Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi di Novembre 2020

Corre per solidarietà

Post n°3461 pubblicato il 25 Novembre 2020 da namy0000
 

2020, FC n. 47 del 22 novembre.

Quando aveva 9 anni, correre era l’unico svago. I suoi genitori lo portavano nei campi intorno a Peschiera, nel Veronese, e solo lì Fabrizio A. era davvero fuori pericolo. «Una forma violenta di epilessia dall’età dell’asilo mi impediva di vivere normalmente con anche 500 micro-attacchi giornalieri o un paio di tale portata da cadere a terra». Una malattia invalidante che si è risolta solo a 18 anni: «Quando è morta mia nonna. Da allora non ho più avuto nulla, prendo solo un farmaco salvavita».

Oggi Fabrizio ha 60 anni, e da quando ne ha 26 ha deciso di unire lo sport alla solidarietà. «Per riscattare quello che avevo vissuto – emarginato da prof e compagni – e per quelli che non possono avere quello che ho io adesso». Da allora «ho corso per una donna cardiopatica di Peschiera la “Roma-Verona”, in staffetta con alter 8 persone, raccogliendo 21 milioni di lire; poi ho percorso l’Asiago-Verona: lì lo sponsor mi diede un milione con cui acquistai una carrozzina per un disabile che non se la poteva permettere». Per la Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) ha iniziato a correre 5 anni fa «con la Peschiera-Roma, poi la Verona-Parigi e, infine, un giro del Triveneto».

Il 31 luglio 2021 partirà per la Run for Sla, una corsa da Agrigento a Venezia in cui percorrerà in 35 giorni33 tappe con una media di 60 km al giorno per un totale di 1.800 chilometri. Obiettivo? Raccogliere fondi per il nuovo centro clinic Nemo (Neuro muscular omnicentre) presso la Fondazione Richiedei di Gussago, in provincial di Brescia. La sesta sede in Italia di un centro clinic ad alta specializzazione, pensato per rispondere in modo specific alle necessità di chi è affetto da Asl e da malattie neuromuscolari come le distrofie muscolari e l’atrofia muscolare spinale (Sma).

Tra le tappe ci sarà anche quella in Vaticano dove verrà ricevuto da papa Francesco «Un incontro che aspetto con emozione e che significa moltissimo per me, perché sono molto credente; che mi darà la forza per andare avanti, sarà l’occasione per portare la voce dei malati al Pontefice, ma anche per sensibilizzare l’opinione pubblica e il governo sulla tragedia della disabilità».

Fabrizio A. correrà da solo, con uno staff al seguito per supportarlo nell’impresa. Chi volesse unirsi alla corsa spontaneamente lo potrà fare.

 
 
 

Speranza rinata

Post n°3460 pubblicato il 24 Novembre 2020 da namy0000
 

Speranza rinata

Rivedo la vita nella nascita

di un fiore.

Riscopro quel verde brillante,

la speranza, la voglia di amare,

la fede, l’amore.

Ecco la bellezza dell’esistenza,

mi pareva perduta.

Fra quei petali violetti,

al centro quel giallo,

il colore del sole.

Non ci speravo più.

La Natura ci dà

il senso originale della vita.

Cresciamo splendidi boccioli

di rose. Se potessi

scegliere dove rinascere

sceglierei un campo

di grano dorato.

Fra i canali, un fiordaliso,

sentirei l’alito di Dio

mentre sfiora

le mie tenere foglie,

sarei in pace con me stessa.

Ringrazio Dio per avermi

aiutata, dalla disperazione

silenziosamente salvata.

E per questa soave, beata,

sottile sensazione di benessere,

fra mille preghiere affido a te

il mio debole, fiducioso essere – Emily Ingham, Scarp de’ tenis, ottobre 2020.

 
 
 

Sviluppo integrale

Post n°3459 pubblicato il 22 Novembre 2020 da namy0000
 

2020, Alessandro Zaccuri, Avvenire 21 novembre.

Economy of Francesco. Magatti: «Patto per lo sviluppo integrale»

Il sociologo dell'Università Cattolica: "La pandemia ci ha fatto capire l’interdipendenza, adesso abbattiamo i muri dell’individualismo"

Mauro Magatti ne è convinto: nel tempo i risultati di The Economy of Francesco si manifesteranno in modo misterioso. Durante l’evento, oltre a tenere un’importante relazione, il sociologo dell’Università Cattolica ha partecipato ai lavori del dibattito, confrontandosi con un nutrito gruppo di giovani. «Tra di loro c’erano studenti, imprenditori o professionisti all’inizio della carriera – spiega –. In una parola, persone che si preparano ad assumere o hanno appena assunto un ruolo di responsabilità. In futuro molti di loro saranno chiamati a prendere decisioni cruciali. È allora che ci si potrà rendere conto del valore di queste giornate».

Che impressione le ha fatto il messaggio che papa Francesco ha inviato ai partecipanti?

Mi ha molto colpito il tono, improntato a una concretezza che non ha nulla di astratto, ma al contrario rivela un profondo realismo. Siamo ormai abituati a considerare la voce del Papa come una delle pochissime che, nel contesto attuale, sollecitano con forza un cambiamento di rotta degli assetti economici e sociali. Senza fantasticare l’impossibile, però, e senza alcuna nostalgia del passato. Tutto il pontificato di Francesco rappresenta un frutto maturo del Concilio Vaticano II. La Chiesa sa di avere qualcosa da dire a un mondo che, oggi più che mai, si dibatte nella difficoltà. Trovo particolarmente bello che questa sfida si traduca in un mandato da affidare ai giovani.


Non è un compito facile.
Dopo il trauma delle Torri Gemelle nel 2001 e dopo l’infarto dell’apparato economico-finanzario nel 2008, la pandemia ha portato alla luce la dimensione del contagio, che comporta la consapevolezza dell’interdipendenza tra le persone. Ma per capirci meglio forse occorre fare un altro passo indietro.

Fino a quando?
Al 1989, l’anno che segna in modo non soltanto simbolico la fine delle ideologie, che a loro volta possono essere considerate come la declinazione meno nobile delle utopie politiche affermatesi a partire dall’Ottocento. Che cosa è successo da lì in poi lo sappiamo, anche se non sempre lo teniamo nella giusta considerazione: ci siamo concentrati unicamente sul tema del desiderio individuale, trascurando tutto il resto. Adesso questa nuova ideologia, che vorrebbe obbligarci a vivere come particelle slegate le une dalle altre, è smentita nel modo più clamoroso. Il Papa lo ricorda una volta di più nella conclusione del messaggio ai giovani idealmente riuniti ad Assisi: nessuno si salva da solo, c’è un compito comune, una vocazione che attraverso la cultura deve farsi patto.

E i giovani come risponderanno, secondo lei?
Non è da oggi che questa generazione esprime una volontà di cambiamento che troppo spesso sembra scontrarsi con la complessità dei problemi. I giovani vogliono dare il proprio contributo, non sempre sanno esattamente che cosa fare, né come. Da The Economy of Francesco può venire un impulso determinante, nella direzione non di un’ulteriore utopia, ma di quella speranza fattiva alla quale il Papa esorta nel suo messaggio. Si tratta di un richiamo fondamentale, che va controcorrente rispetto al pensiero dominante che, se va bene, si accontenta di invocare un altro po’ di innovazione tecnologica. Utilissima, intendiamoci, ma non sufficiente.

Che cosa manca?
Un rovesciamento di prospettiva. Ed è proprio questo che Francesco suggerisce ai giovani. Nel momento in cui si concentra esclusivamente sulla tecnica, la nostra società torna a proporre una logica sacrificale. Il messaggio sottinteso è che conta l’avanzamento complessivo della specie, per il quale si dev’essere disposti a tollerare che qualcuno, strada facendo, rimanga indietro o finisca calpestato. In una parola, scartato. Il Papa, invece, ribadisce che non ci può essere sviluppo se non ci si mette al passo degli ultimi, in una prospettiva non assistenziale, ma di pieno riconoscimento della dignità della persona. Molto significativi, in questo senso, sono i rimandi alla Popolorum Progressio, l’enciclica nella quale Paolo VI indica l’obiettivo dello sviluppo umano integrale.

 
 
 

Cambiare approccio nei confronti del lavoro

Post n°3458 pubblicato il 22 Novembre 2020 da namy0000
 

2020, Angela Napoletano, Avvenire 21 novembre.

Il ricercatore. «Cambiamo approccio sul lavoro per curare tutto ciò che ci circonda»

Emanuele Lepore ha partecipato al 'villaggio' sui temi dell’occupazione, ma si è ragionato pure di educazione e di nuove relazioni

Tra gli oltre 2mila giovani economisti, imprenditori e attivisti che in questi giorni partecipano online a Economy of Francesco', la 'Davos del Papa', come è stata rinominata, il profilo di Emanuele Lepore, 25 anni, originario di Potenza, spicca per originalità. Nel suo curriculum non c’è traccia di finanza o management ma studi su libertà e giustizia, su Tommaso d’Aquino, Agostino d’Ippona e Antonio Gramsci. Ricercatore in Etica e Filosofia Politica all’Università Ca’ Foscari di Venezia, Emanuele vorrebbe diventare professore. La sua visione dell’insegnamento non è però cattedratica. «Sarò naïf - spiega - ma credo nella ricerca in quanto attività che costruisce e aiuta, in concreto, a migliorare». L’idea che la filosofia possa trovare spazio nell’economia è del resto ciò che lo ha spinto a partecipare all’evento digitale. «La decisone – racconta – è maturata nell’ambito di un approfondimento che stavo portando avanti per una rete di imprese pugliesi, Happy network, sugli aspetti filosofici e teologici del concetto di azienda». Tra i dodici temi su cui i 'change-makers' sono chiamati a confrontarsi, in collegamento da ogni parte del mondo, Emanuele ha scelto quello su cura e lavoro. «L’idea su cui abbiamo ragionato – sintetizza – è che se non si cambia approccio nei confronti del lavoro non si può migliorare neppure la cura di quello che ci circonda», per esempio, famiglia, società e ambiente. La sfida, continua, è «superare certi pregiudizi nei confronti del concetto di lavoro» e, come suggerisce Papa Francesco, arrivare a concepirlo come responsabilità. «È in quest’ottica – aggiunge – che vanno ripensate le politiche economiche e gli accordi transnazionali, valutando le ripercussioni che queste possono avere non solo sul mercato in senso stretto ma anche sulla vita pratica». Il pensiero, è inevitabile, corre a uno dei problemi più delicati che, spesso, le nuove generazioni si trovano ad affrontare: la disoccupazione. A tal proposito, il giovane ricercatore sottolinea l’urgenza di «ripartire da educazione e istruzione», di riallineare il sistema formativo alle nuove esigenze del mercato e della società. «Questo non vuol dire – avverte – smantellare gli attuali programmi ma, semplicemente, offrire ai ragazzi strumenti diversi con cui interpretare il futuro». Tra le sfide all’orizzonte c’è anche quella delle relazioni, il bisogno di «rimanere compatti », messe a dura prova dalla pandemia. «Con la rete – dice – abbiamo i mezzi per affrontare anche questa». L’esperienza di Economy of Francesco non si dimentica facilmente. «È stato bello – conclude – condividerla con gente da ogni parte del mondo, attraverso chiamate alle ore più inaspettate. Il valore aggiunto di un’opportunità come questa, ne sono certo, arriverà però nel tempo».

 
 
 

Lavoro di cura

Post n°3457 pubblicato il 22 Novembre 2020 da namy0000
 

2020, Pietro Saccò, Avvenire 21 novembre.

La filosofa. «Puntiamo sulla creazione di lavoro part time anche ai livelli più alti»

L’intervista alla filosofa della politica Jennifer Nedelsky

Jennifer Nedelsky - filosofa della politica, canadese, docente alla Osgoode Hall Law School di Toronto - ha portato ai giovani di Economy of Francesco la sua proposta di "part time per tutti", elaborata nel libro «A Care Manifesto: (Part) Time For All» scritto assieme a Tom Malleson e in uscita con la Oxford University Press. «L’implicazione più importante del nostro progetto del part time per tutti – spiega Nedelsky – è che la riduzione dei posti di lavoro provocata dall’impiego crescente di macchine e robot dovrebbe essere usata come incentivo per creare nuovi lavori "part time". Se nessuno lavora più di 30 ore a settimana, ci saranno più posti di lavoro. Le società non dovrebbero provare a rispondere a questa situazione cercando di creare posti di lavoro a tempo pieno come esistevano prima. Devono rispondere con creatività, creare eccellenti lavori part time, anche ai più alti livelli dirigenziali».

La vostra proposta chiede di rinunciare a ore di lavoro "ordinario" per fare spazio all’attività di cura, ma per farlo servono "cambi strutturali" delle regole. Che tipo di cambiamento chiedete?

Il principale cambiamento strutturale è che tutti dovrebbero fornire lavoro di cura, non retribuito, almeno 22 ore a settimana. Dovremmo porre fine all’organizzazione della società intorno a una divisione del lavoro: alcune persone svolgono principalmente un lavoro retribuito e altre si occupano principalmente del lavoro di cura, retribuite o meno. Questa divisione del lavoro crea disuguaglianza, dipendenza economica di chi fa principalmente lavoro di cura da chi fa lavori retribuiti, e una diffusa mancanza di consapevolezza riguardo il lavoro di cura. In particolare le persone che ricoprono posizioni di potere decisionale sia nel governo che nel mondo degli affari (per lo più uomini, ma potrebbero essere anche donne con poca esperienza di cura) sanno poco della vera importanza, della gratificazione e del peso del lavoro di cura. Non capiscono a un livello elementare quanto l’attività di cura sia importante per sostenere le relazioni. Il cambiamento per far fare a tutti lavoro di cura deve essere reso possibile dalle nuove norme sul lavoro: massimo 30 ore, una valutazione uguale del lavoro e della cura, un riconoscimento da parte di tutti i datori di lavoro che il lavoro deve essere organizzato in modo che anche i loro lavoratori possano svolgere le loro responsabilità di cura.

Crede che il problema dell’invecchiamento della popolazione occidentale ci aiuterà nei prossimi decenni a riconoscere la centralità del lavoro di cura?
Spero che già la terribile conta dei morti nelle residenze per anziani anche nelle nazioni più ricche (e anche in Canada, dove c’è una buona sanità pubblica) allerterà le persone sulla crisi che c’è nell’attività di cura, una crisi che peggiorerà se non facciamo di questa attività una priorità.

La crisi economica scatenata dal virus sta distruggendo posti di lavoro in tutto il mondo. I governi dovranno cambiare le regole per aiutare le persone a ri-trovare un’occupazione. Può essere un’opportunità per riformare il mondo del lavoro?
Sì, nel breve termine organizzazioni come la New Economy nel Regno Unito hanno preparato progetti per una ripresa che mette al centro l’attività di cura, al posto delle tradizionali strategie per progetti di costruzione dove c’è lavoro soprattutto per gli uomini. Hanno mostrato che una ripresa costruita sull’investimento per il lavoro di cura hanno risultato economici e sociali migliori. Nel lungo termine, spero che la gente si sia resa conto che per fare funzionare le cose serve qualcuno che si occupi del lavoro di cura e che il lavoro di cura e le altre occupazioni sono strettamente legate. Speriamo che il nostro modello di "Part time per tutti" offra idee su come riorganizzare il mondo del lavoro.

 
 
 

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