

Estrema importanza assume, sempre al riguardo della rivoluzione russa del febbraio del 1917, il fatto che, non affatto casualmente, il governo fosse costituito principalmente da massoni, tra questi risaltava Kerensky. E’ anche rivelatore il libro "Rossija nakanune revoljucii" di Grigorij Aronson, che fu pubblicato nel 1962 a New York e che riporta delle missive di E. D. Kuskova, moglie del massone Prokopovic, legato da grande amicizia al confratello Kerensky. In una di queste lettere, datata 15 novembre 1955, si legge: "Avevamo la ‘nostra’ gente dappertutto. (...). Fino a questo momento il segreto di questa organizzazione non è stato mai divulgato, eppure l’organizzazione era enorme. Al tempo della rivoluzione di febbraio tutta la Russia era coperta da una rete di logge".

Il giornalista Maurizio Blondet, in un’intervista realizzata dallo stesso Cosco, espone i lati positivi e negativi del cosiddetto NWO.

Blondet cita tra gli aspetti positivi che essenzialmente il nuovo ordine mondiale è anche la libera circolazione dei capitali, prima ancora che delle merci, che vengono in secondo luogo e degli uomini che vengono in terzo luogo, perché si sa che il libero movimento di uomini è limitato negli Stati Uniti. Alla frontiera col Messico, per esempio, ci sono centinaia di chilometri di reticolati e di filo spinato, però, i capitali sono ben accetti. In questo nuovo ordine mondiale si esplicano fenomeni diversi, non tutti da condannare, in realtà. Va un pò rivista la posizione ideologicamente negativa. Il capitalismo, anche globalizzato, funziona, sta funzionando e non sempre male, ci sono paesi che se ne avvantaggiano e non sempre sono paesi del giro di quelli che contano, ma sono paesi che hanno visto risorgere o rivalorizzare le loro peculiarità culturali profonde. Questo, probabilmente, non era previsto. Per esempio, l’India è diventato uno dei massimi esportatori di software, perché tutti i giganti del software indiani appartengono alla casta bramanica, nelle cui famiglie si impara il sanscrito, cioè una lingua classica e, anche, il pensiero matematico in astratto. Questi parlano l’inglese e (soprattutto) costano un po’ meno sul mercato mondiale. Un altro paese, che si sta avvantaggiando, più di quanto si creda, è la Spagna. Anche qui per un fatto culturale preciso. La Spagna è un paese che per cinquecento anni ha avuto un impero. Attualmente ci sono 400 milioni di persone che parlano spagnolo. La Spagna sta diventando la potenza economica egemone sui mercati sudamericani. Banche spagnole si stanno comprando le banche argentine, venezuelane ecc.. La Spagna acquista, sempre più, la figura di madrepatria imperiale.

Ancora secondo Blondet, gli aspetti negativi sono invece già in corso e sono inquadrabili nell’eccesso di libera circolazione dei capitali puramente speculativi. Appena c'è stato un momento di panico questi capitali se ne sono andati da un minuto all'altro, perché, appunto, la moneta elettronica adesso si muove in telecomunicazione, lasciando paesi a secco, in grave crisi economica, paesi che si erano indebitati, perché stavano crescendo, si sono visti, improvvisamente, mancare la liquidità. Ci sono, poi, fenomeni della finanza più speculativi, praticamente si rivelano, alla fine, delle enormi bolle di debito inaccertabili, cioè, non contabilizzati da nessuno. Si ravvisano, altresì, pure, fenomeni particolarmente malvagi e sinistri in certi paesi dell'America Latina; penso alla Colombia. Ogni paese, Blondet afferma, dovrebbe specializzarsi nel suo vantaggio competitivo; chi sa fare bene le cravatte, come gli italiani, vende le cravatte e basta e non può fare aerei o cose del genere. La Colombia sa fare la coca. Un terzo del territorio colombiano è adesso controllato da un esercito guerrigliero, che esiste da sempre.

 
 
 

Post N° 605

Post n°605 pubblicato il 09 Maggio 2008 da pianosindaci
Foto di pianosindaci

9. DENUNCE REALIZZATE CONTRO LE BANCHE
Non numerosi ma certamente eclatanti sono gli episodi che raccontano i tentativi di denuncia intrapresi da singoli individui e associazioni contro le banche.

Potrei cominciare citando la celebre causa intentata dal già citato prof. Giacinto Auriti, il quale in data 8 marzo 1993, ha presentato un esposto-denuncia per truffa, falso in bilancio, associazione a delinquere, usura e istigazione al suicidio, contro la Banca d’Italia e contro l’allora governatore Carlo Azeglio Ciampi, alla Procura della Repubblica.

La controrisposta della Banca d’Italia, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Vittimberga e Sergio Luciani e dal dott. proc. Marco Mancini dell'Avvocatura della Banca stessa, in sede giudiziaria, fu la seguente:

“ La visione della moneta e delle funzioni monetarie che l'attore intende accreditare è palesemente distorta e completamente infondata. Da un punto di vista logico, è innanzitutto ben evidente che l'accettazione da parte della collettività, lungi dall'essere causa del valore della moneta, ne rappresenta in realtà solo l'effetto, sicché il sillogismo deve essere rovesciato: non è vero che la moneta vale in quanto è accettata, ma semmai, come la storia e la cronaca stanno a dimostrare, che essa è accettata solo in quanto abbia un valore. Di qui la necessità che tale valore, rispondendo ad un fondamentale interesse pubblico, sia difeso e garantito dalle Pubbliche Autorità, funzione nei moderni stati affidata alle banche centrali.

Sotto il profilo giuridico, poi, il batter moneta ha da sempre rappresentato e rappresenta tutt'ora una delle più evidenti e indiscusse espressioni della sovranità statale, sicché può correttamente affermarsi che il valore della moneta trae il proprio fondamento solo ed unicamente da norme dell'ordinamento statale, che, per solito, disciplinano minutamente la creazione e la circolazione della moneta, ne sanciscono l'efficacia liberatoria, ne sanzionano la mancata accettazione in pagamento e tutelano la fede pubblica contro la sua falsificazione ed alterazione.

Anche in Italia, questa fondamentale prerogativa sovrana dello Stato è compiutamente disciplinata dal legislatore sia per quanto attiene all'attribuzione della funzione di emissione, che in ordine alle relative modalità di esercizio.

La funzione di emettere moneta, affidata nella sua quasi totalità alla Banca d'Italia, sulla base di un rapporto avente natura concessoria, dall'art. 28 aprile 1910, n. 204, ha successivamente assunto il carattere di un'attribuzione istituzionale della Banca centrale, a seguito del R.D.L. 12 marzo 1936, n. 371, e dell'art. 1 dello Statuto della stessa Banca, approvato con R.D. 11 giugno 1936, n. 1067, e successive modificazioni, a norma del quale essa è un istituto di diritto pubblico che, quale unico istituto di emissione, emette biglietti nei limiti e con le norme stabilite dalla legge.

In ordine alle modalità di esercizio di tale funzione, l'art. 4 del T.U. n. 204/1910 e il D.P.R. 9 ottobre 1981, n. 811, prevedono che alla fabbricazione del biglietto concorrano la Banca d'Italia e lo Stato, tramite il Ministero del tesoro, in modo che ne l'una ne l'altro possano formare un biglietto completo.

Mentre per la fabbricazione l'Istituto di emissione e il Ministero del tesoro hanno competenze congiunte e coordinate, le decisioni riguardanti la quantità dei biglietti da immettere nel mercato ed i tempi dell'immissione competono alla sola Banca quanto strumentali all'esercizio delle funzioni di controllo della liquidati del sistema e di salvaguardia del valore del metro monetario, affidatele nell'ordinamento italiano (T.U. n. 204/1910 e Statuto della Banca d'Italia, ma anche art. 47 della Costituzione) e ora trovanti fondamento, anche a livello comunitario, nell'art. 105 del Trattato di Maastricht sull'Unione Monetaria Europea.

Sia in ordine alla fabbricazione che all'emissione monetaria, l'attività della Banca d'Italia, pur caratterizzandosi per una forte discrezionalità tecnica, non è esente da vincoli e da controlli riguardanti la produzione dei biglietti, l'iter di emissione, l'annullamento e la distruzione delle banconote logore o danneggiate. In particolare, i tagli dei biglietti che possono essere emessi dalla Banca d'Italia sono stabiliti con legge, mentre le caratteristiche e le quantità dei biglietti da stampare vengono stabilite con distinti decreti del Ministro del tesoro. L'intera attività della Banca in questi campi è poi sottoposta alla vigilanza del Ministro del tesoro e di un'apposita commissione permanente di cui fanno parte, fra l'altro, anche sei parlamentari (artt. 108 ss. del T.U. n. 204/1910).

A ciò si aggiunga l'evidente carenza di interesse ad agire dell'attore, il quale ha promosso un'azione di accertamento senza che esistesse alcuna situazione di incertezza da rimuovere tant'è che l'emissione della moneta è compiutamente disciplinata dal legislatore in modo da non lasciare spazi all'immaginazione o alla fantasia né alcun pregiudizio, anche soltanto potenziale, per l'attore in proprio o per l'associazione che lo stesso asserisce di rappresentare.

La domanda attorea è poi, anche nel merito, destituita del benché minimo fondamento.

Essa muove, infatti, dalla premessa, completamente errata, secondo cui difetterebbe nel nostro ordinamento una norma di legge che indichi il proprietario della moneta all'atto dell'emissione, sicché l'appropriazione della stessa da parte della Banca d'Italia si baserebbe su una consuetudine interpretativa contra legem.

Ebbene, alla stregua della puntuale disciplina della funzione di emissione, i biglietti appena prodotti dall'officina fabbricazione biglietti della Banca d'Italia costituiscono una semplice merce di proprietà della Banca centrale, che ne cura direttamente la stampa e ne assume le relative spese (art. 4, comma 5, del T.U n. 204/1910). Essi acquistano la loro funzione e il valore di moneta solo nel momento, logicamente e cronologicamente successivo, in cui la Banca d'Italia li immette nel mercato trasferendone la relativa proprietà ai percettori.

Tale immissione, che rappresenta uno dei principali strumenti a disposizione della Banca centrale per l'esercizio delle cennate funzioni di regolazione della liquidità del sistema e di tutela del valore del metro monetario, avviene tramite operazioni che l'Istituto di emissione, in piena autonomia conclude con il Tesoro, con il sistema bancario, con l'estero e con i mercati monetario e finanziario, operazioni tutte previste e compiutamente disciplinate dalla legge e dallo statuto della Banca d'Italia (artt. 25 - 42 del T.U. n. 204/1910 e artt. 41 - 53 dello Statuto)

Alla luce di quanto sinora precisato, è del tutto abnorme e campata in aria l'affermazione dell'attore secondo cui esisterebbe una consuetudine interpretativa contra legem, in base alla quale la Banca centrale all'atto dell'emissione "mutua allo Stato italiano ed alla Collettività Nazionale, tutto il danaro che pone in circolazione". Come visto, la moneta viene infatti immessa nel mercato in base ad operazioni legislativamente previste e disciplinate, a seguito del compimento delle quali la Banca d'Italia cede la proprietà dei biglietti, i quali, in tale momento, come circolante, vengono appostati al passivo nelle scritture contabili dell'Istituto di emissione, acquistando in contropartita, o ricevendo in pegno, altri beni o valori mobiliari (titoli, valute, ecc.) che vengono, invece, appostati nell'attivo.

Tali operazioni trovano evidenza, come prescrive la legge, nella situazione della Banca d'Italia mensilmente pubblicata sulla Gazzetta ufficiale.

Se si considera oltretutto che, come già osservato, le spese di fabbricazione dei biglietti e l'imposta di bollo sono a carico della Banca centrale e che gli utili annuali da essa conseguiti, effettuati i prelevamenti e le distribuzioni di cui all'art. 54 dello Statuto, ai sensi dell'art. 23 del T.U. n. 204/1910 vengono devoluti allo Stato, si evidenzia altresì l'assoluta inconsistenza ed insensatezza delle tesi attoree, secondo cui l'erogazione della moneta sarebbe effettuata dalla Banca d'Italia addebbitandone allo Stato ed alla collettività l'intero ammontare senza corrispettivo.

Ne consegue, pertanto, che non è dato riscontrare alcunché di arbitrario o di illegittimo nelle prerogative esercitate in campo monetario dalla Banca centrale, perché, contrariamente a quanto preteso dall'attore, l'intera materia e compiutamente disciplinata dal legislatore, in modo tale che nessun aspetto attinente all'attribuzione o all'esercizio della funzione di emissione può dirsi regolamentato da consuetudini interpretative e, men che mai, da consuetudini contra legem.”

La denuncia di Auriti viene respinta e il Tribunale condannò il professore al pagamento di 10 milioni delle vecchie lire.

In seguito a questa sentenza vi furono due progetti di legge, il n.1282 dell'11 gennaio 1995, presentato dal senatore Luigi Natali e il n.1889 dell'11 febbraio 1997 del senatore Antonino Monteleone,i quali riproposero le tesi di Auriti, anche se il Senato non le discusse mai.

In merito all’esito della sentenza che ha scagionato Bankitalia dalle accuse del prof. Auriti molti hanno sostenuto tesi avverse alla conclusione della disputa.

Rileggendo il testo di difesa degli avvocati della Banca di Via Nazionale, alcuni hanno pensato che se un'autorità afferma che "La moneta è accettata in quanto vale, perché sempre è stato così", nasce spontaneo domandarsi "Così come?", e l'autorità risponde: "Precisamente così: i biglietti (banconote) nascono come merce, prodotta dall'OFFICINA (della banca centrale, cioè la tipografia della Zecca), ma acquistano valore di moneta solo DOPO essere stati emessi"; per certi aspetti sembra una risposta illogica, poiché se il cittadino intende accettare dall'autorità una moneta perché ha valore, significa che ha valore PRIMA che egli l’accetti, altrimenti non sarebbe così stupido da accettarla.

Infatti, se è vero come afferma Bankitalia che la moneta ha valore solamente DOPO l'emissione, è vero anche che fino al momento in cui l’autorità la mette in circolazione, essa non vale alcunché. Perché dunque, attraverso l'emissione, essa viene addebitata, e con gli interessi? Che tipo di OFFICINA è quella che addebita il costo del denaro-merce non solo del tasso di interesse, ma anche del 200%, perché trasforma un credito, cioè il dovuto (+100%) in un debito (-100%) senza contropartita?

Il Procuratore dr. Ettore Torri ,della Procura della Repubblica del Tribunale di Roma, ha riconosciuto che era stata data la prova dell’elemento materiale dell’avvenuto reato, ma soggiunse, che mancava il dolo, perché nell’attuale sistema monetario era stato fatto sempre così. Una conclusione da Ponzio Pilato, che non solo non risolve nulla , ma conferma ed aggrava il problema per le seguenti ragioni :

a)la continuazione del reato, è già un’aggravante e a maggior ragione costituisce una responsabilità penale.

b)Prima della denuncia si poteva parlare di buona fede, dopo diviene malafede, perché esiste la consapevolezza e la certezza del reato che è stato fatto, e che continua ad essere commesso.

Tra le varie, possiamo citare anche un’altra sentenza, quella promossa da Adusbef[28] .

Il Giudice di Pace del Tribunale di Lecce, dr. Cosimo Rochira, nella causa civile iscritta al n. 3712/04, ed intentata da Giovanni De Gaetanis, associato Adusbef difeso dal vicepresidente Avv. Antonio Tanza, ha emesso una clamorosa sentenza depositata in cancelleria il 26 settembre 2005 al numero 2978/05, contro la Banca Centrale Europea e, per essa, la locale articolazione individuata nella Banca d’Italia.
Per effetto di tale sentenza, la Banca d’Italia, accusata di essersi appropriata indebitamente di una somma enorme, pari a 5 miliardi di euro sotto la voce “reddito da signoraggio”, avrebbe dovuto restituire alla collettività per un importo pari ad 87 euro per ogni cittadino residente in Italia alla data del 31 dicembre 2003, neonati compresi.

La banca d’Italia, dopo questa sentenza che la condannava, fece ricorso in Cassazione e vinse.

La Cassazione ammetteva il ricorso della Banca d’Italia, affermando che non compete ai giudici sindacare il modo in cui gli Stati svolgono le funzioni di politica monetaria, di adesione ai trattati internazionali e di partecipazione agli organismi sovranazionali.

La Corte di Cassazione annulla senza rinvio una sentenza che nel 2005 aveva condannato la Banca d'Italia per "esproprio illecito" di moneta: secondo il magistrato onorario che accolse l'esposto di un cittadino pugliese, la Banca centrale europea e "la sua articolazione italiana, ovvero la Banca d'Italia", si erano appropriate illegalmente della moneta italiana con l'emissione dell'Euro, e che quindi, a suo dire, "non esisteva il debito pubblico, trattandosi invece di credito pubblico" e "la massa monetaria messa in circolazione nell'ambito dei paesi aderenti al sistema dell'euro apparterrebbe alla collettività dei cittadini con la conseguenza che ciascuno potrebbe rivendicare il reddito, pro quota, derivante dalla stampa e dalla circolazione di questa massa monetaria, oggi invece percepito dalla Banca Centrale Europea e poi ridistribuito tra le diverse Banche centrali nazionali".
Su tale originale premessa il giudice di pace condannò Bankitalia al pagamento di 87 euro per "sottrazione del reddito da signoraggio monetario" nel periodo compreso tra il '96 e il 2003.

Contro la sentenza del giudice di Pace la Banca d'Italia ha presentato ricorso per cassazione chiedendone l'annullamento oltre che la condanna al risarcimento danni per "lite temeraria" per il cittadino pugliese.

Le sezioni unite civili della Suprema Corte, cassando punto per punto le motivazioni del giudice di pace, hanno accolto il ricorso di via Nazionale sottolineando, tra l'altro, che accettare un simile pronunciamento, comunque, metterebbe in discussione "le scelte con cui lo Stato, attraverso i suoi competenti organi istituzionali, ha configurato la propria politica monetaria, in coerenza con la decisione di aderire ad un sistema elaborato in ambito europeo e di fare parte delle istituzioni create all'interno di detto sistema".

Nella depositata oggi, i giudici di Piazza Cavour sanciscono quindi che tra le funzioni che rientrano nelle prerogative della sovranità degli Stati (come le politiche monetarie, nel caso specifico), non può interferire alcuna giurisdizione, sia civile che penale, tanto meno amministrativa o dei giudici onorari.
L'autore della citazione in giudizio per la Banca d'Italia è stato quindi condannato al pagamento di circa 1500 euro per le spese processuali.

La Suprema Corte non ha accolto la richiesta di risarcimento danni per "lite temeraria", constatando la buona fede del cittadino pugliese.

A seguito della sentenza Bankitalia ha esposto sul suo sito ufficiale[29] una comunicazione che riporta quanto segue:

“In riferimento alle iniziative, giudiziali e stragiudiziali, coltivate nei confronti della Banca d’Italia al fine di rivendicare la proprietà collettiva della moneta e il relativo reddito da signoraggio, l’Istituto informa che la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza depositata il 21 luglio 2006, n. 16751, pronunciata a sezioni unite – la più alta espressione del supremo organo giurisdizionale, accogliendo il ricorso proposto dalla Banca d’Italia, ha integralmente cassato la sentenza del giudice di pace di Lecce n. 2978/05, che aveva disatteso l’orientamento giurisprudenziale, consolidatosi prima dell’adozione della moneta unica, contrario all’accoglimento di tali pretese.

Il Supremo Collegio ha, in primo luogo, escluso in radice che la Banca d’Italia, convenuta in giudizio quale “articolazione locale” della Banca Centrale Europea e, come tale, destinataria della relativa pronuncia di condanna del giudice di pace leccese, sia munita di legittimazione processuale sostitutiva della Banca Centrale Europea. Ciò in quanto tali istituzioni costituiscono soggetti giuridici diversi, ancorché istituzionalmente e funzionalmente collegati, ciascuno dei quali dotato di ben distinta personalità giuridica, sia sul piano del diritto sostanziale che di quello processuale e attesa, del resto, la mancanza di una norma che abiliti le banche centrali nazionali a stare in giudizio per conto della Banca Centrale Europea.

In secondo luogo, ad avviso della Suprema Corte, resta preclusa in senso assoluto la proposizione, nei confronti della Banca d’Italia in proprio, di azioni volte a rivendicare una quota proporzionale del signoraggio (reddito monetario; art. 32 dello Statuto del SEBC e della BCE), stante il carattere metagiuridico della pretesa azionata, volta a mettere in discussione, sulla base di argomenti di carattere storico ed economico, “le scelte con cui lo Stato,attraverso i suoi competenti organi istituzionali, ha configurato la propria politica monetaria, in coerenza con la decisione di aderire ad un sistema elaborato in ambito europeo e di fare parte delle istituzioni create all’interno di tale sistema”. Ed infatti l’attribuzione del reddito monetario alla Banca d’Italia costituisce l’effetto di una scelta di politica monetaria consacrata nella normativa comunitaria di rango primario (Trattato CE, artt. 105 e segg.; nonché Statuto del SEBC e della BCE), al cui rispetto lo Stato italiano si è vincolato. Sussiste pertanto un difetto assoluto di giurisdizione – sia del giudice ordinario sia del giudice amministrativo – in ordine alla pretesa azionata in quanto “a nessun giudice compete sindacare il modo in cui lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane, tra le quali sono indiscutibilmente comprese quelle di politica monetaria, di adesione a trattati internazionali e di partecipazione ad organismi sopranazionali” e, del resto, in relazione a tali funzioni “non è dato configurare una situazione di interesse protetto a che gli atti in cui esse si manifestano assumano o non assumano un determinato contenuto”.

La pronuncia, confermando l’orientamento già manifestato con riguardo al previgente sistema di emissione della lira, ha, dunque, recisamente escluso che possa individuarsi alcun giudice titolare del potere di emanare una decisione di merito in ordine a tali azioni di rivendica, ivi compreso il giudice di pace, non potendo sostenersi che l’attribuzione a tale giudice del compito di decidere secondo equità le controversie di cui all’art. 113, II comma, c.p.c., consenta al medesimo di emettere pronunce che eccedono i limiti generali della giurisdizione.

Alla luce delle superiori considerazioni questo Istituto respingerà ogni ulteriore richiesta di pagamento di quote del reddito da signoraggio e farà valere la decisione delle Sezioni Unite in ogni procedimento giurisdizionale allo stato pendente o che in futuro dovesse essere instaurato nei suoi confronti. “ .

Secondo l’Adusbef, però, questa battaglia sul signoraggio è stata, nonostante la pronuncia della Cassazione, di estrema importanza in quanto ha contribuito a creare un dibattito nel paese e sugli organi di stampa, contribuendo a creare una maggiore coscienza del problema anche da parte di coloro che non sono addetti ai lavori.

Nonostante la sentenza della Cassazione, il problema non appare ancora risolto. La Suprema Corte infatti non entra nel merito, ma chiarisce solo la carenza di competenza del giudice: in altre parole, dice soltanto che non è compito dei giudici sindacare le funzioni statuali di politica monetaria e di adesione ai trattati.

Tra le denuncie espresse contro le banche per motivi di signoraggio si possono ricordare anche quella realizzata in Canada: John Ruiz Dempsey, criminologo ed esperto in vertenze forensi, ha intentato una causa collettiva (ovvero una class action che consente ad un'intera collettività di costituirsi parte ci­vile) per conto del popolo Canadese, nella quale si asserisce che alcuni istituti finanziari so­no dediti alla creazione illegale di denaro.

L'accusa, presentata venerdì 15 aprile 2005 alla Cor­te Suprema della British Columbia a New Westminster, asserisce che tutti gli istituti finanziari che erogano prestiti, sono coinvolti nel piano deliberato volto a defraudare i borrower (soggetti cui viene concesso un prestito) dando in prestito denaro inesistente, creato illegalmente dal "nulla" dagli istituti stessi.

Dempsey sostiene che le transazioni derivano dalla contraffazione e dal riciclaggio di denaro, in quanto tale denaro, se fosse stato davvero anticipato e depositato nei conti correnti dei clienti, non può essere rintracciato, né giustificato, né rendicontato.

Dempsey sostiene che la creazione di denaro dal nulla e ultra vires (aldilà del potere legale) dei convenuti in giudizio e di conseguenza nullo, e che tutti i prestiti concessi con la frode trasgrediscono il Codice Penale.

La causa, che é la prima di questo genere mai intentata in Canada e che potrebbe coinvolgere milioni di cittadini canadesi, sostiene che i contratti stipulati fra il popolo (i "borrower") e gli istituti finanziari erano nulli o invalidati e non hanno validità né effetto in virtù della loro rottura anticipata e per la mancata divulgazione di fatti concreti. Dempsey afferma che la transazione costituisce contraffazione e riciclaggio di denaro in quanto la fonte del denaro stesso, se è stato realmente connesso in prestito dai convenuti in giudizio e depositato sui conti dei borrower. non poteva essere rintracciata né se ne poteva rendere conto.

La causa cita come cospiratori civili Envision Credit Union, Laurentian Bank of Canada, Roval Bank of Canada, Canadian Imperial Bank of Commerce, Bank of Montreal, TD Cana­da Trust e Canadian Paymont Association.

La parte civile sta cercando di recuperare il denaro e le proprietà, persi a causa di pignoramento per accumulo di "debito" illegale e soddisfazione della garanzia.

Una specie di denuncia, questa volta non svolta in ambito legale, bensì parlamentare, è stata avanzata nel Parlamento italiano da un deputato, Teodoro Buontempo[30], il quale ha promosso alla XIV e nuovamente alla XV Legislatura una proposta di legge sulla Proprietà popolare della moneta e conto di cittadinanza. La proposta (atto camera n. 788[31]) è composta essenzialmente di cinque articoli, dei quali riporto i primi due che spiegano essenzialmente i punti cardine della proposta del deputato:

Proposta di legge del deputato Buontempo:

Art. 1.
(Princìpi).

1. La moneta appartiene al popolo che la usa per perseguire gli scopi garantiti della Costituzione.

Art. 2.
(Conto personale di cittadinanza).

1. Tutti i valori emessi dalla Banca d'Italia appartengono al popolo italiano.

2. Presso la Banca d'Italia è attivato un conto personale per ogni cittadino italiano, denominato «conto di cittadinanza».

3. L'accensione del conto di cittadinanza avviene automaticamente entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, per tutti i cittadini italiani, e successivamente a tale data entro tre mesi dalla nascita del cittadino o dal giorno in cui la persona diventa cittadino italiano.

4. Sul conto di cittadinanza non sono permesse operazioni se non quelle previste dalla presente legge.

5. Per il proprio conto di cittadinanza il singolo cittadino maggiorenne, o il tutore legale del cittadino maggiorenne incapace, può indicare un singolo conto corrente di riferimento presso un'istituzione bancaria.

I restanti articoli trattano circa le operazione da effettuare sul conto di cittadinanza e le disposizioni di attuazione.

Come ho avuto modo di chiarire con uno degli estensori della proposta di legge del deputato Buontempo, Marco Lombardi, gli ostacoli al passaggio di tale proposta non sono pochi. La risposta alla mia domanda che interrogava sulle cause dell’indifferenza mostrata in Parlamento su tale iniziativa è stata la seguente che cito con testuali parole:

“la maggior parte delle persone e dei deputati non hanno ancora compreso il problema; coloro che hanno gli strumenti culturali per comprendere il problema o protestano o hanno interesse a mantenere lo stato attuale delle cose. Tra i membri del parlamento prevale il secondo gruppo di persone”.

Ancora in ambito italiano, possiamo citare un’interrogazione parlamentare, questa volta nei confronti della Banca Centrale Europea.

Infatti il 17 ottobre 2005, l’on. Antonio Serena, ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro dell’ Economia Giulio Tremonti chiedendo di chi sia realmente la proprietà dell’ euro al momento dell’ emissione.

Il quesito si basa sul presupposto dell’interrogante secondo il quale “il valore della moneta è causato non dall’ organo di emissione, ma dall’ accettazione da parte della collettività”.

Ed aggiunge: “Il trattato di Maastricht si limita a considerare solo la prima fase, quella dell’ emissione, e non è presente alcun riferimento al diritto di proprietà sull’euro e come questo debba essere attribuito. Se è dimostrato dunque che crea il valore della moneta non chi la emette ma chi l’ accetta, prestare denaro all’ atto dell’emissione significa imporre un costo del denaro del 200 per cento, con conseguente indebitamento degli europei verso la BCE pari a tutto l’ euro in circolazione”.

L’on. Serena non ha ricevuto alcune risposta a seguito di questa interessante interrogazione rivolta all’allora ministro Tremonti.

 
 
 

Post N° 604

Post n°604 pubblicato il 09 Maggio 2008 da pianosindaci
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8. MONETE COMPLEMENTARI E MONETE ALTERNATIVE
Esistono dei progetti di riforma non conflittuali, ispirati da una logica pragmatica: da un lato bisogna accettare il presupposto che il potere reale è nelle mani di banchieri privati, i quali non sono ovviamente disposti a cederlo; dall'altro, ci si può far forti del fatto che la situazione monetaria e finanziaria mondiale diviene sempre più instabile e pericolosa, anche per l'oligarchia bancaria; e che, quindi, questa oligarchia ha interesse a trovare e implementare riforme che assicurino la sostenibilità del sistema, sul quale si basa il suo potere.

Alcuni studiosi, come Marco Saba[19], hanno elaborato "pacchetti" di proposte ragionevoli, rivolte a questo fine.

Un vantaggio importantissimo di queste proposte è che aiutano la gente a capire che cos'è, come funziona e perché vale la moneta.

Innanzitutto bisogna precisare la distinzione tra moneta complementare e alternativa.

La moneta complementare è una moneta il cui utilizzo non esclude l'utilizzo di un'altra moneta (solitamente legale) in una data comunità. Essa può essere legalmente riconosciuta o meno ed essere utilizzata in territori più o meno vasti e più o meno coincidenti con il territorio coperto dall'altra moneta.

Diversamente, la moneta alternativa è una moneta, locale o meno, il cui utilizzo esclude l'utilizzo di un'altra moneta (solitamente legale) in una data comunità. Essa è quindi solitamente non legalmente riconosciuta nella stessa comunità, pur potendolo essere in altre (pensiamo alle monete nazionali odierne o all'euro, a corso legale solo nelle rispettive aree nazionali o sovrazionali).

Dal punto di vista legale, può essere vera moneta solo una moneta complementare e non una moneta alternativa: quest'ultima, infatti, escludendo per definizione l'utilizzo di altre monete nello stesso territorio, è sempre un Certificato monetario[20] oggigiorno.

Tuttavia una moneta complementare seppur legalmente riconosciuta e con le caratteristiche di una vera moneta non è compatibile dal punto di vista teorico con un Certificato monetario quale è la moneta legale odierna, ma dal punto di vista pratico si può certamente implementare con tutti i vantaggi che ne derivano in termini di disponibilità di mezzo di scambio, di velocità di circolazione dello stesso e quindi di incentivo dell'attività produttiva di beni e servizi sottostanti.

E' necessario notare, comunque, che dal punto di vista pratico non è necessaria la legalità della moneta complementare o della moneta alternativa per renderla utile e vantaggiosa, nel momento in cui l'accordo non legale è rispettato dalle parti coinvolte. Di certo, sempre dal punto di vista pratico, risulta più compatibile con la realtà legale vigente la moneta complementare rispetto alla moneta alternativa: per definizione infatti essa non si pone in alternativa alla moneta legale stessa e quindi non dovrebbero porsi problemi di incompatibilità a livello legale.

Quindi moneta complementare deve poter essere usata contemporaneamente alla moneta legale nei pagamenti, ossia deve avere un rapporto di cambio determinato con la moneta legale (possibilità cioè di pagamenti misti in valute diverse), pur non essendo legalmente convertibile con essa.

Una moneta alternativa, invece, è per definizione competitiva con la moneta legale vigente. Essa può nella pratica essere utilizzata a scapito però della legge vigente, ed a differenza della moneta complementare che integra la legge anziché esserle contraria. Essa per definizione non è utilizzata contemporaneamente alla moneta legale vigente nei pagamenti, e può o meno essere convertibile con essa: la moneta alternativa è quindi un mezzo di scambio competitivo rispetto alla moneta legale. Inoltre, essendo alternativa, per definizione può svolgere anch'essa la funzione di riserva di valore al pari della moneta legale odierna.

Le monete complementari, ovunque esse siano state adottate, hanno portato grandi benefici alla comunità locale che se ne serviva.

Qui di seguito vorrei riportare due esempi significativi di monete complementari, riferendomi alle esperienze di Silvio Gesell e del prof. Auriti.

La prima esperienza riguarda l’idea che ebbe un commerciante tedesco-argentino di nome Silvio Gesell[21] .

Egli riconobbe il doppio ruolo contraddittorio del denaro, come mezzo di scambio al servizio del mercato e come strumento di potere che contemporaneamente domina il mercato. Come strada per togliere il potere al denaro, Gesell non pensò ad un ritorno al divieto canonico di interesse della scolastica medievale o addirittura all’eliminazione dei cosiddetti ‘usurai ebrei’. Piuttosto immaginò un cambiamento istituzionale della moneta, in modo che tenere in cassa il denaro sia collegato a dei costi, che neutralizzerebbero i vantaggi della tesaurizzazione e liquidità.

Il nome di Gesell è legato alla seguente esperienza. Nel 1931 in una cittadina del Tirolo (Woergl), il sindaco, Michael Unterguggenberger, traendo spunto dalle teorie di Gesell, per risolvere la grande depressione, decise di battere la propria moneta, che chiamò «banconota del lavoro». Si trattava di una moneta complementare molto particolare, perché era deperibile, cioè perdeva valore nel tempo. Per tenerla in corso infatti, chi possedeva le banconote doveva apporvi ogni mese un bollo, che costava l’1% del valore nominale della moneta (in una moneta per esempio da 10 scellini ogni mese si doveva attaccare un bollo di 0,1 scellini). Di fatto la moneta perdeva ogni anno il 12% del suo valore. L’emissione del sindaco era coperta alla pari da una somma in veri scellini depositati nella banca del comune. Tutti gli impiegati del comune iniziarono a prendere lo stipendio con la nuova moneta. Inizialmente i bottegai si rifiutarono di accettare la nuova moneta, ma poi furono costretti perché in circolazione c’era poco denaro, quasi niente. Presto tutti l’accettarono per il solo fatto che chiunque altro l’accettasse (oggi l’euro è valido solamente perché noi lo accettiamo). Vi furono solo due eccezioni: l'ufficio postale e la stazione ferroviaria, istituzioni dello Stato, rifiutarono le «note del lavoro» e continuarono a pretendere scellini.

La presenza di questa moneta deperibile, che nessuno aveva interesse ad accumulare, fece risorgere l’economia comunale e aumentare la circolazione monetaria. Era dal 1926 che il paese non vedeva tanti introiti: furono asfaltate strade e fatti moltissimi altri lavori pubblici.

Come spiega Maurizio Blondet in Schiavi della banche[22] , il fatale errore del sindaco fu proprio di raccontare felicissimo ai giornalisti che il 12% annuo estratto dalla bollatura delle banconote, lui, l’aveva reinvestito e speso per il bene della popolazione, e che, dato il ritmo della circolazione, ogni mese il Comune vedeva tornare nelle sue casse venti volte l’ammontare dei primi stipendi pagati con le banconote deperibili. Il 2000%. Senza nemmeno saperlo il sindaco aveva rivelato due segreti vietatissimi:

1) l’enorme profitto che il sistema bancario estraeva dalla circolazione;

2) l’immenso e occulto profitto che l’emissione monetaria regalava a chi batte la moneta.

Immediatamente la Banca Nazionale austriaca intervenne abolendo quel fastidioso concorrente. La moneta deperibile fu bandita e resa illegale (in violazione dell’art. 122 dello statuto della Banca nazionale austriaca) nel 1933, perché contraria al monopolio monetario accordato alla banca centrale, cioè contraria agli interessi dei banchieri.

Il secondo esperimento riguardante i vantaggi di una moneta “locale” tratta la fantastica idea avuta da Giacinto Auriti (1926 - 2006), professore universitario in discipline giuridiche che, una volta in pensione, ha elaborato un'originale e discussa teoria riguardante la moneta.

Egli effettuò, a Guardiagrele (Chieti), sua città natale in Abruzzo, un esperimento che ebbe enorme successo salvo poi che l’iniziativa fu, subdolamente, interrotta dalla Procura di Chieti su denuncia non solo di alcuni commercianti locali, ma anche su pressioni della Banca d’Italia.

Il professor Giacinto Auriti alla fine del Luglio 2000, in qualità di fondatore e segretario del SAUS (Sindacato anti-usura) mise in circolazione i SIMEC (simboli econometrici di valore indotto) di esclusiva proprietà del portatore (come è esplicitamente stampato sui biglietti).

Figura n.7 - Taglio da 1000 SIMEC





Scopo di questo esperimento della teoria del valore indotto (che Auriti ha propugnato per oltre trentacinque anni) era quello di verificare "in corpore vili" che i cittadini possono per convenzione creare il valore della moneta locale senza alcun intervento nè dello Stato nè del sistema bancario; l'obiettivo ultimo era quello di sostituire alla sovranità illegittima della Banca d'Italia la proprietà della moneta, quale prerogativa dello Stato, a favore dei singoli cittadini; ma l’esperimento rappresentò già un successo rilevantissimo, perchè apportò un punto fermo in materia monetaria, ovverosia l'accertamento sul piano pratico e fattuale del principio che il valore è dato alla moneta solo da chi l'accetta (cittadini) sulla base di una convenzione, e non da chi la emette (banca).

Questa affermazione vale ancora di più in relazione al fatto che, come ribadito più volte precedentemente, fu abolita la moneta convertibile in oro ovvero la cosiddetta riserva aurea il 15 agosto del 1971 su iniziativa di Richard Nixon storicamente conosciuta come l’abolizione degli accordi di Bretton Woods. In coerenza di quest’ultima affermazione più volte ribadita dal professor Auriti , l’operazione economica svoltasi a Guardiagrele, a detta dei quotidiani di quel periodo, rivitalizzò il commercio e quindi la critica economia locale (Guardiagrele risultava il comune con il più alto indice per suicidi da insolvenza).

Nella circostanza il professor Auriti rilasciò la seguente dichiarazione piuttosto lapidaria: «È come se avessimo messo del sangue in un corpo dissanguato».

Non può dubitarsi che l'iniziativa del giurista abruzzese costituisce un importante riscontro scientifico di sociologia giuridica ed economica senza precedenti in Italia, soprattutto perché proviene da un'associazione privata (SAUS) e non da un ente dotato di potere pubblico, come potrebbe essere, se non lo Stato, il Comune. Deve anche aggiungersi che l'esperimento di Auriti sollecitò l'attenzione non solo delle forze politiche italiane, oltre che della stampa nazionale, ma anche di numerosi organi di informazione stranieri, a dimostrazione dell'interesse destato dalla nuova rivoluzionaria formula monetaria, che configurò la moneta come strumento di diritto sociale avente contenuto patrimoniale come detta l’art. 42 della costituzione al secondo comma, che riconosce la proprietà per tutti aggiungendo in piena legittimità alla sovranità politica anche quella monetaria in capo alle collettività nazionali.

Auriti realizzò il progetto in due fasi: la prima, che il professore denominò dell'avviamento, servì perché il SIMEC potesse conseguire "quel valore indotto che lo oggettivizza come un bene reale, oggetto di proprietà del portatore", e che lo distinse dalla moneta corrente non più soltanto formalmente, ma anche sostanzialmente. La seconda fase che consentì al Comune di "beneficiare del servizio econometrico predisposto dal SAUS (Sindacato anti-usura), mediante un Assessorato per il Reddito di Cittadinanza, che ebbe il compito di promuovere, anche culturalmente, l'iniziativa, di controllare e attuare la distribuzione dei SIMEC tra i cittadini".

In sostanza il progetto tecnicamente parlando si sviluppò lungo questa direttrice: ogni lira veniva cambiata con un SIMEC, tenendo la parità. Questo cambio era rilevante per salari e pensioni: chi riceveva 800.000 lire le cambiava in 800.000 SIMEC. Invece, il SIMEC veniva cambiato quotidianamente con due lire. Lo stesso valore era applicato negli acquisti, era il valore convenzionale riconosciuto al SIMEC; perciò, un oggetto che costava 1000 lire, veniva ad avere un prezzo di 500 SIMEC. Trovandosi con lo stesso reddito e prezzi in SIMEC dimezzati, gli abitanti di Guardiagrele avevano un potere di acquisto raddoppiato.

Diciamo che il SIMEC non era una vera e proprio moneta complementare: se il SIMEC fosse stata una moneta complementare avrebbe violato la Costituzione Europea che riserva alla sola Banca Centrale Europea (BCE) il diritto di emettere moneta. In realtà, i SIMEC secondo Auriti erano , privi di riserva, che circolavano come mezzo di pagamento non per una scelta dell'emittente (che non poteva imporre un corso legale forzoso), ma per una libera scelta di commercianti e consumatori. In quanto non aveva riserve né valore intrinseco né corso forzoso imposto per legge, il SIMEC non aveva nessuno degli attributi che qualificano una moneta.

Il cittadino andava dal commerciante a fare la spesa e quest'ultimo accettava i SIMEC per il doppio perché convenzionalmente valeva il doppio. Quando i cittadini, dunque andavano a fare il cambio questo avveniva per il doppio, perché tutti quanti lo accettavano per il doppio. Tutto questo risultò un vero e proprio volano per l’economia locale tanto più che il professor Auriti sostenne:«La gente è entusiasta perché qui è rinata Guardiagrele. Quando è entrato sul mercato il valore indotto del SIMEC è ritornato il sangue nell'economia», permettendo concretamente ai cittadini di toccare con mano la rinascita economica e sociale del paese che purtroppo crollò in virtù del sequestro dei SIMEC su disposizione della Procura di Chieti e non solo.

Questi sono solo due esempi dei benefici che possono dare le monete, nel momento in cui esse vengono emesse “per il popolo” e non “prestandole al popolo”.

Il prof. Nino Galloni[23] ha indicato le basi economico-sociali che possono dar luce a una moneta complementare. Egli afferma che la condizione necessaria per la sua realizzazione è l’esistenza di risorse e di opportunità di sviluppo territoriale, dunque di una capacità produttiva, e di una disponibilità di forza lavoro, ossia di disoccupati immediatamente disponibili e dotati di competenze professionali. Occorre che un numero critico di imprese, almeno un centinaio, sufficientemente concentrate all’interno di un territorio, sottoscrivano un “patto territoriale” assieme ai rappresentanti dei cittadini e delle istituzioni in base al quale si impegnano ad accettare la moneta emessa dal consorzio e , a loro volta, ad utilizzarla nelle transazioni con i convenzionati e per pagare i propri lavoratori. Questi dunque riceveranno una busta paga costituita in parte da moneta complementare, con la quale acquistare prodotti e merci presso le imprese del consorzio, e in parte da moneta ufficiale per acquistare i servizi e i prodotti non esistenti sul territorio, come la benzina, Ovviamente questo genere di progetti coinvolgerà settori come quello tessile, alimentare , o di sfruttamento delle risorse naturali, semprechè non si riesca a coinvolgere anche imprese che erogano dei servizi. Non bisogna infine trascurare, secondo Galloni, l’importanza di una cooperazione con gli enti pubblici, e dunque l’esistenza di una normativa che preveda la possibilità di creare dei patti territoriali, o che comunque non si pone in maniera trasversale rispetto a questo tipo di iniziative.

L’esperienza delle monete complementari e alternative, si è diffusa in questi ultimi anni in tutto il mondo.

Dal seguente grafico si può notare come, col passare degli anni, il ricorso a queste forme di sistemi monetari associati a quelli ufficiali, si fanno sempre più dirompenti.

Figura n.8 - Sistemi di Scambio Locali - Sviluppo Annuale delle valute complementari nel mondo[24]



Nigeria, Senegal, Sud Africa, Kenya, Cameroon sono i paesi africani dove l’esperienza dello scambio comunitario si è radicata di più, prendendo a modello lo schema dei LETS inglesi[25].

In Sud Africa il South African New Economics Network ha attivato un sistema di scambio comunitario che si basa sia sul mutuo baratto di tempo e beni, sia sull’utilizzo di una moneta complementare che per lo più viene scambiata online[26].
Bangladesh, Hong Kong, Indonesia, Giappone, Corea, Papua Nuova Guinea, Filippine e Tailandia sono i paesi dell’Asia che vedono nelle monete locali (Community Currency System – CCS) una valida integrazione all’economia tradizionale.

Particolarmente interessanti sono gli esempi di monete locali della Nuova Guinea che bene esemplificano il concetto di Nuova Economia Tradizionale.
In Tailandia il primo progetto per introdurre il sistema di moneta locale si chiama Bia Kud Chum ed è stato introdotto grazie ad uno scambio di esperienze con attivisti comunitari dal Messico e dagli Stati Uniti. Kud Chum intende promuovere la produzione locale in alternativa all’importazione di beni da fuori, ridurre l’emorragia di moneta nazionale dalla comunità e rivitalizzare le tradizioni locali di scambio reciproco.

Nella medesima ottica a Bali si riscopre l’antico Uang Kepeng.
Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, El Salvador, Honduras, Messico, Perù, Uruguay, Venezuela, praticamente tutta l’America Latina, sono sensibili alle tematiche dello scambio come alternativa all’economia tradizionale.
In Brasile una delle esperienze più avanzate è rappresentata dall’Instituto Strohalm de Desenvolvimento Integral[27] che promuove una serie di metodologie diverse come alternativa allo scambio monetario tradizionale: si va dalle reti di Commercio Equo e Solidale, allo scambio tra imprese basato su una liquidità interna autonoma che si ispira all’esperienza turca di Turkbarter, o alle varie modulazioni del concetto di moneta locale (Valor Local Circulante, o VLC; Bônus de Fomento; Sistema de Circulante Comunitário Controlado – SCCC).

 
 
 

Post N° 603

Post n°603 pubblicato il 09 Maggio 2008 da pianosindaci
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7.4 Federal Reserve
Quanto esaminato finora a titolo di signoraggio, perdita di sovranità monetaria da parte del popolo e debito pubblico nell’area europea, sotto il velo della BCE, avviene anche negli Stati Uniti, ma stavolta al posto della Banca Centrale Europea qui la fa da “padrona” la Federal Riserve Bank, ossia la banca centrale degli U.S.A. .

L’articolo 1, Sezione 8 della Costituzione stabilisce che il Congresso deve avere il potere di coniare moneta (creare) e di stabilirne il valore.

Tuttavia, attualmente, la FED, che è una società privata, controlla e trae profitto dal produrre moneta attraverso il Tesoro, e controllandone il valore.

Venne istituita il 23 dicembre 1913 su proposta del presidente Woodrow Wilson approvata dal Congresso degli Stati Uniti.

La FED ebbe inizio con circa trecento persone o banche, che diventarono proprietari (azionisti che hanno comprato il capitale azionario a $ 100 per azione – il capitale azionario non è commercializzato pubblicamente) del Sistema Bancario della Federal Riserve. Essi formarono un cartello bancario internazionale di ricchezza senza confronto. Il sistema bancario della FED raccoglie miliardi di dollari di interessi annui e distribuisce i profitti ai suoi azionisti.

Illegalmente, il Congresso ha dato alla FED il diritto di stampare moneta (attraverso il Tesoro) senza alcun onere per la FED. La Federal Riserve ha creato denaro dal nulla, e lo presta attraverso le sue banche, e carica gli interessi sul dollaro.

Attualmente le banche azioniste della Federal Reserve sono per statuto banche nazionali americane, ad oggi suddivise in dodici distretti:

· Boston

· New York

· Philadelphia

· Cleveland

· Richmond

· Atlanta

· Chicago

· St. Louis

· Minneapolis

· Kansas City

· Dallas

· San Francisco

Le azioni di ogni distretto possono essere detenute sia da banche americane che straniere.

Attualmente il distretto di New York controlla gli altri undici ed è di proprietà di banche private:

· La Banca Rothschild di Londra

· La Banca Warburg di Amburgo

· La Banca Rothschild di Berlino

· La Lehman Brothers di New York

· La Lazard Brothers di Parigi

· La Banca Kuhln Loeb di New York

· Le Banche Israel Moses Seif in Italia

· La Goldman Sachs di New York

· La Banca Warburg di Amsterdam

· La Chase Manhattan Bank di New York

Nessun uomo denunciò maggiormente il potere della FED quanto Louis T. McFadden, il presidente della Commissione Camerale Bancaria negli anni '30.

Egli costantemente precisava che le questioni sull'emissione monetaria non dovevano essere partigiane, e criticava le amministrazioni sia di Herbert Hoover che di Franklin Roosevelt.

Descrivendo la FED, nel 10 giugno 1932 (Verbale del Congresso, Camera, pagine 1295 e 1296), McFadden affermava:

"Signor Presidente, in questo paese abbiamo una delle istituzioni più corrotte che il mondo abbia mai conosciuto. Mi riferisco al consiglio d'amministrazione della Federal Reserve ed alle banche Federal Reserve. Il cda della Federal Reserve, un cda di governo, ha fregato al Governo degli Stati Uniti ed al popolo statunitense abbastanza soldi per estinguere il debito pubblico. Le predazioni ed ingiustizie del cda della Federal Reserve e delle banche Federal Reserve, agendo assieme, sono costate a questo paese abbastanza soldi per ripagare numerose volte il debito nazionale. Questa maligna istituzione ha impoverito e rovinato il popolo degli Stati Uniti, è andata in bancarotta ed ha portato alla bancarotta il Governo. Ha ottenuto questo attraverso la cattiva amministrazione della legge che autorizzava il cda della Federal Reserve ed attraverso le combriccole corrotte che la controllano. Qualcuno pensa che le banche Federal Reserve siano istituzioni degli Stati Uniti. Non sono istituzioni statunitensi. Sono monopoli di credito privati che si basano sul popolo statunitense per beneficiare se stessi ed i loro clienti stranieri, gli speculatori e predatori interni e stranieri, e i ricchi predatori usurai. In questa oscura cricca di pirati finanziari ci sono quelli che taglierebbero la gola di chiunque per sottrargli un dollaro dalle tasche, vi sono quelli che mandano soldi negli stati per comprare i voti per controllare la nostra legislazione, e ci sono quelli che mantengono una propaganda internazionale allo scopo di ingannarci e di spingerci a fornire nuove concessioni che permetteranno loro di insabbiare le loro malefatte precedenti e di rimettere in moto il loro gigantesco treno criminale. Questi 12 monopoli privati vennero slealmente ed ingannevolmente imposti a questo paese da banchieri che vennero dall'Europa e che hanno ripagato la nostra ospitalità minando alla base le nostre istituzioni americane".

Il Congresso americano permette alla illegale FED di andare avanti, la maggior parte delle tasse va agli azionisti della FED ed ai loro banchieri.

La FED compra il debito degli stati Uniti con il denaro che stampa dal niente, poi carica l’interesse sui contribuenti americani.

Il Governo ha dovuto creare l’imposta sul reddito per pagare le spese per gli interessi agli azionisti della FED, ma l’imposta sul reddito non è stata mai approvata legalmente Nessuno Stato ha ratificato il 16° emendamento che rende legale l’imposta sul reddito.

 
 
 

Post N° 602

Post n°602 pubblicato il 09 Maggio 2008 da pianosindaci
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7.2 Trattato di Maastricht e BCE
Il Trattato sull'Unione Europea (noto come Trattato di Maastricht) venne firmato nella cittadina olandese sulle rive della Mosa di Maastricht il 7 febbraio 1992 dai 12 paesi membri dell'allora Comunità Europea, oggi Unione Europea ed è entrato in vigore il 1 novembre 1993.

Secondo alcuni studiosi attraverso il trattato di Maastricht è stato possibile trasferire il potere sovrano dei popoli europei ad un’entità virtuale, che decide per loro attraverso euroburocrati non eletti, liberi da controlli e responsabilità, scelti da poteri finanziari sovranazionali. Un trattato diretto a realizzare un governo europeo centralizzato, sul quale tali poteri possono più facilmente esercitare la loro egemonia e la loro pressione, lontano dal controllo elettorale dei popoli.

Secondo i sostenitori dell’Eurosistema il trattato sull'Unione europea (TUE) segna una nuova tappa nell'integrazione europea poiché consente di avviare l'integrazione politica. L'Unione europea da esso creata comporta tre pilastri: le Comunità europee, la Politica estera e di sicurezza comune (PESC), nonché la cooperazione di polizia e la cooperazione giudiziaria in materia penale (JAI). Il trattato istituisce una cittadinanza europea, rafforza i poteri del Parlamento europeo e vara l'unione economica e monetaria (UEM).

Le banche centrali delle singole nazioni europee, prima del Trattato di Maastricht, avevano un'indipendenza dal potere politico variabile tra il 40 e il 65 %; oggi, dopo i cambiamenti determinati dall'avvento dell'Euro, hanno raggiunto il 90%.

Dunque, mentre nessuna influenza può giungere dal potere politico alla BCE, dai vertici monetari giungono al potere politico continue indicazioni, parametri cui attenersi, precisi paletti che coinvolgono l'intera economia delle nazioni.

È davvero singolare come il Trattato di Maastricht si sia preoccupato di definire la BCE esclusivamente per ciò che riguarda la sua indipendenza.

Francesco Papadia e Carlo Santini, nel loro “La Banca centrale europea”[15], ricordano: «Dalla lettura del Trattato emerge la particolare collocazione della Banca centrale europea nell'assetto istituzionale dell'Unione europea. L'articolo 4, infatti, non la menziona tra le istituzioni (Parlamento europeo, Consiglio, Commissione, Corte di giustizia e Corte dei conti) della Comunità. Alla Banca, però, il Trattato conferisce personalità giuridica e lo Statuto riconosce la più ampia capacità di agire in ciascuno degli Stati membri. Sotto il profilo giuridico-formale, la Banca centrale europea non è, dunque, un'istituzione comunitaria [...], i suoi atti non sono imputabili alla Comunità. La Banca centrale europea è inserita in una cornice giuridica che ne stabilisce e ne tutela l'indipendenza nell'attuazione della politica monetaria».

Ulteriore prova di come i Governi dei Paesi del SEBC abbiano perso la loro sovranità monetaria, e quindi la possibilità di influire nelle decisioni di politica monetaria dell’Ue, possiamo citare alcuni articoli del Trattato.

L’art.105 del trattato di Maastricht, infatti, prevede che “la BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della Comunità.”, e l’art.107 aggiunge che “nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti loro attribuiti… né la BCE, né una BCN, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli Stati membri, né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari, nonché i Governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle Banche centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti.”

Ancora, all’art.108 A.1, si legge che “ la decisione (della BCE) è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati”. Un vero e proprio potere assoluto, in materia di politica monetaria, nelle mani della BCE che, giova ripetere, è un Ente privato sovranazionale.

A questo punto viene da chiedersi se norme di tale portata non sono in contrasto con i principi contenuti nella prima parte della costituzione italiana, specie con quello sancito dall’Art.1, dove si afferma che la sovranità appartiene al popolo.

Pertanto, le Banche centrali nazionali aderenti all’Eurosistema su autorizzazione della BCE, prestano agli Stati ed alle Banche ordinarie la moneta (l’euro) creata dal nulla (cioè senza una corrispondente copertura), richiedendo non solo il pagamento degli interessi, ma anche la restituzione del valore che l’euro medesimo ha acquistato per effetto della sua circolazione (ricordiamo che i simboli monetari entrati in circolazione, al momento dell’emissione, non avevano alcun valore, essendo stati creati dal nulla). I simboli monetari, invero, hanno incorporato il loro valore nominale, il loro potere d’acquisto, soltanto quando i popoli ne hanno accettato la circolazione (peraltro, nel caso dell’Euro si dovrebbe parlare di “accettazione imposta” e non di libera autodeterminazione di volontà).

L’Eurosistema appare quindi come una federazione di società per azioni le cui deliberazioni sono adottate dagli organi decisionali della BCE. Ad essa (cioè ad un “privato”, espressione di poteri finanziari sovranazionali) gli Stati membri hanno trasferito la propria sovranità monetaria e di conseguenza il controllo della politica economico-sociale delle nazioni.


7.3 Contabilità e debito pubblico
La banca - oggi la Banca Centrale Europea, prima la Banca d’Italia - stampa le banconote e iscrive al passivo nel proprio bilancio il loro ammontare, come se fosse una somma di proprietà della Banca e conferita da questa allo Stato.

Quindi, dal punto di vista contabile, la BCE risulta debitrice della moneta emessa, per tutto il tempo della sua circolazione; rappresentando pertanto un debito, tale moneta viene inserita fra le poste passive.

Allora, non ci si spiega perché percepisca interessi su di essa, pur essendo un debitore, visto che gli interessi andrebbero corrisposti al creditore, cioè al proprietario. Ne consegue che la BCE, essendo debitrice della moneta emessa, ne trae un utile non giustificabile, perché i veri creditori, cioè i proprietari, sono i popoli europei. Se poi si voglia assumere che la BCE è proprietaria della moneta emessa, anche prima del momento in cui la pone in circolazione (assurdo logico ed etico, in base al quale il valore della moneta non sarebbe l’effetto di una convenzione, bensì l’espressione della volontà totalitaria imposta da una struttura privata, direttamente dipendente dai gruppi di potere della finanza sovranazionale) si deve anche convenire che la medesima commette un illecito contabile allorquando la pone in bilancio fra le poste passive.

Dal Ministero del Tesoro la Banca incamera titoli di Stato e iscrive il loro ammontare all’attivo del proprio bilancio.

A questo punto tali titoli vengono “piazzati” presso le banche e gli istituti di credito che, a loro volta, li vendono ai loro clienti. Con questa operazione, la Banca centrale incassa subito sul mercato le somme che ha “prestato”allo Stato, il quale poi questi stessi titoli li rimborserà alla scadenza.

Dal canto suo lo Stato (contestualmente alla Banca centrale e per la medesima partita) iscrive al passivo nel proprio bilancio le somme che la Banca gli ha “prestato“, quelle banconote che in realtà appartengono ai cittadini e quindi dovrebbero essere iscritte all’attivo del bilancio dello Stato.

Per documentare quanto sopra si può esaminare il bilancio della Banca Centrale Europea contenuto nel Rapporto Annuale della BCE per il 2004, analizzando lo stato patrimoniale e il conto economico di gestione. Ricordo che le stesse analogie sono ripresentabili per i bilanci degli anni precedenti o successivi al 2004.
Se il bilancio 2004 fosse stato redatto conformemente alla realtà economico-giuridica , ossia alla inesigibilità verso la banca emittente delle banconote emesse, la voce passiva ‘Banconote in circolazione” dello stato patrimoniale, di oltre quaranta miliardi di Euro, sarebbe stata soppressa, e si sarebbe messa, nel conto economico, tra i ricavi, la posta “Sopravvenienza attiva € 40.100.852.165”; la quale porterebbe a un utile di esercizio di € 38.464.823.463 - utile da riportarsi nello stato patrimoniale in luogo della perdita. Anzi, l’utile di esercizio sarebbe molto maggiore, perché questa enorme variazione del patrimonio netto attivo porterebbe a ricavi proporzionalmente maggiori (circa € 1.000.000.000 al T.U.S. del 2,5%) come interessi attivi (e ciò non solo per l’anno 2004, ma anche per tutti gli anni precedenti, in cui la voce passiva fasulla era presente).


Inoltre, tutto l’incremento annuale della massa di banconote circolanti - circa € 5.200.000.000 – andrebbe ad aggiungersi agli utili di gestione.

Si noti che, in questa riscrittura del bilancio, si sommerebbero, per l’anno 2004, alcune voci attive straordinarie (la sopravvenienza attiva del controvalore delle banconote circolanti, e la conseguente sopravvenienza attiva degli interessi attivi per tutti gli anni precedenti al 2004), e alcune ordinarie, ossia destinate a ripetersi (gli interessi attivi o gli altri utili derivanti dal maggiore capitale netto; il profitto del signoraggio, ossia dell’emissione di nuove banconote).
La gigantesca somma delle passività inesistenti costituisce il valore non manifesto del patrimonio della BCE, quindi del patrimonio delle Banche Centrali che ne fanno parte. La quota competente alla Banca d’Italia, al netto, è € 4.796.563.485,84 – pari alla stima del patrimonio di Banca d’Italia come stimata nel proprio bilancio consolidato dalla sua partecipante Banca Popolare di Lodi.
Il bilancio della Banca d’Italia è fatto secondo i medesimi metodi che occultano reddito e ‘negano’ cespiti patrimoniali.

In sintesi, la Banca centrale nel mentre che iscrive al passivo del proprio bilancio i biglietti di banca emessi (anche se essi non rappresentano una perdita, perché la moneta, essendo l’unità di misura del valore dei beni, ha sempre e soltanto valore convenzionale, mai creditizio) addebita gli stessi, invece di accreditarli, ai popoli che, accettandoli, ne determinano il potere di acquisto.

Questo meccanismo che realizza un sistema usuraio, sia perché la Banca centrale, quando “presta” denaro, si arroga un diritto di proprietà, che non ha, su tutta la moneta circolante; sia perché i cittadini, da proprietari, diventano debitori della moneta che essi stessi creano. Da proprietari, e quindi creditori, a debitori: ecco l’usura praticata dal sistema delle Banche centrali che, allorquando prestano, invece di accreditare, il danaro stampato, ne caricano il costo del 200%.

Tutto ciò che è stato sopra analizzato seguendo il bilancio della BCE lo si potrebbe fare analizzando con gli stessi criteri il bilancio della Banca d’Italia.

Come si evince dal bilancio[16] presentato dal governatore Mario Draghi il 31 maggio 2006:

Figura n.6 – Passivo dello Stato Patrimoniale della Banca d’Italia



È la Banca d’Italia stessa che nella definizione delle “BANCONOTE IN CIRCOLAZIONE” ci racconta che esse sono un REDDITO.

Infatti a pagina 441 del bilancio bankitalia 2005 troviamo:

“ BANCONOTE IN CIRCOLAZIONE

La BCE e le dodici BCN dell’area dell’euro, che insieme compongono l’Eurosistema, emettono le banconote in euro dal 1° gennaio 2002 (Decisione BCE 6 dicembre 2001, n. 15 sulla emissione delle banconote in euro, in Gazzetta ufficiale delle Comunità europee L 337 del 20.12.2001, pp.52-54, e successive modifiche). Con riferimento all’ultimo giorno lavorativo di ciascun mese l’ammontare complessivo delle banconote in euro in circolazione viene ridistribuito sulla base dei criteri di seguito indicati.

Dal 2002 alla BCE viene attribuita una quota pari all’8 per cento dell’ammontare totale delle banconote in circolazione, mentre il restante 92 per cento viene attribuito a ciascuna BCN in misura proporzionale alla rispettiva quota di partecipazione al capitale della BCE (quota capitale). La quota di banconote attribuita a ciascuna BCN è rappresentata nella voce di stato patrimoniale Banconote in circolazione. La differenza tra l’ammontare delle banconote attribuito a ciascuna BCN, sulla base della quota di allocazione, e quello delle banconote effettivamente messe in circolazione dalla BCN considerata, dà origine a saldi intra Eurosistema remunerati. Dal 2002 e sino al 2007 i saldi intra Eurosistema derivanti dalla allocazione delle banconote sono rettificati al fine di evitare un impatto eccessivo sulle situazioni reddituali delle BCN rispetto agli anni precedenti. Le correzioni sono apportate sulla base della differenza tra l’ammontare medio della circolazione di ciascuna BCN nel periodo compreso tra luglio 1999 e giugno 2001 e l’ammontare medio della circolazione che sarebbe risultato nello stesso periodo applicando il meccanismo di allocazione basato sulle quote capitale. Gli aggiustamenti verranno ridotti anno per anno fino alla fine del 2007, dopodiché il reddito relativo alle banconote verrà integralmente redistribuito in proporzione alle quote, versate, di partecipazione delle BCN al capitale della BCE (Decisione BCE 6 dicembre 2001, n. 16, sulla distribuzione del reddito monetario delle BCN degli Stati membri partecipanti a partire dall’esercizio 2002, in Gazzetta ufficiale delle Comunità europee L 337 del 20.12.2001, pp.55-61, e successive modifiche).

Gli interessi attivi e passivi maturati su questi saldi sono regolati attraverso i conti con la BCE e inclusi nella voce di conto economico interessi attivi netti.

Il Consiglio direttivo della BCE ha stabilito che il reddito da signoraggio della BCE, derivante dalla quota dell’8 per cento delle banconote a essa attribuite, venga riconosciuto separatamente alle BCN il secondo giorno lavorativo dell’anno successivo a quello di riferimento sotto forma di distribuzione provvisoria di utili (Decisione BCE 17 novembre 2005, n. 11, in Gazzetta ufficiale delle Comunità europee L 311 del 26.11.2005, pp.41-42). Tale distribuzione avverrà per l’intero ammontare del reddito da signoraggio, a meno che quest’ultimo non risulti superiore al profitto netto della BCE relativo all’anno considerato o che il Consiglio direttivo della BCE decida di ridurre il reddito da signoraggio a fronte di costi sostenuti per l’emissione e la detenzione di banconote. Il Consiglio direttivo della BCE può altresì decidere di accantonare l’intero reddito in discorso o parte di esso a un fondo destinato a fronteggiare i rischi di cambio, di tasso di interesse e di prezzo dell’oro. La distribuzione dell’acconto sugli utili da parte della BCE, corrispondente alla quota di reddito da signoraggio della BCE stessa riconosciuta all’Istituto, è registrata per competenza nell’esercizio cui tale reddito si riferisce, in deroga al criterio di cassa previsto in generale per i dividendi e gli utili da partecipazione.

Per l’esercizio 2005 il Consiglio direttivo della BCE ha deciso che l’intero ammontare del reddito da signoraggio resti attribuito alla BCE stessa. “

Ora letto quanto sopra riportato, ovvero un testo presente nel bilancio 2005 di Bankitalia e firmato dallo stesso Governatore Draghi, si evince come le banconote in circolazione rappresentino un reddito per la stessa Banca d’Italia..

L’ingegner Lino Rossi dopo delle attente ricerche ed analisi, arriva a delle conclusioni per certi versi dimostrate, per altri versi sconvolgenti per i dubbi che suscitano. Egli afferma che nel momento in cui si pongono nelle passività i suddetti “redditi” succede che gli stessi vengono sottratti al CONTO ECONOMICO, così come definito dall’art. 2425 del C.C.. Significa, secondo Rossi, due cose:

1) il reddito così trattato non viene sottoposto a nessun tipo di imposizione fiscale, né a nessun tipo di rientro nelle casse dello Stato;

2) lo stesso viene fatto sparire dalla contabilità per prendere (addirittura) la misteriosa via del “nero”.

Dal un libro universitario di economia aziendale (Produzione e Mercato - A. Birolo G. Tattara - Ed. Il Mulino - 1991) si legge: "Si osservi che il biglietto di banca rappresenta un debito della banca centrale nei confronti di chi lo possiede. Quando un biglietto torna alla banca centrale, il debito che esso rappresenta è automaticamente estinto; l'eliminazione del debito comporta dunque la distruzione della moneta".

Pertanto secondo questa analisi Bankitalia si sarebbe sbagliata a definire le “banconote in circolazione” come “reddito” perché in realtà è un debito e quindi fa benissimo a mettere quelle somme nelle passività.

La banconota che torna alla banca centrale viene distrutta.

Vengono spontanee, secondo l’Ing. Rossi, porsi alcune domande:

a) da quando in qua un soggetto percepisce gli interessi di un debito da esso stesso contratto?

b) quando un debito non viene richiesto da nessuno è ancora tale? Nessuno infatti ha titolo per andare alla Banca d’Italia ad esigere la restituzione di quel “debito”.

c) da quando in qua un debitore “distrugge” il credito altrui? Quelle banconote sono della collettività e servono per scambiare i beni che la collettività stessa produce.

Dai bilanci ufficiali presenti sul sito della nostra banca centrale troviamo:



Tabella n.3 – Dati prelevati dai bilanci ufficiali della banca d’Italia sulle Banconote in circolazione

Anno
Banconote in

circolazione [€]

1996
54.799.175.735

1997
58.914.304.307

1998
63.220.005.474

1999
70.614.050.000

2000
75.063.752.000

2001
64.675.772.000

2002
62.835.488.000

2003
73.807.446.000

2004
84.191.125.720

2005
94.933.679.360

2006*
100.000.000.000*


* stima

Nascono serie perplessità quando leggiamo da diverse fonti quali:

- nella seconda edizione di “Euroschiavi” di Marco Della Luna ed Antonio Miclavez che “alle isole Cayman sono stati trovati i seguenti conti:

700 26891 A01 N BANCA D'ITALIA UFFICIO RISCONTRO VIA NAZIONALE, 91 I-00184 ROMA, ITALIA

709 27154 A01 N BANCA D'ITALIA SERVIZIO RAPPORTI CON L'ESTERO, UFFICIO RISCONTRO 2484 VIA NAZIONALE, 91 I-00184 ROMA ITALIA; “

- sul web - http://spazioinwind.libero.it/cobas/finanzaloro/bancaditalia.htm - La Banca d'italia nel 1994, tramite l'Ufficio italiano cambi (Uic), è entrata -con 100 miliardi di dollari- in una società controllata dall'Hedge Fund Ltcm e costituita nel paradiso fiscale delle CAYMAN ISLAND dai soci promotori dello stesso Ltcm !!!

- nel Corsera del 26-10-95 - Il Financial Time ha scritto che per questo investimento la Banca d'italia ha perso la sua "credibilità morale";

- ne Il Sole 24 Ore dell’ 8-10-98 - "E' assurdo utilizzare riserve nazionali per investire su un fondo come Ltcm,che era chiaramente speculativo",dichiara Edward Thorp, "padre" degli Hedge Fund americani;

- nel libro “Il Potere del denaro svuota le democrazie” di Giano Accame, ed. Settimo Sigillo – un esplicito riferimento alla presenza della Banca d’Italia alle isole Cayman.

Valutare la veridicità di queste fonti, se pur citate da autorevoli testate economiche quali Il Sole 24 ore o il Financial Time, può risultare secondario al problema, nonché rappresenta un compito arduo anche perché andare a rintracciare i fondi neri è sempre un’impresa complessa. Ciò che conta è che quei soldi non sono dove dovrebbero essere, ovvero nelle casse dello Stato a lenire il nostro enorme debito pubblico.

Tutte queste operazioni producono un debito pubblico in continuo aumento.

Esempio: “se lo Stato restituisce 98 e non 102 cosa succede? non è che può fare molto.. può solo chiedere un nuovo prestito, stavolta di 104 (100 per le spese previste per il nuovo anno, 4 per il debito non pagato l'anno precedente).

Naturalmente a fine anno dovrà restituire 104 + gli interessi = 106 (circa). Ora si possono seguire due strade: o si aumenta la pressione fiscale, oppure si mantiene stabile la tassazione per motivi di ordine pubblico (un popolo che si vede aumentare le Tasse e poi scopre come vengono sperperati i suoi soldi tende, storicamente, a non tollerare questi “errori”) ma si aumenta il ricorso all'indebitamento pubblico, tramite il prestito privato dalle banche centrali.”

Questa situazione si è ripetuta e tuttora si ripete tutti gli anni.

Tabella n.4 – Debito pubblico italiano dal 2002 al 2005 [17]

Anno
Debito pubblico
PIL

2002
1.367.169
1.295.226

2003
1.392.285
1.335.354

2004
1.442.994
1.388.870

2005
1.510.826
1.417.241



Come si vede dalla tabella, dal 2002 al 2005 il debito pubblico è sempre aumentato e continuerà ad aumentare. Infatti anche quello stimato per l’anno 2006 sfonda la quota dei 1600 miliardi di euro, secondo quanto riporta il supplemento Finanza Pubblica al Bollettino Statistico della Banca d'Italia.

Siccome alla BCE è stata data (come a Bankitalia S.p.A. prima di essa) totale autonomia nella decisione del tasso di sconto[18], questo significa che: «chi» presta decide anche a «quanto» presta.

Questo comporta un aumento del costo del denaro e quindi un aumento degli interessi sui prestiti.

Si sente spesso dire alla radio che « il deficit pubblico è aumentato per un imprevisto dilatarsi della servitù sul debito». Il vero significato di quest’ultima frase sta nel fatto che il banchiere aumenta il tasso di sconto e lo Stato si ritrova costretto ad inventarsi qualche tassa nuova o aumentare una di quelle esistenti per far fronte al Debito Pubblico.

Quindi, essendo il creditore – la banca centrale - sempre lo stesso soggetto (grazie al trattato di Maastricht e grazie al tacito rinnovo che lo scorso 31 dicembre 2005 ha permesso a Bankitalia S.p.A. - socia 15% della BCE - di proiettare la fine del contratto che la lega allo Stato Italiano in qualità di "Servizi di Tesoreria dello Stato" al 31 dicembre 2030) ed essendo il debitore – i cittadini - impossibilitato a rivolgersi altrove e/o a stamparsi moneta propria si viene a creare, persistendo in questa situazione, uno Stato sovrano debitore in eternum.

 
 
 

Post N° 601

Post n°601 pubblicato il 09 Maggio 2008 da pianosindaci
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5.TIPOLOGIE DI SIGNORAGGIO
Abbiamo definito il signoraggio come la differenza tra il valore nominale della moneta ed il suo costo di produzione. Esso è un profitto di cui si appropria chi ha il potere di emettere una data moneta. Tale profitto esiste per ogni forma di moneta oggigiorno utilizzata: metallica, cartacea e scritturale.

Il signoraggio sulla moneta metallica è solitamente per legge attribuito allo Stato. Quello sulla moneta cartacea è per legge attribuito alla Banca Centrale (solitamente privata). Quello sulla moneta scritturale è invece (seppur senza riferimento legislativo) attribuito al sistema bancario nel suo complesso (Banca Centrale compresa, dato che anch'essa può creare denaro dal nulla prestandolo senza l'emissione di banconote).

Il signoraggio sulla moneta metallica è costituito dal valore facciale (nominale) totale di tutte le monete metalliche coniate da un determinato Stato in una determinata valuta, al netto del costo di produzione delle stesse.

Il signoraggio sulla moneta cartacea è costituito dal valore facciale totale di tutte le banconote emesse da una Banca Centrale in una determinata valuta, al netto del costo di produzione delle stesse.

Il signoraggio sulla moneta scritturale è costituito dal valore nominale (facciale in questo caso non è corretto, non essendo questa moneta fisica) di tutta la moneta prestata dal sistema bancario (credito) sotto forma di deposito (per lo più conto corrente (c/c)), al netto del costo di produzione della stessa (che è nullo: una semplice digitazione su un computer o scrittura su un foglio di carta di cifre numeriche).

Mentre il signoraggio sulla moneta fisica (cartacea e metallica) è solitamente ben identificato, quello sulla moneta scritturale risulta spesso non compreso a causa della non automatica identificazione di quest'ultima come moneta vera e propria: ciò che non è sensorialmente percepibile è di più difficile comprensione. Tale confusione è accentuata ancor più dall'esistenza della Contabilità e del Bilancio: in quanto costituiti della stessa sostanza (cifre numeriche su pc o su carta), si tende a fare confusione tra la moneta scritturale (deposito) ed una generica computazione di cifre monetarie (Contabilità e Bilancio). La prima è moneta, la seconda un semplice conteggio della stessa moneta. Il conto corrente, in altre parole, non è Contabilità, come viene solitamente definito, bensì vera e propria moneta non fisica che gode del suo signoraggio, come ogni moneta il cui valore nominale è superiore a quello intrinseco (nullo in questo caso).


6. LA RISERVA FRAZIONARIA
Come spiega il Nobel per l’economia Paul Samuelson nel suo testo Economia[9] a fronte di un nuovo deposito, la banca può concedere un prestito aggiuntivo per un ammontare massimo pari al nuovo deposito meno la somma trattenuta sotto forma di riserva a qualsiasi titolo.

La riserva frazionaria è la percentuale dei depositi bancari che per legge la banca è tenuta a detenere sotto forma di contanti o di attività facilmente liquidabili.

Se la percentuale di riserva è pari al 2%, a fronte di 100 euro di nuovi depositi la banca deve tenere 2 euro in attività liquide o facilmente liquidabili, mentre può impiegare (ovvero prestare) i restanti 98 euro.

Secondo Gianfranco Venturi sarebbe l’errata definizione della moneta come unità di conto ( e non come bene reale) che ha generato nella mente umana la possibilità della moneta come “essenza immaginaria”, come bene che non ha bisogno di essere scambiato realmente per svolgere la sua funzione.

In base a questo concetto di moneta (come essenza immaginaria) il sistema bancario, tramite la riserva frazionaria, ha creato la moneta virtuale (creata dal nulla e non garantita da alcuna riserva di moneta reale) che rappresenta, insieme al Signoraggio, una colossale truffa ai danni del Popolo.

La riserva frazionaria è la percentuale dei depositi bancari che per legge la banca è tenuta a detenere sotto forma di contanti o di attività facilmente liquidabili.

Oggigiorno, tale coefficiente di riserva si basa su alcune passività della banca, in particolare depositi e titoli: un coefficiente di riserva del 2% per depositi e titoli con scadenza o rimborsabili fino a due anni; un coeff. di riserva del 0% per depositi e titoli con scadenza o rimborsabili oltre i due anni.

Inoltre, anche nel sistema SEBC vale ciò che in Italia esisteva già dal 1990, ossia la mobilizzazione della riserva: l'obbligo di riserva richiede che la banca mantenga una riserva media giornaliera, calcolata nell'arco di un mese, almeno pari all'ammontare di riserva dovuto. È dunque possibile, con la mobilizzazione della riserva, movimentare l'intera riserva purché a fine giornata il conto riserva/regolamento (il conto su cui la banca mantiene le proprie riserve presso la Banca Centrale) non presenti saldi negativi.

Ad esempio, ipotizzando una banca con 1000 euro di depositi con scadenza 12 mesi, essa ha l'obbligo di tenerne 20 come riserva (ossia il 2% di 1000) e può prestarne un massimo di 980. Tali 980 euro possono poi diventare depositi della stessa o di un'altra banca, ed ipotizzando che rimangano anch'essi depositi con scadenza 12 mesi, 19,6 euro dovranno rimanere in riserva (2%) ed un massimo di 960,4 euro potranno essere prestati, e così via.

Tale meccanismo crea denaro dal nulla in quanto i depositi continuano ad esistere come denaro, anche se in alcuni casi vincolati nell'utilizzo immediato. Da quei 1000 euro di depositi iniziali, il sistema bancario nel suo complesso può prestare quindi, attraverso il passaggio depositi-prestiti-depositi sopra accennato, un massimo di 50.000 euro (una semplice serie geometrica: 1.000x(1+0,98+0,98*2+0,98*3+...) ).

Se tale calcolo di creazione del denaro dal nulla da parte del sistema bancario è vero in un sistema monetario statico, non lo è però in un sistema monetario dinamico. Infatti quei soldi nella realtà si muovono velocemente nel sistema, e quindi lo stesso medesimo denaro può in poco tempo, divenendo deposito di diversi depositanti o di diverse banche, permettere la creazione di denaro non solo una volta, ma molte volte. Potenzialmente, infinite volte. Ciò significa che la creazione di denaro reale non è solo di 50 volte, ma è ben superiore. E tanto maggiore è la velocità di circolazione della moneta, tanto maggiore sarà la moneta creata.

La creazione di moneta nel sistema monetario odierno basato su riserva frazionale, quindi, non ha sostanzialmente alcun limite, a differenza di quanto ufficialmente dichiarato. E la riserva frazionaria quindi, oggigiorno peraltro quasi inesistente, è in realtà uno strumento fittizio di limitazione della creazione di moneta dal nulla (strumento di politica monetaria restrittiva). Ed altrettanto fittizia è la base monetaria (denaro emesso dalla Banca Centrale) come strumento di politica monetaria restrittiva: tolto infatti il denaro iniziale emesso dalla Banca Centrale (una qualsiasi quantità positiva, anche un infinitesimo), per il meccanismo sopra descritto se ne può creare all'infinito attraverso le banche ordinarie.

Tale concetto non è sovente compreso in quanto si tende a ragionare in modo statico, e non dinamico; ed a considerare la creazione di moneta scritturale come la risultante del solo coefficiente di riserva obbligatoria, senza considerare la velocità di circolazione della moneta.

In sostanza, il sistema bancario può produrre a costo zero quantità illimitate di "denaro" dal nulla – denaro con cui sottrae unilateralmente potere d'acquisto al mercato e ai soggetti diversi dalle banche stesse, incontrando in questa produzione

solamente il limite della credibilità del denaro stesso che essa va creando, nel senso che il sistema bancario può immettere solo la quantità di nuovo "denaro" creditizio, che il mercato, nel corso del tempo, può e vuole assorbire. Proprio per questa ragione, affinché la gente e il mercato non perdano fiducia nel denaro bancario, i suddetti meccanismi di moltiplicazione della massa monetaria dal nulla non vengono resi noti, anzi spesso vengono negati.

Viene incoraggiata la convinzione che le banche siano tenute a osservare rigorosi limiti di riserva e che guadagnino onestamente sulla forbice tra tassi attivi e tassi passivi. E che le Banche Centrali sorveglino e garantiscano che l'offerta di credito non sia eccessiva e non causi inflazione, mentre le forti tasse servirebbero (anche) a drenare l'eccesso di denaro circolante.

Quanto sopra comporta anche che l'ammontare della massa monetaria effettiva è incontrollabile, indefinito, perché esso dipende da fattori arbitrari o, più esattamente, potestativi.[10]



7. BANCHE CENTRALI, EURO E TRATTATI
7.1 Pecunia ex nihilo
Antonella Randazzo, insegnante di filosofia, si occupa di Diritti umani da diversi anni. Di recente ha pubblicato un libro[11] critico nei confronti dell’attuale sistema finanziario. L’autrice denuncia in un passo del libro:

“ Le banche hanno il potere di stampare denaro. Tale potere viene esercitato in segretezza. I mass media utilizzano parole e concetti per nascondere tale realtà. Ad esempio, parlano della Banca Europea come fosse legata all'Europa, e non dicono che essa è un'istituzione controllata da pochi privati. Lo stesso avviene per la Federal Reserve , il cui presidente viene nominato dal presidente americano, per dare ad intendere che si tratta di un'istituzione governativa. E invece essa è nelle mani di un gruppo di banchieri privati. “

Per capire il signoraggio si deve ben capire il concetto della creazione del denaro, come avviene, da cosa è garantito e chi ne trae i vantaggi.

Nel 1970 l’OPEC[12], cioè il cartello dei produttori di petrolio, non solo aumentò il prezzo del greggio, ma pretese il pagamento in oro e non in dollari.

Gli stati che avevano riserve in dollari, cercarono di cambiarli in oro, che si sarebbe dovuto trovare nei forzieri di Fort Knox[13] in USA, ma si scopri che l’oro non era sufficiente e non copriva il valore dei dollari circolanti in tutto il mondo.

Le riserve auree nel mondo (valutate al 1975) non superavano le 200.000 tonnellate, mentre per coprire tutte le monete circolanti ne sarebbero occorse 75.000.000 di tonnellate. Il che vuol dire che ogni moneta aveva una copertura del suo valore pari allo 0,3 % in oro, cioè carta straccia.

Il 15 agosto 1971, il presidente Nixon annuncia a Camp David, con decisione unilaterale, di sospendere la convertibilità del dollaro in oro. Una constatazione di fatto del disastro.

Da allora i paesi continuano a stampare denaro dal nulla, “ex nihilo”, fondandolo sul nulla, perché non esiste alcun valore di riferimento che possa far capire quanto vale il biglietto di banca stampato. Ancora di più carta straccia.

Le banche centrali emettono moneta, senza limite e senza costo, e se ne attribuiscono la proprietà a titolo esclusivo e, con i loro prestiti sistematici, creano e incrementano il debito pubblico di ogni stato.

Ma la banca centrale del quale è consapevole che non ha un corrispettivo in oro, e quindi non ha valore.

Il giornalista David Icke illustra chiaramente quello che avviene nel momento in cui un normale cittadino si reca in banca per chiedere un prestito di una somma di denaro:

“Quando andate in banca a chiedere un prestito, la banca non stampa neanche una banconota nuova, né conia nuove monete. Si limita a digitare la somma del vostro prestito sul vostro conto corrente. Da quel momento in poi pagate alla banca interessi su ciò che non è altro che denaro digitato sullo schermo (denaro virtuale). Eppure, se non riuscite a rimborsare il prestito che non esiste, la banca può intervenire e, in tutta legalità, espropriarvi beni che invece esistono, come la casa, la macchina, la terra e tutto quello che possedete, per un valore pari a quello che compare sullo schermo. Inoltre, poiché il denaro non viene messo in circolazione dai governi, ma dalle banche private che concedono prestiti ai clienti, le banche controllano la quantità di denaro in circolazione. Più prestiti decidono di elargire, più denaro viene messo in circolazione.” [14]

Da ricordare è il dibattito sorto nel settembre del 2002 tra l’allora ministro dell’economia italiana, Giulio Tremonti, e l’allora presidente della BCE, Willem Duisenberg, in cui il primo suggeriva la proposta di sostituire le monete metalliche da uno e due euro con le banconote di carta che, a detta di Tremonti, avrebbe dato ai consumatori un senso di maggiore sensatezza al consumo e avrebbe aiutato a tenere i prezzi sotto controllo.

La risposta di Duisenberg fu quasi derisoria.

Sotto riporto l’estratto della conferenza stampa del presidente della BCE, Willem F. Duisenberg, Francoforte 12.9.2002:

Domanda: "Mr Tremonti, il ministro italiano dell’Economia, ha proposto l’adozione delle banconte da 1 e 2 euro, insieme con le monete allo scopo di impedire ulteriori aumenti dei prezzi. Il 74% degli italiani è d’accordo con questa proposta e noi vogliamo sapere che cosa pensa lei di questo e se ne avete parlato alla Banca centrale europea. Grazie."

Duisenberg: “Non abbiamo progetti di introdurre banconote da 1 o 2 euro, ma ne abbiamo sentito parlare. Naturalmente, ne abbiamo discusso. Stiamo valutando le implicazioni di introdurre tali banconote. In linea di principio non abbiamo niente contro questo progetto, ma stiamo valutando le implicazioni e spero che Mr Tremonti si renda conto che se tale banconota dovesse essere introdotta, egli perderebbe il diritto di signoraggio che si accompagna ad essa. Dunque se egli, come ministro dell’Economia, ne sarebbe contento non lo so.”

 
 
 

Post N° 600

Post n°600 pubblicato il 09 Maggio 2008 da pianosindaci
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5.3 La Banca d’Italia nello scenario attuale e futuro
La Banca d’Italia è parte integrante del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC) che ha al vertice la BCE, organo che ha in esclusiva la definizione della politica monetaria unica per tutti i paesi membri dell’UEM.

La Banca d’Italia può in sostanza definirsi una delle filiali della BCE. A questo risultato si è giunti per tappe con l’adeguamento della legislazione italiana alle disposizioni del Trattato e dello Statuto del SEBC. L’adeguamento definitivo dello Statuto è avvenuto nel marzo del 1998[19] e le modifiche sono state recepite da un decreto presidenziale alla fine del mese successivo.

Il ruolo della Banca di Italia è ancora in evoluzione, e va ad inserirsi in un quadro molto coerente e complesso. Ciò scaturisce dal disegno di legge di riordino delle Authority, dal decreto per le liberalizzazioni del ministro Bersani, negli accordi per creare la Borsa Globale, nella nuova direttiva MiFID[20]: un sistema monetario fondato sulla moneta elettronica completamente nelle mani delle banche private, un unico ente centralizzato che ha il potere di decidere la politica monetaria, rigorosamente indipendente da tutto e da tutti, liberalizzazione della contrattazioni dei titoli, e la creazione di una serie di autority che controllino il settore finanziario.

Il 2 febbraio 2007, appunto, il Governo ha approvato il disegno di legge che interviene a modificare il sistema composto dalle Autorità indipendenti.

Nella “relazione illustrativa” del disegno di legge di riordino delle Authority si legge, in materia di vigilanza: “ Secondo il nuovo disegno, la Banca d’Italia diventa il soggetto regolatore e vigilante unico in materia di stabilità degli operatori (bancari, assicurativi, finanziari), mentre la Consob è regolatore unico in materia di trasparenza e di informazione al mercato (quindi anche sull’offerta dei prodotti assicurativi e pensionistici). L’Isvap, la Covip e l’UIC sono soppressi e le competenze attuali sono ripartite tra BI e Consob (ciò si giustifica anche in ragione degli assetti proprietari delle assicurazioni e della componente finanziaria dei nuovi prodotti assicurativi). “

L’articolo 8 del decreto legislativo di riordino delle Autority, trasferisce quindi alla Bankitalia le competenze dell’UIC (Ufficio Italiano Cambi), nonché quelle dell’Isvap[21] e Covip[22], da condividere con Consob[23]. Alla Banca d’Italia andranno ancora poteri di controllo e vigilanza sugli intermediari, i quali tuttavia avranno molta più libertà nel gestire la collocazione dei titoli sul mercato. Le Banche d’Affari potranno, in maniera indipendente, creare una borsa valore e vendere Titoli, accompagnati da un quadro di sintesi che spiega l’offerta pubblica: saranno le Banche stesse a fare i controlli e non più Consob per esempio, ma senza acquisire alcuna responsabilità nell’emissione.

Il 27/01/2007 Fulvia Novellino scrive, su Rinascita,[24] un articolo sullo scenario futuro offerto alla nostra banca centrale: “A rendere la Banca d’Italia un Istituto meramente burocratico è stata l’Unione Europea, con la creazione della Banca Centrale Europea, al cui interno è stato concentrato il potere della politica monetaria, uno dei più potenti e fondamentali poteri che uno Stato detiene nell’esercizio delle funzioni che gli conferisce il popolo.

Le banche centrali nazionali sono state così retrocesse a stanza di compensazione, a organo burocratico delle stesse banche private, con poteri di vigilanza senza esercitarli completamente.

La Banca di Italia sarà così l’ente burocratico dell’alta finanza, più che un Istituto di emissione monetaria in quanto la sola moneta emessa sarà delle Banche private, ed era alquanto anacronistico pensare di rendere pubblico un’entità che comunque non può essere controllata dallo Stato. La moneta ormai è destinata a perdersi nei circuiti internazionali, i titoli nella Borsa Globale, e le leggi nelle direttive comunitarie: la nuova usura sarà l’essere solamente un utente.

I banchieri hanno così costretto a far scegliere al governo tra pagare ventitrè miliardi per l’acquisto delle azioni, cosa assolutamente impossibile visto lo stretto controllo dell’OCSE[25] e della UE sui conti pubblici, e chiudere il contenzioso con le liberalizzazioni e il decreto per creare le borse valori delle banche (MIFID).”













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[1] DE MATTIA R , Storia del capitale della Banca d’Italia e degli istituti predecessori, Banca d’Italia, Roma (1977)

[2] La Nazionale sarda era nata dalla fine del 1849 dall’attuazione di un disegno unificatorio alla cui accettazione aveva concorso Cavour sia presso gli amministratori e i principali azionisti che presso il governo piemontese, prima ancora che egli stesso ne entrasse a far parte.

[3] Circa il mutamento della denominazione sociale le fonti tacciono. Non vi fu un provvedimento specifico che sancì il cambio della ragione sociale.

[4] Nel 1870, con l’ingresso degli italiani in Roma, la Banca degli Stati Pontifici (fondata nel 1850) cambiò la ragione sociale in Banca Romana: la sua liquidazione , decretata nel 1893, fu affidata alla nuova Banca d’Italia, che la concluse nel 1912.

[5] Tratto da http://www.cronologia.it/mondo28s.htm

[6] Tratto da http://digilander.libero.it/afimo/breve_storia_di_bankitalia.htm

[7] Consob: Commissione Nazionale per le Società e la Borsa

[8] Statuto della Banca d’Italia , 2006 ; Approvato con delibera dell’Assemblea generale straordinaria dei partecipanti al capitale del 28 novembre 2006, approvata con D.P.R. 12 dicembre 2006 (G.U. n. 291 del 15 dicembre 2006)


[9] R & S, Ricerche & Studi di Mediobanca, 2003, pag. 1.149

[10] La Grassa è stato docente di Economia nelle Università di Pisa e Venezia fino al 1996. Convinto marxisista. Da anni scrive libri e ha pubblicato innumerevoli articoli su varie riviste italiane e straniere

[11] LA GRASSA G.(2007), Finanza o metastasi polico-culturale? , in EFFEDIEFFE giornale online.

[12] L'Istituto per la Ricostruzione Industriale (o IRI) era un ente pubblico nato nel 1933 per volere dell'allora governo fascista per salvare dal fallimento le principali banche italiane, ossia Banca Commerciale Italiano e Banco di Roma.

[13] Inps: Istituto nazionale di previdenza sociale

[14] A.B.I., Associazione Bancaria Italiani, costituita nel 1919.

[15] Aduc: Associazione a difesa dei consumatori e utenti

[16] ovvero Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia

[17] DE CHIARA A. e SARNO L., Dalla Banca d’Italia alla Banca Centrale d’Europa, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, (2001)


[18] Tratta dal sito ufficiale della BCE, http://www.ecb.int/ecb/orga/capital/html/index.it.html

[19] D.lgs. 10 marzo 1998, n. 43

[20] MiFID: Markets in Financial Instruments Directive

[21] ISVAP: Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo.

[22] COVIP: Commissione di vigilanza sui fondi pensione.

[23] CONSOB: Commissione Nazionale per le Società e la Borsa. Vigila su ogni promoter e si occupa dell'apposito Albo.

[24]NOVELLINO F. , Bankitalia e moneta elettronica, tratto da qui

[25] OCSE: Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.


postato da Sal @ 19.59

TESI - Il Signoraggio (CAP.2)

IL SIGNORAGGIO

1.LA NASCITA DEL SIGNORAGGIO
Il Signoraggio è un termine che deriva dal francese "seigneur", che in italiano significa "signore". Nel Medio Evo infatti erano i signori feudali i titolari del diritto di battere moneta e i beneficiari del guadagno che ne derivava. Oggi gli economisti intendono per signoraggio, i redditi che la banca centrale e lo stato ottengono grazie alla possibilità di ricreare base monetaria in condizioni di monopolio.

Nell'antichità, quando la base monetaria consisteva di monete in metallo prezioso, chiunque disponesse di metallo prezioso poteva portarlo presso la zecca di stato, dove veniva trasformato in monete con l'effigie del sovrano. I diritti spettanti alla zecca e al sovrano erano esatti trattenendo una parte del metallo prezioso. Il signoraggio in tale contesto è dunque l'imposta sulla coniazione, noto anche come diritto di zecca. Il valore nominale della moneta e il valore intrinseco delle monete non coincidevano, a causa del signoraggio e dei costi di produzione delle monete.

L'imposta sulla coniazione poi serviva a finanziare la spesa pubblica. Nel caso in cui lo stato possedesse miniere di metallo prezioso, il signoraggio coincideva con la differenza tra il valore nominale delle monete coniate e i costi per estrarre il metallo prezioso e coniare le monete. Già con i romani, da Settimio Severo[1] si può parlare di signoraggio: questo imperatore dimezzò la quantità di metallo prezioso contenuto nelle monete, mentre lasciò invariato il valore nominale.

Ma le vere origini del signoraggio risalgono al 27 luglio 1694, quando il massone e banchiere londinese William Paterson fonda con alcuni fratelli la prima banca centrale al mondo: la Old Lady of Threadneedle Street, meglio conosciuta come Banca d'Inghilterra.

Non si tratta della prima banca in assoluto, perché già nel 1163 a Venezia esisteva un Monte fruttifero privato creato per favorire il commercio, per non parlare del Banco (o Casa) di San Giorgio del 1407 a Genova, vera e prima banca pubblica d'Europa.

La Banca d'Inghilterra è invece la prima Banca Centrale al mondo; la prima che stampò 1.200.000 sterline («notes of bank»), corrispondenti al debito di 700.000 sterline-oro che il Re Gu­glielmo d'Orange aveva contratto proprio con essa. In pratica ha iniziato l'attività comprando il debito della Corona.

Proprio inerente alla Banca d’Inghilterra possiamo citare un passo di un famoso critico dell’economia politica, Karl Marx, che nel 1885 scriveva, nella sua opera Il Capitale[2] , a proposito di questa banca centrale:

“ Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di denominazioni nazionali non sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipar loro denaro. Quindi l’accumularsi del debito pubblico non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui pieno sviluppo risale alla fondazione della Banca d’Inghilterra (1694). La Banca d’Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo all’otto per cento; contemporaneamente era autorizzata dal parlamento a batter moneta con lo stesso capitale, tornando a prestarlo un’altra volta al pubblico in forma di banconote. Con queste banconote essa poteva scontare cambiali, concedere anticipi su merci e acquistare metalli nobili. Non ci volle molto tempo perché questa moneta di credito fabbricata dalla Banca d’Inghilterra stessa diventasse la moneta con cui la Banca faceva prestiti allo Stato e pagava per conto dello Stato gli interessi del debito pubblico. Non bastava però che la Banca desse con una mano per aver restituito di più con l’altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua della nazione fino all’ultimo centesimo che aveva dato . A poco a poco essa divenne inevitabilmente il serbatoio dei tesori metallici del paese e il centro di gravitazione di tutto il credito commerciale. In Inghilterra, proprio mentre si smetteva di bruciare le streghe, si cominciò a impiccare i falsificatori di banconote. Gli scritti di quell’epoca, per esempio quelli del Bolingbroke, dimostrano che effetto facesse sui contemporanei l’improvviso emergere di quella genìa di bancocrati, finanzieri, rentiers, mediatori, agenti di cambio e lupi di Borsa. “

La banca di Paterson si trovava quindi, oltre ad essere proprietaria di un capitale sul quale percepiva gli interessi, a disporre di una massa monetaria fittizia non corrispondente a nessuna ricchezza reale, con la quale può intraprendere fruttuose operazioni finanziarie o concedere prestiti sui quali percepire altri interessi.

Per il governo inglese, che rinuncia a battere cartamoneta in proprio, comincia così la lunga e mai terminata sequela di interessi da versare alla banca, e per l'economia inglese è consentita la circolazione di denaro inventato, col quale illegittimamente si promuovono speculazioni finanziarie. L'esempio inglese, nei secoli successivi, è seguito da tutti i governi del mondo, fino alla situazione attuale, in cui nessun popolo è proprietario della moneta che utilizza, e dove tutti sono debitori delle banche private che battono moneta. Le banche, nel momento stesso della loro nascita, iniziano a creare moneta fittizia culminante con l'immensa massa di denaro virtuale oggi circolante nel mondo, dando vita a una colossale truffa ai danni dei popoli.

Emblematica è anche una frase detta nel 1773 da Amschel Mayer Rothschild, massimo finanziere tedesco, il quale dichiarava “la nostra politica è quella di fomentare le guerre, ma dirigendo Conferenze di Pace, in modo che nessuna delle parti in conflitto possa avere benefici. Le guerre devono essere dirette in modo tale che entrambi gli schieramenti, sprofondino sempre più nel loro debito e quindi, sempre di più sotto il nostro potere”.

Ancora è possibile citare Maurice Allais, Premio Nobel per l’economia nel 1988 per i suoi contributi determinanti per la teoria dei mercati e l'utilizzo efficiente delle risorse, che disse: “l'attuale creazione di denaro operata ex nihilo dal sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte di falsari. In concreto, i risultati sono gli stessi. La sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto" [3].


2.IL SIGNORAGGIO OGGI
Storicamente, abbiamo visto che il "signoraggio" era il termine col quale si indicava il compenso richiesto dagli antichi sovrani per garantire, attraverso la propria effigie impressa sulle monete, la purezza e il peso dell'oro e dell'argento. Ogni cittadino poteva infatti portare alla Zecca metallo prezioso per farlo trasformare in denaro e il sovrano tratteneva, come signoraggio, una percentuale del metallo.

Ciò che viene oggi indicato come "reddito monetario" in effetti non è altro se non l'antico signoraggio. Se dunque un ente statale si prendesse la briga di stampare moneta, diffonderla, controllare l'operato degli Istituti bancari, certamente sarebbe legittimo istituire una tassa per coprire le spese necessarie al buon funzionamento di quell'ente. Ma la dimensione del moderno signoraggio va ben al di là di una semplice tassa. Il reddito monetario di una banca di emissione è dato infatti dalla differenza tra la somma degli interessi percepiti sulla cartamoneta emessa e prestata allo Stato e alle banche minori e il costo infinitesimale di carta, inchiostro e stampa, sostenuto per la produzione del denaro.

Esempio in “soldoni” del signoraggio[4]:

“Lo Stato prende in prestito una banconota da €100 euro dalla Banca Centrale e la «paga» con una «obbligazione» da €100. A fine anno dovrà «drenare» dalla popolazione quei €100 per restituirli al legittimo proprietario (che è il Banchiere Internazionale), più gli interessi, diciamo un 2,5%. La Banca Centrale ha stampato quella banconota spendendo (tutto compreso) 30 centesimi di euro (quindi era solo un pezzo di carta, una merce come un altra, come un biglietto del cinema) mentre la banconota da €100 (+2,5%), che lo Stato restituisce alla Banca Centrale, l'ha tolta a noi ed essa è frutto del nostro lavoro, delle nostre fatiche, del nostro sudore, insomma è pregna di valore e impegno umano! La Banca Centrale è una tipografia e si comporta come se fosse la padrona della banconota!

Ergo: il signoraggio su una singola banconota è di €102,5 - €0,30 = €102,2 “



3.SOVRANITA’ MONETARIA
Dall’epoca della Rivoluzione americana e francese è principio fermo in ogni democrazia e comune convinzione che la "sovranità" non appartiene al monarca ma esclusivamente al popolo. Così è in tutte le democrazie liberali dell’occidente. L’Italia non fa eccezione infatti l’art.1 della nostra Costituzione stabilisce: "La sovranità appartiene al popolo il quale la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". Per sovranità popolare si intende il potere politico nella sua radice primigenia, da cui traggono legittimazione il potere legislativo (il Parlamento), quello esecutivo (il Governo) e quello giudiziario (la Magistratura).

Derivazione diretta della sovranità popolare è la sovranità monetaria che determina il potere di chi detiene il controllo del credito e della moneta.

La moneta dovrebbe nascere di proprietà del cittadino, perché è lui che, accettandola, ne crea il valore. Purtroppo nella realtà non è così, perché il popolo, e quindi lo Stato, non detiene il potere di emettere moneta; potere che è stato delegato ad “altri”.

Nel momento in cui la moneta viene messa in circolazione dalla Banca centrale, sarebbe necessario che essa diventasse di proprietà di tutti i cittadini, i quali hanno contribuito in un modo o nell'altro alla crescita dell'economia reale.

E’ il popolo che produce, consuma, lavora, fa girare l’economia. Tutte queste attività ed altre ancora sono alla base della vita economica del paese e perciò sembra logico che i benefici derivati dalla messa in circolazione della moneta non debbano essere un'esclusiva di pochi banchieri bensì vadano distribuiti a tutti quei soggetti che concorrono nella vita economica del paese.

Come spiega il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello dell’Aquila Bruno Tarquini in un suo libro[5], il popolo ha perso la sovranità monetaria. Contrariamente a quanto accade nel rapporto tra Stato e cittadini con l'emissione dei titoli fruttiferi, in quello che viene a stabilirsi tra Stato e la Banca Centrale, con l'emissione della moneta bancaria (banconota), si coglie in tutta la sua drammaticità la rinuncia da parte dello Stato alla sovranità monetaria ed al conseguente esercizio del potere di "battere moneta"; si avverte sopratutto la stranezza di una situazione che poteva trovare una valida giustificazione in altri tempi, quando la moneta aveva un proprio valore intrinseco perché costituita da pezzi coniati in metalli pregiati, o quando essa, pur rappresentata da simboli cartacei, aveva tuttavia una copertura nelle riserve auree o argentee delle banche: allora era frequente che il re o il principe (cioè lo Stato), non avendo a propria disposizione risorse finanziarie (metallo pregiato) per sostenere, ad esempio, le spese di una guerra, ricorresse ai banchieri per ottenere i necessari prestiti.

Ma nell'attuale momento storico, in cui la moneta è costituita soltanto da supporto cartaceo, privo di qualunque copertura aurea o valutaria[6], non si comprende la ragione per la quale lo Stato debba richiedere ad un apposito istituto bancario privato il mutuo, sempre oneroso, di banconote create dal nulla e prive quindi di ogni valore intrinseco, trasferendogli in tal modo, con la sovranità monetaria, non solo il potere di emettere moneta, ma anche il governo di tutta la politica monetaria, attraverso il quale, come si è già esposto, non può non influire in maniera assolutamente determinante su tutta la politica economico-sociale del governo nato dalla volontà popolare.

Peraltro è bene sapere che lo Stato, oggi, per mezzo dei propri stabilimenti della Zecca, provvede alla creazione ed alla messa in circolazione di tutta la monetazione metallica, del cui ammontare (anche se di modestissimo valore rispetto a tutto il circolante cartaceo di banconote) esso non è debitore di nessuno, tanto meno della privata Banca d'Italia. Così come, fino a pochi anni fa, provvedeva, nello stesso modo, alla creazione ed alla messa in circolazione di carta moneta di cinquecento lire e, prima ancora, anche di mille lire (figura 2) ,

Figura n.2 - banconota da 500 lire stampata dallo Stato[7]


neanche in relazione delle quali ovviamente sorgeva in capo allo Stato alcuna obbligazione di restituzione né di pagamento di interessi, poiché di esse lo stesso Stato non si indebitava, provvedendo direttamente alla loro creazione ed alla loro immissione in circolazione.


4.VALORE INDOTTO DELLA MONETA
Il Professore Giacinto Auriti[8] ha effettuato molti studi sul signoraggio, proponendo un rilevante esperimento sulla moneta complementare e ha elaborato un'originale e discussa teoria riguardante la moneta.

Questa teoria si esprime col concetto di valore indotto della moneta.

Secondo Auriti la moneta è una fattispecie giuridica. Due sono state infatti le definizioni date della moneta: valore creditizio e valore convenzionale. Poiché convenzione e credito sono fattispecie giuridiche, non v'ha dubbio che la moneta costituisca oggetto della scienza del diritto.

L'ostacolo di fronte al quale tutti i monetaristi si sono trovati basa sull'errore iniziale di non aver definito la moneta come fattispecie giuridica e lo stesso diritto come strumento o bene esso stesso: come espressione cioè di un valore proprio diverso da quello del bene oggetto del diritto.

Su questo equivoco iniziale si è preteso di giustificare il valore monetario sulla base della riserva d'oro, confondendo e spacciando sotto la parvenza di valore creditizio il valore indotto, ossia configurando la moneta come titolo di credito rappresentativo dell’oro.

Secondo Auriti questa tesi è clamorosamente errata perché basata su una concezione materialistica del valore. Quando si parla dell'oro si concepisce il cosiddetto valore intrinseco come una proprietà del metallo. Anche l'oro ha valore non perché sia tale, bensì perché ci si è messi d'accordo che lo abbia.

In breve anche il valore intrinseco altro non è che valore indotto.

Siccome questo metallo è stato considerato tradizionalmente come simbolo monetario, per consuetudine gli è stato attribuito il valore indotto. Ciò significa che anche l'oro ha valore per il .semplice fatto che ci si è messi d'accordo che lo abbia. Poiché la convenzione è una fattispecie giuridica ed ogni unità di misura è convenzionalmente stabilita, la materia prima per creare moneta è esattamente la medesima che serve per creare fattispecie giuridiche, e cioè spazio e tempo; tempo è la previsione normativa, ovvero il giudizio di valore corrispondente alla titolarità del diritto e spazio è la materia con cui si manifesta (la cosiddetta forma del diritto). Questo elemento materiale può essere l'oro o qualsiasi altro simbolo di costo nullo, come carta ed inchiostro.

Da ciò si evince che il valore della merce utilizzata come simbolo monetario è del tutto irrilevante.

Per comprendere le differenze fondamentali tra moneta e credito basta muovere dalle seguenti considerazioni:

1) il credito si estingue col pagamento, la moneta continua a circolare dopo

ogni transazione, perché, come ogni unità di misura è un bene ad utilità ripetuta;

2) nel credito, come in ogni fattispecie giuridica, prima si vuole il precetto normativo e poi lo si manifesta; nella moneta, prima si crea la manifestazione formale, cioè i simboli monetari e poi le si attribuisce il valore all'atto dell'emissione. Chi crea il valore della moneta non è infatti chi la emette, ma chi l'accetta. Come nell'induzione fisica nasce l'energia elettrica con la rotazione degli elettrodi, cosi nell'induzione giuridica nasce il valore monetario all'atto dell'emissione cioè quando inizia la fase dinamica della circolazione della moneta;

3) il valore del credito è causato dalla promessa del debitore, come avviene nella cambiale in cui l'emittente è il debitore. Il valore della moneta è causato dall’accettazione del primo prenditore perché egli sa, come membro della collettività nazionale, che gli sarà accettata da tutti i partecipi della convenzione monetaria, cioè dalla collettività che crea appunto per questo il valore indotto della moneta;

4) il valore del credito è sottoposto al rischio dell'inadempimento. il valore monetario è attuale e certo perché per l'induzione giuridica la moneta, pur essendo un ben immateriale, è un bene reale oggetto di diritto di proprietà. Poiché il valore del titolo di credito è causato dalla promessa del debitore, sottoscrivendo il simbolo monetario sotto la parvenza di una falsa cambiale, il Governatore della Banca Centrale induce la collettività nel falso convincimento che sia lui stesso a creare il valore monetario.

Pertanto il prof. Auriti arriva alla denuncia secondo la quale la Banca Centrale non solo espropria ed indebita la collettività nazionale del suo denaro, ma acquisendo la sovranità monetaria va ad usurpare anche la stessa sovranità politica.

 
 
 

Post N° 599

Post n°599 pubblicato il 09 Maggio 2008 da pianosindaci
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4. PARTECIPANTI DI BANKITALIA E CONFLITTO DI INTERESSI
4.1 Conflitto di interessi
In alcuni casi esistono delle banche centrali più o meno nazionalizzate, come per esempio la Banca d’Inghilterra.

La Banca d'Italia è oggi tra le pochissime banche centrali con capitale interamente privato. Gli istituti centrali di Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Portogallo ma anche Canada o Australia sono ad esempio possedute al 100% dallo Stato. In Austria, Belgio o Giappone il capitale della banca centrale è invece metà pubblico e metà privato.

Per anni l’elenco degli azionisti di Bankitalia S.p.a. è stato sempre riservato, ma grazie a un dossier di Ricerche & Studi di Mediobanca[9], diretta da Fulvio Coltorti, si sono scoperti quasi tutti i proprietari della Banca d’Italia. Spulciando i bilanci di banche, assicurazioni eccetera, Coltorti ha annotato le quote che segnalavano una partecipazione nel capitale della Banca d’Italia. Così il ricercatore è riuscito a ricostruire gran parte dell’azionariato della nostra massima istituzione finanziaria.

Oggi l’elenco dei partecipanti al capitale della Banca d’Italia è stato reso pubblico ed è consultabile da tutti anche presso il sito internet dell’istituzione stessa ( www.bancaditalia.it ).


Tabella n. 1 – Soci e proprietari della Banca Centrale d’Italia

Gruppo Intesa (27,2%)
INPS (5%)

Gruppo San Paolo (17,23%)
Banca Carige (3,96%)

Gruppo Capitalia (11,15%)
BNL (2,83%)

Gruppo Unicredito (10,97%)
Gruppo La Fondiaria (2%)

Assicurazioni Generali (6,33%)
Gruppo Premafin (2%)

Monte dei Paschi Siena (2,50%)
C. Risparmio Firenze (1,85%)

RAS (1,33%)
Anonimi (5,65%)



Come si può notare dalla tabella n.1, quattro delle maggiori banche, da sole, “controllano” con il 66.6% la Banca d’Italia: Intesa (27,2%), San Paolo (17,23%) , Capitalia (11,15%) e Unicredito (10,97%). Inoltre rimane un 5,65% nelle mani di anonimi.

Tutto ciò è abbastanza singolare. Anzi anomalo. Quattro maggiori gruppi bancari detengono il 66,6 % del capitale sociale di Bankitalia, cioè l'istituto che dovrebbe essere preposto al controllo delle banche stesse.

Come ricorda Gianfranco La Grassa[10] in un suo articolo[11] non è sempre stato così: al tempo dell'IRI[12], le grandi azioniste della Banca d'Italia – in particolare la Commerciale e il Credito Italiano - erano statali.

Il 30 giugno del 1993, Ciampi e Prodi (Presidente del Consiglio e Presidente dell'IRI) diedero il via alla stagione delle privatizzazioni, partendo appunto all'apparato bancario.

Addirittura lo stesso Giovanni Bazoli, attuale presidente di Banca Intesa e maggior socio, ha detto: "Qualcuno ha ravvisato una grave anomalia nella singolarità dell'assetto istituzionale che vede il capitale della banca centrale detenuto da istituti soggetti alla sua vigilanza" .

4.2 Vecchio e Nuovo Statuto della Banca d’Italia
Esaminando il vecchio e nuovo statuto della Banca d’Italia è possibile riscontrare delle modifiche, proprio inerenti al possesso delle quote del capitale di Bankitalia.

Prima dell’entrata in vigore del Nuovo Statuto, approvato con delibera dell’Assemblea generale straordinaria dei partecipanti al capitale del 28 novembre 2006, era in vigore il “Vecchio statuto” che all’ART.3 citava testualmente:

“Il capitale della Banca d’Italia è di 156.000 euro rappresentato da quote di partecipazione di 0,52 euro ciascuna . Le dette quote sono nominative e non possono essere possedute se non da:

a) Casse di risparmio;
b) Istituti di credito di diritto pubblico e Banche di interesse nazionale;
c) Società per azioni esercenti attività bancaria risultanti dalle operazioni
di cui all’ art. 1 del decreto legislativo 20.11.1990, n. 356;
d) Istituti di previdenza;
e) Istituti di assicurazione.

Le quote di partecipazione possono essere cedute, previo consenso del Consiglio superiore, solamente da uno ad altro ente compreso nelle categorie indicate nel comma precedente.

In ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici.“

Questo significa che dal lontano 1936 la Banca d’Italia era ed è rimasta una società per azioni ( sotto le spoglie di un Istituto di Diritto Pubblico ) nelle mani di

privati, poiché l’unica vera quota del capitale in possesso di un ente pubblico è del 5.0% , quota detenuta dall’INPS[13].

Nel Nuovo Statuto, invece, si nota chiaramente come l’ART.3 sia stato modificato eliminando della parti essenziali:

“Il capitale della Banca d’Italia è di 156.000 euro ed è suddiviso in quote di partecipazione nominative di 0,52 euro ciascuna, la cui titolarità è disciplinata dalla legge.

Il trasferimento delle quote avviene, su proposta del Direttorio, solo previo consenso del Consiglio superiore, nel rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Istituto e della equilibrata distribuzione delle quote”.

In sostanza è stata eliminata la dicitura inerente la partecipazione maggioritaria al capitale della Banca, da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici.

4.3 Nazionalizzazione di Bankitalia
E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 291 del 15 dicembre scorso il decreto del Presidente della Repubblica 12 dicembre 2006 recante "Approvazione del nuovo statuto della Banca d'Italia, a norma dell'articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43".

Il provvedimento, approvato dal Consiglio dei ministri del 12 dicembre 2006, adegua la Banca d'Italia ai principi e alle regole contenuti nella nuova legge sulla tutela del risparmio e sulla disciplina dei mercati finanziari ovvero la legge n. 262 del 2005 che, al Titolo IV, Capo I, art. 19 recita testualmente “Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è ridefinito l’assetto proprietario della Banca d’Italia, e sono disciplinate le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici”.

Per cui, l’eliminazione dall’art. 3 dal “vecchio statuto” di una norma che di fatto non veniva applicata, ha sicuramente cancellato ogni dubbio sulla proprietà privata di Bankitalia legalizzando così tale dato di fatto.

Infatti il nuovo statuto attua i principi della legge del risparmio che ha deciso che entro il 2008 occorre cedere le quote allo Stato, per una cifra da stabilirsi, ma valutata intorno agli 800 milioni, per portare così alla nazionalizzazione di Bankitalia.

Il problema attuale diventa così quello di quantificare il valore di Bankitalia, credendo che questa sia la soluzione ai problemi del debito pubblico italiano, come molti sostengono, dando così molto più valore a quelle azioni possedute dai Banchieri.

L'ex ministro Giulio Tremonti stabilì il valore della Banca d'Italia intorno agli 800 milioni di euro, sostenendo che la sua stima partiva dal valore dei dividendi, ma di parere diverso è l'ABI[14], la quale ha sempre valutato Bankitalia sul valore del patrimonio netto, ossia per una cifra oscillante tra i 10 e i 23 miliardi di euro, a seconda che al valore patrimoniale si aggiungano o meno le riserve di rivalutazione. E infatti nel corso dell'assemblea straordinaria di Bankitalia che ha approvato lo Statuto, i rappresentanti delle banche partecipanti al capitale hanno manifestato contro la ripartizione degli utili considerando che è in programma un "esproprio" la cui valutazione fa proprio riferimento ai dividendi, e per tale motivo pretendono una migliore valutazione.

Non potevano non mancare pareri contrastanti sulla questione, tra cui c’è quello espresso dall’Aduc[15], che dichiara che il valore della Banca d’Italia sia pari a zero: “Bankitalia è oggi posseduta da istituti di credito privati pur essendo un istituto di diritto pubblico e le banche private non sono enti pubblici, quindi non hanno titolo a possedere le quote del capitale della Banca d´Italia; il possesso è illegittimo e quindi il valore del bene posseduto dalle banche, le quote del capitale, vale zero. Inoltre, se il capitale detenuto dalle banche private fosse venduto, cioè messo all´asta, l´unico acquirente potrebbe essere lo Stato, il quale disporrebbe della facoltà di determinarne il valore, effettuando una offerta di un centesimo di euro per l´intero ammontare delle quote”.



5. DALLA BANCA D’ITALIA ALLA BANCA CENTRALE EUROPEA
5.1 Le origini della B.C.E.
La creazione della Banca Centrale Europea (BCE) avviene nel giugno 1988, quando il Consiglio europeo confermò l’obiettivo della progressiva realizzazione dell’Unione Economica e Monetaria (UEM) e assegnò a un comitato guidato da Jacques Delors, all’epoca Presidente della Commissione europea, il mandato di elaborare un programma concreto per il suo conseguimento.

Il “Rapporto Delors”, redatto a conclusione dei lavori, proponeva di articolare la realizzazione dell’Unione economica e monetaria in tre fasi distinte:



Figura n.1 – Rapporto Delors predisposto nelle tre fasi di attuazione


La Prima fase cominciò nel giugno 1989, in cui il Consiglio europeo decise che la realizzazione dell’Unione Economica e Monetaria (UEM) sarebbe iniziata il 1° luglio 1990, data in cui sarebbero state abolite, in linea di principio, tutte le restrizioni alla circolazione dei capitali tra gli Stati membri.

La creazione dell’Istituto monetario europeo (IME), il 1° gennaio 1994, segnò l’avvio della Seconda fase dell’UEM e determinò lo scioglimento del Comitato dei governatori. Il carattere transitorio dell’IME rifletteva lo stato di avanzamento dell’integrazione monetaria nella Comunità. L’Istituto non era responsabile della conduzione della politica monetaria dell’Unione europea, che rimaneva una prerogativa delle autorità nazionali, e non aveva competenza per effettuare operazioni in valuta.

Le due funzioni principali dell’IME erano:

· rafforzare la cooperazione tra le banche centrali e il coordinamento delle politiche monetarie

· svolgere i preparativi necessari per la costituzione del Sistema europeo di banche centrali (SEBC), per la conduzione della politica monetaria unica e per l’introduzione di una moneta comune nella Terza fase.

Il 25 maggio 1998 i governi degli undici Stati membri[16] partecipanti nominarono come primo presidente l’olandese Duisemberg, il vicepresidente Trichet e gli altri quattro membri del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europa, con effetto il 1° giugno 1998, data di istituzione della BCE. La BCE e le banche centrali nazionali degli Stati membri partecipanti costituiscono l’Eurosistema, che formula e definisce la politica monetaria unica nella Terza fase dell’UEM.

Con l’istituzione della BCE, l’IME concluse il suo mandato e fu pertanto posto in liquidazione, in conformità dell’articolo 123 (ex articolo 109 L) del Trattato che istituisce la Comunità europea. Il lavoro preparatorio affidato all’IME fu portato a termine nei tempi previsti; la BCE dedicò i restanti mesi del 1998 ai controlli finali delle procedure e dei sistemi adottati.

La Terza fase ed ultima fase dell’UEM ha avuto inizio il 1° gennaio 1999, comportando la fissazione irrevocabile dei tassi di cambio delle valute dei primi 11 Stati membri partecipanti all’unione monetaria e la conduzione di una politica monetaria unica sotto la responsabilità della BCE.

Si chiude quindi per l’Italia un ciclo di vita nazionale, a volte drammatico, iniziato con la svalutazione della lira e la sua espulsione dalla SME, nel settembre del 1992. Il 2 maggio del 1998 si apre un nuovo ciclo con l’accettazione della lira nella grande fusione che produrrà l’euro, assieme al marco tedesco, al franco francese, alla peseta spagnola, alle altre valute europee: un recupero prima di tutto di credibilità , eccezionale.[17]


5.2 Sottoscrizione del capitale
Le Banche centrali nazionali (BCN) sono le uniche autorizzate alla sottoscrizione ed alla detenzione del capitale sociale della BCE. La sottoscrizione di tale capitale sociale è stata effettuata secondo un criterio di ripartizione proporzionale alla percentuale di ciascuno stato membro dell'Unione europea al PIL comunitario ed alla popolazione dell'Unione.

L’ammontare sottoscritto e interamente versato dalle Banche centrali nazionali (BCN) dei paesi dell’area dell’euro a valere sul capitale della BCE (5.760.652.402,58 euro) è pari a 4.004.183.399,81 euro, ripartiti nel seguente modo.




Tabella n. 2 – Partecipazioni delle BCN dell’area dell’euro[18]


BCN
Capitale sottoscritto %
Capitale


versato (€)

Nationale Bank van België / Banque Nationale de Belgique
2.4708


142,334,199.56

Deutsche Bundesbank
20.5211
1,182,149,240.19

Bank of Greece
1.8168
104,659,532.85

Banco de España
7.5498
434,917,735.09

Banque de France
14.3875
828,813,864.42

Central Bank and Financial Services Authority of Ireland
0.8885
51,183,396.60

Banca d'Italia
12.5297
721,792,464.09

Banque centrale du Luxembourg
0.1575
9,073,027.53

De Nederlandsche Bank
3.8937
224,302,522.60

Oesterreichische Nationalbank
2.0159
116,128,991.78

Banco de Portugal
1.7137
98,720,300.22

Banka Slovenije
0.3194
18,399,523.77

Suomen Pankki - Finlands Bank
1.2448
71,708,601.11

Total
69.5092
4,004,183,399.81





Come si evince dalla tabella n° 2 la maggioranza relativa delle quote è detenuta dalla Bundesbank, seguita da Banca di Francia e da Banca d'Italia; le altre banche centrali detengono invece, rispetto ai tre principali sottoscrittori, percentuali inferiori delle quote della BCE.

 
 
 

Post N° 598

Post n°598 pubblicato il 09 Maggio 2008 da pianosindaci
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La Banca svolge l’attività di tesoreria con una struttura dell’Amministrazione Centrale (il Servizio Rapporti col Tesoro) e con dipendenze periferiche che hanno sede presso le Filiali; a Roma operano anche una Succursale, la tesoreria centrale e una Filiale che svolge compiti di gestione delle procedure informatiche di incasso e pagamento.

In collaborazione con la Ragioneria generale dello Stato, la Banca d’Italia ha da tempo avviato un’azione di rinnovamento della tesoreria diretta a: estendere le procedure telematiche e la dematerializzazione dei documenti previsti dalla contabilità pubblica, per realizzare gli obiettivi del Sistema informatizzato dei pagamenti della pubblica Amministrazione (SIPA); integrare le procedure della tesoreria statale in quelle del sistema dei pagamenti interbancari; attuare il Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici (Siope), migliorando le informazioni contenute nei flussi della tesoreria utili anche per la stima del fabbisogno del settore statale.

5)I servizi attinenti alla gestione del debito pubblico

Sono responsabilità della Banca d’Italia l’organizzazione e la conduzione, per conto del Ministero dell’Economia e delle finanze, delle attività concernenti il collocamento e il riacquisto dei titoli nonché il servizio finanziario del debito. L’Istituto inoltre collabora con lo stesso Ministero fornendo assistenza nella definizione della politica di emissione, con la formulazione di ipotesi di copertura del fabbisogno mediante collocamento di titoli.

La Banca d’Italia sottopone al Tesoro ipotesi di emissione elaborate sulla base delle previsioni del fabbisogno di cassa del settore statale, dell’andamento delle quotazioni dei titoli sul mercato secondario, dei risultati delle ultime aste effettuate, degli obiettivi di gestione del debito pubblico che risultano dalle linee programmatiche enunciate dal Ministero. Le ipotesi circa le operazioni del Tesoro sono d’ausilio alla Banca d’Italia nella formulazione di previsioni sull’andamento della liquidità del sistema bancario, da comunicare alla Banca centrale europea per la definizione degli interventi di mercato aperto.

Il sistema d’asta gestito dalla Banca d’Italia rappresenta il principale meccanismo di collocamento, quello che consente più di altri di perseguire obiettivi di trasparenza e regolarità della politica di emissione del Tesoro. L’efficienza e la rapidità di esecuzione delle operazioni di collocamento e di riacquisto dei titoli, attenuando l’incertezza degli intermediari partecipanti alle aste, riducono il costo del debito. La collaborazione prestata al Tesoro in tale operatività contribuisce all’ordinato andamento del mercato secondario dei titoli di Stato.

Al fine di diversificare le fonti di finanziamento, di contenere il costo complessivo della provvista e il rischio connesso con il rifinanziamento del debito, il Tesoro effettua emissioni di prestiti denominati in valuta estera sul mercato internazionale dei capitali con la tecnica del consorzio di collocamento. La Banca d’Italia svolge attività attinenti al servizio finanziario, interponendosi tra il Tesoro e le banche estere incaricate: essa provvede a incassare all’emissione e a corrispondere il pagamento del capitale e degli interessi alla scadenza, accreditando o addebitando il conto disponibilità del Tesoro. Il coinvolgimento della Banca in tale operatività è necessario per assicurare una corretta previsione del fabbisogno; inoltre la regolare esecuzione del servizio finanziario sui prestiti esteri contribuisce al buon funzionamento del sistema dei pagamenti e assicura la credibilità e la solvibilità dell’emittente sui mercati finanziari.


3. GLI ORGANI DELLA BANCA D’ITALIA
Gli organi centrali dell’Istituto sono[8]:

· l’Assemblea dei partecipanti;

· il Consiglio superiore;

· il Collegio sindacale;

· il Direttorio;

· il Governatore;

· il Direttore generale e i Vice direttori generali.


Le assemblee dei partecipanti sono ordinarie e straordinarie. Le assemblee straordinarie deliberano sulle modificazioni dello statuto; le assemblee ordinarie deliberano su ogni altra materia indicata dallo statuto.

Le assemblee sono convocate dal Consiglio superiore, anche su domanda motivata del Collegio sindacale o di partecipanti che siano titolari, da tre mesi almeno, di 20.000 o più quote.

Le assemblee presso l’Amministrazione centrale sono presiedute dal Governatore; quelle presso le sedi sono presiedute dal presidente del rispettivo Consiglio di reggenza o, in sua assenza, dal reggente più anziano in ordine di nomina e, a parità di nomina, di età.

Il Consiglio superiore si compone del Governatore e di 13consiglieri nominati nelle assemblee dei partecipanti presso le sedi della Banca.

Ciascun consigliere rimane in carica 5 anni ed è rieleggibile per non più di due volte.

Il Consiglio superiore tiene le sue riunioni presso l’Amministrazione centrale della Banca su convocazione e sotto la presidenza del Governatore.

Le riunioni del Consiglio superiore sono ordinarie e straordinarie. Le prime si tengono almeno una volta ogni due mesi; le altre ogni qualvolta il Governatore lo ritenga necessario o per domanda motivata di almeno tre dei membri del Consiglio stesso.

Il Consiglio è legalmente costituito quando intervengano almeno sette dei suoi componenti, non compreso in detto numero il Governatore o chi ne fa le veci.

Le deliberazioni sono assunte a maggioranza assoluta dei presenti.

Il Governatore, o chi ne fa le veci, vota soltanto nel caso di parità di voti. Le votazioni si fanno per voto palese o, quando riguardino persone, anche sulla base di elenchi, per scrutinio segreto.

I verbali e gli estratti delle deliberazioni del Consiglio superiore sono autenticati dal Governatore o da chi ne fa le veci e dal segretario.

Il Collegio sindacale è composto da cinque membri effettivi, fra cui il Presidente; i membri supplenti sono due. I sindaci rimangono in carica tre anni e sono rieleggibili non più di tre volte.

Il Collegio sindacale svolge, direttamente presso l’Amministrazione centrale e, direttamente o per mezzo di censori, presso le sedi e le succursali, funzioni di controllo sull’amministrazione della Banca per l’osservanza della legge, dello statuto e del regolamento generale.

Esercita il controllo contabile, senza alcun pregiudizio per l’attività svolta dai revisori esterni di cui al successivo art. 38, esamina il bilancio d’esercizio ed esprime il proprio parere sulla distribuzione del dividendo annuale.

I sindaci intervengono alle riunioni del Consiglio superiore.

Il Collegio sindacale comunica, ove occorra, al Governatore le proprie osservazioni e quelle eventualmente ricevute dai censori.

Il Direttorio è costituito dal Governatore, dal Direttore generale e da tre Vice direttori generali.

Al Direttorio spetta la competenza ad assumere i provvedimenti aventi rilevanza esterna relativi all’esercizio delle funzioni pubbliche attribuite dalla legge alla Banca o al Governatore per il perseguimento delle finalità istituzionali, con esclusione delle decisioni rientranti nelle attribuzioni del SEBC.

Nell’ambito delle proprie competenze, il Direttorio può rilasciare deleghe al personale direttivo della Banca, stabilendone forme e modalità di esercizio, per l’adozione di provvedimenti che non richiedono valutazioni di carattere discrezionale, quali acclaramenti, accertamenti e altri che comportino mere ricognizioni di fatti, circostanze e requisiti.

Il Governatore rappresenta la Banca d’Italia di fronte ai terzi in tutti gli atti e contratti e nei giudizi.

Ha le competenze e i poteri riservati alla carica dal trattato, dallo statuto del SEBC e dalle relative disposizioni applicative e attuative comunitarie e interne.

Dispone, sentito il Direttorio, le nomine, le promozioni, le assegnazioni, i trasferimenti e gli incarichi del personale di grado superiore e nomina i direttori nelle sedi e nelle succursali.

Sottopone al Consiglio superiore le proposte di decisione e fornisce al medesimo le informazioni previste dall’art. 18 dello Statuto di B.I..

Al Governatore è rimesso tutto quanto nella legge o nello statuto non è espressamente riservato al Consiglio superiore o al Direttorio.

Il Governatore dura in carica sei anni; il mandato è rinnovabile per

una sola volta.

L’attuale Governatore della Banca d’Italia è Mario Draghi, nominato il 29 dicembre 2005. In questa veste, è membro del Consiglio Direttivo della Banca Centrale Europea, membro del Gruppo dei Dieci, del Gruppo dei Sette e del Gruppo dei Venti oltre che del Consiglio d’Amministrazione della Banca dei Regolamenti Internazionali.

E’ stato Vice Presidente e Managing Director di Goldman Sachs International e, dal 2004 al 2005, membro del Comitato esecutivo del Gruppo Goldman Sachs.

Il Direttore generale ha la competenza per gli atti di ordinaria amministrazione ed attua le deliberazioni del Consiglio superiore.

Dispone, sentito il Direttorio, le promozioni, le assegnazioni, i trasferimenti e gli incarichi del personale quando ciò non sia di competenza del Governatore.

Nell’ambito delle sue attribuzioni ha la rappresentanza della Banca, con facoltà di delega previa approvazione del Governatore; per la stipula dei contratti può delegare personale della Banca, anche mediante semplice lettera.

Il Direttore generale coadiuva il Governatore nell’esercizio delle sue attribuzioni e lo surroga nel caso di assenza o d’impedimento, circostanze delle quali la sua firma fa piena prova nei confronti dei terzi.

Il Direttore generale dura in carica sei anni. Il mandato è rinnovabile per una sola volta.

I Vice direttori generali coadiuvano il Direttore generale nell’esercizio delle sue attribuzioni e lo surrogano in caso di assenza o impedimento. Ciascuno di essi può surrogare il Governatore e il Direttore generale in caso di loro contemporanea assenza o impedimento.

La firma di uno dei Vice direttori generali fa piena prova di fronte ai terzi dell’assenza o dell’impedimento del Governatore e del Direttore generale.

I Vice direttori generali durano in carica sei anni; il mandato è rinnovabile per una sola volta.

L’attuale Direttore Generale è Fabrizio Saccomanni, in carica dal 2 ottobre 2006; mentre Antonio Finocchiaro è il Vice Direttore generale dall’11 aprile 1997.

 
 
 

SAPERE E' IMPORTANTE IN POCO TEMPO E' MEGLIO

Post n°597 pubblicato il 09 Maggio 2008 da pianosindaci
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Questo è stato realizzato da Salvatore Tamburro allo scopo di esporre la sua tesi di laurea in Economia e Commercio, dal titolo: "La Banca d'Italia, il Signoraggio e il Nuovo Ordine Mondiale". "Essenzialmente, l'attuale creazione di denaro ex nihilo operata dal sistema bancario e' identica alla creazione di moneta da parte di falsari. In concreto, i risultati sono gli stessi. La sola differenza e' che sono diversi coloro che ne traggono profitto" (M. Allais, premio Nobel per l'Economia 1988) 29/07/07
TESI - Introduzione


“ E' un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del nostro sistema bancario e monetario, perché se accadesse credo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina. “

(Henry Ford)


Introduzione


A partire dalla fine della Seconda Guerra mondiale, l’evoluzione del sistema commerciale mondiale è caratterizzata da un costante utilizzo della retorica “sviluppista”.

Il commercio, da semplice strumento, è diventato un fine in sé, un’affascinante prescrizione politica, una panacea per risolvere con un colpo di bacchetta magica tutti i problemi.

Nonostante i vantaggi ottenuti nella nostra società, le ricette offerte dal sistema bancario, politico, da istituzioni nazionali e sovranazionali, dalla liberalizzazione commerciale hanno assunto una dimensione assoluta, che spesso trascende dalle specifiche condizioni economiche e sociali dei Paesi che sono chiamati ad applicarle.

Il presente lavoro è nato dall'esigenza di conoscere gli aspetti
economici della Banca d'Italia, del sistema bancario in generale e delle principali istituzioni del libero commercio.

L'argomento ha iniziato ad affascinarmi quando ho avuto il piacere di leggere un articolo in rete che elencava i cosiddetti partecipanti all’azionariato della Banca d’Italia e ne rimasi estremamente colpito, tanto da voler ampliare le mie conoscenze in merito. Nell’elenco risultavano, e risultano tuttora, le maggior banche italiane, generando così una sorta di conflitto di interesse, visto che da “controllante” la Banca d’Italia verrebbe delegata al ruolo di “controllata”, in pratica un’inversione di ruolo.

In seguito, documentandomi meglio, ho scoperto che tale conflitto riguardava anche altre banche centrali dei paesi esteri, tra cui anche la Banca Centrale Americana, ossia la Federal Reserve.

Appassionatomi all’argomento delle banche centrali, in seguito alle mie ricerche sono approdato inevitabilmente a un problema ben più grave di un semplice conflitto di interessi tra controllante-controllati, bensì a quello che alcuni definiscono un paradosso del sistema bancario, ossia il signoraggio.

Nel corso del mio lavoro, precisamente al secondo capitolo, ho cercato di illustrare le origini del signoraggio, i beneficiari e gli svantaggiati dell’attuale sistema economico.

Analizzando il signoraggio, mi sono soffermato sulla perdita della sovranità monetaria, sul concetto di valore indotto della moneta come espresso dal professore Auriti, sul metodo della riserva frazionaria usato dalla banche.

Concludo il capitolo esaminando il Trattato di Maastricht e in particolar modo determinati articoli in esso presenti, spunti di contabilità della Banca d’Italia e della Banca Centrale Europea, la nascita del debito pubblico e l’alternativa delle monete complementari ed alternative.

Proprio cercando di capire chi fossero gli eventuali beneficiari che traevano il massimo profitto da tutto ciò, non ho potuto fare a meno di toccare determinate tesi che alludessero all’esistenza di una èlite globale, composta da esponenti dell’alta finanza, politici, petrolieri, imprenditori e tutti coloro che hanno o possono avere il potere di manipolare a sua volta il resto dell’umanità per ottenere essenzialmente dei vantaggi a favore della loro piccola cerchia di “eletti”, tutti nomi del resto molto spesso ben celati alle persone comuni all’interno dei consigli di amministrazione delle multinazionali o nei direttivi di istituzioni sovranazionali.

In seguito a determinate letture ho portato alla luce della mia conoscenza delle dissertazioni che inizialmente sembravano soltanto utopistiche, irrealizzabili (come ad esempio il PNAC, ovvero Project for the New American Century, che espongo in un paragrafo a sé), ma addentrandomi nell’argomento ho conosciuto i progetti che illustrano una sorta di futuro manipolato, come quello descritto in “1984” di Orwell. Lo scopo finale, secondo la presunta èlite, sarebbe quello di realizzare un’economia globale, sotto una specie di dittatura globale, con un unico esercito e un’unica moneta.

L’ultima parte della trattazione illustra obiettivi e struttura delle due istituzioni più importanti dell’economia globale, ossia il Fondo Monetario Internazionale e l’Organizzazione Mondiale del Commercio, e successive critiche poiché spesso le loro ricette hanno, il più delle volte, creato svantaggi e crisi economiche soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Il lavoro termina con un breve giudizio sulla teoria economica del liberismo con dati prelevati dall’US Census Bureau e in base alle considerazioni del matematico Ralph Gomory e dell’economista William Baumol.


postato da Sal @ 20.29

TESI - La Banca d'Italia (CAP.1)

LA BANCA D’ITALIA

1. LE ORIGINI DELLA BANCA D’ITALIA
L’articolo 1 dello Statuto della Banca d’Italia recita che:

“La Banca d’Italia è istituto di diritto pubblico.

Nell’esercizio delle proprie funzioni, la Banca d’Italia e i componenti dei suoi organi operano con autonomia e indipendenza nel rispetto del principio di trasparenza, e non possono sollecitare o accettare istruzioni da altri soggetti pubblici e privati.

Quale banca centrale della Repubblica italiana, è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali (SEBC). Svolge i compiti e le funzioni che in tale qualità le competono, nel rispetto dello statuto del SEBC. Persegue gli obiettivi assegnati al SEBC ai sensi dell’art. 105.1del trattato che istituisce la Comunità europea (trattato).

La Banca d’Italia emette banconote in applicazione di quanto disposto dall’art. 4, comma 1, del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43. assolve inoltre gli altri compiti ad essa attribuiti dalla legge ed esercita le attività bancarie strumentali alle proprie funzioni.”

Prima di giungere alla odierna definizione della Banca d’Italia espressa nel suo Statuto, esiste un percorso storico che andrebbe ricordato per capire le origini dell’istituto.

La Banca d’Italia nacque con la legge 10 agosto 1893, n. 449, in cui venne sancita la fusione della Banca Nazionale del Regno d’Italia con le due banche di emissione toscane: la Banca Nazionale Toscana e la Banca Toscana di Credito per le industrie e il commercio d’Italia, al fine di costituire un istituto di emissione nuovo, in forma di società anonima (l’odierna società per azioni).[1]

Bisogna prima fare , però, un passo indietro nella storia e risalire al 1849, quando si costituiva in Piemonte la Banca Nazionale degli Stati Sardi, di proprietà privata. Il maggiore interessato, Cavour - che aveva interessi propri in quella banca[2] - impose al parlamento savoiardo di affidare a tale istituzione compiti di tesoreria dello Stato.

Si ebbe così una banca privata che emetteva e gestiva denaro dello Stato.

A quei tempi l'emissione di carta moneta veniva fatta solo dal Piemonte. Il Banco delle Due Sicilie emetteva invece monete d'oro e d'argento.

La carta moneta del Piemonte aveva anch'essa una riserva d'oro - circa 20 milioni di lire - ma il rapporto era: tre lire di carta per una lira d'oro, dunque una sorta di "convertibilità in oro" .

Inoltre, per le continue guerre che i savoiardi facevano, anche quel simulacro di convertibilità crollò, tanto che la carta moneta piemontese - per l'emissione incontrollata che se ne fece - era diventata carta straccia già prima del 1861.

Una volta conquistata tutta la penisola, i piemontesi presero il controllo sulle banche degli Stati appena conquistati e dopo qualche tempo fu la banca Nazionale degli Stati Sardi a divenire la banca d'Italia.

In pratica, la Banca Nazionale nel Regno D’Italia deve considerarsi il successore diretto di quella sarda, essendosi semplicemente mutata la denominazione sociale di questa durante il periodo che seguì immediatamente l’unificazione politica e nel quale essa aveva intrapreso a estendere rapidamente la rete delle proprie filiali dall’ambito delle antiche province a tutta la penisola.[3]

La fusione con le due banche toscane e la liquidazione di quella romana[4] non portarono, tuttavia, a compimento il processo di unificazione delle emissioni. Occorsero altri trentatré anni, fino al 1926, perché ai due banchi meridionali venisse tolto il diritto di emissione di cui avevano continuato a godere dopo il 1893, sebbene dopo questo anno i rapporti di collaborazione con l’istituto maggiore fossero divenuti molto più stretti e fattivi che in passato.

In pratica con l'occupazione piemontese era stato immediatamente impedito al Banco delle Due Sicilie - diviso poi in Banco di Napoli e Banco di Sicilia - di raccogliere dal mercato le proprie monete d'oro per trasformarle in carta moneta secondo le leggi piemontesi, poiché in tal modo i Banchi avrebbero potuto emettere carta moneta per un valore di 1200 milioni e sarebbero potuti diventare padroni di tutto il mercato finanziario italiano.

Quell'oro pian piano passò nelle casse piemontesi, nonostante la nuova banca d'Italia non risultasse averne nella sua riserva, nonostante appunto tutto quell'oro rastrellato al Sud. Si cercò di far confluire tutto quell'oro attraverso una via "sociale", naturalmente, quella del finanziamento per la costituzione di imprese al nord, operato da banche, costituitesi per l'occasione come socie della banca d'Italia: Credito mobiliare di Torino, Banco sconto e sete di Torino, Cassa generale di Genova e Cassa di sconto di Torino.

Le ruberie operate, e l'emissione non controllata della carta moneta ebbero come conseguenza che ne fu decretato già dal 1° maggio 1866, il corso forzoso: la lira di carta non poteva più essere cambiata in oro.[5]



La posizione della banca d'Italia subì profonde modificazioni ad opera di una serie di decreti-legge emanati negli anni 1926 e 1927, tra cui assume rilevante importanza quello n. 812 del 6/02/1926, che, unificando in capo alla banca d'Italia il servizio di emissione dei biglietti di banca, stabilì la cessazione dell'analoga facoltà per il banco di Napoli ed il banco di Sicilia.[6]

Cosicché la banca d'Italia assunse il monopolio dell'emissione dei biglietti di banca, rafforzando, anche con tale attribuzione, il ruolo di banca Centrale, cui era certamente predestinata fin dalla nascita.

L’ultimo stadio dell’evoluzione funzionale della Banca d’Italia si compì nel 1936, attraverso il R. D. L. 12/03/1936, n. 375 (convertito con modificazioni nella Legge 7 Marzo 1938, n. 441), e con il successivo statuto, approvato con R. D. 11/06/1936, n. 1067. Queste disposizioni legislative confermarono l'autonomia della Banca d'Italia, alla quale, per la prima volta, fu esplicitamente riconosciuta la qualifica di "Istituto di Diritto Pubblico", nonostante che fosse sostanzialmente mantenuta la sua organizzazione interna originaria, che, come si è accennato, era quella di una società anonima (oggi "società per azioni").

Da allora l’autonomia della Banca d’Italia è cresciuta sempre più nel tempo, fino ad arrivare alla legge 82/1992, che attribuisce al Governatore della Banca d’Italia il potere di disporre variazioni del tasso ufficiale di sconto senza concordarle più con il Ministro del Tesoro. Lo status giuridico di ente pubblico esclude la possibilità di fallimento della Banca d'Italia e, tramite il suo intervento nei casi di crisi, la possibilità di fallimento delle banche private, garantendo la stabilità dell'intero sistema bancario italiano.



2. LE PRINCIPALI FUNZIONI DELLA BANCA D’ITALIA

Tra le principali funzioni assolte dalla Banca d’Italia ricordiamo:

1)Emissione di banconote e politica monetaria

La Banca d’Italia, nell’ambito dell’Eurosistema, produce il quantitativo di banconote assegnatole, partecipa all’attività di studio e di sperimentazione di nuove caratteristiche di sicurezza dei biglietti, concorre alla definizione di indirizzi comuni per quanto riguarda la qualità della circolazione e l’azione di contrasto della contraffazione.

La Banca d’Italia coopera con le altre componenti dell’Eurosistema nell’azione di contrasto della contraffazione delle banconote. In via autonoma, con l’Ufficio Centrale antifrode dei mezzi di pagamento e con le Forze dell’ordine ha contribuito all’attività formativa, in materia di riconoscimento delle banconote contraffatte, delle Forze di Polizia nazionali e di altri paesi, degli operatori della pubblica Amministrazione e di gestori professionali del contante.



2)Vigilanza creditizia e finanziaria

Ai sensi dell’art. 5 del Testo unico bancario e dell’art. 5 del Testo unico sulla finanza, i poteri di vigilanza nei confronti delle banche, dei gruppi bancari e degli intermediari finanziari (società finanziarie, di gestione del risparmio e di intermediazione mobiliare) sono esercitati dalla Banca d’Italia avendo riguardo alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario, all’osservanza della normativa in materia creditizia e finanziaria. La legge prevede inoltre che l’attività di vigilanza si svolga in armonia con le disposizioni comunitarie.

La Banca d’Italia dispone di autonoma capacità normativa, esercita i controlli sugli intermediari, dispone di poteri di intervento e sanzionatori; propone al Ministro dell’Economia e delle Finanze l’adozione dei provvedimenti di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta amministrativa degli intermediari. All’Istituto sono inoltre affidati compiti normativi e di controllo in materia di trasparenza delle operazioni bancarie.

Sui comparti della gestione del risparmio e dell’intermediazione mobiliare il Testo unico della finanza ripartisce i poteri di controllo fra la Banca d’Italia e la Consob[7]: alla Banca d’Italia compete vigilare sul contenimento del rischio e sulla stabilità patrimoniale degli intermediari che operano in questo settore, mentre alla Commissione spetta tutelare la trasparenza e la correttezza dei loro comportamenti.

Funzionale al perseguimento delle finalità che l’ordinamento assegna all’attività di vigilanza è un elevato grado di concorrenza dei mercati, nella cui promozione la Banca d’Italia è da tempo impegnata, nella consapevolezza che la competizione incentiva gli intermediari ad assumere comportamenti improntati all’efficienza nell’allocazione delle risorse finanziarie e nell’uso dei fattori produttivi.

I poteri di controllo sono esercitati nel rispetto della natura imprenditoriale dei soggetti vigilati, i quali determinano in autonomia strategie, modelli organizzativi e politiche di investimento nell’ambito di un sistema di regole generali di natura prudenziale.

L’azione di controllo nei confronti delle banche e degli altri intermediari viene svolta attraverso analisi e interventi finalizzati a individuare tempestivamente segnali di potenziale anomalia nei loro assetti tecnico-organizzativi e a sollecitarne la rimozione mediante appropriate misure correttive.

L’azione si articola in controlli di tipo documentale – basati sulla raccolta, l’elaborazione e l’analisi sistematica di un complesso di informazioni di natura statistico-contabile e amministrativa – e controlli ispettivi presso gli intermediari, diretti a verificare qualità e correttezza dei dati trasmessi e ad approfondire la conoscenza di aspetti organizzativi e gestionali.

Momento centrale del processo di controllo è l’esame annuale della complessiva situazione del soggetto vigilato, al quale concorrono le verifiche e gli approfondimenti compiuti nel periodo di riferimento nell’ambito dell’analisi documentale nonché le informazioni eventualmente acquisite in sede ispettiva.

La valutazione delle situazioni aziendali costituisce il punto di riferimento per la pianificazione dell’azione di vigilanza e la definizione delle priorità di intervento. L’attività di intervento è programmata tenendo conto del giudizio espresso, della natura e della rilevanza degli elementi di debolezza riscontrati, del grado di consapevolezza e affidabilità degli organi sociali. Essa può essere mirata a finalità conoscitive, allo scopo di approfondire assetti e moduli operativi di specifici comparti o profili di natura qualitativa; può assumere carattere preventivo, qualora si rilevino segnali di anomalia suscettibili di incidere sulla situazione del soggetto vigilato. In presenza di andamenti non soddisfacenti della gestione, la Banca d’Italia richiama i responsabili aziendali in ordine ai fattori di problematicità riscontrati, indicando le aree che richiedono misure correttive.

L’attuazione di queste misure è rimessa alla responsabilità degli organi aziendali; la Vigilanza ne verifica la coerenza con gli obiettivi indicati e ne segue la realizzazione.

La crescente integrazione internazionale dell’attività finanziaria ha indotto le autorità di vigilanza dei diversi paesi a formulare regole di condotta (best practices) e discipline prudenziali comuni, in modo da assicurare parità di trattamento per gli intermediari operanti su scala internazionale e prevenire fenomeni di arbitraggio regolamentare. La cooperazione fra autorità mira inoltre a rafforzare i controlli sulle banche con articolazione internazionale e, al tempo stesso, ad agevolare lo svolgimento dell’attività di intermediazione in una pluralità di paesi.

La Banca d’Italia partecipa attivamente ai comitati internazionali che realizzano la cooperazione nel campo della vigilanza finanziaria e alle sedi tecniche che contribuiscono alla predisposizione della normativa comunitaria e alla convergenza delle prassi di vigilanza. Crescente è il ricorso alla stipula di protocolli di intesa bilaterali o multilaterali con le autorità degli altri paesi responsabili della vigilanza dei gruppi bancari con insediamenti all’estero.

3)Analisi economica

La Banca d’Italia presta consulenza al Parlamento, al Governo e ad altri organi costituzionali in materia di politica economica e finanziaria; effettua ricerche, statistiche, analisi giuridico-economiche e le diffonde attraverso le sue pubblicazioni.

4)La Tesoreria statale e i servizi di cassa per conto degli enti pubblici

Dal 1894 la Banca d’Italia svolge le funzioni di Tesoreria provinciale dello Stato: esegue le disposizioni di pagamento emesse dalle Amministrazioni dello Stato; riscuote le somme dovute a qualsiasi titolo allo Stato, sia direttamente sia indirettamente attraverso le banche, le Poste e i concessionari della riscossione; riceve e custodisce depositi in buoni postali e contante. Nell’attività di tesoreria rientrano anche i regolamenti e la rendicontazione per i pagamenti dei Buoni ordinari del Tesoro e del debito pubblico. Presso la tesoreria statale sono inoltre aperti conti per la gestione delle disponibilità liquide degli enti pubblici assoggettati al sistema di tesoreria unica, introdotto con la legge n. 720 del 1984.

La Banca d’Italia svolge dal 1999 anche il servizio di tesoreria centrale dello Stato, prima gestito direttamente dal Ministero dell’Economia e delle finanze. L’innovazione ha consentito di unificare l’operatività nei confronti degli utenti e la gestione dei flussi finanziari pubblici; la conseguente semplificazione normativa e procedurale è stata la base di avvio della tesoreria telematica e ha dato la possibilità di predisporre un’unica rendicontazione nei confronti dello Stato e delle altre Amministrazioni.

La gestione della tesoreria statale è disciplinata dalle leggi che periodicamente ne hanno prorogato l’affidamento e dalle convenzioni, stipulate con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ne definiscono contenuti e modalità organizzative e contabili. Con l’ultimo rinnovo, stabilito dalla legge n. 104/1991, la durata della convenzione è stata innalzata da dieci a venti anni ed è stato introdotto il tacito rinnovo. Poiché le parti non hanno esercitato il diritto alla disdetta entro il 31 dicembre 2005, l’affidamento del servizio è stato rinnovato per altri venti anni.

La Banca d’Italia, ai sensi dell’art. 604 e seguenti del Regolamento di contabilità generale dello Stato, fornisce al Ministero dell’Economia e delle finanze rendiconti giornalieri e mensili sull’attività della tesoreria statale, essenziali per l’elaborazione dei documenti fondamentali della finanza pubblica. L’Istituto rende inoltre il conto giudiziale della propria gestione alla Corte dei Conti. In base alla convenzione di tesoreria, la Banca invia ogni giorno al Ministero dell’Economia una situazione riassuntiva di cassa che contiene i movimenti del conto disponibilità del Tesoro del giorno precedente, aggregati per categorie significative per l’analisi del fabbisogno del settore statale.

La Banca svolge l’attività di tesoreria con una struttura dell’Amministrazione Centrale (il Servizio Rapporti col Tesoro) e con dipendenze periferiche che hanno sede presso le Filiali; a Roma operano anche una Succursale, la tesoreria centrale e una Filiale che svolge compiti di gestione delle procedure informatiche di incasso e pagamento.

In collaborazione con la Ragioneria generale dello Stato, la Banca d’Italia ha da tempo avviato un’azione di rinnovamento della tesoreria diretta a: estendere le procedure telematiche e la dematerializzazione dei documenti previsti dalla contabilità pubblica, per realizzare gli obiettivi del Sistema informatizzato dei pagamenti della pubblica Amministrazione (SIPA); integrare le procedure della tesoreria statale in quelle del sistema dei pagamenti interbancari; attuare il Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici (Siope), migliorando le informazioni contenute nei flussi della tesoreria utili anche per la stima del fabbisogno del settore statale.

 
 
 

BANCHIERI GANGSTER

Post n°596 pubblicato il 07 Maggio 2008 da pianosindaci
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LE RAGIONI DELLA CRISI FINANZIARIA E I DUBBI CIRCA LA QUESTIONE MUTUI  DI RINO GALLONI (ECONOMISTA)

http://www.rai.tv/mpplaymedia/0,,RaiTre-Lestorie%5E17%5E82048,00.html  CLICCA

 
 
 

Post N° 594

Post n°594 pubblicato il 06 Maggio 2008 da pianosindaci
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Il num. 11!





Eccovi delle cose che vi faranno drizzare i capelli!!!

Non ci credete?!?

Leggete un pò qui:





1) New York City ha 11 lettere

2) Afghanistan ha 11 lettere



3) Ramsin Yuseb (il terrorista che minacciò di distruggere le Torri gemelle nel 1993) ha 11 lettere.

4) George W. Bush ha 11 lettere

5) Le due torri gemelle formano un 11







Questa può essere un pura coincidenza, ma ora si fa più interessante:





1) New York è l'11° stato



2) Il primo aereo schiantatosi contro le torri gemelle era il volo n°11

3) Il volo n°11 portava 92 passeggeri. 9+2=11



4) Il volo 77, che si schiantò anche contro le torri, portava 65 passeggeri: 6+5=11



5) La tragedia si verificò l'11 settembre, o 9/11 (data americana) come lo si conosce ora.



6) La data è uguale al numero dell'emergenza americano 911. 9+1+1=11







Coincidenze?

Continuate a leggere...







1) Il totale del numero delle vittime negli aerei dirottati era 254: 2+5+4=11



2) L'11 settembre è il giorno n° 254 nel calendario dell'anno. 2+5+4=11



3) L'attentato di Madrid accadde l'11/03/2004: 1+1+3+2+4=11



4) La tragedia di Madrid accadde 911 giorni dopo quella delle torri gemelle.







Ed è qui che le cose si fanno parecchio misteriose:







Il simbolo più riconosciuto per gli USA, dopo le Stelle&Strisce, è l'Aquila.

Il versetto seguente è preso dal Corano, il Libro Sacro islamico:

"Perchè è scritto che un figlio d'Arabia sveglierà una terribile Aquila. La collera dell'Aquila si sentirà attraverso le terre di Allah, mentre alcune persone tremarono disperate ancora più allietate: perchè la collera dell'Aquila ripulì le terre di Allah e ci

fu pace."



Questo è il verso n° 9.11

del Corano.





Non siete ancora convinti? Provate questo e vedete come vi sentirete dopo....

Aprite Microsoft Word ed eseguite:(FATELO SUL SERIO PERCHE' E' INCREDIBILE!)







1. Scrivete in stampatello Q33 NY. E' il n° del primo volo schiantatosi contro le torri gemelle

2. Evidenziate il Q33 NY

3. Cambiate la dimensione del carattere in 48.



4. Cambiate l'attuale carattere in WINGDINGS.......







Beh? Che ne pensate? L'avevo detto che vi si sarebbero drizzati i capelli...

 
 
 

MI CALA LA PALPEBRA!

Post n°593 pubblicato il 05 Maggio 2008 da pianosindaci

 
 
 
 
 

Post N° 591

Post n°591 pubblicato il 05 Maggio 2008 da pianosindaci

[SCALPO+YEAHH.jpg]

 
 
 

ARIVAFFANCULO DEY  BEPPE G.

Post n°590 pubblicato il 05 Maggio 2008 da pianosindaci
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Notizia del 2 maggio 2008 - 12:28 Se il vaffa lo becca Grillo La scoperta del reddito multimilionario del Beppe nazionale ha fatto infuriare più di un grillino. Ma lui non si scompone e rilancia le accuse: «I giornalisti servi del potere mi attaccano. A chi fa paura la libera informazione?». Stavolta chi ha ragione? Chi di vaffa ferisce, di vaffa perisce. La pubblicazione online dei redditi degli italiani è un tornado che ha risucchiato un po' tutti ma in mezzo c'è finito soprattutto Beppe Grillo. I suoi 4milioni 272mila 591 euro dichiarati al fisco hanno suscitato qualche malumore tra i suoi fan. Per non parlare di come l'ha presa il comico genovese, che ha parlato di un favore fatto a ndrangheta, mafia, camorra e sacra corona unita. «Padoa Schioppa e Visco - scrive sul suo blog -, con la benedizione di Prodi e del centro sinistra unido che mai sera vencido, hanno eseguito. I rapimenti di persone saranno facilitati, il pizzo potrà essere proporzionato al reddito dichiarato. La criminalità organizzata non dovrà più indagare, presumere. Potrà andare a colpo sicuro collegandosi al sito dell'agenzia delle entrate». I grillini però non hanno gradito e si sono rivoltati. Perché se il blog è un mezzo per comunicare liberamente, non ci si deve aspettare solo complimenti. «Grillo, questa è una cazzata - ha scritto nel blog del comico Davide R.-. Tanto la mafia già sa tutto senza bisogno di elenchi pubblici. NOI possiamo sapere qualche cosa di più. Forse ti dà fastidio che ora si sappia che hai dichiarato quattro milioni di euro?». Stesso tono anche per Meri C. : «Grillo, ma che ca... dici? Era il più grande atto di democrazia mai visto in Italia. Credi che per individuare le loro vittime i rapitori vadano a consultare il sito dell'Agenzia? Se arrivate a questo punto siete proprio una fogna a ciel sereno». Qualcuno lamenta di essere stato censurato: «Ho scritto solo che Grillo è diventato una macchina per fare soldi alla faccia dei suoi sostenitori. Che c'è dicevo di male? È soltanto la verità». Qualcun altro è più arrabbiato: «Resta il fatto che il padrone guadagna oltre 4 milioni di euro all'anno e i grillini (suoi schiavi) pagano pure i V-Day!». Nedestranesinistra rincara: Ci vuole un minimo di coerenza. Se il problema principale dell'Italia è l'evasione fiscale, non ci si può tirare indietro davanti a queste politiche, per quanto invasive e sgradevoli. I conti dell'Italia non si sistemano facendo soltanto proteste vuote (e per fortuna che ci sono)in piazza!». Gianneddu Giannella va a rivangare quando Beppe Grillo chiedeva i soldi ai suoi fan lamentando miseria: «IO RIMANDEREI TUTTI VOI AL POST DI GRILLO DEL 21/2/08 TITOLO: Si può dare di più: "Io non ho mai chiesto niente a nessuno. Però ho sei figli, tutti a carico, e un V day alle spalle. Da quando si è saputo che a Bologna ci ho rimesso 80.000 euro ho perso il rispetto dei miei concittadini. Che figura ci faccio in giro? Sono la vergogna di Genova. Nessuno mi fa più un prestito e quando mia moglie mi manda a comprare il latte devo pagare in contanti! Se la libertà non ha prezzo, un V day comunque mi costa un casino. I miei parenti mi vogliono internare, non mi riconoscono più. Mettetevi una mano sul portafoglio e comprate il dvd del V day per finanziare il prossimo V Day del 25 aprile sulla libera informazione, la più importante. Chi vuole può riceverlo gratis (gratis, una parola che mi fa rabbirividire), ma dovrà fare i conti con la sua coscienza e con mio fratello. Che diventa matto! Beppe Grillo"». La risposta di Grillo? Tutta colpa dei giornalisti ovviamente (che però, caro Beppe, guadagnano una miseria, credici sulla parola. Quelli che incassano bene sono solo una manciata e i loro nomi e volti sono ben noti. Per tutti gli altri i tariffari sono online sul sito dell'Ordine che tu tanto critichi, pubblici da anni. Magari dagli un'occhiata...): «Oggi è il primo maggio e sono contento. Felice di essere attaccato dai giornali di regime. Dalle testate e dalle televisioni della Confindustria e di Testa d'Asfalto che per diffamarmi usano i loro servi. Sono strafelice che gli italiani sappiano quanto guadagno e quanto pago di tasse. [...] Libera informazione in libero Stato. V day every day». Ma come, l'altro giorno furioso e oggi strafelice? (Libero News)

 
 
 

I MISTERI DI PARIGI?

Post n°589 pubblicato il 05 Maggio 2008 da pianosindaci
Foto di pianosindaci

Il sistema di page ranking di Google (1/2)
Scritto da FrancescO ARGESE il 28-04-2008 ore 08:42
Google domina da tempo il settore delle ricerche sul Web, per tal motivo i metodi di indicizzazione utilizzati da Google non possono essere trascurati da un webmaster, che desideri il successo della propria attività.

La caratteristica più importante del motore di ricerca Google è, senza dubbio, il sistema di PageRank che, tramite una procedura automatizzata e brevettata (closed source), si occupa di determinare la posizione di ricerca in cui apparirà la nostra .pagina web 

E' necessario tener presente che gli utenti di Google, tipicamente, tendono a concentrarsi sulla prima pagina di ricerca. Dato che questa prima pagina riporta, di default, solo i primi dieci risultati, è importante che i propri siti compaiano un una posizione quanto più in alto possibile, se si desidera essere trovati sul Web con maggior facilità.

Purtroppo la natura closed del processo automatizzato rende difficile capire i precisi meccanismi e le formule su cui si basa il PageRank. Data l'importanza della questione, in molti si sono impegnati alla scoperta dell'esatta formula, il cui risultato corrisponde al PageRank associato alle pagine web , ma Google ha sempre tenuto segreto il proprio algoritmo cercando di schivare la curiosità dei giornalisti, che cercano di carpirne i segreti.

L'unica notizia fornita da Google è rappresentata da una pagina web che, però, fornisce solo poche informazioni. Nel prossimo articolo saranno illustrate le caratteristiche note del tanto discusso sistema di page ranking.

 

 
 
 

E' A' MONNEZZA?

Post n°588 pubblicato il 04 Maggio 2008 da pianosindaci

Mannaggia 'o Vesuvio

San Gennaro ha fatto 'o miracolo. Puntuale, come sempre, e' arrivata la liquefazione del sangue del Santo nel Duomo di Napoli e puntuale, come sempre, e' arrivata pure la galleria fotografica di Repubblica. Siccome usare un briciolo di razionalita' e informare i propri lettori e' evidentemente chiedere troppo ad un giornale italiano, vediamo di fare, nel nostro piccolo scorcio di web, un po' di chiarezza.
Premessa: ma vi pare naturale che tra tutti i posti del mondo in cui puo' avvenire un miracolo, il buon Dio vada a scegliere proprio Napoli per l'unico miracolo che avviene addirittura periodicamente? Napoli, la patria del gioco delle tre carte, la citta' dove il raggiro e' una virtu'...caspita, ma ti verra' un minimo dubbio?!
Comunque sia, a prescindere dall'onesta o disonesta' dei napoletani andiamo a conoscere meglio le caratteristiche di questo "potenziale miracolo".
Il miracolo: ogni 19 settembre e 16 dicembre si svolge una cerimonia in cui la presunta reliquia del sangue di San Gennaro contenuta in un'ampolla passa dallo stato solido allo stato liquido mentre il Vescovo la mostra ai fedeli.
Aspetto Storico
1. Non esiste alcuna informazione documentata sulla vita di San Gennaro. La "tradizione" vuole che fosse stato un vescovo di Benevento del III secolo che mori' in seguito alle persecuzioni dell'imperatore Diocleziano. La prima documentazione riguardante la reliquia del sangue del vescovo si ha nel 1389, oltre un millennio dopo la sua morte (305 secondo la Chiesa). Quindi non e' da escludere che tale Vescovo Gennaro non sia mai esistito, ma sia frutto della fantasia popolare intrisa di misticismo tipica del medioevo.
2. Nel Basso Medioevo, periodo in cui "compare" ufficialmente la reliquia, ci fu una sorta di boom della reliquia, comparirono i gadget piu' disparati: dall'osso del dito con cui Tommaso tasto' le ferite di Gesu' alle autentiche piume dell'arcangelo Gabriele passando per le fedi nuziali della Madonna.
3. Quella di San Gennaro non e' l'unica reliquia di "sangue miracoloso" presente nel napoletano. Il meno celebre Rito di Santa Patrizia dovrebbe consistere nello stesso fenomeno.
Aspetto Tecnico-Scientifico
Effettivamente, pero', tutti possono osservare che il liquido contenuto nell'ampolla all'inizio della cerimonia e' solido e dopo un tempo che puo' variare da qualche istante a decine di minuti in cui si trova nelle mani del Vescovo, tale liquido si liquefa'. L'ipotesi che sia un aumento di temperatura dovuto alle pressione delle mani sul manico a causare la liquefazione e' forse la prima a cui tutti pensiamo, ma proprio per questo e' poco credibile, sarebbe infatti facile verificare con un termometro la spiegazione del fenomeno, senza contare che la fusione di una sostanza e' un fenomeno particolarmente comune e facilmente riconoscibile. Inoltre, questa ipotesi presuppone la malafede di tutti i Vescovi di Napoli dal 1400 ad oggi che avrebbero dovuto volutamente innescare il fenomeno e contemporaneamente mantenere il "segreto". Ma e' possibile, allora, che avvenga la liquefazione senza che nessuno la inneschi? Si', secondo il trio Cicap Garlaschelli-Ramaccini-Della Sala i quali con un articolo pubblicato su Nature nel 1991 formulano l'ipotesi tissotropica.
La Tissotropia e' una proprieta' che hanno alcuni materiali di diventare piu' fluidi se sottoposti a vibrazioni o a sollecitazioni meccaniche. I materiali tissotropici hanno varie applicazioni in campo industriale, ad esempio nella fabbricazione delle vernici: tale caratteristica rende i colori piu' fluidi al momento del passaggio del pennello agevolandone la stesura, ma lasciati in quiete diventano piu' viscosi riducendo il gocciolamento. Sarebbe stato possibile ottenere una sostanza apparentemente simile a del sangue umano, ma con caratteristiche tissotropiche nel 1300? Garlaschelli & C. ci hanno provato utilizzando 4 ingredienti: carbonato di calcio (dai gusci d'uovo), sale, acqua e cloruro ferrico. Inizialmente pensarono come produrre del cloruro ferrico con metodi noti nel 1300, ma dopo una breve ricerca scoprirono con grande sorpresa che il cloruro ferrico e' l'unico sale ferrico presente in natura. Si trova sottoforma di Molisite. E la Molisite indovinate dove si trova? Guardate qui alla riga Locality.
La faccio breve: la sostanza cosi' ottenuta si comporta esattamente come la "famosa" reliquia cioe' diventa liquida quando la si muove e ha addirittura lo stesso colore rosso. A voi il giudizio.

Letterina finale:

Alla cortese attenzione del
Ceo di Santa Romana Chiesa S.p.V.*
Joseph Ratzinger

Egregio Dott. Ratzinger,
sebbene mi renda conto che in questo particolare momento in cui un miliardo di musulmani la odiano ferocemente, possa sembrare sconveniente inimicarsi anche 2 milioni di napoletani, le suggerisco di muoversi al piu' presto per mettere fine alla ridicola pantomima del "miracolo" di San Gennaro, permettendo a chiunque ne faccia richiesta di eseguire una spettroscopia non invasiva sulla presunta reliquia al fine di dedurne la composizione chimica. Sempre che non ritenga la capacita' di abbindolamento citrulli un valore aggiunto per la sua azienda. In questo caso la pregherei di verbalizzarlo al prossimo CdA, cosicche' io possa vendere le azioni della sua societa' che ancora detengo.

Distinti Saluti

 
 
 
 
 

BUONA GIORNATA

Post n°586 pubblicato il 03 Maggio 2008 da pianosindaci

 

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 26/01/2008
 

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