Creato da Maddalena_e_oltre il 30/04/2013
C'è una forza misteriosa nelle cose esteriori [...]. Un attore, per immedesimarsi perfettamente nello spirito del personaggio da rappresentare, deve indossarne il costume.*
 

 

domenica

Post n°118 pubblicato il 26 Ottobre 2014 da Maddalena_e_oltre

 


C'è sole e cielo terso, azzurro di smalto. Nitidi i contorni degli alberi attraverso l'aria di cristallo. Freddo e luminoso. L'universo respira in fase espansa e il cuore arranca e travalica. Raggiunge ogni curva di pelle e insiste sulle cicatrici. Come vorrei le tue dita a seguirne il battito, quello sfiorare lieve che mi riempe di brividi, con la delicatezza che mi fa sentire levigata, in cui ogni segno è storia che ti piace ascoltare.
E' una strana bestiola questa nostalgia che preme, scontrosa e affamata, gli occhi languidi e le labbra tirate in un ringhio. Ma basterebbe l'accenno e il calore di una carezza e chinerebbe docile la testa.
E' una giornata di sole, una famigerata domenica. Poi sarà movimento, saranno strade affollate e montagne pulsanti, laghi che scintillano solcati da vele bianche.
Ma ora siamo solo io e l'idea di te, la mancanza di te. E riempio questa implacabile con ogni musica che di te mi parli.

 

 
 
 

Vento

Post n°117 pubblicato il 23 Ottobre 2014 da Maddalena_e_oltre

 


Sono giorni di vento. Un vento rabbioso e selvaggio che estirpa radici e fa rotolare sassi. Un vento che ulula e fa gemere l'ossatura dei tetti, che non lascia pace e percuote ogni senso.
Mi avvolge un'inquietudine fonda per qualcosa che deve venire, sento ogni grammo del peso di un'attesa che cresce di ora in ora. L'immaginazione è all'erta, troppo sensibile per dedicarsi all'ozio o a visioni rassicuranti. Anche le parole fremono, instabili, sfugge loro densità e rigore, tanto che rimango a palme vuote pur con il cuore che trabocca. E' l'attesa di una sentenza. Poi nulla rimarrà più come prima e si scandiranno i mai e i forse e i sempre.

Sono giorni di vento. La notte rimango sveglia ad ascoltarne la voce. Mi porta via.

 

 
 
 

Appunti

Post n°116 pubblicato il 17 Ottobre 2014 da Maddalena_e_oltre

 

"... questa donna cammina sul mare della sua follia come Cristo sulle acque."
(C.Lavant, Appunti da un manicomio)


Una nebbia cilestrina. No, non fuori. Dentro. Sale. Io sono il suo recipiente. Come un guanto rovesciato, assorbo il mondo, ogni guizzo di muscolo è un fremere di foglie, ogni nervo scoperto è eco tra le rocce. La pelle è rimasta dentro, allo specchio, a guardare la marea che sale, che sale. Sapevate che il cervello galleggia? Sì. Galleggia, appena ormeggiato, in un brodo atavico, mai filtrato, di cose passate. Non crediate solo alle cose che vi raccontano. Questa glauca marea è un sudario sul passato, il segno tangibile di un'espiazione e io sarò libera di essere ciò che sono e potrò stare senza far nulla a guardare ciò che viene.

(... Signore, la paziente della stanza 8 ha ricominciato a ballare.
La lasci fare, infermiera, è la sua ora di libertà, poi interverremo.)

(La fotografia del post è presa da un reportage sull'ospedale psichiatrico di Rovigo:
http://www.fotonordest.com/forum/reportage/ex-ospedale-psichiatrico-di-granzette-rovigo-(parte-terza-e-ultima)/ )

 

 
 
 

Ma noi non ci saremo

Post n°115 pubblicato il 14 Ottobre 2014 da Maddalena_e_oltre


 

E' strano riporre una speranza nella visione di un mondo in cui l'uomo non è contemplato, se non come traccia che sempre più sbiadisce e si consuma.
Eppure non provo dolore nel vedere una rivincita che segna la nostra sconfitta, il farci da parte nostro malgrado. Nessun dolore, ma solo quello spiraglio di veder superate la nostra violenza e la nostra arroganza. Non più padroni del mondo, ma tiranno morto su cui comunque si gettano fiori.
E forse solo allora, quando la memoria non avrà più connotati umani, si potrebbe ripartire, con una nuova razza, gentile, timida e sensibile. 
 

 
 
 

piccola orchestra Lumiere

Post n°114 pubblicato il 09 Ottobre 2014 da Maddalena_e_oltre


E poi d'improvviso, mentre percorri una via del centro, di quelle a passo d'uomo, dove non abitano le auto e le case sono antiche, si anima una vetrina.
La cogli prima di sfuggita, quasi per caso, poi ti accorgi che l'impressione è giusta: non è più una vetrina ma un palcoscenico. Si assiepano dietro il vetro, strumenti e suonatori. Il ragazzo al violoncello, con un cilindro nero in testa da cui scappa il ciuffo biondo, inizia ad arringare scanzonato. Poi, dal sorriso per le sue parole, parte l'incanto per le sue melodie, il mare e i gabbiani della Croazia, piccole magie siciliane. Non so più cosa guardare, ci vorrebbero mille occhi, sugli archetti di violino e violoncello, sui tasti del pianoforte o i cilindri del flicorno, poi clarinetto e percussioni e la maniglia cigolante... ops... i gabbiani. Sui volti. I volti di chi suona che hanno sempre qualcosa di estatico, come di chi sia immerso nell'aura di un giardino segreto, e ascoltando se ne viene irraggiati.
Una piccola, grande, meravigliosa sorpresa.

 

 
 
 

Azzurro

Post n°113 pubblicato il 07 Ottobre 2014 da Maddalena_e_oltre


 

Alice e Chiara. Hanno volti sorridenti e sguardi diretti mentre impegnano il loro tempo in questa piazza di vetrine, luci e mercati. Una passione che il richiamo ammiccante delle possibilità in vendita non scalfisce. Sono giovani ma qualcosa le ha già toccate con grazia e allora perdono la loro timidezza nell'allungare un gesto e un saluto, nel fermare con un appello quelli che passano senza alzare lo sguardo.
Alice è bella e si fermano ragazzi pur di coglierne un sorriso ma non sanno come strapparglielo appena lei comincia a parlare. Chiara ha il viso aperto, franco, una spontaneità bambina. E' innocente, non sa cosa chiede, eppure, paradossalmente, è così avanti, così saggia, sa quale sia la speranza di un futuro, i suoi pilastri, e ad essa presta l'arma delle proprie parole e del proprio gesto gentile.
Così alla fine sorridi anche tu, come lei ti promette, di quella leggerezza che toglie il peso all'impotenza, alla sensazione di inutilità, esaltando invece il valore e l'unicità della goccia.
Chiara e Alice. E' bello il colore della speranza. Azzurro.

[ ... ]

 

 
 
 

Vorrei

Post n°112 pubblicato il 25 Settembre 2014 da Maddalena_e_oltre

 


La musica attraversa la valle sfrondandosi tra fogli e rami. Guardo lontano, i paesi minuscoli e sparsi sull'altra costa, piccoli presepi di fantasie umane.
Vorrei camminare all'infinito su questa strada, che mai cambiasse, partire senza la bramosia di alcun nuovo, solo una manciata di libertà per vivere quel che già c'è e che sfuma in un attimo. Disperatamente, come in un amore che non può durare. A piene mani e urlando, con la ferocia del vento. Un frammento ipotecato da stringere tra le dita, a scaldare, a tagliare la pelle, a fecondare la terra.
Poi scivolare nell'inevitabile. O ancora ubbidire, contare ferri, mettere in fila stanze come parole, la liturgia di un sacro poetico nel concerto del quotidiano, allestendo scenari per bisogni di cui si tace il nome.
Ma ora lasciami scivolare di foglia in foglia, lungo le correnti che scendono dalle creste, giù verso valle, come sassi che rotolano. Non darmi attrito, ma solo ali, anche di cera, poi saprò bruciare. Forse senza rimpianti. Forse.

 

 
 
 

Acqua e aria

Post n°111 pubblicato il 23 Settembre 2014 da Maddalena_e_oltre


"Provo solo a parlarti" le disse, cercando di coprire il rumore del vento. "E cerco parole come catene, per tenerti ferma, qui, un attimo, accanto a me, il tempo di una felicità perfetta. Non volare via".
Lei taceva, ascoltando quel che soffiava dalle parole di lui. Immaginava la propria vita d'aria e la fatica di risuonare, con il suo senso del ritmo stonato. Pensava a tutti i mondi che stavano oltre loro, quelli fatti solo di luce e quelli pesanti di terra. Pensò che lui sapeva navigare e gettare ancore. Si chiese cosa sapesse fare lei.
Vide l'aria color malva della sera e fece il conto delle lune e delle maree che sarebbero dovute crescere per quel solo attimo di vento e d'acqua, l'attimo di felicità perfetta. Poi solitari ritorni. Lei non avrebbe condiviso i suoi fondali, quelli stessi che frugava dall'alto, ogni giorno, con desiderio. Ci sarebbe stata bonaccia e ci sarebbe stata tempesta e stridìo di ancore e vele spiegate. Ci sarebbero stati echi, canti di sirene sull'acqua, portati dal vento. Poi sarebbe scesa silenziosa notte.

 

 
 
 

runaway train

Post n°110 pubblicato il 17 Settembre 2014 da Maddalena_e_oltre


No beast so fierce but knows some touch of pity.
But I know none, and therefore am no beast.
(W. Shakespeare, Riccardo III)

L'hai preso quel treno. Non potevi scegliere macchina più veloce per la tua partita a scacchi. A volte può succedere di viaggiare defilati e anonimi, ma il destino è un controllore implacabile e tu un truffatore maldestro.
Ma hai scelto la tua ultima mossa e in piedi, nella neve e nel vento, nel gelo che anestetizza il sangue, persino la volontà, ma non ciò che sei, tu puoi scegliere la tua libertà.
Non ti rimane molto, non è ricca la mano e tu non puoi bluffare. Non ti rimane molto, ti rimane solo il come. Quel come che, a volte, può rendere l'uomo un uomo. Libero.

 

 
 
 

Dorogò

Post n°109 pubblicato il 02 Settembre 2014 da Maddalena_e_oltre

 

La nebbia persisteva in uno strato compatto sopra la terra.
Ogni passo era un azzardo e una preghiera. Ogni passo avrebbe potuto sprofondarlo in una buca, fino anche all'altro capo del mondo.
Il cavallo era irrequieto. Gli carezzò il collo con la mano. Ne sentiva la paura per ciò che non si vede.
Sapeva che avrebbe dovuto incontrare le luci del villaggio entro il tramonto. Questo naturalmente se la strada non fosse stata smarrita. Il fatto è che in quella giornata grigia, non riusciva a capire che ore fossero. Quanto mancasse al tramonto. Nessun sole era comparso sopra l'orizzonte da quando era partito.
Sapeva anche che non sarebbe stato bello trascorrere la notte in quella specie di brughiera desertica e lamentosa. Non troppo desertica, quello era il vero problema.
Forse anche il cavallo, nelle sue soste di stazione, aveva sentito storie di briganti o peggio di inquietanti presenze che sconvolgevano la mente dei viaggiatori incautamente sorpresi, la notte, per quelle contrade. Forse per questo era tanto inquieto e fremente sotto la sua mano che voleva rassicurarlo.
Eppure non era tipo da spaventarsi, lui. Non era tipo da credere alle storie di fantasmi. Era un soldato, era abituato alle miserie degli uomini, lui. Sapeva controllare le paure e le proiezioni di quelle. Sapeva entrare e uscire dall'inferno. Ma non gli era mai capitato di attraversare una landa desolata come quella, abitata da un multiforme, invisibile, terrificante nulla.

Il cavallo incespicò nella nebbia e diede un brusco scarto. L'uomo cadde con il capo stranamente contorto e rimase immobile sulla terra arida.

Era mattina e un sole sfocato spargeva la sua luce diafana sulla terra grigia.
Una carovana giungeva da est.
Videro un cavallo con il capo chino su un ammasso immobile, informe. Si accostarono e in quell'ammasso riconobbero le forme di un uomo. Chinandosi, gli sollevarono delicatamente il capo per vedere se fosse ancora vivo. L'uomo, pallidissimo, aprì un istante gli occhi colmi di un'espressione di terrore. Gli chiesero cosa fosse successo e chi lo avesse ridotto in quello stato. L'uomo con un filo di voce rispose: "Il nulla".

 

 
 
 

sfaldamenti

Post n°108 pubblicato il 31 Agosto 2014 da Maddalena_e_oltre

Poi accade un quieto giorno d'estate, che scorre innocuo nelle cose quotidiane. Che sembra scivolare uguale verso la sera. Tu sei lineare quel giorno, senza picchi, senza aspettative, in un leggero equilibrio indolore. Fino a quel grido che congela il tempo e tutto prende a scorrere al rallentatore e vedi all'improvviso irrompere la scena del tuo incubo peggiore. Corri, voli sull'erba, sull'asfalto, sulle fiamme dell'inferno, perchè tanto sai che non sopravviveresti e sai che non sono solo parole, sai che non lasceresti mai solo chi ami davanti alla porta che si spalanca sull'abisso. E ti abbandoni a quella cosa inutile che è pregare, in quell'attimo che è sospeso sul nulla.

Poi dall'apice si scende, a gambe e braccia tremanti, con la testa confusa e il passo vacillante. E hai bisogno del contatto, di credere che la realtà sia stata davvero pietosa questa volta e che non abbia infierito, che ti abbia graziato.
Anche se sai, perchè l'hai vissuto e sentito, che non sopravviveresti e sai che non sono solo parole.

 

 
 
 

beghe paesane

Post n°107 pubblicato il 19 Agosto 2014 da Maddalena_e_oltre


 

C'è stato un momento nella mia vita, quando le possibilità erano ancora tutte aperte e ugualmente percorribili, in cui ho pensato di fare psichiatria. Mi sentivo portata da un presuntuoso intuito a "sentire" le persone, a captarne la sostanziale propensione. Mi affascinava oltre modo la possibilità di viaggiarne le menti e le emozioni, interagendo, dove e come possibile, per suggerire rotte nuove accanto a quelle pericolose o inconcludenti.
Poi scelsi un'altra via. Distante, anche se forse non tanto quanto potrebbe sembrare.
Ho sempre mantenuto però l'idea di saper "leggere" le persone che incontravo, fidandomi di empatie o repulsioni istintive. Incredibilmente l'ho sempre azzeccata, almeno per quanto riguarda le empatie almeno, perchè le repulsioni hanno forse impedito approfondimenti proficui nei rapporti.
Una certa dose di sana diffidenza sentinellava su tutto.
Poi viene il momento, inevitabile, in cui ogni certezza si sgretola, colosso dai piedi di argilla. Tanto che si potrebbe credere in un sadico gioco del famoso caso/destino/caos. E mi sono accorta che non tutte le persone sono così lineari come le credevi, che le parole riescono ad essere manipolate e piegate all'interpretazione di chi ascolta. Così nessun ritratto è definitivo.
Gli eventi buffi di cui il caso si serve per riequilibrare le disarmonie sono i fraintendimenti. Se pensiamo che Egeo si tolse la vita per un colore! Avrebbe potuto attendere l'arrivo della nave in porto, no?
Così spesso chi ascolta o legge, interpreta, piegando la realtà alla sua deformazione mentale e parte in quarta come un toro di fronte al drappo rosso, senza avere il buon senso, e spesso il buon gusto, di veder attraccare la nave.
E chi assiste allarga le braccia, impotente dinnanzi al tuffo e consapevole che si è persa un'ulteriore occasione per fare silenzio. Dignitoso silenzio.

 

 
 
 

12.08

Post n°106 pubblicato il 11 Agosto 2014 da Maddalena_e_oltre

 

Mi chiedono di parlare di te. E mi accorgo che ancora non so cosa dire, che tu sei ancora lì, dove la parola si spezza. Sei sensazione, sei immagine, sei... dentro, ancora. Le parole su di te sarebbero un atto conclusivo, un'etichetta su una teca da archiviare. Non trovo parole per raccontare ciò che sei stato, ciò che eri. Intanto dovrei essere in grado di spiegare che c'è stato un prima e un dopo. Che il confine non è stato così netto e immediatamente percepibile. O forse ero io distratta e non l'ho colto, forse non ho voluto vederlo. Poi c'è stato l'inganno dei passi progressivi, quell'impercettibile avanzata che nel quotidiano sfugge, finchè la devastazione non è evidente e ti urla contro.
Ecco, le parole io non le avevo quando c'eri, perchè ogni discorso perdeva significato per me di fronte alla solida realtà della tua malattia. Così, forse sbagliando, sono stata muta, non sapendo se tu volessi rimanere ancorato al mondo o se ne fossi già distaccato, anche solo nell'intenzione. Potevo leggerti le parole d'altri. Allora trovavo un nesso con quel passato vissuto assieme, gioioso e raro. Con quel tempo che era stato solo nostro, quasi fossimo due innamorati a raccontarci di viaggi e di corsari. Era il nostro mondo che nelle mie letture evocavo e che a voce alta ti riproponevo come ultima fuga da ciò che ti ancorava tanto pesantemente. Quale ragazzina non si innamorerebbe del padre esploratore, di quello che disvela mondi e apre nuovi orizzonti? Mi piace pensare che quegli stessi mondi siano stati il tuo spiraglio, le mete dei tuoi lunghi silenzi. Mi piace pensare che tu mi abbia portata con te qualche volta, guardando oltre la mia incapacità di parlarti.
Se ci ripenso, mi fa male il tuo grazie per le piccole cose, quando il mio avrebbe dovuto essere immenso. Mi fa male la rabbia che spesso ancora mi invade per l'ingiustizia che fa soccombere la fragilità umana. Mi stordisce di dubbi quel che hai vissuto, lasciandomi in balia della ricerca insensata di un "perchè?".

Non avevo le parole allora. Non le ho adesso per poterti raccontare. Forse non le voglio neppure cercare, perchè sei sangue che ancora vive in me e io non voglio trovare parole che ti cristallizzino nelle memoria. Ti voglio qui con me, ora. Voglio conservare il senso di protezione che mi dava la sola tua presenza, come la certezza di una roccia salda. La sensazione di un braccio attorno alla spalla che il tuo sorriso di prima mattina riusciva a trasmettermi.

... e ti cerco, ancora, nello specchio, sul mio viso.

 

 
 
 

Plaza de toros

Post n°105 pubblicato il 06 Agosto 2014 da Maddalena_e_oltre

 


Ho nelle narici la polvere dell'arena. Dev'essere quello l'odore acre che sento.
Non la mia paura. Quella si è dileguata nell'attimo stesso in cui fendevo l'aria con il mio passo sbagliato. Era tutta una danza, un gioco armonioso. Con la morte.
Non è che ci credessi troppo, prima, quando accendevo i ceri dinnanzi alle immagini ieratiche e distanti,giù nella cappella, lucide di colori che con la vita hanno poco a che fare. Il rosso, piuttosto, della mia muleta e l'oro dei miei ricami e della sabbia e del sole e il luccichio della lama. Il nero del toro... il rosso della mia muleta. Il rosso del sangue. Il rosso del mio sangue.
E' passata la paura. E' passata la paura. E io sono il toro o il matador?
Un passo falso e scivolo nel sonno, in un fiume rosso. Non vedo più luce. Vedo il buio. Vedo il nero che mi corre incontro. Fumante.

 

 
 
 

Bambini

Post n°104 pubblicato il 03 Agosto 2014 da Maddalena_e_oltre

Perchè piangi, vecchio?
Piango, a volte, sommerso dai ricordi, punture d'api velenose.

Ha grandi occhi scuri l'amico di mio figlio e parole gentili dietro il sorriso bianco. Ha la corsa da gazzella e braccia esili, poco pane e molte voci dietro la sua porta.
Dal deserto alle montagne, dietro alle rondini di primavera, a raccogliere fuscelli per nuovi nidi.
Non ha bicicletta l'amico di mio figlio e accetta timido il giro donato con grazia leggera.
Non fa briciole a merenda e vuota bene il bicchiere per nutrire di coraggio ogni nuovo giorno che nasce da lontano.

 

 
 
 

Area personale

 

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