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Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi del 07/03/2019

Informarsi

Post n°2960 pubblicato il 07 Marzo 2019 da namy0000
 

Informarsi. “Un cittadino disinformato si trasforma in suddito”, diceva Alfred Sauvy. Vulnerabile, passivo e influenzabile. Coltivando l’istinto dell’informazione aiutiamo i piccoli a sviluppare il senso critico, a essere coscienti del mondo che li circonda e a dotarsi di strumenti per non cascare in tutte le trappole dei grandi. La scuola ce la mette tutta, ma non può da sola fornire tutte le chiavi di analisi, e la cultura generale è una base che va arricchita. Un’educazione all’informazione passa anche attraverso l’abbonamento a un periodico cartaceo autorevole. Alleniamo allora le menti dei futuri cittadini con tanti di questi Kids – Isabelle C. (Lettera pubblicata da Internazionale n. 1296 del 1 marzo 2019)

 
 
 

Tesoro buono tesoro cattivo

Post n°2959 pubblicato il 07 Marzo 2019 da namy0000
 

Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono (…). L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male (Luca, 6,39-45)

‹‹Ogni albero si riconosce dal suo frutto››. È inevitabile che gli uomini e le donne del nostro tempo, prima o poi, spostata qualche foglia, osservino da vicino il frutto che trovano in questo albero che siamo noi cristiani… C’è da dire che non dobbiamo essere molto saporiti, se in gran numero si allontanano disinteressati, anche se, grazie a Dio, non è sempre così.

Questo parametro del frutto buono o cattivo nel contesto della stigmatizzazione dell’atteggiamento di chi guida l’altro senza avere luce su sé stesso, di chi analizza pedantemente le imperfezioni altrui convivendo con la crassa ignoranza delle proprie.

Una cosa, purtroppo, non ci manca mai: i correttori non richiesti e invadenti, contraddistinti da un pH di acidità preoccupante. In questi pessimi maestri è prevalente la tendenza al rimprovero, alla paternale e all’uso generoso del senso di colpa, leva principale dei cattivi formatori, totem intoccabile della struttura mentale dei portatori di pali oculari.

Ma cosa è questa cecità inconsapevole che rende pessimi didascali? È una luce mancante e un occhio malato, come dice Gesù nello stesso Luca: ‹‹La lampada del corpo è il suo occhio. Quando il tuo occhio è semplice, anche tutto il corpo è luminoso; ma se è cattivo, anche il tuo corpo è tenebroso. Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra›› (Lc 11,34s)

La prima parola che Dio dice nella Bibbia è: ‹‹Sia la luce!››. Tutto comincia dal Padre che dà vita alle cose. Gesù è definito nel prologo di Giovanni: ‹‹La luce vera, quella che illumina ogni uomo››. Senza questa luce siamo al buio.

UN CATTIVO TESORO. Cosa è, dunque, la trave nell’occhio di chi assilla il prossimo con le analisi pedanti? Il nostro testo la collega all’esistenza di chi non sa fare il discepolo ma fa il maestro lo stesso, di chi si porta un cattivo tesoro nel cuore, e da quel tesoro tira fuori i suoi frutti amari.

Quel tesoro tragico è la mancanza dell’esperienza del perdono.

Dice Gesù ai farisei alla fine della storia della guarigione di un cieco dalla nascita: ‹‹Siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane›› (Gv 9,41). Mi credo vedente, ma il peccato resta lì, non è tolto, non è stato rimesso. Gli occhi si aprono solo con l’esperienza del perdono dei peccati. Altrimenti siamo guide cieche che portano le persone nel fosso del moralismo. Solo la Misericordia sana l’uomo dal vero buio, che è non conoscere l’Amore.

Quel che abbiamo veramente da insegnare al mondo è l’Amore di Dio, il resto è conseguenza. Vivere da discepoli di questo Amore sconfinato è stare a una scuola in cui non si impara mai abbastanza. Questo Amore toglie la trave dai nostri occhi e ci fa guardare tutto con tenerezza e premura (Fabio Rosini, FC n. 9 del 3 marzo 2019).

 
 
 

Mitezza

Post n°2958 pubblicato il 07 Marzo 2019 da namy0000
 

“Sia pure con tutti i limiti delle persone umane, la mitezza è una delle virtù che più è viva nelle figure femminili. Esse, attraverso la maternità, sanno quanto sia delicata la vita e quindi sentono maggiormente la repulsione per la violenza che uccide, per l’aggressività brutale che ferisce, per la guerra che distrugge. Nell’epoca informatica in cui in Rete dominano il livore da tastiera, l’isteria dell’insulto, la barbarie della crudeltà, Luca, con il suo Vangelo, invita idealmente le donne a essere sempre per i maschi un segno pedagogico di dolcezza, di benevolenza, di pazienza, di gentilezza, di amabilità, di umanità” (Gianfranco Ravasi, FC n. 9 del 3 marzo 2019).

 
 
 

Una donna che sa più di un uomo è un pericolo

Post n°2957 pubblicato il 07 Marzo 2019 da namy0000
 

‹‹Una donna che sa più di un uomo è un pericolo››. La sorella e il marito lo ripetevano sempre a Rania, italo-marocchina, nei lunghi anni in cui l’hanno usata come una schiava in attesa di riportarla in Marocco, una volta maggiorenne, per farla sposare con un uomo molto più grande di lei.

Rania è nata in Marocco e lì è vissuta felice fino a 11 anni, quando per la prima volta ha incontrato la sorella maggiore che viveva in Italia con il marito. ‹‹Mi propose di passare le vacanze con loro, così mi sarei potuta occupare del loro bambino appena nato››. Rania accetta, non immaginando quello che la aspetta: ‹‹Mi dissero che, oltre a badare al bambino, avrei dovuto occuparmi di tutte le faccende di casa: lavare, stirare, pulire. Un uomo in Marocco nel frattempo avrebbe dato loro dei soldi per poi sposarmi. Mio padre era d’accordo, tanto che una volta è venuto a trovarci e quando gli ho detto che non avrei mai accettato, mi ha riempita di botte››.

Violenze che subiva ogni giorno anche dalla sorella e dal cognato. ‹‹Un pomeriggio sono andata a prendere il bambino all’asilo. Quando mia sorella ha visto che aveva il vestitino un po’ sporco, mi ha preso per i capelli e mi ha trascinata giù dalle scale››. Ma la sofferenza più grande era non poter più andare a scuola. ‹‹Mi piaceva così tanto, ma loro non volevano. Per fortuna, la vicina di casa ha capito che qualcosa non andava e ha chiamato i carabinieri. Dopo qualche giorno è venuta un’assistente sociale a dir loro che erano obbligati a mandarmi a scuola e così sono stati costretti a farlo. Ero felicissima, anche se in tre anni non ho mai potuto invitare un’amica, o andare a una festa o in gita. Quando ho finito, mio cognato mi ha trovato lavoro in un’azienda di prodotti elettrici, dove tutti mi hanno subito voluto bene. Spesso notavano i miei lividi e cercavano di convincermi a denunciare, ma avevo paura che mi riportassero in Marocco. Speravo che i soldi che portavo a casa li convincessero a lasciarmi stare››.

Ma una sera, poco dopo aver compiuto 18 anni, Rania, dopo aver bevuto un frullato, sente arrivare un gran sonno: ‹‹Mi sono risvegliata dietro il sedile posteriore dell’auto di mio zio e di mia sorella. Avevo lo scotch intorno alla bocca, le mani e i piedi legati e una coperta sopra di me. Così siamo andati in Spagna e poi in nave in Marocco››.

Quando arrivano a casa dei genitori, il padre di Rania non c’è e questa è stata la sua salvezza: ‹‹Loro mi avevano portata lì perché speravano che mia madre mi avrebbe convinta a sposarmi. Ma lei, appena mi ha vista, si è messa a urlare contro di lui: non riuscivo a stare in piedi, avevo le dita viola e la faccia lacerata dallo scotch. Mio cognato ci ha aggredito entrambe: se non fosse stato per mia nonna che si è messa in mezzo, chissà come sarebbe finita››.

Quella stessa sera, Rania trova le forze per scappare e raggiungere un call center: ‹‹L’unico numero che ricordavo era quello del mio datore di lavoro. Mi ha risposto e mi ha detto che proprio in quel momento lì c’erano i carabinieri perché lui aveva denunciato la mia scomparsa. Loro mi hanno consigliato di rivolgermi al consolato italiano››. Dopo tre mesi, Rania riesce a ritornare nella sua città. La prima cosa che fa è denunciare la sorella e il cognato che nel frattempo erano ritornati pure loro, convinti che tanto non avrebbe mai fatto nulla. E invece si ritrovano prima in carcere e poi su un aereo con un foglio di espulsione.

Rania può così finalmente iniziare una nuova vita, anche se è costretta a cambiare città perché in giro sono rimasti altri parenti che hanno giurato di fargliela pagare. ‹‹Ho avuto troppa paura, la stessa che vedo in tante ragazzine che camminano con gli occhi bassi. Per questo ho accettato di raccontare questa storia: la salvezza dipende solo da noi donne››.

Una volta però non ci ha visto più: ‹‹In treno un uomo molestava una ragazza. Erano entrambi di origine araba. Le scattava delle foto con il cellulare, anche se si capiva benissimo che lei non voleva. Allora gliel’ho strappato dalle mani e l’ho buttato dal finestrino. Gli altri passeggeri hanno iniziato ad applaudire e a insultarlo e lui se n’è andato. Ma fino a quel momento nessuno aveva mosso un dito›› (FC n. 9 del 3 marzo 2019)

 
 
 

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