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Se non c’è embrione….non c’è vita!

Post n°72 pubblicato il 23 Aprile 2006 da mariano6
 

Non è detto che uno scienziato, nella corsa verso un maggiore progresso scientifico, debba necessariamente abbandonare il  primato dell’etica professionale , anche se questo talvolta può rappresentare un limite alle “conquiste” mediche.

Un medico può non “ rinunciare né alla sua oggettività professionale di medico né alla sua coscienza di uomo e anche di credente”,così come ha scelto di fare il Prof.  Ignazio Marino che è cosciente del fatto che “viviamo infatti un momento storico particolare in cui il progresso scientifico ha rivoluzionato la posizione dell'essere umano nei confronti della vita, della malattia e della morte”. Durante un dialogo con il Cardinale Carlo Maria Martini il prof Marini racconta la sua esperienza di medico “La morte è sempre più considerata come un evento eccezionale da evitare e non il naturale traguardo a cui giunge inevitabilmente ogni vita umana”. Le enormi possibilità di cura e prolungamento della vita “destano da una parte meraviglia e gratitudine e dall'altra suscitano preoccupazione per la specie umana e la sua dignità”.

Chiaramente questo genera dei quesiti etici e la necessità di un dialogo aperto tra uomini con diverse competenze, scientifiche, etiche, giuridiche, atto a trovare punti di incontro e non di divisione, attento a non cadere nel rischio di “strumentalizzazioni che non portano alcun vantaggio se non quello di creare fratture nella società”.

Un esempio? Ce lo fa lo stesso prof. Marino: molte nazioni devono affrontare il problema di migliaia di embrioni umani congelati e conservati nei frigoriferi delle cliniche per l'infertilità, senza che si sia deciso quale dovrà essere il loro destino. Attualmente la legge italiana prova a regolamentare la produzione di embrioni imponendo di crearne tre alla volta, da impiantare tutti nell’utero della donna senza parcheggiarli in una indefinita  attesa dentro i congelatori. Questo in alcuni casi crea dei problemi al medico, che conoscendo  le diverse condizioni mediche della coppia interessata, vorrebbe poter operare con una maggiore flessibilità.

Ecco quindi l’idea: tecniche più sofisticate di quelle utilizzate oggi,  prevedono il congelamento non dell'embrione ma dell'ovocita allo stadio dei due pronuclei, cioè nel momento in cui i due corredi cromosomici, quello femminile e quello maschile, sono ancora separati e non esiste ancora un nuovo Dna. In pratica non c'è l'embrione, non c'è un nuovo patrimonio genetico e quindi non c'è un nuovo individuo; dal punto di vista biologico non c'è una nuova vita. E’ pensabile che questo sistema crei molti meno problemi di coscienza a chi ha una fede. Questo e altri temi legati alla fecondazione eterologa, alla ricerca sulle cellule staminali embrionali, gli embrioni congelati esistenti, adozioni per single, aborti, compensi per la donazione di organi, Hiv e Aids, accanimento terapeutico  e interruzione delle terapie, la fine della vita, la scienza e il senso del limite, sono trattati nel colloquio curato dalla giornalista Daniela Minerva dell’Espresso, che vi invito al leggere per l’ampiezza del respiro e per l’apertura mentale con cui vengono trattati tali  temi da parte di uno scienziato e di un uomo di chiesa.



http://www.espressonline.it/eol/free/jsp/detail.jsp?idCategory=4821&idContent=1464314&m2s=null
 
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