Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi di Ottobre 2022

Nessuna impresa è impossibile

2021, Scarp de’ tenis, Dicembre

Julia Butterfly Hill. Ciascuno di noi può fare la differenza

La sera del 10 dicembre 1997 una ragazza di 23 anni, di nome Julia Hill, si arrampicò su una gigantesca sequoia nel Grizzly Creek Stante Park, nella California settentrionale. Avrebbe dovuto restare su quell’albero, sopra una piattaforma costruita da un gruppo di militanti ambientalisti, per pochi giorni: il tempo di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla sorte della foresta minacciata dall’avidità della Pacific Lumber, una grande e spregiudicata impresa di legname, con una vocazione per i disboscamenti distruttivi.

In realtà, Julia scese dalla sequoia 738 giorni dopo, e solo quando la Pacific Lumber s’impegnò per iscritto a risparmiare quell’albero gigantesco, a tenere le proprie micidiali motoseghe ad almeno sessanta metri di distanza da quel millenario esemplare di sequoia e lasciandole intorno una sorta di cintura di sicurezza naturale.

Quasi un quarto di secolo dopo, mentre il cambiamento climatico minaccia la vita sul Pianeta e micidiali cicloni cominciano ad affacciarsi perfino nel Mediterraneo, vale la pena di ripensare all’impresa di Julia Hill e, soprattutto, alle ragioni che la ispirarono. Nel libro, scritto per raccontare quei due anni sospesa tra i rami (La ragazza sull’albero), ha annotato: «Ogni giorno, come specie, facciamo di tutto per distruggere la capacità della creazione di darci la vita, ma la creazione continua a fare ciò che è in suo potere per offrircela comunque. Questo è il vero amore». E vero amore era anche ciò che Julia provava nei confronti della natura e delle sequoie, «antenati degli alberi, testimoni dei giorni dei dinosauri», al punto da sopportare sfibranti fatiche per difendere la foresta, in un’area della California dove d’inverno i venti soffiano anche a 110 chilometri all’ora e la neve cade copiosa.

Figlia di un predicatore itinerante, vissuta fin da bambina in una roulotte da campeggio, Julia attribuiva alla consuetudine con un’esistenza austera, se non decisamente povera, la sua capacità di adattarsi al freddo, alla fame e alle numerose difficoltà di abitare per due anni su una piattaforma a 54 metri dal suolo, dalle dimensioni di neppure due metri per due, avendo come toilette un barattolo e un secchio foderato con un sacco per l’immondizia. Con la sua ostinazione a restare confinata su quel rettangolo ancorato ai rami – una tenacia che oggi verrebbe catalogata sotto la voce “resilienza” -, a dispetto delle minacce della Pacific Lumber, che mandò, per spaventarla, perfino gli elicotteri, Julia Hill riuscì a creare, intorno alla foresta minacciata, un vasto movimento di solidarietà e di resistenza.  Tanto che su quell’ormai celebre sequoia si arrampicò avventurosamente, per far visita a Julia e dar forza alla sua causa, la cantante Joan Baez, mito di generazioni di giovani. Vinta la sua battaglia, tornata a terra, Julia Hill ha affidato alle ultime pagine del suo libro una riflessione che è insieme semplice e profonda: «Una persona può fare la differenza. Ciascuno di noi la fa». Dovremmo ricordarcene ogni giorno.

 
 
 

La guardiaparco che visse due volte

Post n°3780 pubblicato il 07 Ottobre 2022 da namy0000
 

2022, FC n. 40 del 2 ottobre

La guardiaparco che visse due volte

Milena Bethaz, 50 anni, la prima volta, quando era una giovane campionessa mondiale di corsa in montagna di Valgrisenche, aveva 28 anni e aveva realizzato il sogno di diventare guardiaparco. La seconda, quando salendo per il pattugliamento con un collega esperto, Luigi Fachin, che la affiancava nelle prime uscite, sul colle dell’Entrelor, 2.800 metri, furono colpiti da un fulmine che le entrò nell’orecchio destro e uscì dal piede. Quando li ritrovarono, il giorno dopo, lui era morto, lei, agonizzante, miracolosamente viva. Una lacrima le scendeva sul viso a invocare: «Sono viva, salvatemi!».

Era giovedì 17 agosto 2000. Cinque mesi in coma, poi una riabilitazione che continua anche oggi. «Mi sono ripresa la vita giorno dopo giorno, ho reimparato a parlare, leggere, camminare, sciare, guidare la macchina, grazie alla mia famiglia che mi è sempre stata accanto, ai medici, agli psicologi, ai fisioterapisti. Alla fede che non ho mai perso, anche se di nascosto ho pianto tanto. Ho chiesto al buon Dio: “Perché hai scelto proprio me?” Mi sono risposta: “Perché sei forte, coraggiosa, e saresti riuscita a dimostrare che è sempre possibile risalire la china”».

Oggi Milena, che continua ad amare follemente la montagna, ce l’ha fatta a salire sul Gran Paradiso, si occupa del Centro per la ricerca sulle marmotte, grazie anche al direttore del Parco e all’ispettore che ha riconosciuto: «Non si può tenere un camoscio in gabbia, bisogna dargli la libertà». E lei: «Ho imparato quali sono i veri valori dell’esistenza: la salute, il lavoro, la famiglia, le amicizie. La vita è bella, anche se ti arrivano dei guai e hai dei limiti. Smettiamola di piangerci addosso e lamentarci per cose banali. Dobbiamo spegnere la luce sulle cose brutte e accendere i riflettori su quelle che ci fanno stare bene».

 
 
 

Costruttori

Post n°3779 pubblicato il 04 Ottobre 2022 da namy0000
 

2022, Avvenire 3 ottobre

Proteste. Iran, arrestata italiana. Nei suoi post: qui rischiano la vita per la libertà

L'allarme lanciato dal padre, Alberto Piperno. La Farnesina: stiamo verificando. E Khamenei punta il dito contro Usa e Israele

Alessia, ''una viaggiatrice solitaria'' che ''gira il mondo per conoscere usi e costumi dei popoli. Si è sempre adeguata e rispettato le tradizioni e, in certi casi, gli obblighi, di ogni paese che ha visitato''. ''Erano quattro giorni che non avevamo sue notizie - aggiunge -, dal giorno del suo trentesimo compleanno, il 28 settembre. Anche il suo ultimo accesso al cellulare riporta quella data''. Poi la telefonata: ''Era lei che piangendo ci avvisava che era in prigione. A Teheran. In Iran. Era stata arrestata dalla polizia insieme a dei suoi amici mentre si accingeva a festeggiare il suo compleanno''.

Alessia Piperno, 30 anni di cui gli ultimi sette passati in viaggio per il mondo, viene da una famiglia romana di cartolai e librai. Si trova in Iran da due mesi e mezzo. Su Instagram racconta di quando prese "il primo zaino sulle spalle, per raggiungere la terra dei miei sogni, l'Australia. Mi ero ripromessa che a 30 anni mi sarei fermata, ed ora eccomi arrivata a questo giorno e mi chiedo 'sono pronta a fermarmi?'. No, affatto". "Questi anni sono stati i più belli della mia vita, i più vissuti, dove ho imparato e disimparato così tanto, dove ho incontrato popoli e amici meravigliosi, e dove ho scoperto le vera bellezza del nostro pianeta. Il mondo e la sua gente mi ha regalato più di quanto potessi desiderare, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Mi sento carica di un energia che non riesco più a contenere solo per me stessa, ma sento il bisogno di doverla condividere con qualcun altro".

All'ultimo post su Instagram prima del silenzio, Alessia affida il suo sogno: tornare in Pakistan per ricostruire un villaggio distrutto dalle alluvioni. "Non sono un muratore, non ho idea di come ricostruire una casa, ma anche i miei sogni un tempo mi sembravano impossibili. Quando il mondo ti dà tanto, arriva il momento di dare tu qualcosa al mondo (...) ho un sogno pronto nella testa e nel cuore. Ricostruire un villaggio in Pakistan. E sapete qual è la cosa più assurda? Che so già che ci riuscirò".

Scriveva su Instagram: "Qui rischiano la vita per la libertà"

"Non penso che dimenticherò mai quella prima notte" scrive Alessia sui social. "Avevamo corso verso l'ostello con il cuore in gola, mentre i suoni degli spari rimbombavano alle nostre spalle e l'odore del gas si emanava nell'aria. In quei secondi non so cosa abbia pensato la mia mente mentre i miei occhi giravano impazziti su se stessi. Ho chiuso la porta dell'ostello mentre la gente urlava per le strade. Dopo nemmeno 30 secondi ho sentito bussare violentemente alla porta dell'ostello. Erano due donne, due uomini e due bambini. Tossivano bruscamente per aver respirato il gas, e la donna più anziana aveva un attacco d'asma e di panico. "Milk, milk". Urlavano. Mentre gli passavo un bicchiere d'acqua (...) tra un colpo di tosse e un respiro affannato, i miei occhi sono andati verso l'angolo del cortile, ed è lì che ho visto LEI. Era seduta a terra, con le gambe rannicchiate, non piangeva, ma le lacrime le rigavano sul viso, tremava, e i suoi occhi guardavano un punto fisso. Una bambina, il cui nome non so. Eppure, non dimenticherò mai la sua espressione, era il volto della paura. Mi sono avvicinata a lei, le ho dato un biscotto, una gomma da masticare, ma lei ha rifiutato. Non sapevo come distrarla, perché il caos era intorno a noi, davanti i nostri occhi e dentro le nostre orecchie. Così le ho dato il mio telefono, ho aperto le note, e le ho fatto vedere che poteva fare un disegno. Ha disegnato una casa".

"Questa terra mi ha accolto a braccia aperte - scrive ancora Alessia in un post intitolato "Bella Ciao" -, è vero, non è stato sempre facile, ma dopo due mesi e mezzo mi è entrata dritta, dentro e profonda nel cuore". "Qui la gente è stufa di essere un burattino, ecco perché migliaia di persone stanno scendendo nelle piazze a protestare. Stanno manifestando per la loro libertà. Donne, uomini, adolescenti e anziani e ognuno di loro, ogni singola persona rischia la propria vita quando va per le strade".

"In tanti hanno già perso la vita - conclude - in tanti non vedranno mai quella libertà per cui hanno rischiato e lottato, ma se un giorno questo sarà un Paese libero, è merito di queste persone, di queste ragazze che scendono in piazza e danno fuoco ai loro hijab e a quegli uomini che stanno combattendo per le loro donne".

Secondo il racconto del padre è stata arrestata il 30 settembre, ma potrebbe essere stata fermata prima, quando in Italia cominciarono a girare voci sulla cattura di cittadini europei durante le manifestazioni contro il velo. Manifestazioni alle quali Alessia ha, se non partecipato, quantomeno assistito

 
 
 

Bellezza

Post n°3778 pubblicato il 03 Ottobre 2022 da namy0000
 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL “PATTO EDUCATIVO GLOBALE ORSOLINO”

 

Cari giovani studenti!

Sono contento di rivolgermi a voi: vi saluto, vi auguro un buon incontro e vorrei incoraggiarvi a portare avanti con entusiasmo i vostri progetti. Parlo sempre volentieri con i giovani studenti, perché tra i periodi più belli e importanti della mia vita conservo senz’altro le esperienze scolastiche, sia come studente sia come insegnante. Ma non sono ricordi nostalgici! In realtà, lungo tutto il percorso della vita possiamo continuare ad apprendere e a condividere quanto abbiamo assimilato.

Ho saputo delle iniziative che avete realizzato e di quelle che avete in cantiere, riguardo alla difesa dell’ambiente, alla sostenibilità, alla fraternità umana e all’attenzione verso i più poveri e vulnerabili. Questo vi fa molto onore. Vuol dire che non siete gente “addormentata”, ma ragazzi svegli. E so anche che state partecipando attivamente al Patto Educativo Globale, che ho lanciato tre anni fa, come alleanza aperta a tutti finalizzata a educare e a educarci alla fratellanza universale.

Non voglio certo qui farvi una lezione, ma solo dirvi due cose che ritengo molto importanti: una che riguarda l’essere e l’altra il fare. E lo farò prendendo spunto da una figura a voi nota, quella della stupenda ragazza di nome Orsola. A detta dei biografi, era una giovane di bellezza eccezionale, ammirata da principi e cavalieri, e che ha ispirato molti giovani, tra cui Angela Merici, che nel suo nome ha realizzato l’opera educativa sua e delle sue compagne, chiamate, appunto, “orsoline”.

La prima cosa che voglio dirvi, cari giovani, è questa: fate emergere la vostra bellezza! Non quella secondo le mode del mondo, ma quella vera. In un mondo soffocato da tante brutture, possiate portare quella bellezza che ci appartiene da sempre, dal primo momento della creazione, quando Dio fece l’uomo a propria immagine e vide che era molto bello. Questa bellezza va diffusa e difesa. Perché se è vero, come diceva il principe Myškin nell’Idiota di Dostoevskij, che la bellezza salverà il mondo, bisogna però vigilare perché il mondo salvi la bellezza. Per questo fine, vi invito a stringere con tutti i giovani del mondo un “patto globale della bellezza”, perché non c’è educazione senza bellezza. «Non si può educare senza indurre alla bellezza, senza indurre il cuore alla bellezza. Forzando un po’ il discorso, oserei dire che un’educazione non è efficace se non sa creare poeti. Il cammino della bellezza è una sfida che si deve affrontare» (Discorso ai partecipanti al convegno sul tema "Education: the global compact", 7 febbraio 2020).

La bellezza di cui parliamo non è quella piegata su sé stessa, come Narciso che, innamoratosi della propria immagine, finì per affogare nel lago dove si rispecchiava. E nemmeno della bellezza che scende a patti con il male, come Dorian Gray che, a incantesimo finito, si ritrovò con il volto deturpato. Parliamo di quella bellezza che non sfiorisce mai perché è riflesso della bellezza divina: il nostro Dio infatti è inseparabilmente buono, vero e bello. E la bellezza è una delle vie privilegiate per arrivare a Lui (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 167).

La seconda cosa che voglio dirvi riguarda il fare. La bellezza che Gesù ci ha rivelato è uno splendore che si comunica, che agisce; una bellezza che si incarna per potersi condividere; una bellezza che non ha paura di sporcarsi, di sfigurarsi pur di essere fedele all’amore di cui è fatta. E dunque anche voi, non potete rimanere dei “belli addormentati nel bosco”: siete chiamati ad agire, a fare qualcosa. La vera bellezza è sempre feconda, spinge ad uscire da sé e a mettersi in movimento. Anche la contemplazione di Dio non può fermarsi al godimento della sua visione, come pensavano i tre discepoli sul Monte Tabor al momento della Trasfigurazione di Gesù: “Com’è bello stare qui! Facciamo tre tende…” (cfr Mt 17,4). No, bisogna scendere dal monte e rimboccarsi le maniche.

Pertanto vi auguro una sana inquietudine nei desideri e nei propositi, quella inquietudine che vi spinge sempre a camminare, a non sentirsi mai “arrivati”. Non isolatevi dal mondo rinchiudendovi nella vostra stanza – come dei Peter Pan che non vogliono crescere, o come i giovani hikikomori che hanno paura di affrontare il mondo –, ma siate sempre aperti e coraggiosi come sant’Orsola, la “piccola orsa”, che ebbe il coraggio di intraprendere un lungo viaggio con le sue compagne e affrontò intrepida gli attacchi fino al martirio. Siate anche voi dei “piccoli orsi” che non fuggono dalle proprie responsabilità. Se i giovani non cambieranno il mondo, chi lo farà?

Voi mi direte: sì, ma come? Difendendo la bellezza sfregiata di tanti reietti del mondo; aprendovi all’accoglienza verso gli altri, soprattutto dei più vulnerabili ed emarginati; guardando l’altro diverso da me non come una minaccia ma come una ricchezza. E difendendo anche la bellezza ferita del creato, proteggendo le risorse della nostra casa comune, adottando stili di vita più sobri e rispettosi dell’ambiente. A questo proposito, vi invito a leggere assieme ai vostri compagni di scuola il messaggio che ho indirizzato ai giovani riuniti a Praga nella “EU Youth Conference” del luglio di quest’anno: sono certo che anche voi troverete lì ulteriori stimoli per il vostro impegno.

Cari ragazzi e ragazze, vi do appuntamento all’incontro Mondiale della Gioventù del prossimo anno a Lisbona, che si preannuncia come un grande segno di speranza e di bellezza per tutti i giovani del mondo.

Che attraverso l’intercessione della bella e inquieta Orsola, Dio benedica tutti voi, i vostri educatori e i vostri progetti. E benedica tutti gli studenti del mondo, per non smettano mai di sognare un mondo migliore, e ogni giorno, con coraggio e pazienza, provino a costruirne un pezzetto.

Roma, San Giovanni in Laterano, 21 settembre, Festa di San Matteo Apostolo

FRANCESCO

 
 
 

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