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Le purezze delle razze

Post n°3256 pubblicato il 02 Marzo 2020 da namy0000
 

‹‹I cristiani››, ha detto papa Francesco ‹‹sono chiamati a essere instancabili operatori di pace››. in un’area lacerata da divisioni e diseguaglianze: ‹‹dialogo, convivialità e accoglienza per vincere indifferenza e timori››.

‹‹Le purezze delle razze non hanno futuro››. Papa Francesco confessa ‹‹la sua paura›› quando ascolta ‹‹qualche discorso di alcuni leader delle nuove forme di populismo›› che gli fanno ricordare ‹‹i discorsi che seminavano paura e poi odio nel decennio Trenta del secolo scorso››. E chiama a lavorare per il dialogo e la convivialità.

Per la seconda volta a Bari, da lui stesso definita ‹‹capitale dell’unità››, (questi luoghi che hanno visto partire e arrivare, che hanno accolto i 20.000 albanesi arrivati qui nel 1991, che sa quanto può essere disperato il lasciare la propria terra in cerca di un futuro diverso), incontra 58 vescovi arrivati nel capoluogo pugliese dall’Africa, dall’Asia e dall’Europa su invito della Conferenza episcopale italiana (Cei). Hanno risposto all’appello per conoscersi e confrontarsi sul tema Mediterraneo frontiera di pace. ‹‹Quando, a suo tempo, il cardinale Bassetti mi presentò l’iniziativa, la accolsi subito con gioia, intravedendo in essa la possibilità di avviare un processo di ascolto e di confronto, con cui contribuire all’edificazione della pace in questa zona cruciale del mondo››, spiega papa Francesco. Dal Marocco all’Albania, dalla Tunisia alla Francia, da Malta alla Bosnia, dalla Libia e dalla Palestina alla Spagna: per la prima volta i vescovi e i patriarchi cattolici dei Paesi che si affacciano sul Mare nostrum si trovano assieme (con l’Iraq). riflettono su come trasmettere la fede alle nuove generazioni, su come essere semi di speranza e di pace nei rispettivi Paesi. ‹‹Non so se è più difficile per te guardare queste chiese demolite o per me vedere le chiese vendute perché molti cattolici non sentono più il desiderio di pregare››…

‹‹Il destino di intere popolazioni››, sottolinea monsignor Pizzaballa, ‹‹è asservito all’interesse di pochi, causando violenze che sono funzionali a modelli di sviluppo creati e sostenuti in gran parte dall’Occidente. Nel passato anche le Chiese – basti pensare al periodo coloniale – sono state funzionali a tale modello. Oggi desideriamo chiedere perdono, in particolare per aver consegnato ai giovani un mondo ferito. Le nostre Chiese del Nord Africa e del Medio Oriente sono quelle che pagano il prezzo più alto››.

‹‹Decimate nei numeri, rimaste piccola minoranza, non sono però Chiese rinunciatarie››, aggiunge Pizzaballa. ‹‹Al contrario, hanno ritrovato l’essenziale della fede e della testimonianza cristiana. Sono comunità che anche a fronte di enormi difficoltà, e addirittura di persecuzioni, sono rimaste fedeli a Cristo. La “via della Croce” è propria dell’esperienza delle Chiese del Mediterraneo. Al riguardo, pensiamo in particolare al destino di migliaia di migranti che fuggono da situazioni di persecuzione e di povertà e che hanno cambiato il volto di molte delle nostre Chiese. Le Chiese del Medio Oriente e del Nord Africa hanno più volte ribadito che non hanno bisogno solo di aiuti economici, ma innanzitutto di solidarietà, di sentirsi ascoltate, che qualcuno faccia propria la loro difficile realtà, dove però vi è anche la luce di tante testimonianze di fedeltà e di solidarietà umana e cristiana››…

Tutto questo e altro ancora raccontano i vescovi che chiedono di stare dalla parte degli ultimi, dei poveri, di non usare le religioni per combattersi ed esercitare il potere, per rinforzare egoismi, per alzare muri. ‹‹Anche in terre dove la convivenza pacifica tra etnie e tradizioni diverse era quotidianità, si invoca, in maniera implicita o esplicita, una “pulizia etnica” ammantata di sacralità e di difesa delle proprie tradizioni››, è la riflessione che la teologa Giuseppina De Simone propone ‹‹un patrimonio di umanità si frantuma, proprio come i templi, gli edifici, le opere d’arte fatte saltare in aria e come le case distrutte in alcuni luoghi. Il fondamentalismo, ovunque sia e qualunque sia la forma in cui prende corpo, anche quando si fa strada nella vita della Chiesa, è sempre una sconfitta della fede e una negazione della capacità umanizzante dell’esperienza di Dio››. Esperienze tragiche che il passato ha già conosciuto e che oggi ritornano. ‹‹Le differenti misure di pulizia etnica adottate nel secolo scorso››, ricorda lo storico Roccucci, ‹‹hanno scompaginato il quadro di convivenza secolare del Mediterraneo. Il risultato è stato non di eliminare le diversità, ma di separarle e contrapporle››.

Per questo è importante tornare alle radici vere della fede, misurarsi sulla ‹‹conversione che non significa cambiare religione, ma cambiare il proprio cuore verso Dio››, spiega il cardinale Lopez Romero. ‹‹I cristiani e i musulmani sono in continua conversione, se la loro fede è autentica››. Per vincere i pregiudizi occorre ‹‹parlare con i musulmani e non dei musulmani››… ‹‹Allegria è una parola che non deve mancare mai nella nostra fede››, aggiunge il cardinale Omella y Omella ‹‹Testimonianza, allegria, unità: così si trasmette la fede. L’ho imparato dai miei genitori. Con il suo esempio mio padre mi ha trasmesso la fede meglio dei miei insegnanti di teologia››.

Lago di Tiberiade aveva definito il Mediterraneo Giorgio La Pira promotore dei “colloqui del Mediterraneo”.  A distanza di oltre 60 anni Bari raccoglie ‹‹quella tradizione insieme con gli insegnamenti di don Tonino Bello, che auspicava che questo bacino potesse essere un’arca di pace e non un arco di guerra››, spiega il sindaco De Caro.  

Perché il Mediterraneo, il mare su cui si affacciano tutte le famiglie di Abramo, ha una vocazione particolare: ‹‹È il mare del meticciato››, ricorda papa Francesco ‹‹culturalmente sempre aperto all’incontro, al dialogo e alla reciproca inculturazione››.

L’essere affacciati sul Mediterraneo ‹‹rappresenta dunque una straordinaria potenzialità: non lasciamo che a causa di uno spirito nazionalistico, si diffonda la persuasione contraria, che cioè siano privilegiati gli Stati meno raggiungibili e geograficamente più isolati. Solamente il dialogo permette di incontrarsi, di superare pregiudizi e stereotipi, di raccontare e conoscere meglio se stessi››. Papa Francesco ha affidato ai vescovi un mandato preciso: quello di ‹‹ricostruire i legami che sono stati interrotti, di rialzare le città distrutte dalla violenza, di far fiorire un giardino laddove oggi ci sono terreni riarsi, di infondere speranza a chi l’ha perduta ed esortare chi è chiuso in se stesso a non temere il fratello›› (FC n. 8 del 1 marzo 2020).

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