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Post n°3113 pubblicato il 20 Agosto 2019 da namy0000
2019, Avvenire 20 agosto. A forza di delusioni, gli italiani – si parla di tutti noi – hanno l’aria di essere diventati più scettici e disillusi, se non addirittura un po’ cinici. Il che per un popolo tradizionalmente ottimista, fiducioso che "in qualche modo andrà tutto bene", configurerebbe un’autentica mutazione antropologica. Le convulsioni della politica – che tornano moleste e inesorabili come l’anticiclone africano –, con l’evidente incapacità di offrire una prospettiva di ampio respiro a un Paese da troppo tempo a corto di fiato, sembrano condannarci a non poter scorgere cosa ci attende domani se non un altro giro di polemiche, il consueto spettacolo di una reciproca, arroventata ostilità politica che, messa in scena un giorno e un altro ancora, ha come inevitabile esito l’avvitarsi di crisi dagli esiti nebulosi. E nel mezzo della nuova seria e grave turbolenza politica la sua riflessione su una generazione di donne e uomini «ricchissimi» di «talenti» che però «non vengono riconosciuti», lasciando sospeso in un limbo indefinito chi chiede solo la libertà di poterli esprimere, suona come la metafora di un Paese che ha l’accorato bisogno di una speranza affidabile in cui credere per tornare a costruire futuro senza sentirsi indotto fino a nuovo ordine al piccolo cabotaggio del proprio interesse gelosamente difeso dalle insidie dell’incertezza, del disincanto, del rifiuto dell’altro e persino dei nostri figli e nipoti, i ricchi di futuro che riduciamo a poveri di oggi e di domani. |
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