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UNA TENERA PICCOLA 17ENNE

Post n°422 pubblicato il 14 Febbraio 2008 da ausdauer
 

Innanzitutto, bisogna chiarire il contesto storico all'interno del quale una Ausdauer, ancora 17enne, partorì cotanto prodigio letterario.
Correva l'anno 1999 e San Valentino si avvicinava a grandi passi. Considerato il suo indissolubile scetticismo, non contava affatto di trascorrerlo in dolce compagnia del suo allora ragazzuolo, con cui intratteneva una relazione "del sabato pomeriggio" da appena tre mesi, e San Valentino, ahilei, cadeva proprio di domenica. Di umore funereo, cominciò a picchettare sulla tastiera un delirio catartico. E ne uscì questo.


UNA STORIACCIA DI SAN VALENTINO

Non era capace. Lo sentiva dentro che non ne era capace: era come se un pentolone di brodo bollente gli si stesse rovesciando sul cuore. Non capiva il perché ma bruciava un sacco. Come se fosse vero! Non aveva mai provato una sensazione così forte, un dolore così grande, un bruciore così acuto. Ormai tutto il corpo sembrava aver preso fuoco, la stanza era stranamente piena di fumo. Il fumo gli toglieva il respiro. Un movimento brusco lo riportò alla realtà. Forse un po’ troppo brusco. Il rubinetto della doccia si era infilato tra le costole e sembrava starci molto bene. Non ci aveva mai pensato prima a quanto stesse bene un rubinetto rosso e azzurro tra le sue costole. Si osservò con attenzione, scrutando le macchie rosse sulla sua pelle e il fumo che essa emanava. Forse l’acqua era troppo calda. Nella stanza dovevano esserci un centinaio di gradi, pensò. Si sentiva proprio una patata bollita, come gli diceva sempre lei.
Uscì dalla doccia, a chiazze rosse e con una mano sul fianco dolorante (il rubinetto stava bene, ma lui un po’ meno) e si fermò davanti allo specchio con un’espressione indescrivibile. Era brutto, senza dubbio. Con quegli occhi rotondi di un castano insignificante e quei capelli un po’ lisci-un po’ ricci che si ritrovava, con quel viso squadrato e quell’espressione beota da patata bollita-marcia era proprio una schifezza. Ma lei non glielo aveva mai detto. Lei era bella.
I vestiti erano tutti stesi sul letto. Morti. Anche lui si sentiva un po’ morto come loro e si sdraiò sul letto accanto ai suoi calzini con le papere. Le papere erano molto contente di essere su quei calzini: avevano viaggiato per molto tempo, fermandosi un po’ qui e un po’ là, su pantaloni e giacche, su cravatte e camicie. Ma non c’era posto per loro. Perché? Perché erano troppo in evidenza e si vergognavano a mostrarsi così spudoratamente alla gente. Non avevano però il diritto anche loro di stabilirsi su un bel capo d’abbigliamento, con i loro becchi sorridenti e le alucce svolazzanti? Certo! I calzini erano perfetti perché permettevano loro di nascondersi nelle scarpe, quindi di non essere viste.
L’ultima volta che aveva raccontato questa storia avevano cercato di rinchiuderlo. Tutti tranne lei. Lei lo aveva capito.
Aveva davvero molta fame. Il suo stomaco brontolava già da più di un’ora e se il suo stomaco si arrabbiava... Dio ci salvi! Emetteva gorgogli e si contorceva in modo impressionante, come se dovesse risalire la gola ed uscire fuori a gridare vendetta. Aveva seriamente paura del suo stomaco irrequieto e spaventosamente feroce. Purtroppo nel frigo non c’era mai nulla di appetitoso. Un tramezzino sgonfio lo supplicava di mangiarlo, con il suo tonno sicuramente scaduto e con la sua maionese arancione fosforescente che lo rendevano assai poco invitante. Non aveva voglia di un semplice tramezzino. Un uovo giaceva sconsolato in fondo al frigo ed era proprio un peccato buttarlo, così come quella meravigliosa fetta di torta all’ananas preparata con tutti gli avanzi di una settimana. Ingurgitò il tutto senza paura. Temeva maggiormente una vendetta del suo stomaco in presenza di lei. Lui le voleva bene. E lei non avrebbe potuto difendersi in alcun modo.
Pioveva a dirotto da due giorni. Disgraziatamente non se n’era ancora accorto: non appena la porta di casa fu chiusa si rese conto che il suo corpo faceva acqua da tutte le parti. Non si sentiva per niente bene Le papere, con i loro schiamazzi di gioia per via dell’acqua che le stava inondando, lo stavano facendo ammattire. Il tramezzino sgonfio si era inspiegabilmente gonfiato all’interno del suo stomaco e si agitava paurosamente. La pozzanghera sotto di lui lo stava risucchiando. Sarebbe annegato veramente in un bicchiere d’acqua stavolta, come gli ripeteva sempre lei.

Si risvegliò improvvisamente in una stanza tutta bianca. Era arrivato finalmente nel misterioso Aldilà? A dire il vero la stanza gli era famigliare: era sicuro di esserci già stato. Probabilmente quando da piccolo aveva bevuto la candeggina della nonna oppure quando, qualche anno dopo, era precipitato dal terrazzo sull’automobile di suo padre. Doveva essere per forza così.
Una persona gli stava tenendo la mano. Si voltò di scatto e vide lei, col suo sorriso dolce e le guance arrossate dal freddo. Sentì immediatamente una forza insolita e misteriosa attraversagli tutto il corpo. Era pronto a fare ciò che doveva. Si sedette sul letto e guardandola negli occhi le disse:
“BUON SAN VALENTINO”
Sfortunatamente dalle sue labbra non uscì altro che un suono inarticolato. Forse le papere gli avevano giocato un brutto tiro o forse il suo stomaco si era finalmente vendicato, chissà... Ma non aveva alcuna importanza. Nonostante il luogo non eccessivamente romantico e la situazione piuttosto imbarazzante, lei aveva capito e gli sorrise. Con il più bel sorriso tra tutti i sorrisi del mondo.

 
Rispondi al commento:
ausdauer
ausdauer il 18/02/08 alle 14:12 via WEB
Beh dai, 17 anni non ero proprio infante... forse.
 
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