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Messaggi del 08/04/2020

Via Crucis 2020

2020, FC n. 14 del 5 aprile. Roma, VIA CRUCIS 2020.

Mentre tutta l’Italia è agli arresti domiciliari, Dio parlerà il Venerdì santo attraverso la voce di chi agli arresti c’è davvero: i carcerati e tutti coloro che vivono e lavorano dentro gli istituti di pena. Non è forse un segno potente questo, da cogliere, per pregare e riflettere? Per cavarne dal male un bene più grande?”, dice don Marco Pozza, teologo e cappellano della Casa di reclusione Due Palazzi di Padova, che così spiega a grande novità della Via Crucis che papa Francesco si appresta a celebrare la notte del Venerdì santo, che tradizionalmente era mbientata dentro il Colosseo. “Tutta la parrocchia, nessuno escluso: vittime, detenuti, familiari, volontari, educatori, magistrati e agenti di Polizia Penitenziaria, fino agli innocenti condannati ingiustamente”, precisa don Pozza, che assieme a Tatiana M., volontaria al Due Palazzi e giornalista, ha raccolto e scritto le meditazioni. “Sarà una Via Crucis “carcerata” in tutti i sensi”, spiega don Pozza. L’annuncio di Francesco cadeva in giorni difficili, drammatici per il mondo carcerario italiano, sconvolto da rivolte, violenze e morti, dopo lo stop imposto ai colloqui con i familiari dei detenuti per fronteggiare l’emergenza coronavirus. Anche la tempistica, per don Pozza, non è stata casuale: ‹‹papa Francesco ha voluto rendere pubblica la notizia proprio in quei giorni tribolati per dare un segnale di distensione, quasi inserendosi, a suo modo, nella difficile trattativa in corso. È come se avesse detto: la fatica e disperazione di voi carcerati e di voi operatori nei penitenziari è anche la mia. Vi apro le porte di casa, proviamo a parlarne perché mi state a cuore››. La Via Crucis sarà “reclusa” anch’essa: non più all’aperto ma in un luogo angusto in Vaticano, a causa delle misure antiepidemia. È come se, dentro il travaglio di quel momento, il carcere e Padova stessa fossero stati accarezzati da papa Francesco. ‹‹È così. E simbolicamente questa carezza è stata data anche a tutto il grande mondo del volontariato che quest’anno si incontra proprio a Padova, eletta capitale europea 2020 del volontariato››, dice don Marco. ‹‹Approfittando del bel raporto di amicizia che intercorre tra me e il Papa, gli avevo girato, come faccio spesso, il testo di un giovane carcerato. Lo ha apprezzato a tal punto da propormi lui stesso di aiutarlo a scrivere la Via Crucis di quest’anno. In quell’istante è come se avessi sentito intorno a me il sorriso di tutto il mondo carcerario. L’ho solo aiutato a realizzare il progetto, individuando le 14 storie più significative insieme a Tatiana, con la quale ci siamo divisi le stazioni. Abbiamo consegnato i testi dei Vangeli della Passione a ciascuna delle persone che hanno accettato di raccontarsi alla luce della Parola, quindi le abbiamo raccolte sotto forma di intervista››. E ancora una volta il Pontefice ha dato, come la definisce don Pozza, l’ennesima lezione di vita, ‹‹apponendovi in modo molto discreto, quasi in punta di piedi, soltanto pochissime correzioni, sostituendo in matita qualche sinonimo. Anche in questo mi è sembrato eccezionale. Ho visto veramente all’opera la Parola usata da Pietro››.

Non è certo la prima volta che papa Francesco si piega sull’umanità sofferente delle carceri. Iniziò, all’esordio del suo pontificato, con la lavanda dei piedi nel carcere di Casal del Marmo. ‹‹Quel giorno – dice don Pozza – si è celebrato il fidanzamento tra Francesco e il carcere. Il matrimonio sarebbe avvenuto all’apertura del Giubileo della misericordia, quando trasformò la porta delle celle in Porta santa. E poi aggiungerei quella indimenticabile telefonata ricevuta domenica 6 novembre 2016, alla fine del Giubileo delle persone carcerate, in cui venivano invitati a incontrarlo››. ‹‹Dietro sta anche la convinzione che il centro lo capisci meglio se lo guardi dalla periferia. E cosa è una prigione se non uno dei posti più marginali della Terra, dove si danno appuntamento tutte le periferie di questa società? E, per dialogare con questo mondo, ha scelto un prete di galera come me››.

 
 
 

Non ci arrendiamo

Post n°3307 pubblicato il 08 Aprile 2020 da namy0000
 

2020, Avvenire 7 aprile.

#nonciarrendiamo. Simone, vestito da chierichetto per la Messa in tv

 Pinerolo un bambino non potendo servire Messa in chiesa, lo ha fatto a distanza, seguendo la funzione su Youtube e indossando la tunichetta

Simone, nella Parrocchia San Leonardo Murialdo di Pinerolo, è uno dei ministranti (un tempo si chiamavano chierichetti) che servono all'altare. Lui questo impegno l'ha preso molto sul serio e nemmeno le restrizioni adottate per contenere il contagio da coronavirus gli hanno impedito di svolgerlo. Così, indossata la tunichetta, assiste alla messa trasmessa in streaming sul canale YouTube della parrocchia.

«Vuole sentirsi partecipe - spiega il parroco, don Manuel Monti - riconoscendo il senso del dovere e la passione e nel servire Gesù nella Messa».

Se ogni tempo e ogni situazione ha la sua foto-simbolo, questa senz'altro mostra il volto bello e giovane di una chiesa che non perde la speranza.

 

#nonciarrendiamo. Umberto e Maria, festa a sorpresa in corsia per i 56 anni di nozze

Ottantenni, entrambi ricoverati a Torino, hanno ricevuto il dono di potersi riabbracciare nel giorno dell'anniversario.

Quando nel reparto Covid-19 dell'ospedale Amedeo di Savoia di Torino è arrivata la torta (un cuore enorme ricoperto di panna montata) per un attimo è calato il silenzio. Poi le infermiere hanno preso sottobraccio Umberto, 78 anni, e l'hanno tirato un po' frastornato lungo il corridoio: "Pronto?". A quel punto è scattato l'applauso generale e varata la porta l'uomo s'è trovato davanti a sua moglie Maria, 80 anni. Sposata il 7 aprile di 56 anni fa, in un'Italia senza coronavirus.

Umberto e Maria si sono rincontrati così, dopo settimane di malattia, stamane. Le mani nelle mani, gli occhi pieni di lacrime. Lei era stata ricoverata per prima, il 14 marzo scorso: dopo giorni difficili ora si è ripresa, anche se è ancora a letto e ha il volto provato. Lui invece è arrivato in ospedale il primo di aprile, sta già meglio per fortuna. "Buon anniversario" hanno iniziato a gridare tutti nella stanza, mentre una dottoressa ricoperta da tuta e protezioni ha mostrato alla coppia la torta.

Qualcuno ha girato un video, qualcuno ha intonato una canzone. L'anniversario si è trasformato in un momento di festa inaspettato (e di speranza) per tutto il reparto. "Grazie" ha continuato a ripetere la coppia, che a casa ha un figlio ad aspettare. Presto, assicurano dall'ospedale, potranno riabbracciarlo.

 
 
 

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