Creato da viburnorosso il 02/06/2011
speculazioni non edilizie

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Ottobre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30 31      
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 
Citazioni nei Blog Amici: 27
 

Ultime visite al Blog

cassetta2gianbytePRONTALFREDOLaFormaDellAnimaarianna680maristella750natalydgl7cerebrale_62vladimiromajakovskijlucille.nelventodaunfioremauriziocamagnaJabel.Rmoonatikaiaje_est_un_autre
 

Chi puņ scrivere sul blog

Solo l'autore puņ pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
 

 

« Arguzie al ristoranteCome talvolta all'ester... »

Visioni menta-li

Post n°323 pubblicato il 17 Settembre 2013 da viburnorosso
 
Tag: menta

Quel giorno di fine agosto,
che abbiamo mangiato al sacco sui tavoli sotto ai castagni, che era ancora caldo, ma noi sotto all'ombra fitta e umida sentivamo quasi freddo,
e allora ci siamo spostati sotto a quell'albero con i rami più spogli, dove il sole disegnava un ricamo di luce e tepore sulle assi sconnesse di legno,
quel giorno, che abbiamo pranzato afferrando con le mani le fette di mortadella direttamente dal pacchetto di carta oleata e strappando il pane a morsi dalla pagnotta, e poi abbiamo lavato le susine al fontanile e ci siamo chiesti se fosse il caso di buttare il nocciolo a terra, che magari ci viene su un bell'albero, ma magari no, e poi chi fa il pic-nic in quel posto lì non è bello che trovi un nocciolo masticato, che fa subito discarica, e allora l’abbiamo gettato nel secchio dei rifiuti,
quel giorno, quando dopo mangiato abbiamo preso il sentiero che dai castagni porta su, verso la faggeta, e lungo la strada abbiamo raccolto le more, con i piedi che affondavano nell’argilla morbida, e i sandali che si riempivano di terra e foglie, e intanto dicevamo, accidenti, a saperlo ci mettevamo le scarpe chiuse, ma non ci era venuto in mente, che erano ancora giornate da sandali e calzoncini corti,
quel giorno, giunti nella radura, io mi sono chinata verso i cespugli verdi che crescevano a macchia nell’unico punto dove batteva il sole, e ho esclamato con la soddisfazione di chi ha trovato quello che stava cercando:

“Ecco la è menta selvatica”.

Poi ho sfilato tre rametti da terra e sono venuti via facile facile, con tutta la loro zolla ancora attaccata, li ho scossi delicatamente in aria per liberare le radici dalla terra e li ho messi nella busta con le more.
A casa ho infilato le piantine in un barattolo pieno d’acqua e le ho lasciate lì tre giorni, finché le foglie appassite si sono riprese.
Al secondo giorno ho pure rabboccato l’acqua, che mi piaceva pensare se la fossero bevuta i rametti assetati.
La mattina che P. aveva il treno, ho avvolto le radici nello scottex bagnato e poi le ho ficcate in una bustina del supermercato. Quindi ho sistemato la bustina nella tasca esterna dello zaino di L., con i rami che uscivano fuori dalla cerniera lampo e puntavano verso l’alto come l’antenna di una radio.
E così P. e L sono partiti verso casa, laggiù nell’Oltrepò Pavese.

Poi ci sono stati altri giorni di caldo, e quando nessuno se l’aspettava più, è arrivata anche la pioggia,
io sono tornata in città, ho ripreso il lavoro, allineando carte e pensieri in pile alte e ordinate sulla scrivania.
Presto quei cumuli sono crollati sotto al loro stesso peso, spargendosi irrisolti ovunque, fino a seppellire per intero anche il tavolo di legno sotto ai castagni.
Abbiamo finito il ricordo delle more senza riuscire a farne marmellata e i nostri visi sono rapidamente sbiaditi all’ombra della noia.
Della menta è rimasto solo il nome su un pacchetto di gomme masticate troppo a lungo, per la pigrizia di trovare un secchio dentro al quale buttarle.
ll primo di settembre ho strappato dal calendario il foglio di un agosto che forse, ho pensato, non c’era mai stato.
Dopo una settimana quel dubbio è diventato una certezza.
Alla fine della seconda settimana la certezza si è fatta costanza.

Finché stamattina mi è arrivato questo messaggio:

“Ciao Viburna, scusa se non mi sono fatta più sentire, ma sono stata travolta dall'inizio, da settembre e  da mille seccature.
Però volevo dirti che la menta è attecchita benissimo.
A presto P.”

Ecco, il pensiero che quella ueIl pensiero che quella piantina sia sopravvissuta all'entropia di settembre, mettendo le radici in terra di brume, nebbia e risaie,
è bastato da solo a restituirmi quello scampolo d’estate.
Insieme alla consolante visione di un piatto di melanzane grigliate olio, aglio e menta fresca.

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963