Creato da thefairyround il 30/12/2005

The Fairy Round

Il diario di una rapsodica psico-musicista

 

 

Neuroscienze, vino e salite

Post n°168 pubblicato il 07 Aprile 2007 da thefairyround

Eccomi tornata dal corso di neuroscienze.
La cosa fondamentale che sento di aver imparato è che il sangiovese è davvero ottimo, e che la neurologia è una disciplina decisamente complessa. Affascinante ma complessa. Per questo si associa bene al sangiovese, forse.

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Ma andiamo con ordine.
Siamo partite in tre.
Arrivate di corsa in stazione dalle nostre vite frenetiche in centrale, con le valigie fatte in fretta e senza pensarci troppo.
Carrozza 10. E che ci vuole? Tra l’altro siamo fortunate: è proprio la prima (atipico ma fa nulla).
Ma i nostri posti non ci sono. Non ne senso che sono occupati da altri. Proprio non esistono.
Uno dei signori verdi delle FFSS ci comunica che in realtà quella su cui siamo salite anche se denominata “carrozza 10” non è la carrozza 10. La 10 sta in testa al treno.
Noi, con valigie, borse, portatili…. E con un piacevole tepore primaverile, corriamo come delle pazze in testa al treno che a questo punto sta per partire.
Peccato che la numerazione delle carrozze si fermi alla 9.
Fantastico.
Alla fine si riesce a capire che la carrozza numerata come la 9 è in realtà la 10, la 8 è la 9 e così via.
Astuti questi di Trenitalia. Così ora quelli che hanno il posto prenotato nella carrozza 9, stanno seduti nella 10 pensando che sia la 9, e se noi della 10 proviamo a convincerli del fatto che loro credono che sia la 9 ma in realtà è la 10, e che quindi devono lasciarci il posto, e andare in quella che è chiamata 8, ma in realtà è la 9 e convincere coloro che sono sistemati lì che loro credono di essere seduti nella carrozza 8 ma in realtà… Be’… se proviamo a lavorare sul questa falsa credenza (bello fare gli psicologi eh? Sei nei casini e sai anche usare termini tecnici adeguati) ci prendono per matti e ci mandano a quel paese. Ma sai anche quando non è il caso di insistere… così ci siamo sedute nella carrozza 5 (che poi forse era la 6 ma non sottilizziamo) che era deserta e da lì in poi il viaggio è stato ottimo.

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Il corso si teneva a Bertinoro… posto veramente splendido. Se vi capita fateci un saltino. Ne vale la pena. Sia per il lato paesaggistico, che per il alto umano (la gente da quelle parti è fantastica), che per il alto gastronomico, che per quello alcolico.
Noi in più avevamo le neuroscienze, in particolare un corso su una cosa che si chiama TMS (Stimolazione Magnetica Transcranica), ma su questo vi risparmio i dettagli, va là.

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Dettagli tecnici a parte (comunque il corso è stato davvero molto interessante...) è stata anche un’occasione per vivere in clima goliardico… trovarsi ancora una volta anche se provvisoriamente dalla parte degli studenti ha scatenato istinti goliardici inimmaginabili. Ma estremamente divertenti!
E il gruppo era decisamente adeguato…
Solo qualche spunto.
I campi magnetici apriranno i Chakra?!” (FORSE sono cose un po’ diverse….)
Scusi ma io ho in tasca un quarzo rosa: può influire con i macchinari?!” (Certo, ma solo perché è rosa… tanto si tratta solo di una macchinetta tipo la 313 di Paperino, una cosuccia da nulla.. prova a usarla in casa che ti fa saltare il contatore non solo di casa ma di tutto il quartiere...).
E poi dicono che sono strana io che sono psicologa e ho dato un nome alle viole.
A proposito della 313…. Divertentissimo era anche uno dei relatori… all’apparenza serissimo… ma ogni tanto si distraeva e allora tendeva a parlare come Paperino. Ma ve lo immaginate Paperino che lezione di psico-fisica?! (e noi dovevamo restare seri – in teoria).
Del resto il tema “fantastico” era all’ordine del giorno… Facevamo lezione in un vero castello… Come Harry Potter, e scusate se ho detto poco!

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Noi abbiamo anche dimostrato di essere particolarmente “sveglie” comunque.
Relatore: “In questo caso si può anche applicare una pasticca di vitamina E o di olio di germe di grano sulla testa del soggetto”.
Noi ci guardiamo.
Paola: “Ma come si fa?!”.
Io (pensando di fare la spiritosa): “Ma con lo scotch ovviamente!”.
… Si fa proprio così. Sono un genio incompreso.

Relatore: “E in questo caso misuriamo in Spike”.
Io: “Ah! Come il fratello di Snoopy”.
(fortuna che non mi ha sentita).

Relatore: “E il digitalizer acustico produce ultrasuoni”.
Io: “be’… se devi testare Batman sono casini”.

E le corse per non arrivare tardi la mattina… Gli spuntini di metà mattina… i progetti di fuga per fare un pic-nic sui prati…
E i commenti sui compagni di corso… alcuni dei quali davvero improponibili… 

Nei momenti extra-corso…
Le bottiglie di sangiovese e i brindisi.
La salita per salire e scendere dalla rocca di Bertinoro.
Seconda sera. Cena di gruppo. Quadro. Chi sarà mai? Io, Paola e Sara puntiamo sulla scuola russa (qualcuno come Tolstoj ci sembrava adeguato)… invece era Carducci. (Ma proprio non si sarebbe detto).
La salita per salire e scendere dalla rocca di Bertinoro.
Sera successiva. Dopo un’allegra cena alla Locanda della Fortuna, dopo una passeggiata culturale lungo la strada del vino (su suggerimento di Paola, ma per l’interpretazione psicoanalitica dei quadri si ringraziano anche Sara, Gianluca e Marco) si finisce al circolo ARCI a giocare a carte con adeguato supporto etilico. (La prima volta che vinco una partita a carte in vita mia).
Uscendo vediamo un grande quadro.
Questa volta non mi fregate” – penso io – e proclamo tutta felice: “Guardate! Freud!” (del resto avevamo appena scoperto come scala 40 possa essere vista come un test proiettivo).
Non ci crederete. Davvero sembrava Freud!!!! Invece era Lenin.
Capita di sbagliare…
La salita per salire e scendere dalla rocca di Bertinoro.
E le chiacchierate la sera nella camera del centro residenziale.
Gli aneddoti sui tesisti e sugli studenti.
La musica.
La salita per salire e scendere dalla rocca di Bertinoro.
Ma quanti psico-musicisti ci sono?
Cavoli avevamo anche lo psicologo che suona il basso-tuba!
La salita per salire e scendere dalla rocca di Bertinoro.
La frase “mito”? La signora marchigiana che si occupava delle camere che in risposta alla nostra richiesta di sostituire gli asciugamani ci ha guardate tutta sorridente e ha esclamato: “SSCCono SSSCCCporchi?! [ci vorrebbe il file audio] Evvveli (tutto attaccato) cambio!”.
E sempre e comunque il sangiovese.

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La colonna sonora del corso?!
Non ci sono dubbi!
Uno su mille ce la fa”… soprattutto per quando dice: “Ma quanto è dura la salita!”

Ma ne è valsa la pena!!!

B.

 
 
 

Studenti, strumenti e partenze

Post n°167 pubblicato il 03 Aprile 2007 da thefairyround

In questo secondo semestre sto insegnando qual cosa che assomiglia alla “statistica per psicologi” a gruppi di studenti del secondo anno (o giù di lì), che naturalmente preferirebbero fare qualsiasi altra cosa piuttosto che venire alle mie 4 ore settimanali di lezione no-stop.
Aggiungete che tali ore sono per un gruppo il venerdì pomeriggio e per l’altro il sabato mattina, e avrete l’esatta misura di quanto sia amato il corso.
Però devo dire che per quanto io stessa fossi piuttosto demotivata… ora mi sto inziando a divertire.
Sono simpatici questi ragazzi.
Le lezioni assomigliano sempre di più a serate di cabaret, e così si digeriscono anche le tavole di contigenza, i t-test (ma lo sapevate che l’inventore del t-test lavorava per la Guinness?) e l’ANOVA.
Tra i miei alunni ho Spiderman: studente che si è offerto di arrampicarsi sul muro (fuori dalla finestra) per scollegare la campanella che suona sempre nei momenti più inopportuni.
Gli statisti estetici: “Lo sappiamo che così è sbagliato prof. ma non trova che la nostra tabella sia molto più BELLA di quella corretta?”.
Venerdì scorso un tre ragazzi tra i più casinisti del venerdì pomeriggio hanno iniziato a cantare (sul finire della lezione)… canzone carina… ma irrimediabilmente stonata.
Così non ho resistito e ho detto: “Ok. Va bene. Facciamolo il coretto. Ma almeno facciamolo bene!”.
A seguito di tale idea ho scoperto non solo di avere molti studenti musicisti (!!), ma anche acuti.
Ho detto loro che suonavo anche io e hanno indovinato che doveva assolutamente trattarsi di strumento a corde (“si vede da come sorride prof”… questa devo capirla ma mi è piaciuta). Hanno scommesso sul violoncello. Quasi. Bravi eh?

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E ieri sera (distrutta dopo la discussione di un numero infinito di tesi, fortuna che il presidente di commissione era irresistibile) ero a cena con il babbo.
Nel tavolo accanto a noi un simpaticcimo signore di Padova. Cenava solo quindi ci siamo messi a chiacchierare.
E’ venuto fuori che suonavo.
Signore-Simpatico-di-Padova (SSdP): “Fammi indovinare cosa suoni!
Io: “Ah ah ma non ci riuscirà mai”.
SSdP: “Vediamo… senz’altro uno strumento a corde…”.
Io ero già stupita… di solito puntano tutti sul flauto (non so perché) o sul pianoforte.
SSdP: “Potrebbe essere il cembalo, perché hai un viso adeguato… ma no…. Qualcosa non torna… certo! Non può che essere la viola da gamba!”.
Stavo svenendo lì sul posto, abbracciata al bicchiere di Chianti!
E’ la prima persona che solo guardandomi in faccia ha indovinato lo strumento!
Lo so che è stupido, ma ero felicissima! 
Ora invece per alcuni giorni devo salutare le viole… Parto per andare a seguire un corso di neuroscienze (più o meno… vi risparmi i dettagli perché così a proprio spaventano anche me… al ritorno vi farò sapere…).
Pare però che il clima del corso sia goliardico e molto etilico…
Torno venerdì sera…

Viandante, sono le tue orme
A fare il cammino e ninet’altro:
viandante, non c’è cammino,
il cammino si fa andando,
si fa andando il cammino,
e girandosi a guardare
si cede indietro il sentiero
che mai più calpesterai.
Viandante non c’è cammino,
solo scie nel mare.

(Machado)

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La cena spagnola

Post n°166 pubblicato il 28 Marzo 2007 da thefairyround

(periodo di cene questo…)

Mettete di avere un babbo tanto simpatico ma che con l’inglese se la cava poco bene.
Mette di saperlo parlare bene voi l’inglese (tutti quegli amici di penna a 13 anni sono serviti a qualcosa, lo sapevo!!!).
Mettete che il suddetto babbo vi chieda come favore di andare a fare da interprete con uno spagnolo da poco arrivato in Italia per lavoro – che parla solo spagnolo  e inglese (appunto).

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Va bene.
Vado.
Voglia zero.
Per di più temo perché non è che io passi il tempo a parlare in inglese di argomenti tecnici (al di fuori di musica e psicologia….).
E se poi non conosco i termini?!
Passo il tragitto a farmi domande stupide.
Caldaia? Boiler
Calorifero? Radiator/heater
Ma heater è anche lo scaldabagno… Oh cavoli!
Azienda del gas? Questa non la so accidenti! Gas company?!
Andate in prigione direttamente senza passare dal via? Ah no, quello era monopoli.
Comunque arrivo.
Lo spagnolo non sembra spagnolo (biondo con gli occhi azzurri).
Parla un’inglese perfetto.
Tremo.
Me la cavo dignitosamente.
Babbo felice.
Io sollevata da non aver fatto macelli, do indirizzo mail a spagnolo “per qualsiasi evenienza”.
Ci si saluta come vecchi amici.
Torno alla mia vita di musica e psicologia e dimentico la cosa.
Giorni dopo arriva mail dallo spagnolo con domanda tecnica (cose bancarie di cui tra l’altro non so nulla). Raccolgo informazioni e rispondo.
Arrivano ringraziamenti insieme ad invito a cena.
Ma che carino!
Problemi a trovare un giorno ma alla fine organizziamo.
Ristorante spagnolo.
E serata da morir dal ridere!

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Una bottiglia di vino in due.
Dopo il secondo bicchiere parlavo l’inglese come la regina Elisabetta.
Tanto che parlavo in inglese anche al cameriere italianissimo.
Quando poi gli ho ordinato il caffè (consapevolezza) in italiano si è illuminato, e parlando molto lentamente e annuendo mi ha detto: “certo-che-lo-parli-bene-l’italiano!!
E io (con lo stesso tono): “forse-perché-sono-italiana”.
Mi ha guardata con odio. Chissà perché?!

Conversazione divertentissima.
I vicini di tavolo ci guardavano con sospetto (non so se perché parlavamo inglese o perché ridevamo come dei matti), ma alla fine problemi loro.

Il rientro a casa poi è stato spettacolare.
Notoriamente io ho il senso dell’orientamento di una bietola lessa.
Il povero simpatico spagnolo si è offerto di accompagnarmi a casa in macchina, vista l’ora un po’ tarda.
L’avevo avvertito del mio scarso orientamento, ma forse confidava che essendo io di Milano e lui di Madrid, fino a casa in qualche modo avrei anche potuto arrivarci.
Abbiamo girato mezza Milano (letteralmente) prima che io riuscissi a trovare uno straccio di punto per orientarmi!!!
Gli ho anche fatto prendere una corsia preferenziale per i taxi (ma non ditelo a nessuno).
Al che lui mi ha detto (ridendo): “Ascolta se ci ferma la polizia, stai zitta e fai finta di essere spagnola anche tu… che magari ce la caviamo!
E forse era anche più plausibile della vera verità.
Ma alla fine l’ho ritrovata la strada di casa.
Forse non ho seguito proprio il percorso più breve e diretto però ci sono arrivata…

E la Paella era molto buona!

B.

 
 
 

La cena dei pirati

Post n°165 pubblicato il 25 Marzo 2007 da thefairyround

Parlando del post-dottorato, aggrovigliamenti compresi, un amico mi ha detto: “Ma guarda che la vita normale è lì, dietro un angolo qualsiasi, e aspetta solo di essere ritrovata”.
Angolo o spigolo?! Mi ero chiesta.
Forse è vero.
Forse gli angoli sembrano insuperabili, massicci, imponenti.
Dolorosetti a volte.
Ma dietro...
Il blu. Il mare. immagine

E perché no?!
I pirati…
Come idea di avventura.
Esplorazione.
Come la voglia di ricominciare.
Magari di rischiare un po’, ma con la voglia di cercare nuove rotte… e magari anche qualche arrembaggio da fare.immagine

L’angolo, o il muraglione, l’ho girato pensando alla cena di giovedì sera.
Ero al supermercato a fare la spesa.
E ho iniziato a vedere più colori, avere idee.
A sorridere da sola.
Progetti.
Ali che spiegano.
E poi il pomeriggio.
Riscoprire il piacere di cucinare in due.
Chiacchierando di tutto e di nulla e ridendo di sé e del mondo.
Una cena senza troppi problemi con gente che è proprio contenta di essere lì.
Senza rapporti complicati.
I fiori colorati.
Le risate e il vino (da buoni pirati).

Vele spiegate.
Si riparte.
E se il vento tira troppo forte e brucia gli occhi...
Se cade qualche lacrima...
Sono solo granelli di sabbia…
Cerchiamo le stelle… che siano in mare o in cielo. immaginePer gli interessati ecco il menu:
- Il fondo della cambusa (che poi era l’antipasto… e non è un caso che si sia inziato con il fondo della cambusa… molto metaforico e “salvifico no?!)
- La zuppa del bucaniere
- Il bottino del pirata Lonh John Silver (in teglia)
- Coppa degli Atzechi con Vin santo

...Corpo di mille pipe!

B.

 
 
 

Aggrovigliamenti e musica

Post n°164 pubblicato il 19 Marzo 2007 da thefairyround

Periodo aggrovigliato questo.
Uno dei miei primi ricordi risale a quando avevo circa 2 anni e mezzo.
C’era il sole.
Stavo giocando sul balcone con delle collane (fortunatamente fatte in casa… e visto che erano nelle mie manine paffute di bambina non proprio angelica sospetto non fossero neanche venute al meglio…) della mamma.
Ricordo il mio disappunto nel rendermi conto che si erano aggrovigliate e che non riuscivo a scioglierle. Non capivo bene cosa e come fosse successo.
All’epoca il mio lato impulsivo era meno sedato dalle abitudini sociali avevo subito optato per un metodo semplice e diretto di soluzione del problema.
Mi ero impossessata (non senza una notevole progettazione strategica per scavalcare le protezioni messe in atto a scopo preventivo dai miei) di un bel paio di forbici col quale avevo dato un taglio netto al groviglio.
Ricordo anche chiaramente la soddisfazione di aver risolto il problema in pochi secondi.
Be’… a essere sincera ricordo ancora anche le urla dei miei…
Ora come ora di sole ce n’è pochino.
E il groviglio pare di giorno in giorno sempre più aggrovigliato.
Con l’aggravante che ho imparato quanto utilizzare le forbici senza troppo pensarci possa essere pericoloso (e doloroso).
Così ho trovato un’altra strada che sembra spesso in grado di rendere meno arruffati i fili della vita, e di alleggerire quel peso che ti fa disperare di ricavarne un senso.
La musica.
Quando suono tutto sembra meno complicato.
Più colorato.
Più scorrevole.
E forse lo è.

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Ultimamente la spalla mi crea ancora qualche problemino nel suonare la viola – quindi non posso mai esagerare con il tempo dedicato alla pratica…
Ma ieri la Ra mi ha fatto provare a suonare la chitarra.
Ok.
Lo so.
Sapendo suonare la viola – avendo pure studiato un pochettino il liuto – è come barare.
La mano sinistra “funziona” in maniera del tutto simile.
Non che ci voglia sta grande abilità a ricavare dei suoni “sensati” anche senza aver mai preso in mano prima una chitarra classica.
Ma anche con questa consapevolezza mi sono sentita una grande (concedetemelo) anche solo a fare 4 accordini semplici semplici con un loro senso.
Ho sentito i fili che si sgrovigliavano.
Magari è solo provvisorio ma è bello comunque.
Credo avesse ragione Garcia Lorca:

La chitarra fa piangere i sogni.
Il singhiozzo delle anime
perdute
sfugge dalla sua bocca
rotonda.
E come la tarantola,
tesse una grande stella
per sospendere i sospiri
che tramano nella sua nera
cisterna di legno.

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B.
 
 
 

Sogni e percorsi

Post n°163 pubblicato il 12 Marzo 2007 da thefairyround

E così venerdì pomeriggio si sono discussi questi tre anni, convincendo un commissario che ricordava in maniera impressionante il nonno di Heidi che i piani di ricerca avevano un loro perché, che le tematiche indagate non le avevo trovate nei sacchetti di patatine, e cose così.
Ma ansia prediscussione a parte è stato bello mettersi lì e "difendere" il proprio lavoro.
Ci si sente... maturi e seri (wow).

Sabato sera i festeggiamenti (con palloncini, giochini grulli, vino, e tante risate)...
Al momento del brindisi mi è stato chiesto un discorso.
E confesso che mi sono sentita un po' presa alla sprovvista.
Non perché non avessi nulla da dire.
Ma perché ho improvvisamente realizzato che quello che avrei voluto dire veramnte forse, per una volta, era meglio tenermelo per me.
Pensavo: ma un dottorato che valore ha, in fondo, nell'economia generale della vita?
Che cosa voglio ricordare della mia vita quando mi girerò a riguardare le mie impronte sulla sabbia? O, meglio ancora, per cosa vorrei essere ricordata?
"Cavoli! Come faceva le analisi log lineari lei non le faceva nessuno!".
No grazie.
Forse sarebbe meglio festeggiare adeguatamente l'avere accanto delle persone che ci vogliono bene e a cui vogliamo bene, gli abbracci, i sorrisi, i momenti di complicità, gli sms alle 3 di notte che ti fanno capire che c'è che ti è vicino.
Ma non ho detto nulla di tutto questo.
Già sospettavano che fossi mezza ubriaca, se partivo su questo filone avrebbero ipotizzato la sbronza triste! E così mi sono dedicata a una riflessione sul nonno di Heidi, sulle caprette, Peter e le fette di salame. Senza dimenticare il buon Rich Mayer, e la sua figliola che si è recentmente sposata. Ma il pensiero rimane....

Perdonatemi un po' di sana depressione "post traguardo" ci può anche stare.
Tanto alla fine ci rido sempre sopra.... ;-)

Per concludere questi 3 anni comunque credo che le parole più belle e adatte siano quelle associate a un bigliettino arrivato proprio sabato sera.

"Tu hai percorso la strada dei desideri,
e quella non è mai dritta.
Hai fatto un gran giro,
ma era proprio la tua strada"
[M.Ende]

immagineB.

 
 
 

Ed eccoci qui...

Post n°162 pubblicato il 09 Marzo 2007 da thefairyround

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Eccoci qui.
Tra anni.
Ricordo il giorno dell'esame di ammissione al dottorato.
All'orale nevicava.
Mi pareva di avere davanti una strada lunghissima.
E ora eccoci qui.
Domani discuto la tesi.
Tre anni di lavoro. 4 Ricerche.
Un numero impressionante di Slides.
E un certo imbarazzo.
(Ansia?!).
Presentare 3 anni di lavoro a tre estranei... Non tanto per i contenuti, ma per tutta la vita che fa l'occhiolino da dietro quei dati.
Cosa che alla commissione non interessa ovviamente.
Ma che per me è parte di quanto ho imaprato in questi anni.

Oggi mi hanno detto che forse sono un po' agitata non tanto per la discussione in sé (e che potrà mai succedere?!) ma perché rappresenta la fine di una fase. Un gradino da salire.
Ora si cresce B.
Mi sembrava di essere già grande.
Ma forse ora si tratta proprio di capire cosa voglio DAVVERO fare da grande.
Dove voglio andare.
Dove voglio mettere radici.

E pensare che tutto è nato dalla teoria multimediale di tale Richard Mayer. Che è anche una cara persona in sé.

Va be'... proverò ad ascoltare il vento. Ma non quello che porta in giro senza meta. Il vento "dentro".

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B.

 
 
 

Il tram

Post n°161 pubblicato il 03 Marzo 2007 da thefairyround

Vado a fare fisioterapia in tram.

immagineTrovo che tra i mezzi pubblici di trasporto il tram sia uno di quelli più simpatici.
Frequentato anche da gente simpatica.
Ci sono molto più persone che ti sorridono… e ci sono molte più persone che leggono libri rispetto a chi viaggia in metropolitana.
Chissà perché?
Ricordo che quando ho seguito quel corso di psicologia che mi ha fatto capire cosa avrei voluto fare da grande (oltre a suonare la viola da gamba), il docente (che ora è il mio capo) faceva sempre esempi di ricerca ipotizzando studi sui passeggeri della metropolitana. In questi giorni per metà del viaggio mi guardo intorno e ipotizzo ricerche sui passeggeri del tram. Tra l’altro dicono che il ragionamento ipotetico prevenga l’alzheimer…immagine

Per l’altra metà del viaggio guardo la città che scorre fuori dal finestrino.
E ogni volta ricordo un passaggio di uno dei miei romanzi preferiti “An equal music” di V. Seth (credo che in italiano sia stato tradotto “una musica costante”).
Due autobus si affiancano per qualche minuto a un semaforo. Lui è un po’ come me: guarda la città che scorre fuori dal finestrino e pensa alla musica (è violinista). E nell’autobus accanto vede Giulia. Sentimento perso nei strani vortici della vita. Lei legge un libro – e non lo vede.
I casi della vita. Una vicinanza che (forse?) è solo apparente.
Due autobus affiancati. Pochi minuti da cui nasceranno sogni, musica, abbracci e strappi. Dolci ipocalorici, aste, studenti svogliati, nuotate al freddo. Amore. Lutto.
Inutile precisare che a me non è successo.
Anche se l’altro giorno a un semaforo ho incrociato lo sguardo di un ragazzo in moto. Ci siamo perfino sorrisi.
Io sentivo la mia musica, vivevo il mio libro.
Lui avrà probabilmente pensato che io fossi matta.
Però è stato un bel sorriso…

B.

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Tempo e panchine

Post n°160 pubblicato il 24 Febbraio 2007 da thefairyround

Giovedì sera tornavo in treno da Piacenza in tarda serata.
E la luna aveva la forma di una culla.
E io pensavo.
A quanto manca il tempo di farci cullare…. Dal filo dei nostri pensieri, dai sogni, dalle parole di qualcuno a cui vogliamo bene, da una buona musica, da un paesaggio, dalla luna che sembra una culla e che accompagna un treno che si sposta nel buio.
E ci pensavo anche settimana scorsa.
Mercoledì scorso – San Valentino.
Verso l’ora di cena mi spostavo in metropolitana. E mi guardavo in giro.
Gente un po’ di tutte le età – di corsa – con in mano fiori di vario genere, che francamente sembravano essere capitati lì (nelle loro mani) per caso. Queste povere rose sbatacchiate qua e là come i piumini antipolvere…
Ho provato a guardare gli occhi di queste persone fiorite.
Occhi spenti, occhi persi, e mani nervose. Mani che corrono.
Non mentirò dicendo che se mi regalano dei fiori mi spiace e mi offendo.
Però…
A volte credo che abbia più significato un sorriso fatto con gli occhi – un sorriso che ti sa dire: “sono qui –ora –con te – e sono esattamente nel posto dove vorrei essere con la persona con cui vorrei essere”.
Una festa degli innamorati nella mia ottica (forse balzana) avrebbe forse più senso se permettesse di riscoprire il valore del tempo passato insieme.
E allora ogni momento che si passa insieme con quella persona diventa san Valentino.
Un fiore in meno. Dieci minuti in più a passeggiare nel parco parlando della propria giornata, di quella persona buffa che incontro sempre, di quello che mi ha fatto arrabbiare, di come sarebbe bello realizzare un sogno e (esempio a caso) tornare a vivere in toscana.

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E non occorre certo essere in coppia per coccolarsi con tempo.
Ricordo quest’estate. Un pomeriggio di agosto in un paesino sull’appenino toscano. Un temporale improvviso e una panchina.
Ero andata da sola a fare un giretto di esplorazione ed ero stata sorpresa da un temporale improvviso. Mi ero rifugiata su una panchina sotto il porticato di una chiesetta antica coperta da un enorme albero. Insieme a un signore locale del tutto sconosciuto ma molto simpatico.
Abbiamo iniziato a parlare di tutto.
Del lavoro. Della storia. Della vita. Per poi tornare al tempo e ai fumetti di Paperino. Le Giovani Marmotte. I crostini come li faceva la nonna. L’uomo. L’amore. La vita. I cani.
A un certo punto si è messo a suonare il mio cellulare.
Ma dove sei finita?
Nulla, mi sono riparata dal temporale
Ma ha smesso di piovere più di mezz’ora fa”.

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Questo mi manca in questo periodo.
Una panchina sulla vita.
Una luna a forma di culla.
Per fermarmi.
Guardare la vita.
Sbrogliare un po’ di cose.
E poi sorridere lanciando nel cielo i fili colorati dei sogni.

B.

 
 
 

Quando c'è la salute....

Post n°159 pubblicato il 11 Febbraio 2007 da thefairyround

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Premetto che sto meglio. Da tutti i punti di vista: spalla e influenza.
Però il raffreddore – con annessa tosse e voce che pare quella di un baritono che si è stirato accidentalmente una corda vocale – ancora non vuole saperne di levare le tende.

Lentamente sto riprendendo le fila di tutte le cose (lavorative, sociali e musicali) lasciate in sospeso.

La spalla inizia ad andare meglio.
Anche se ho davanti un percorso di riabilitazione ancora lunghetto.
Il fatto che la mia personale versione del Dr. House (molto meno fascinoso e bravo) non abbia riconosciuto la sub-lussazione ha peggiorato un po’ la cosa (ma no?) oltre a causare un po’ di disagi. Ora vado due volte la settimana a fare fisioterapia in acqua. Mi trovo bene – la fisioterapista (A.) è molto simpatica e brava. Quando ha saputo che non stavo bene a causa dell’influenza mi ha perfino chiamata a casa. E’ un’esperienza un po’ strana: alzarsi prestissimo e attraversare una Milano deserta (è il momento della giornata in cui è più bella) – a volte anche avvolta da una nebbiolina che mi ricorda la mia infanzia. Passare dal freddo pungente e dai rumori di una città che si risveglia al caldo ovattato e ai rumori acquatici di una piscina.
Strana anche la gente che la frequenta di prima mattina.
Ci sono le signore sui 75 che fanno acquagym (con le cuffie da doccia usate come cuffie da piscina) – e che hanno un’energia invidiabile. Rumore delle loro risate.
Ci sono quelle sui 40 che fanno invece palestra e che incrocio negli spogliatoi. Sapendo che faccio piscina mi guardano perplesse e si sentono in dovere di comunicarmi che [a] il cloro rovina i capelli; [b] il cloro rovina il costume da bagno; [c] i capelli in piscina si bagnano anche con la cuffia (ma va?) e ci metterò un sacco di tempo ad asciugarli visto che sono lunghi; [d] se ho fatto colazione prima di andare lì probabilmente mi verrà una congestione.
Sorrido, ringrazio, e vado per la mia strada.
Poi ci sono i signori che fanno fisioterapia (pochi, età varia – ma pur sempre avanzata) – che sembrano sempre imbarazzati all’idea di essere in costume da bagno in piscina a far esercizi che considerano idioti (glielo si legge in faccia). Ogni tanto si sentono in dovere di scusarsi.
Neanche fosse un luogo di malaffare santo cielo!
In genere racconto di come io ci sono finita cadendo dalle scale… e si rincuorano. I loro incidenti appaiono decisamente più ”intelligenti”.
E poi c’è il ritorno alla vita reale. Non so perché ma queste incursioni in piscina mi sembrano quasi irreali - e il fare la doccia, asciugare i capelli, rivestirmi, uscire nel freddo delle mattine di Milano e correre al lavoro… è come passare “attraverso lo specchio”.
A volte le cose più stupide – come trovarsi obbligati ad fare 12 sedute di fisioterapia in piscina – ti portano a vedere le cose da un’altra prospettiva. 

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Mi osservo.
Forse serviva davvero (come aveva ipotizzato qualcuno) una caduta dalle scale per fermarmi a guardare.
Le barriere che costruisco.
Per difendermi dal mondo che a volte pare un po’ troppo duro.
O forse per non far cadere l’illusione di me come “quella forte”.
Forse perché penso che se appaio “imperfetta”….
Forse solo per non essere ferita…

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Forse è ora di affrontarle queste barriere.

B.

 
 
 

You give me fever...

Post n°158 pubblicato il 06 Febbraio 2007 da thefairyround

Sono a casa con la febbre.
In realtà la cosa dura da giovedì scorso, ma io avevo saggiamente (??) deciso di ignorare il tutto.
Ah sì?!” ho detto alla Febbre “Non so che vuoi da me… Ho da fare. Ti ignoro. Te ne andrai prima o poi”.
Poi, siccome l’arte del compromesso serve molto a questo mondo, pur ignorandola, qualche concessione l’avevo anche fatta. Stando il più possibile a casa al caldo.
Domenica mi sentivo già la vittoria tra le mani.
Lunedì mattina sono uscita per andare al lavoro.
Ho iniziato ad avvertire strani sintomi fin da metà mattina.
Credo di aver capito cosa deve aver provato Napoleone durante la campagna di Russia.
A mezzogiorno ero a casa.
Trentotto e mezzo di febbre.
Non respiravo.
Disdetta!
Hai voglia ad ignorare una cosa che non ti fa respirare…
Quando ho la febbre abbastanza alta – a parte i malesseri collegati – iniziano a risuonarmi canzoni in testa. (sarà grave?!)
  immagine

In genere ogni influenza ha la sua.
Ripetuta.
Lunedì è arrivato
Paolo Conte a farmi compagnia.
E non so da quale angolo del cervello mi sia venuta fuori questa canzone…
Ma in questi casi non c’è verso di farla andare via, neanche ascoltando 20.000 volte qualcos’altro.

Via, via, vieni via di qui…..

Ho riempito la casa di oliii essenziali

…good luck my babe,

Ho messo su il brodo come lo faceva mia nonna

...it's wonderful, it's wonderful, it's wonderful,
I dream of you...
chips, chips, du-du-du-du-du

E poi ho provato perfino a lavorare...

…via, via, neanche questo tempo grigio
pieno di musiche…

Dovendo spesso rinunciare… tra la febbre e la vociotta di Paolo Conte non era semplicissimo

…via, entra e fatti un bagno caldo,
c'è un accappatoio azzurro,
fuori piove un mondo freddo...

Ma perché proprio questa canzone?!
Ricordo che faceva parte della colonna sonora del primo film visto con G., grande “amore” dei tempi dell’Università.
Se chiudo gli occhi sento ancora addosso il buio della sala cinematografica.

Via, via, vieni via con me,
entra in questo amore buio,
non perderti per niente al mondo...
via, via, non perderti per niente al mondo
lo spettacolo d'arte varia
di uno innamorato di te...

Sono passati tanti anni.
Tanta vita.
Mi guardo e vedo una persona diversa in quel cinema, in quel buio. Occhi diversi. Cuore diverso.
E poi torno bruscamente ad oggi.

It's wonderful, it's wonderful, it's wonderful,
good luck my babe,...

Non è un po’ ironico questo ripetere che è meraviglioso?

Via, via, vieni via di qui,
niente più ti lega a questi luoghi,
neanche questi fiori azzurri...
via, via, neanche questo tempo grigio
pieno di musiche
e di uomini che ti sono piaciuti...

Un viaggetto ci vorrebbe proprio, in effetti…

It's wonderful, it's wonderful, it's wonderful...

immagine

B.

 
 
 

Suonare

Post n°157 pubblicato il 03 Febbraio 2007 da thefairyround

immagineIl pittore dipinge su tela.
I musicisti dipingono invece i loro quadri sul silenzio.
[Stokowski]

Oggi ricomincio a suonare sul serio.
E che la spalla mi segua come crede...

B.

 
 
 

A volte ritornano...

Post n°156 pubblicato il 01 Febbraio 2007 da thefairyround

Forse qualcuno ricorderà la mia avventura per acquistare (e soprattutto portare a casa) una tastiera per esercitarmi per l’esame di organo complementare.
Martedì sono tornata nello stesso negozio, sperando ardentemente che non si ricordassero più di me.
Questa volta prevedevo di riuscire a rimanere piuttosto anonima, dovendo acquistare solo uno xilofono e una qualche percussione semplice (ed economica) per fare dialogo sonoro con un paio di ragazzini che sto seguendo.

immagine

A volte però anche i più strategici sbagliano drasticamente le previsioni.
Punto una commessa: “Buongiorno! Avrei bisogno di due xilofoni”.
Mi guarda. Perplessa.
Ma lei è la maestra o l’allieva?”.
Oddio… a 33 anni iniziare a studiare lo xilofono sarebbe forse un po’ atipico…
E qui temo di aver commesso un errore.
Spinta da un’irrefrenabile impulso a essere spudoratamente sincera le confesso: “Vede in realtà…. Sono una psicologa e gli xilofoni mi servono per fare dialogo sonoro con i bambini”.
E le sorrido annuendo come a dirle: “credici è proprio vero!”.
Mi guarda come se fossi completamente pazza.
Allora annuisco più marcatamente per cercare di trasmetterle l’idea che so quello che sto dicendo e specifico: “Il dialogo sonoro è una tecnica collegata alla musicoterapia. E’ molto bello! Invece che comunicare con le parole si comunica con i suoni”.
Mi guarda – sempre più perplessa.
In silenzio apre qualche cassetto e tira fuori diversi xilofoni.
Poi senza guardarmi dice: “Sa anche mio figlio da piccolo è andava da una psicologa. In un centro".
Sorrido e annuisco.
Forse ci possiamo capire.
Ma lei continua: “Solo che lo facevano lavorare con cose…. Cose più… più….”.
E io: “…. Più normali?!”.
Ecco!”.
Mi sento un po’ incompresa.
Lei, forse per mostrarsi più empatica nei miei confronti, inizia a parlarmi in milanese.
Io non capisco una parola di milanese.
Per cui inizio a chiederle “Scusi? Cosa ha detto?”. Perché se a volte fingo di aver capito anche se non è vero – farlo quando si deve comprare qualcosa è pericoloso. Rischiavo di uscire con un’arpa celtica senza neanche accorgermene.
La situazione degenera – perché la commessa inizia a sospettare che io abbia pure problemi di udito. Infatti mi ripete le cose in milanese – urlando.
E poi mi chiede (perché evidentemente l’idea di una musicista mezza sorda la preoccupa): “Ma lei oltre a fare ‘ste cose qui suona anche uno strumento vero?”.
A questo punto ho pensato che qualora le avessi detto che suonavo la viola da gamba avrebbe pensato che la stavo prendendo in giro fin dall’inizio – oppure avrebbe messo una croce indelebile sulla mia sanità mentale.
Così le dico: “Sì, suono il violoncello”.
Un po’ ci assomiglia, via!
E lei: “Ma scusa (passando a darmi del tu) non potevi continuare a suonare quello?”.
[sottinteso ma implicitamente chiarissimo: “invece di andare in giro a fare cretinate sonore”].
A questo punto più che sentirmi incompresa mi veniva da ridere…
Eh! Ci penserò….” rispondo.
Però anche la psicologia ha il suo fascino… e davvero si ottengono belle cose con il dialogo sonoro!” (un po’ di onor di patria santo cielo!).
Mi guarda.
La guardo – sorridendo.
Capisco che non manderà mai suo figlio a fare un dialogo sonoro neanche morta.
Sono tot euro”.
Ve bene….  Come profeta del dialogo sonoro non valgo un fico secco.
Però ieri ho lavorato con la bimba usando il set ritmico e le percussioni… e i sorrisi che mi ha regalato valgono più degli applausi del pubblico della Prima alla Scala.

immagineB.

 
 
 

Emozioni

Post n°155 pubblicato il 27 Gennaio 2007 da thefairyround

immagine

Capita.
Loro sono subdole – quando sei un po’ debole.
Ti tendono agguati, trappole. Cercano di fregarti.
E te sai che forse certe cose sono “troppo” per te in quel momento.
Vuoi respirare.
Così passi mattine intere ad analizzare brani musicali per coglierne le strutture nascoste.
Progetti.
Organizzi.
Scrivi.
E fuggi gli agguati di qualcosa che forse ora non ti senti di guardare ben bene in faccia.
Poi esci e cammini per due ore.
Fai due sedute a settimana di fisioterapia in acqua (calda) ed esci come un wurstel all’Oktoberfest (lessa).
Tutto sotto controllo.
Sai che non è proprio la cosa giusta.
Ma per il momento (solo per il momento) va bene così.
E poi, per caso, senti due canzoni.
Stai facendo altro.
Forse hai abbassato un po’ le barriere.
E loro ti fregano.
Le emozioni.

immagine

E così mi ritrovo a voler urlare
- anche se solo contro il vento
So, so you think you can tell Heaven from Hell,
blue skies from pain.
Can you tell a green field from a cold steel rail?
A smile from a veil?
Do you think you can tell?

E poi – ancora un po’ tremante –
cambio quadro - persona
colori.
E sento forte il vuoto
di una mancanza.
Di uno strappo.
E mi pare si sentire una lacrima.
Ma farò finta di niente.

Suonala ancora Sam.

immagine

 

 
 
 

L'elencone

Post n°154 pubblicato il 24 Gennaio 2007 da thefairyround

Ovvero 114 motivi per cui la vita vale la pena di essere vissuta.
Qualche tempo fa chiesi a tutti i miei amici di indicarmi perché secondo loro è bello vivere.
Di seguito trovate quanto ho ricevuto!
Il tutto è rigorosamente in ordine alfabetico (un premio speciale a chi indovina i motivi indicati da me medesima – sono circa 5 sparpagliati qua e là).
Se volete contribuire ad arricchirlo…….

immagine

1) albero che si staglia contro un cielo azzurro e limpido
2) ammirare un tramonto (anche l’alba)
3) andare al cinema
4) ascoltare la musica la sera con la cuffia al buio
5) ascoltare musica (ma veramente buona) ad un volume alto, ma così alto, che i toni bassi ti mandino in risonanza la cassa toracica
6) Australia
7) buon cibo
8) cenare con gli amici
9) chiacchierare davanti ad un camino acceso
10) cioccolato
11) condividere una risata
12) cucinare con la musica a tutto volume, facendo tutto a tempo (è divertentissimo e ve lo consiglio caldamente... attenzione solo alle scottature!)
13) essere utili agli altri
14) fare l'amore
15) fare le coccole
16) farsi la doccia con i bagnoschiuma di erboristeria
17) giocare con i miei nipoti
18) gli abbracci
19) gli amici che mandano le mail
20) gli scherzi tra fratelli
21) gli sguardi di complicità
22) guardare i propri capolavori culinari prendere vita dentro il forno
23) guardare il fuoco scoppiettare nel camino, o lasciarsi ipnotizzare dallo  scorrere dell'acqua in un corso d'acqua
24) guardare la neve che cade
25) guardare le stelle in una notte limpida
26)  i colori del Donegal tweed
27) i libri
28) i peluches
29) i racconti retrò del babbo
30) i telefilm adolescenziali (es: BH 90210)
31) i viaggi senza meta
32) il colore acceso della marmellata sul pane
33) il gelato
34) il mare
35) il primo raggio di sole che spunta dalla collina di fronte a casa
36) il profumo che si sparge per la casa mentre prepari le mandorle caramellate
37) il profumo dei fiori
38) il profumo del mare
39) il profumo della legna bruciata, nelle campagne, in autunno 
40) il profumo della pelle della persona che ami
41) il retrogusto (letteralmente, lo sento come un sapore) nell'adoperare la logica (es, partita a scacchi)
42) il rumore del mare
43) il rumore della pioggia
44) il sole che accarezza la pelle
45) il suono della lingua inglese
46) il vento durante un'escursione in montagna
47) illudersi che la settimana non ricominci dopo il week-end
48) l’Irlanda
49) la cena in famiglia dopo una giornata d'inferno
50) la cioccolata calda al profumo di cannella sorseggiata sul divano 
51) la compagnia delle persone che ci vogliono bene
52) la liquirizia dolce
53) la mattina... l'aroma del caffè che esce dal barattolo
54) la musica medievale e antica
55)  la natura incontaminata, soprattutto la montagna
56) la pace dopo la tempesta 
57) la parlata toscana
58) la rugiada che bagna la pianta dei piedi
59) la sensazione di rilassatezza dopo il nuoto
60)  la speranza che non tutto è perduto anche quando sembra così
61) la toscana
62) la viola da gamba
63) l'aria fresca che risveglia dal torpore
64) l'arte
65) le cazzate dette in compagnia (meglio se di soli uomini!!)
66) le coccole
67) le finte liti con il proprio compagno
68) le lunghe chiacchierate in cucina con la mamma
69) le passeggiate in montagna
70) le storie di mia nonna (pistoiese)
71) le torte di mele
72) leggere un bel libro
73) liuto
74) l'odore del bosco dopo la pioggia
75) musica
76) musica... e qui ci sarebbero tante varianti...
77) nuotare e fare immersioni
78) ottima musica
79) perché c’è la speranza in un domani migliore
80) pianoforte
81) pizza!
82) proteggere col pensiero le persone che ami e quelle di cui sai che hanno bisogno
83) Qualche giorno fa mi è capitato di correre tra le corsie di un ospedale e di cercare affannosamente il piano giusto, il reparto giusto...correvo con il cuore a mille...stavo cercando il reparto maternità perché stava per nascere il mio nipotino. Era lo stesso ospedale dove per anni correvo per vedere mia nonna, era lo stesso ospedale che con i suoi muri grigi e i suoi odori, l'ospedale dei momenti brutti e tristi, l'ospedale delle lacrime...quel giorno correvo per Luca, il mio nipotino...che è nato dieci minuti dopo il mio arrivo. Questo è un motivo per essere felici, capire che la vita non si stanca mai di darti piccole e grandi emozioni che trasformano in un istante il grigiore che ti circonda in uno splendido batuffolo azzurro
84) qualcuno che ti regala un fiore senza ragione apparente
85) Raffaello e la sua luce
86) riascoltare uno dei brani musicali (credo che ne abbiamo tutti) che ti fanno venire gli occhi lucidi
87) ricevere un abbracciatone...e darlo
88) Ridere insieme
89) salite (e discese!) scialpinistiche in neve fresca
90) sapere che alla sera c'è qualcuno che ti sta aspettando a casa
91) sapere che per il week-end mancano solo 5 giorni
92) sapere che quando torni a casa la sera c'è qualcuno che di abbraccia
93) scherzare
94) sciare (anche se ho appena ricominciato)
95) se è nuvoloso, il rumore delle gocce sul tetto del cortile...
sentire la vera fame, la vera sete, la vera fatica durante una corsa di lunga distanza...e successivamente la soddisfazione del bere, mangiare, riposare, nell'immediatezza del presente, senza “pensiero”
96) sentirsi dire dalla nipotina “ti voglio bene come ad una mamma”
97) silenzio
98) svago
99) tenere per mano qualcuno a cui vogliamo bene
100) un “ti amo” da chi ami
101) un abbraccio della mamma
102) un bicchiere di vino rosso sorseggiato sul sofà
103) un buon vino
104) un grazie di un amico
105) un sorriso di un bambino
106) un’ora di sport
107) una buona birra rossa
108)  una buona cena
109) una chiacchierata salutare
110) una giornata di pioggia invernale con la luce fioca
111) una telefonata inaspettata  
112) vedere nascere fiori da una pianta tenuta in casa
113) vedere un vecchio amico che non senti da anni
114) viaggiare

 
 
 

La spalla e il Dr House

Post n°153 pubblicato il 20 Gennaio 2007 da thefairyround

Oggi mi sono comprata un mazzo di tulipani.
Ora troneggiano qui, accanto alla mia scrivania.

immagine


La spalla va meglio.
Inizia ad andare meglio.
E' stata un'esperienza da non trascurare.

Mi ha permesso di conoscere il Dr House – o almeno un suo fan ortopedico che deve aver deciso di imitarlo in tutto e per tutto.

Stia un mese a casa ferma”
Ma domani ho gli esami, cosa dico agli studenti?”
Cara mia lei forse non ha ancora capito una cosa: nella vita nessuno è indispensabile, tanto meno lei. Se ne faccia una ragione”
[Grazie]

Le fa male qui?”
[sono pallida, vedo tutte le costellazioni della via lattea e vorrei urlare]
Tanto”
Lo sapevo ma volevo essere sicuro”
[...]

Non si preoccupi l'infiltrazione non le farà male”
[MALE BOIA – mi sfugge una lacrimuccia]
Ma guarda: pensavo che lei fosse del modello donna d'acciaio che non piange mai”
[vogliamo vedere se riesco a far piangere te con un bel calcio negli stinchi?!]

[al telefono 3 giorni dopo l'infiltrazione]
Senta dottore, mi fa ancora molto male: è normale?”
Le fa ancora male?!”
Sì, parecchio”
Non è vero”
...”
Be' aspettiamo ancora un po'...”
[tanto il male lo sento io...]

Ho vissuto un po' di abbandono da persone che se ne sono andate dicendomi “tanto sai dove trovarmi” - mentre le avrei volute qui.

Però ho anche potuto sperimentare la disponibilità e la vicinanza di persone da cui mai mi sarei aspettata tanto.
Persone che si sono date da fare per trovarmi un medico alternativo, arrivando quasi a picchettare uno studio medico.
Che mi hanno offerto cene, supporto, e un buon bicchiere di vino quando null'altro sembrava funzionare.

Ho sperimentato il vuoto delle giornate senza Viola.

Ma ora la spalla va un pochino meglio.

E domani provo a suonare.
E che cavolo!

B.

 
 
 

The END

Post n°152 pubblicato il 16 Gennaio 2007 da thefairyround

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E ci siamo arrivati alla fine.
E' l'una di notte.
Sto mangiando un pezzettino di cioccolato (in qualche modo bisogna festeggairli certi momenti, no?) - e ignorando il male alla spalla (della spalla parlerò in un altro post.... questo è celebrativo!).
Tre anni di vita.
Tre anni di ricerche - mischiati a musica, treni, abbracci, pianti, sorprese, trionfi, perdite...
Tre anni che lasceranno il segno.

Ho appena scritto l'ultima parola sulla mia tesi di dottorato.

La cosa più difficile è stata scrivere la dedica.
A chi dedicare questi tre anni?
Come trasmettere l'idea che in quelle 200 pagine non ci sono solo analisi statistiche, teorie, risultati (di più o meno dubbia utilità per il mondo), ma ci sono giorni, mesi di vita? CI sono sogni, colori, note, emozioni?
Una dedica forse non vale niente. Forse è solo formale. Per molti.
Per me invece vuole dire molto.
E così l'h scritta e riscritta 1000 volte, cambiando destinatario/i altrettante volte.

Ecco la versione finale.... che condivido volentieri, perché forse riguarda anche qualcuno di voi...

This work has been developing during three years.
Years of life – and not of simple research.
So I feel like dedicating the results of these years to all those who
... have ben smiling with me
... have been dreaming with me
... have been loving me.

Thanks.

B.

 
 
 

Fragile

Post n°151 pubblicato il 11 Gennaio 2007 da thefairyround

Questo nuovo anno sta iniziando in maniera strana.
Intensa ma strana.
Forse avere una spalla fuori uso ti cambia un po’ il senso dell’equilibrio.
Ti porta a vedere le cose da un altro punto di vista.
O forse solo a riconsiderarle.
A riconsiderare te stesso.
Gli altri.
Il mondo.
Io, che sono sempre storicamente quella forte ora spesso mi sento così.

immagine

Trasparente – ma con mille colori cangianti.
(Bisogna prestare attenzione per vederli).
E fragile.
E risento una canzone della mia adolescenza.

Tutto questo non perché io sia depressa. Sfiduciata. Vinta.
No.
Anzi.
Paradossalmente proprio in questa “atipica” fragilità mi pare di trovare nuove risorse.
O quanto meno nuovi spunti.
(nel video c’è un girasole…)
Ci pensavo qualche giorno fa.
La vita di tutti i giorni è come una complessa danza.
A volte balli con delle ombre.
A volte danzi con delle anime.

Domenica parlavo con una persona complessa.
No – non parlavo.
Ero confusa.
Sbilanciata.
Domenica ero lì in silenzio.
Ad ascoltare e a stupirmi.
Come cambia il mondo visto da occhi diversi.
Le persone possono ferirti se ti conoscono.
Se ti lasci conoscere.
Possono cercare di difendersi da te (forse dalla paura del passare da ombra a anima?) ferendoti.
Cercando di collocarti in un quadro che non è reale – almeno non per te – e dove ci stai male.
E tu ti senti fragile.
Provvisoria.
Indifesa.

Ma poi ti rendi conto che la luce cambia.
Luci. Ombre. Colori.
Non è che non ti faccia più male lì dove sono andati a colpire.
Ma capisci che questo non influisce su come sei tu.
Accettare i propri punti deboli forse racchiude in sé la chiave per trovare nuove potenzialità.
Così mi sento ancora fragile.
Forse con il bisogno di sanare un po’ di male che ho raccolto qua e là.
Ma anche con nuove consapevolezza e nuova energia.

B.

immagine

 
 
 

Saggezza orientale

Post n°150 pubblicato il 08 Gennaio 2007 da thefairyround

immagine

Un mio amico mi scrive:
"Eccolo! sun chi!"
E io, perplessa:
"Ma chi è questo Sun Chi?! Un fiolosofo cinese?"
[convinta!]

... Invece voleva solo dire "sono qui" in milanese.

Sto ancora ridendo, anche se sono consapevole che sarò presa in giro per i prossimi 20 anni per questa cosa.

Magari già che ci sono faccio un salto su qualche libreria on-line a vedere se svendono le opere di Sun Chi, il Saggio.....

B.

 
 
 

La befana ubriaca

Post n°149 pubblicato il 06 Gennaio 2007 da thefairyround

Domani è il compleanno del nonno.
Così ieri pomeriggio, con ancora 50 pagine di ricerca inscasinatissima in testa, sono venuta in montagna col babbo.
Allora: ricapitolando... La situazione di inizio anno non si presenta proprio al meglio.
Male alla spalla, mal di testa da troppa statistica, pensieri vari (metà delle persone che conosco stanno male, e vengono da me, mi sembra di fare poco e mi preoccupo, inoltre io stessa – nota casinista negli affari personali – ho qualche cosetta in sospeso da sistemare per benino, e anche questo mi dà da pensare).
Una meraviglia.
Faccio perfino gli incubi di notte come i bambini.
Fortuna che il mio inconscio è dotato di senso dell’umorismo.
Per cui: faccio l’incubo. Mi viene paura/ansia. Mi sveglio agitata. Ripenso a cosa ho sognato. Mi metto a ridere.
(Poi la mattina ho sonno ma fa nulla, almeno ridacchio sbadigliando).
Comunque – arrivo qui sentendomi molto empatica nei confronti della Befana e dei dolori che – vista l’età e il lavoro pesante che le tocca – immagino abbia.
Entro in casa e percepisco un senso di... come dire... freddo.
Da brava psicologa la prima cosa che ho pensato non è stata “fa freddo”, ma “che sensazione di gelo... deve esserci qualcosa che non va”.
E’ questo il bello degli psicologi. Sanno essere così acuti quando serve!
Entra subito dopo di me il babbo – ingegnere meccanico.
Ma qui non va il riscaldamento!” dice subito.
Aveva ragione.
Ma poffarbacco!
Avete in mente cosa vuol dire un casa grandina in mezzo ai boschi, in montagna, alle 6 di sera con il riscaldamento che non va dalle 2 di pomeriggio?

immagine

In casa scene da film alternativo.
Il nonno si vedeva appena sotto una decina di coperte. Spuntavano solo gli occhi di bragia (come disse qualcuno – che però veniva da una provincia diversa da quella dei miei nonni). Inquietante – vi assicuro.
La nonna dal canto suo girellava da una stanza all’altra, in genere appiccicata a me.
Fa freddino, non credi?” (ci vorrebbe l’audio per il corretto accento pistoiese doc).
Sì nonna, è rotto il riscaldamento. Ora il babbo cerca di aggiustarlo”.
Ah! E come si fa senza riscaldamento?”.
Non preoccuparti che lo si aggiusta!”.
Io non ho fatto nulla!!!!!”.
Sì nonna, tranquilla, lo so. Capita che le cose si rompano”.
Ho solo toccato qualcosina lì perché c’erano solo 24 gradi...”.
[deve aver visto un servizio “Natale ai Tropici”]
Cosa hai toccato?! [panico nei suoi occhi... ahi qui c’è una coda di paglia... Passiamo alla fase tranquillizzazione] No... solo per curiosità...”.
Nulla nulla... non lo faccio più” [cosa avrà fatto?!!!!!!!!!!! Forse è meglio non saperlo...]
Due minuti dopo.
Fa freddino, non credi?”.
Sì nonna, s’è rotto il riscaldamento. Ora il babbo cerca di aggiustarlo”.
Si è rotto il riscaldamento?! Ma quando?!!! Te scherzi sempre...”.
[e pare pure un po’ seccata da questa nipote un po’ troppo irreverente...]
Eh sì...
...
Intanto io e il babbo si cerca di capire cosa diavolo è successo alla caldaia del riscaldamento, e anche di preparare una qualche sorta di cena (vi prego di ricordare che io ho sempre un solo braccio utile).
Il cane – 40 chili abbondanti – bella pellicciotta – ottimo carattere – è felice e periodicamente viene da me mi salta addosso e mi bacia.
Il mondo va avanti.
Il riscaldamento continua a non funzionare.
La nonna continua le sue indagini.
Fa freddino non credi?!”.
Eh sì... gran brutto inverno questo!”.
Nel frattempo emergono altre interessanti differenze tra ingegneri e psicologi.
Babbo, ingegnere: il ricaldamento è rotto. Bisogna aggiustarlo. Punto. Altro non s’ha da fare.
Io, simil-psicologa: il riscaldamento è rotto. Fa freddo. Cerchiamo un modo per stare meglio.
(E non, come mi ha detto il babbo: “Vuoi provare a convircelo a funzionare? Perché se lo vuole davvero può farcela?!”).
Sapete... ho rivisto le mie priorità ultimente. Lui (il riscaldamento) faccia come crede. Io ho freddo – lavoriamo su questo.
Così si accende il camino. (pensarci prima no?!!!)
E si stappa una bella bottiglia di rosso.
Qualche soppiettio e un paio di bicchieri dopo il mondo inzia a sorridere.

immagine

La spalla fa meno male.
Quelle 50 pagine tutto sommato mica sono venute male, anzi.
E fa anche meno freddo.
Nel frattempo emerge il babbo dalla caldaia.
Fusibile rotto.
Fusibile sostituito.
Bum.
Il riscaldamento riparte.
A questo punto la bottiglia di rosso torna utile per i festeggiamenti.
Davanti al camino.

E questa mattina la befana mi ha portato cioccolatini al rhum.
Sarà un caso?!

B.

 
 
 

LA FORESTA INCANTATA

Foto "gambistiche" e montaggio di Alessandro Bonini
...grazie Ale! ;-)

 

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