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Le mani? Mai tenute in tasca
Post n°19 pubblicato il 08 Febbraio 2011 da myself_travelcard
(parole di Erri De Luca, fotografia di Ferdinando Scianna) Non le ho lasciate in pace, non le ho tenute in tasca o dentro i guanti. Le ho usate, ho venduto la loro forza di lavoro in cambio di salario, le ho alzate per dife ndermi e colpire, le ho spinte a raggiungere appigli salendo sopra i vuoti. Quando le uso per tenere un quaderno sulle ginocchia e scriverci qualcosa, stanno riposando. Per le mani e per me scrivere è tempo festivo, opposto al verbo lavorare. In questo mi separo dal tempo e dalle mani degli scrittori. Il 1900 è stato per me il secolo degli operai e del riscatto del lavoro manuale. Scaduto il tempo, si regredisce dal riscatto al ricatto del lavoro manuale: o ritorni servile, senza diritti e dignità, o sei licenziato. Delle mani degli scrittori ammiro il risultazto messo nelle pagine, ma ho preferito stringere altre mani, quelle che prima di reggere un arnese vanno lubrificate con lo sputo. Chi scrive oggi nemmeno impugna: sfiora coi polpastrelli una tastiera, spolvera più che imprimere. Lo schermetto acceso risponde da soldatino, righ eimpettite sull'attenti, ben allineate. Lo scrittore di tastiera è un sergente, quello su carta è ancora uno scolaro. Un poeta del 1900, Dylan Thomas, scrive un atto di accusa contro le mani che con una firma cancellano una città, impongono una tassa sul respiro. Infine conclude la sua pagina col verso "Hands have no tears to flow", le mani non versano lacrime. No, però quelle giuste possono asciugarle.
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