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Messaggi del 29/01/2019

Kazuo Ishiguro

Post n°1868 pubblicato il 29 Gennaio 2019 da blogtecaolivelli

 

Kazuo Ishiguro

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera


Medaglia del Premio Nobel Premio Nobel per la letteratura 2017

Kazuo Ishiguro (カズオ・イシグロ? o 石黒 一雄 Ishiguro Kazuo?Nagasaki

 8 novembre1954) è uno scrittore britannico di origine giapponese,

 vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 2017.

Biografia

Di origine giapponese, all'età di sei anni si trasferì con la famiglia

 nel Regno Unito. Il soggiorno, che avrebbe dovuto essere

 temporaneo, divenne definitivo. Si laureò nel 1978 in letteratura 

filosofia. Frequenta anche corsi di scrittura creativa, avendo tra

 gli insegnanti Malcolm Bradbury e A. Carter. Divenne cittadino

 britannico nel 1982 abbandonando definitivamente la cittadinanza

 giapponese. Attualmente vive a Londra con la moglie scozzese,

 Lorna MacDougall, assistente sociale, e la loro figlia Naomi, nata

 nel 1992.

Scrive in lingua inglese e si firma col cognome preceduto dal nome.

 Ha anche modificato la grafia giapponese del suo nome, che era

 石黒 一雄 (Ishiguro Kazuo), eliminando gli ideogrammi e utilizzando

 l'alfabeto fonetico katakana come si fa inGiappone per le

 traslitterazioni di nomi stranieri.

Retaggio e poetica

Discutendo del suo retaggio giapponese e la rispettiva influenza sulla propria formazione, l'autore afferma: "Non sono completamente come gli inglesi perché sono stato cresciuto da genitori giapponesi in un ambiente domestico di lingua giapponese. I miei genitori non si resero conto che saremmo rimasti in questa nazione per così tanto tempo, e si sentirono responsabili di tenermi in contatto con i valori giapponesi. Ho quindi radici distinte. Penso differentemente, la mia prospettiva è sottilmente differente."[7] Quando gli viene chiesto in quale misura si identifichi giapponese o inglese, lo scrittore insiste: "La gente non è per due terzi una cosa e per il resto qualcos'altro. Temperamento, personalità, o modo di vedere non si dividono affatto così. I pezzi non si separano chiaramente. Finisci per essere una stramba miscela omogenea. Questo diventerà più comune nella seconda parte del secolo - persone con ascendenze culturali miste, e un miscuglio di sfondi razziali. Così va il mondo."

Nel 1986 ha vinto il premio Withbread per il suo secondo romanzo: 

Un artista del mondo fluttuante. Nel 1989 ha avuto un nuovo

 prestigioso riconoscimento, il premio Booker, per il suo romanz

Quel che resta del giorno dal quale è stato tratto il film omonimo

 di James Ivory.

Nel 2005 vince il Premio Alex con Non lasciarmi (Never Let Me Go).

 Anche questo romanzo è diventato un film omonimo, con la regia

 di Mark Romanek (2010). Nel 2017 vince il

 premio Nobel per la letteratura.

Il suo interesse per la letteratura nasce nei primi anni Sessanta,

 quando scopre i romanzi di Arthur Conan Doyle, in particolar

Il mastino dei Baskerville. Ma è la musica a coinvolgerlo di più

 durante l'adolescenza. Dai cinque ai dodici anni studia pianoforte,

 quindi segue le orme dei suoi idoli Dylan e Cohen, incominciando

 a scrivere canzoni. A vent'anni, la lettura

di Dostoevskij e Charlotte Brontë lo consacra definitivamente alla

 letteratura. Ishiguro non è uno scrittore prolifico per scelta.

Come ha rivelato a «Der Spiegel» nel 2005, scrivere velocemente

non è una sua priorità, perché è preferibile creare un'opera che

 si distingue, piuttosto che contribuire alla quantità dei libri pubblicati. 

Deplora inoltre la tendenza dell'educazione contemporanea a reprimere

 la naturale immaginazione dei bambini a favore di capacità esclusivamente

 utilitarie finalizzate al mondo del lavoro.

Produzione letteraria

Con Rushdie e Kureishi fa parte del gruppo di scrittori, di origini

 diverse, che ha dato un sostanziale apporto alla letteratura inglese

 più recente, introducendo elementi stilistici delle culture d'origine.

 La sua attenzione ai particolari e alle atmosfere, sempre descritte

 con infinita cura, ricorda i grandi romanzieri nipponici classici.

 "Con una prosa sorvegliatissima, appresa leggendo Cechov e altri

 classici europei dell'Ottocento, facendo leva su poeticissime metafore,

 lo scrittore fissa le speranze e le paure di antieroi quasi sempre

 incapaci di fare davvero i conti con la realtà, costretti a sopravvivere

 aggrappandosi a sbiaditi ricordi. (...) Un'apparente cesura si produce

 nella produzione tra la fine degli anni Novanta e l'inizio del nuovo

 secolo, quando Ishiguro inizia a esplorare nuovi territori. Il narratore

si apre, almeno in apparenza, alla dimensione della favola spesso

 nera dell'utopia negativa di cui furono maestri Huxley e Orwell,

 affrontando le scomodissime domande poste dagli inarrestabili

 progressi dall'ingegneria genetica".

Uno dei suoi primi romanzi è Un artista del mondo fluttuante, che

ricostruisce l'ambiente del Giappone nel primissimo dopoguerra.

 Il titolo originario inglese - An Artist of the Floating World - è assai

più vicino alla tradizione giapponese di quanto sia desumibile dalla

traduzione italiana, facendo riferimento a quel mondo fluttuante così

 caro a intere generazioni dibunjin (intellettuali), scrittori e pittori

nipponici. Il romanzo è un omaggio alla sua cultura d'origine ma anche

 alla storia della sua famiglia, originaria della città così duramente

provata dalle conseguenze dell'esplosione nucleare.

Il suo settimo romanzo, Il gigante sepolto (The Buried Giant),

 è uscito il 3 marzo 2015, pubblicato negli USA e nel Regno Unito

 contemporaneamente. Dopo dieci anni di silenzio, Ishiguro scrive

 un romanzo mitologico, sulle orme di Tolkien, ambientato nella

 Britannia del V secolo, con orchi, draghi e giganti - e, per la prima

 volta nelle sue storie, scene cruente di violenza improvvisa e letale:

 "Preciso, essenziale, lirico e appena un po' strano, l'idioma del

 Buried Giant appare universale come il suo tema... In questa

parabola mesmerica di rimembranza, remissione e vendetta, durante

 una fragile tregua fraBritanni e Sassoni dopo la partenza dei romani,

le carneficine sono rare, ma quando avvengono, sono di una calamità

 straziante." Tuttavia l'autore non trasforma la Britannia dei secoli bui 

in Terra di Mezzo, ma presenta piuttosto un romanzo palesemente

 storico, in "una miscela promiscua di influenze e periodi".

 

Non lasciarmi

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

.

Non lasciarmi

Titolo originale

Never Let Me Go

Autore

Kazuo Ishiguro

1ª ed. originale

2005

1ª ed. italiana

2006

Genere

romanzo

Sottogenere

ucroniadistopia

Lingua originale

inglese

Non lasciarmi (Never Let Me Go) (2005) è un romanzo ucronico 

dello scrittore britannico di origini giapponesi Kazuo Ishiguro.

La storia è ambientata in un presente alternativo distopico ed è

 raccontata sotto forma di flashback dalla protagonista del libro,

 Kathy. Il titolo si riferisce ad una canzone, Never Let Me Go, 

della cantante Judy Bridgewater, che colpisce profondamente Kathy.

Il Time ha giudicato quest'opera come il migliore romanzo del 2005 

e l'ha inserito nella lista dei cento migliori romanzi in lingua inglese

 pubblicati dal1923 al 2005.[1] Nel 2010 ne è stato tratto un

 omonimo film diretto da Mark Romanek.

È stato pubblicato per la prima volta in italiano nel 2006.

Trama

Kathy, Tommy e Ruth sono tre alunni di Hailsham, un collegio 

immerso nella campagna inglese e completamente isolato dal

 mondo esterno. La loro educazione è affidata a dei tutori, che

 impartiscono loro lezioni di artestoria e letteratura e incoraggiano

 la loro creatività: i loro lavori migliori vengono infatti selezionati

 dalla misteriosa "Madame" per essere conservati nella sua "galleria".

 In questo ambiente, apparentemente idilliaco, i tre ragazzi crescono

sviluppando un legame che durerà per tutta la vita: Ruth e Kathy

 stringono una forte amicizia, mentre Tommy, pur nutrendo grande

 simpatia per Kathy, si fidanza con Ruth.

In seguito, i tre ragazzi lasciano Hailsham per andare a vivere nei

"Cottages" (fattorie in campagna dove passano le giornate in ozio

mantenuti dallo Stato - e con una relativa libertà) prima di

diventare "donatori"; questo infatti è il loro destino sin dalla

nascita: sono dei cloni umani creati in laboratorio per donare

 i propri organi agli umani malati. Nonostante questo i tre amici

 continuano a vivere con fatalismo e a sperare in un futuro diverso,

 che permetta loro di trovare un lavoro normale, il vero amore, e

 magari un rinvio delle donazioni. L'atmosfera però non è più quella

spensierata dell'infanzia, e i rapporti fra di loro iniziano a logorarsi

 sinché dopo un litigio Kathy decide di abbandonare i cottages e

 gli amici e diventare "assistente", cioè di occuparsi dei donatori

 prima di diventarlo lei stessa.

Qualche anno dopo Kathy incontra per caso in ospedale Ruth,

ormai donatrice. Dopo qualche difficoltà iniziale le due ragazze

 recuperano la vecchia amicizia e vanno a trovare Tommy, che

 nonostante abbia subito già due donazioni sembra stare relativamente

bene. Ruth, che ormai sente di essere vicina alla morte si scusa con

 Kathy per averla sempre tenuta lontano da Tommy, nonostante sapesse

 che loro due erano sempre stati innamorati l'uno dell'altra, e consegna

loro l'indirizzo di "Madame" per chiedere un rinvio alle donazioni.

 Quando Ruth muore Kathy va a cercare Tommy e diventa sua assistente.

I due riescono finalmente a coronare il loro amore, ma sentono che il

loro tempo a disposizione sta ormai per finire. Per ottenere un rinvio per

 Tommy i due ragazzi decidono di rivolgersi alla misteriosa "Madame"

di Hailsham, convinti che il loro amore e i bei disegni del ragazzo

sarebbero stati sufficienti a convincerla. L'incontro con Madame sarà

però una cocente delusione: il loro destino non è modificabile.

Scoprono inoltre che Hailsham era parte di un esperimento per

dimostrare che anche i cloni hanno un'anima e una sensibilità artistica,

 ma che nonostante l'esperimento abbia avuto successo il mondo

 non ha voluto rinunciare alle donazioni e ha deciso di chiudere la

 scuola. I due ragazzi, rassegnati, lasciano allora la casa di Madame

 e si preparano ad affrontare il loro destino.

Riconoscimenti

Il Time ha giudicato quest'opera come il migliore romanzo del 2005

 e l'ha inserito nella lista dei cento migliori romanzi in lingua inglese

 pubblicati dal 1923 al 2005. Nel 2006 ha vinto la quarta edizione del 

Premio letterario Merck Serono e nel 2005 è stato finalista al

 Man Booker Prize. In italiano, vedi: S. Manferlotti, "Lo scacco della

scienza per Ishiguro", in S.M., "Dal Mattino. Note per la letteratura 1989-2011",

 Napoli, Pironti, 2012, pp. 115-16.

Adattamento cinematografico

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Lo stesso argomento in dettaglio: Non lasciarmi (film).

Nel 2010 dal romanzo è stato tratto un omonimo film diretto da Mark Romanek

 e con protagonisti Carey MulliganKeira Knightley e Andrew Garfield

 

 

 
 
 

"Nel mondo della Gerusalemme" di Giovanni Getto....

Post n°1867 pubblicato il 29 Gennaio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Biblioteca Olivelli

Il presente testo è una bellissima critica

della "Gerusalemme liberata " di Tasso. 

Nel primo capitolo, "Goffredo e il tema

epico-religioso" leggiamo:

"La guerra santa non rappresenta, per

l'autore della "Gerusalemme Liberata",

un semplice pretesto. La sua funzione

nel poema non si limita a quella di una

cornice esteriore o di una impalcatura

artificiosa. La guerra, fra l'altro, condiziona

in maniera essenziale lo spazio ed il tempo

costitutivi dell'azione o dell'intreccio di azioni

che si sviluppano lungo i 20 canti.

E' la guerra che divide lo spazio in due parti:

lo spazio cristiano e lo spazio pagano; e

ancora: lo spazio dominato dal fragore delle

armi e lo spazio remoto dalla battaglia.

Senza la guerra le vicende di amore di Tancredi

e Clorinda, di Erminia e Tancredi, di Rinaldo e

Armida perderebbero la loro caratteristica

essenziale, e ne anfrebbe dissipata la loro

nuovissima poesia. Ed è sempre questa

realtà che determina il tempo "inquieto"

proprio dei personaggi tassiani, il tempo di

Solimano e di Erminia, di Rinaldo e di Tancredi.

La dinamica di queste figure verrebbe meno

se dovesse mancare l'occasione poetica della

guerra. Così la finalità religiosa della crociata

conferisce una dimensione cosmica alla prospettiva

del poema, spalancando la vastità dei cieli l

uminosi e degli abissi sotterranei, e animandoli

di misteriose presenze angeliche e demoniache.

Ma la guerra in se stessa, così come la religione,

in quanto realtà tecnica o spettacolare o principio

di determinate reazioni affettive, non manca di

suscitare un'impegnativa attenzione da parte

del oeta. Ed è nel personaggio di Goffredo che

si concentra, come in un punto di rifrazione,

questo fondamentale tema epico-religioso.......

per il suo totale distacco da ogni umana passione:

non gloria, non potenza, non oro attrae

il generoso guerriero ma solo lo sprona la fede

e lo zelo religioso

 
 
 

La Gerusalemme Liberata..

Post n°1866 pubblicato il 29 Gennaio 2019 da blogtecaolivelli

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

 Torquato Tasso presentaLa Gerusalemme Liberata 

come il maggiore poema scritto in

versi endecasillabi raggruppati in 20 canti di

lunghezza variabile.

Tasso iniziò probabilmente a scrivere l'opera

all'età di 15 anni con il titolo diGierusalemme tra

il 1559 ed il 1560 durante il soggiorno a Venezia,

ma si fermò a 116 ottave, ben meno dei venti canti

della Gerusalemme liberata, composta in seguito.

La Gerusalemme liberata vera e propria, completata

dall'autore nel 1575, fu pubblicata a Venezia senza

l'autorizzazione del poeta nell'estate del 1580 da

Celio Malespini con il titolo di Goffredo, presso

l'editore Cavalcalupo. L'edizione presentava molti

errori e soltanto quattordici canti.

L'anno successivo l'opera sempre lontano dal controllo

del suo autore, ancora rinchiuso nell'Ospedale di

Sant'Anna, fu pubblicata integralmente presso l'editore

Viotti per cura di Angelo Ingegneri prima a Parma e poi

aCasalmaggiore. Pochi mesi dopo, il 24 giugno 1581,

usciva a Ferrara la prima edizione autorizzata dal Tasso,

per i tipi di Baldini e a cura di Febo Bonnà.

Uscito da Sant'Anna per mediazione del principe di

Mantova Vincenzo Gonzaga, il poeta rimise mano

all'opera e la riscrisse da cima a fondo: espungendo

gran parte delle scene amorose, accentuando il tono

religioso e epico della trama, eliminando alcuni episodi.

L'opera venne finalmente pubblicata nel 1593, col nuovo

titolo di Gerusalemme conquistata (con dedica al cardinale 

Cinzio Aldobrandini, nipote del papa), opera che, dato il

notevole rimaneggiamento, viene generalmente

considerata separatamente.

La prima edizione illustrata della Gerusalemme

Liberata fu stampata a Genovanel 1590. Il volume

comprende venti incisioni con scene del poema, in

parte diAgostino Carracci e in parte di Giacomo Franco,

tratte da disegni di Bernardo Castello. Agostino Carracci

incise, sempre su disegno del Castello, anche il frontespizio

del libro, dove compare un ritratto del Tasso.

La stesura della Gerusalemme

liberata

Nel 1565 Tasso arrivò alla corte di Ferrara e poté

godere di piena tranquillità così da potersi dedicare,

come già Ariosto eBoiardo, alla composizione di un

poema epico per la casata d'Este. Il progetto era molto

antico nella fantasia del poeta: Tasso, da ragazzo

aveva infatti pubblicato già un Rinaldo, romanzo in

ottave scritto a ridosso della stampa del poemaAmadigi 

(altro romanzo in ottave composto dal padre Bernardo

 nel 1560 e del quale il piccolo Torquato aveva corretto

le bozze), e poi si era dedicato al Gierusalemme, poema

epico destinato a interrompersi: ce ne resta un canto

e mezzo.

Anche dopo le vicende editoriali travagliate dei primi

anni Ottanta, descritte più sopra, Tasso continuerà a

non essere soddisfatto del testo lamentando di non

averlo mai reso conforme alla sua volontà. Sarà da

notare che se il Tasso accolse poche delle critiche

mosse dai suoi censori, tuttavia fra il testo originale

e quello andato poi in stampa, delle differenze

vi furono: il caso più noto è quello del viaggio della

nave della Fortuna che in origine iniziava in Levante

e giungeva in America mentre, nella stampa, termina

alle Canarie, taglio che rende l'intero episodio più

coerente al criterio dell'unità aristotelica che era il

punto caldo delle discussioni fra il poeta e i suoi

censori. Queste ottave ora mancanti, come ancora

quelle del viaggio dell'aquila o quelle della visione

di Rinaldo, sono raccolte sotto il nome di 'ottave

estravaganti' e sono un grande documento del travaglio

compositivo del poeta stesso. La Gerusalemme liberata

 è divisa in 20 canti e comprende 1917ottave; i 20

canti sono raggruppati in 5 parti, che corrispondono

ai 5 atti della tragedia classica.

Mentre la sua fama dilagava, il poeta, già nel

carcere di Sant'Anna, pensava ad un rifacimento

dell'opera intera. Vi lavorò assiduamente dopo

la scarcerazione licenziando nel 1593 a Roma la 

Gerusalemme Conquistata, opera complessa e

perfettamente coerente al modello omerico e

al cattolicesimo tridentino, che il Tasso chiamò

'la sua figlia prediletta', sebbene sia un'opera

praticamente ignota ai lettori successivi.

Trama

La trama ruota attorno allo storico condottiero 

Goffredo di Buglione che, giunto al sesto anno

della prima crociata a capo dell'esercito, attende

la fine dell'inverno in Libano, quando gli appare

l'Arcangelo Gabriele che lo invita ad assumere

il comando dell'esercito e a portare l'attacco

finale contro Gerusalemme.

cristiani accettano di eleggere Goffredo loro

capo supremo e si mettono in marcia verso la 

Città Santa. Nascono i primi scontri, e tra i cristiani

si distinguono Rinaldo e Tancredi, tra i pagani

Clorinda e Argante. Dall'alto delle mura, assiste

allo scontro la principessa Erminia che comunica

al re di Gerusalemme Aladino i guerrieri cristiani

più forti. Argante, impaziente degli indugi dell'assedio,

vuol risolvere con un duello le sorti della guerra, e

sfida i cristiani e ad affrontarlo è il prescelto Tancredi.

L'accanito duello però viene sospeso per il

sopraggiungere della notte e rinviato.

Tuttavia intervengono i diavoli che decidono di aiutare

musulmani a vincere la guerra. Armida usa la

seduzione per condurre e imprigionare i guerrieri cristiani i

n un castello. In seguito ad una delle molte contese

che turbano il campo cristiano Rinaldo è costretto a

lasciare l'accampamento. La pagana Erminia, innamorata

di Tancredi, indossa le armi di Clorinda (della quale

Tancredi è innamorato) per fuggire dalla città e recarsi

al campo cristiano per curare le ferite del suo amato.

Tuttavia viene avvistata al chiaro di luna ed è costretta

a fuggire, trovando rifugio tra i pastori. Tancredi,

credendo che ella sia Clorinda, la insegue ma viene

fatto prigioniero da Armida nel castello con gli altri crociati.

Il giorno del duello arriva e poiché Tancredi è scomparso

viene sostituito da Raimondo di Tolosa, aiutato

da un angelo. Idiavoli a loro volta aiutano il

musulmano e trasformano il duello in battaglia

 generale. Giunge al campo cristiano Carlo, il quale 

racconta che il re danese Sveno, che doveva aiutare

i crociati con il suo esercito, è stato ucciso dal sultano

dei turchi Solimano. Si diffonde nel campo la notizia

del ritrovamento del cadavere di Rinaldo e Argillano 

accusa Goffredo di averlo fatto uccidere.

Quest'ultimo, con la sua autorevolezza e con l'aiuto

divino, riesce a neutralizzare i disordini nati nel

campo. A questo punto Solimano attacca il campo

cristiano con l'aiuto di Clorinda e Argante; le sorti

della battaglia si rovesciano però con l'arrivo dei

crociati prigionieri di Armida, liberati da Rinaldo,

erroneamente creduto morto per un inganno dei

pagani.

Goffredo così ordina ai suoi di costruire una torre

 per dare l'assalto a Gerusalemme, ma di notte

 Argante e Clorinda (di cui Tancredi è innamorato)

incendiano la torre. Clorinda tuttavia non riesce a

entrare nelle mura e viene uccisa in duello, in una

delle scene più significative del poema, proprio da

colui che la ama, Tancredi, che non l'ha riconosciuta

perché coperta dalla corazza da combattimento.

Tancredi è addolorato per aver ucciso la donna che

ama e solo l'apparizione in sogno di Clorinda gli

impedisce di suicidarsi. Inoltre il mago Ismeno lancia

un incantesimo sul bosco in modo che i crociati non

possano ricostruire la torre in mancanza di materia

le ligneo da costruzione. L'unico in grado di spezzare

l'incantesimo è Rinaldo, che è però stato fatto

prigioniero della maga Armida che lo trattiene presso

di sé con le sue arti magiche e femminili.

Due guerrieri vengono inviati da Goffredo per cercarlo

e alla fine lo trovano e lo liberano. Rinaldo, pentito di

essersi lasciato irretire da Armida fino a trascurare il

suo dovere di guerriero e di cristiano, vince gli

incantesimi della selva e permette ai crociati di assalire

e conquistare Gerusalemme. Il poema si conclude con

Goffredo che pianta il vessillo cristiano all'interno delle

mura della città santa.

 
 
 

"La Gerusalemme Liberata", riassunto

Post n°1865 pubblicato il 29 Gennaio 2019 da blogtecaolivelli

La poetica

L'idea di scrivere un'opera sulla prima crociata

è mossa da due obiettivi di fondo: raccontare

la lotta tra pagani e cristiani, di nuovo attuale

nella sua epoca, e raccontarla nel solco della

tradizione epica-cavalleresca. Sceglie la prima

crociata in quanto è un tema non così ignoto

al tempo da lasciar pensare che fosse inventata,

ma anche adatto all'elaborazione fantastica.

Il tema centrale è epico-religioso. Tasso cercherà

di intrecciarlo con temi più leggeri, senza però

sminuire l'intento serio ed educativo dell'opera.

Nel poema si intrecciano due mondi, l'idillico e

l'eroico.

Goffredo di Buglione è il personaggio principale

che raduna i cavalieri cristiani e li guida alla

liberazione di Gerusalemme.

Il centro dell'opera è l'assedio di Gerusalemme

difesa da valorosi cavalieri. Da un lato i principali

cavalieri cristiani tra cui Tancredi e Rinaldo dall'altro

il Re Aladino, Argante, Solimano e Clorinda.

Una serie di vicende si intrecciano nell'opera e ci

sarà sempre il dualismo tra Bene e Male, e sebbene

ci sia anche qui la magia, l'intervento sovrumano è

dato da Cielo ed Inferno, angeli e demoni, intrecciate

con suggestioni erotico-sensuali.

Il poema ha una struttura lineare, con grandi storie

d'amore, spesso tragiche o peccaminose; come se

il tema dell'amore sensuale, sebbene contrapposto

a quello eroico, fosse necessario e complementare

ad esso.

Si ripropone quindi quel dissidio irrisolto tra

tensione religiosa e amore terreno al quale la

poesia da Petrarca in poi si era ampiamente ispirata.

Tasso si pone come obiettivo quello di allontanarsi

dal Furioso di Ariosto, per rispettare i precetti letterari

stabiliti dalla traduzione della Poetica (Aristotele)

 compiuta da Alessandro de' Pazzi nel 1536. In primo 

luogo respinge il meraviglioso fiabesco del romanzo

cavalleresco a favore del meraviglioso cristiano: gli

interventi soprannaturali di Dio, degli angeli e anche

delle creature infernali, che appaiono verisimili al

lettore fanno parte delle verità di fede. In secondo

luogo, respinge anche la costruzione formale

ariostesca, la quale è caratterizzata dalla molteplicità

delle azioni che si intrecciano tra di loro, che

comprometterebbe l'unità di azione stabilita dai

precetti aristotelici. Egli, tuttavia, riconosce che la

varietà è necessaria per il diletto. Per conciliare questa

antitesi afferma che il poema deve essere vario,

ossia rappresentare più situazioni (battaglie, amori,

tempeste, siccità ecc.) ma tutte devono essere sottoposte

ad un mondo unitario. In un passo dei Discorsiegli

paragona il poema al mondo, che presenta notevoli

varietà di situazioni, ma tutte soggiogate alla mente

ordinatrice divina. In terzo luogo, si vuole allontanare

anche dallo stile medio tipico di Ariosto a vantaggio

dello stile sublime. Lo stile deve avere «lo splendore

di una meravigliosa maestà». Le parole devono essere

«peregrine», ossia lontane dall'uso corrente.

La sintassi «avrà del magnifico se saranno lunghi i periodi

e lunghi i membri de' quali il periodo è composto».

Tasso afferma che la poesia può unire al "vero" il

"verosimile", a condizione di mantenere una coerenza

storica nello sviluppo complessivo della vicenda.

La storia, ricondotta nell'alveo dell'intervento

provvidenziale di Dio, permette di realizzare lo scopo

educativo e, per conseguire il diletto, che per Tasso

è l'altro fine irrinunciabile, l'elemento "meraviglioso"

sarà anch'esso di impronta cristiana, consisterà cioè

nella partecipazione di angeli e demoni.

La magia di Ariosto è fiabesca, quella di Tasso ha un

fine, è ricondotta al contrasto tra bene e male.

Nei Discorsi del poema eroico Tasso parla della

"autorità della storia" e della "verità della religione"

come elementi di base del poema epico-cavalleresco.

Aggiunge poi che il poeta deve avere "licenza del

fingere" e che il poema deve far risaltare la "grandezza

e nobiltà degli avvenimenti" in quanto il mondo

eroico deve essere il mondo della perfezione, perciò

anche il linguaggio deve essere "illustre".

L'amore è la tematica più complessa, vissuta in maniera

lacerante, poiché anche se visto come peccato,

poi vinto dai valori religiosi, il modo di raccontarlo

dimostra che rimane un dissidio non risolto.

Così le storie d'amore si caricano di pathos tragico,

Tancredi si innamora di Clorinda, guerriera musulmana,

ed è condannato dal destino ad ucciderla; Armida

si innamora di Rinaldo.

Tra gli aspetti del proprio tempo che nel Tasso ricevono

un'eco particolare, appare importante il ruolo esercitato

dalla corte (corte degli Estensi) come ambiente

essenziale ed irrinunciabile in cui si è formata la fantasia

e si è modellata la vita del poeta: la corte insieme

amata ed odiata, respinta e ricercata, in cui si distende

e si configura il sogno di gloria e di felicità ed il tormento

di vita; la corte come struttura che suggerisce alla poesia

immagini di fasto e di grandezza e un modo particolare

di intendere l'esistenza.

La Gerusalemme e lo spirito della

Controriforma

salemme liberataUn anno dopo la nascita di Tasso

era stato indetto il Concilio di Trento, tappa fondamentale

del processo controriformistico.

La Chiesa manifestava l'ardente necessità di orientare

gli intellettuali al fine di difendere l'ortodossia cattolica

contro le confessioni riformate. Il rinnovamento del Tribunale

dell'Inquisizione e l'istituzione dell'Index

librorum prohibitorumcontribuirono alla nascita di un clima

di rimarcata attenzione alla compatibilità con la fede

cristiana delle opere circolanti. Nello spirito della Controriforma,

l'ideale dell'ortodossia prevaleva sugli ideali umanistici e

rinascimentali di riscoperta del mondo classico e comportava

la moderazione delle velleità e delle frivolezze.

L'intellettuale cristiano, partecipe di questo nuovo

interesse per la causa della fede, iniziò a sentirsi

responsabile dei messaggi veicolati dalle sue opere.

È proprio tale consapevolezza a plasmare una personalità

tanto complessa quale quella del Tasso.

L'esigenza del richiamo ai valori religiosi è insita nel fine

pedagogico della sua Gerusalemme liberata. Il poema

è teso non al solo delectare, ma al docere: i cristiani allora

dovevano riscoprire la propria compattezza, combattendo

per difendere la propria fede dalle minacce esterne,

ovvero i Turchi, ed interne, ovvero le spinte disgregatrici

figlie della riforma luterana. Il dover sensibilizzare l

a società secondo lo spirito controriformistico fu motivo

di particolare attenzione per il Tasso, che sentì il bisogno

di sottoporre la sua opera al giudizio di otto revisori,

al fine di valutare la chiarezza del messaggio educativo.

Per il Tasso, vero manierista, conciliare, in sé e nelle

sue opere, lo spirito rinascimentale morente con la

tensione religiosa significava conciliare l'unità con la

varietà.

A livello stilistico la molteplicità delle situazioni doveva

essere governata da una trama unitaria e compatta i

n cui i diversi elementi si combinavano in una fitta rete

di rapporti e di corrispondenze. Alle unità aristoteliche

di luogo, di tempo e d'azione accostò dunque la varietà,

ovvero il susseguirsi di episodi secondari per arricchire

la narrazione.

A livello contenutistico, invece, è evidente quella che

il critico Lanfranco Caretti definisce "discorde concordia":

la contrapposizione dialettica tra la tematica eroica

fondata sulla crociata, che coincide con il coinvolgimento

morale dei personaggi, e quella sentimentale, susseguirsi

di passione e debolezza. L'intrigo spirituale sopravvive

in Tasso, lasciando emergere una sorta di "bifrontismo

spirituale", nel tentativo di conciliare classicismo e

moderna ansietà religiosa. L'alterno susseguirsi di

opposte prospettive, ora "ascendenti" ora "diversive",

è simbolo del conflitto interiore dell'autore alla ricerca

dell'unità, da recuperare prima in sé e poi nelle sue

produzioni. Caretti vede la stabilità ariostesca

contrapposta all'instabilità tassiana.

Ciò è dovuto alla fine delle certezze del Rinascimento,

quando le sorti politiche italiane erano avvolte da una

ombra di irreparabile sconfitta e si venne facendo

sempre più evidente il declino dello slancio attivo

e fiducioso che aveva animato la civiltà italiana, a

cui si aggiunse la chiusura più rigida della

restaurazione cattolica. Si tratta di un'età in cui

sull'eredità rinascimentale viene innestandosi

"lo spirito nuovo e inquieto di un'età percossa

dall'urto violento della Riforma e intimamente

desiderosa di una sincera renovatio morale".

L'equilibrio tra peccato e redenzione, tra passione

ed ideale, però, sembra sempre irrealizzabile.

La tensione verso unacatarsi irraggiungibile e la

conseguente assenza di compattezza si traducono

dunque in ansia. Si tratta della stessa ansia che

rende il mondo della Liberata tormentoso e problematico.

È lo stesso senso di turbamento che avvolge il

Tasso cosciente di una nuova consapevolezza:

il potere dell'uomo e dell'intelletto è limitato da

condizionamenti morali e metafisici.

Come sottolinea il Getto, il tema religioso è presente

anche con il rito e la liturgia: "È la prima volta che

la religione, sentita come spettacolo e liturgia,

trova posto nella poesia italiana".Troviamo infatti

voci essenziali del rito cattolico: le cerimonie religiose

(funerali, messa, processione), i sacramenti 

(comunione, battesimo, confessione).

 
 
 

"La Gerusalemme Liberata" di

Post n°1864 pubblicato il 29 Gennaio 2019 da blogtecaolivelli

Le fonti dell'opera

La Gerusalemme è sicuramente un'opera

composita, un capolavoro che ha attinto a

più fonti, capace di fonderle insieme dando

origine ad un testo coerente. Nelle lettere

Tasso ha sempre sostenuto di voler conciliare

l'esempio degli antichi con quello dei moderni,

e il risultato conferma la buona riuscita delle

sue intenzioni.

La critica ha sviscerato la Gerusalemme per

estrapolarne le fonti e il loro peso, ma gli studiosi

sono stati sostanzialmente concordi nell'individuazione

delle opere che hanno ispirato Torquato, pur

dissentendo quando si è trattato di definirne

una più importante dell'altra.

Alcuni si sono specializzati nella ricerca dei testi

che più hanno influenzato il capolavoro:

All'inizio del XX secolo Vincenzo Vivaldi ha deciso

di intraprendere un'operazione piuttosto meccanica

ma immensa per impegno e dedizione richieste.

Vivaldi concludeva che «i principali fattori della Liberata 

sono tre: cronache delle crociate,Eneide ed Iliade,

e poemi cavallereschi ed eroici italiani anteriori al poeta»

 Faceva tuttavia dei distinguo, ed asseriva

che se le Cronache delle crociate costituivano

la base dell'opera, erano tuttavia rielaborate

al punto da far rimanere, nellaLiberata, un sesto

della verità storica, perché il resto è dominato

non solo dall'influsso di Eneide e Iliade o dall'Ariosto,

dalTrissino, da Giraldi Cintio, ma anche da altri

autori antichi quali Lucano o StazioSilio Italico o 

Apollonio Rodio, e naturalmente anche da Dante,

 PetrarcaBoccaccioPoliziano.

Insomma, quasi sempre rielabora episodi già

esistenti, perché la facoltà della fantasia ebbe

«scarsissima», e la fedeltà maggiore sarebbe

serbata agli antichi e all'Ariosto. La poca fantasia

viene però compensata dalla capacità di fondere

insieme gli elementi per creare un'opera viva e

affatto nuova.

Se discutibile è l'epiteto di «scarsissima» che

Vivaldi rivolge alla fantasia del Tasso, il suo lavoro

sulle fonti è eccellente, e gli altri studiosi poco

hanno aggiunto, se non in termini di "gerarchia

delle fonti". Per il Multineddu in effetti è l'Eneide

 a occupare il primo posto tra i testi classici, Dante

e Petrarca sono i poeti medievali con l'influenza

maggiore e tra i «cavallereschi» la palma va al 

Boiardo e all'Ariosto. Tra i cronachisti, infine,

quello cui più l'autore ha attinto sarebbeGuglielmo

di Tiro.

Il de Maldé tira invece in ballo l'importanza dei

riferimenti biblici e sacri. Le fonti principali sono

«la Bibbia, le Cronache delle Crociate e i Santi

Padri, con tutte quelle illustrazioni in prosa e

in verso che la letteratura contemporanea e

posteriore venne portando ad esaltazione

delle Crociate e Cronache stesse». Insomma,

pur essendo vivi i riferimenti ariosteschi, «lo

spirito sacro cristiano dominò e informò tutta l

'alta materia e tutta l'arte», e «un'allegoria

spirituale e morale sovraintese alla composizione

della Gerusalemme».

Il richiamo all'Iliade pare evidente: basti pensare

al tema della guerra e al fatto che, come per gli 

Achei sia necessario il rientro in battaglia di Achille,

così il campo crociato potrà prevalere solo grazie

al ritorno di Rinaldo. Si aggiunga anche l'intervento

divino comune ai due poemi; tuttavia, mentre

gli interventi di Dio, degli arcangeli e degli angeli

(e dei demoni ad essi contrapposti) si inseriscono

nella Gerusalemme nella linea della Provvidenza

cristiana, quelli degli dèi che volta a volta aiutano

i Greci o i Troiani sfuggono a questa dinamica di

trascendenza.

 
 
 

"La Gerusalemme Liberata di T.Tasso

Post n°1863 pubblicato il 29 Gennaio 2019 da blogtecaolivelli

Personaggi principali

Goffredo di Buglione

Goffredo di Buglione è il protagonista maschile

in assoluto del poema di Tasso. Egli è il capitano

dell'armata cristiana della Prima crociata contro

l'esercito selgiuchide della Turchiache ha occupato

 Gerusalemme. Torquato Tasso si riferisce alla sua

figura già nel proemio, spiegando di narrare in

versi le gesta del capitano che liberò dalle mani

degli Infedeli il Santo Sepolcro di Gesù. All'inizio

del poema Goffredo, partito per la crociata già dal 

1096, non è ancora riuscito a conquistare Gerusalemme.

Giunge il 1099 e il cavaliere intrepido, avendo

conquistato già Costantinopoli, riceve la visita

dell'Arcangelo Gabriele che lo invita a tenere duro

contro i musulmani. Goffredo allora, riacquistando

il coraggio e infondendolo anche nei cuori dei

combattenti cristiani, manda una messaggio al reggente

di Gerusalemme, Aladino, per avvisarlo del tremendo

assalto che lo distruggerà. Arganteperò, combattente

straniero che poi si allea con Aladino, vorrebbe una

tregua e si presenta a Goffredo come ambasciatore,

proponendo un'alleanza con l'Egitto. Al rifiuto del

Capitano, riprende di nuovo la guerra e Argante

uccide il cristiano Dudone a cui Goffredo tributa i funerali.

Dopo che i demoni dell'Inferno scelgono di far

allontanare i cristiani dal loro obiettivo con stragi,

carestie e persecuzioni spirituali, Goffredo inizia a

perdere il ruolo di protagonista, venendo sostituito

da Tancredi e da Rinaldo. Ricompare protagonista

nella metà del poema, nel canto VIII, XI E XIV in cui

viene addirittura sospettato di tradimento dai suoi

commilitoni. Quando Rinaldo, posseduto da un

diavolo, uccide un compagno, fugge via dal campo

in preda alla vergogna, Goffredo raccoglie le sue

armi e l'armatura insanguinati. I soldati credono che

sia stato lui ad uccidere Rinaldo. Dopo l'ennesimo

assalto a Gerusalemme, Goffredo di Buglione viene

gravemente ferito, ma risanato subito per intervento

divino, affinché possa perseguire l'incarico affidatogli

da San Michele Arcangelo. Nel frattempo Rinaldo

viene sedotto dalla maga nemica Armida che lo attrae

nel suo giardino incantato per fare l'amore. Rinaldo

perde ogni attrazione e interesse per la guerra e rimane

per molto tempo prigioniero. L'intervento di Ubaldo e

Carlo, mandati da Goffredo che aveva ricevuto una

visione di Rinaldo prigioniero, liberano il paladino e

svergognano la maga. Dopo altre peripezie, Rinaldo

si ritira in meditazione per l'errore compiuto e Goffredo,

sconfitti i maggiori difensori di Gerusalemme, dichiara

liberata la Città Santa dalle mani degli Infedeli e

adora il Santo Sepolcro.

Il personaggio di Goffredo nel poema è soprattutto

ricordato per la sua perfezione assoluta nel fisico,

nella prestazione nelle battaglie e specialmente per

il carattere severo, inflessibile che non cede alle

tentazioni. Tasso per celebrare la religione cristiana,

essendo il periodo della Controriforma, volle scegliere

un condottiero perfetto che rappresentasse in tutto

e per tutto i degni successori di Gesù Cristo nella

crociata. L'esatto contrario di Goffredo è Tancredi

che, personaggio pieno di ambivalenze, è sempre

soggetto a dubbi, innamoramenti e turbe psichiche

per colpa dei demoni che infestano gli animi dei

cristiani. Infatti da ricordare sono il suo amore per 

Clorinda e l'infatuazione condannata della pastorella

Erminia che prova per il paladino.

Clorinda 

inda è la figlia di Sanapo, re d'Etiopia di religione

cristiana. Folle di gelosia nei confronti della moglie,

il re la rinchiude in una torre alla quale hanno accesso

solo le sue ancelle e l'eunuco Arsete.

La regina è sottomessa alla volontà del marito e

spesso si rifugia nella preghiera presso l'immagine di 

san Giorgio che adorna le pareti della sua stanza.

Rimasta incinta partorisce una figlia bianca.

L'evento trova spiegazione nel fatto che, avendo ella

giaciuto con il marito di fronte alla raffigurazione del

santo che libera la principessa dal drago, l'impressione

data dall'immagine della principessa bianca dipinta,

abbia influenzato l'aspetto della futura figlia.

Terrorizzata dalla gelosia del marito che nonostante

la sua innocenza non avrebbe creduto a nessuna

spiegazione affida la bambina al suo servo, Arsete,

facendogli promettere di crescerla secondo la fede

cristiana, e prega san Giorgio di proteggerla.

Arsete parte in segreto con la bambina verso l'Egitto,

sua terra natale; durante il viaggio si imbatte in

una tigre, terrorizzato, si arrampica su un albero

lasciando la bambina a terra; la tigre si avvicina e

offre per allattarla le mammelle, così che la piccola

Clorinda può nutrirsi.

Arsete rimane attonito di fronte a quello che gli

sembra un incredibile prodigio; allontanatasi la

tigre, riprende la piccola e prosegue il suo cammino.

Viene però inseguito dai briganti e, scappando,

si ritrova davanti ad un fiume, si tuffa sorreggendo

Clorinda ma la corrente è troppo forte; la bambina

gli sfugge dalle mani, ma le onde la trasportano illesa

a riva.

Durante la notte appare in sogno ad Arsete san Giorgio

(alla cui protezione si devono, infatti, l'allattamento

della tigre e il miracoloso salvataggio dal fiume);

egli intima ad Arsete di far battezzare Clorinda, ma il

vecchio non gli dà ascolto. Giunto in Egitto, fa svezzare l

a bimba in un villaggio; appena giunta alla fanciullezza

Clorinda inizia ad autoeducarsi alla caccia e allaguerra 

(Gerusalemme Liberata, II, 39-40) rifiutando tutti gli

ornamenti e le occupazioni femminili, addestrandosi

nel combattimento fino ad essere in grado di seguire

gli eserciti nelle campagne militare e conquistare fama

e terre.

Quando Goffredo di Buglione si prepara ad attaccare 

Gerusalemme e la città si prepara all'assedio dei Crociati,

il re Aladino sfoga la sua rabbia sui cristiani che vivono

nella città e condanna a morte Sofronia, una giovane

cristiana che si autoaccusa del furto di un'immagine

della Vergine, per salvare il resto del popolo dalla

strage promessa dal re per il crimine in realtà

architettato dal mago e suo consigliere Ismeno

per eliminare i cristiani.

Olindo, innamorato segretamente di lei, si accusa per

salvarla ma entrambi vengono condannati; stanno per

essere giustiziati quando Clorinda ferma i carnefici.

Si presenta al re che la conosce per fama e chiede la

vita dei due giovani offrendo in cambio i suoi servigi

nella battaglia che si sta preparando.

Aladino accetta a patto che i cristiani prendano la via

dell'esilio (G.L. II, 1-38). Un giorno, durante un

combattimento, la guerriera si ferma presso un fiume

e si toglie l'elmo per bere: è allora che il principe 

Tancredi d'Altavilla, il più valoroso dei Crociati insieme

a Rinaldo, la vede e si innamora di lei (G.L. I, 46-49).

Da quel momento il principe perde di vista i suoi

doveri di cristiano e di cavaliere schiavo della sua

passione amorosa, tanto che durante uno scontro

attaccato da lei non attacca ma anzi la chiama in

disparte e le dichiara il suo amore. Di fronte alla

sua dichiarazione la donna non reagisce essendo

totalmente estranea al sentimento amoroso

(G.L. III, 23-31).


Durante l'assedio di Gerusalemme, Clorinda si

distingue come arciera dall'alto della torre e ferisce

lo stesso Goffredo (G.L. XI, 27-54), ma desiderosa

di misurarsi col nemico e distinguersi con un'impresa

eroica decide di introdursi nottetempo nel campo

cristiano per incendiare la torre con cui i Crociati 

vogliono assaltare le mura (G.L. XII). Il guerriero

Argante si offre di accompagnarla; il vecchio Arsete,

che l'ha accompagnata fino a quel momento,

cerca di distoglierla dal folle progetto narrandole

per la prima volta la storia delle sue origini e di un

nuovo sogno premonitore. Anche la guerriera ha

fatto un sogno simile ma tace e rifiuta di lasciare

il suo progetto e i valori per i quali ha sempre

combattuto.

Tancredi e Clorinda

L'impresa viene portata a compimento ma al

momento del rientro tra le mura di Gerusalemme,

Clorinda rimane chiusa fuori per errore. Allora

Tancredi si accorge di lei e, non riconoscendola

per l'armatura non sua, vede in lei solo l'incendiario

della torre e rincorrendola la sfida a singolar tenzone.

Il duello è all'ultimo sangue; alla fine il principe ne

esce vincitore, infliggendo alla donna una ferita

mortale al petto.

Ormai in fin di vita Clorinda riconosce al nemico

la vittoria e gli chiede il Battesimo. Sono le prime

luci dell'alba, Tancredi prende dell'acqua ad un

vicino ruscello e le toglie l'elmo per battezzarla.

Solo allora si rende conto di aver ferito a morte

la donna che ama, ma reprime la sua angoscia

per esaudire il suo ultimo desiderio, e la battezza.

Clorinda gli dà il segno della pace, sorride e muore

serenamente in grazia di Dio.

Tancredi si dispera e gravemente ferito perde

i sensi. Ritrovato dai compagni viene portato al

campo dove appena rinvenuto dà a Clorinda

degna sepoltura. Non sa però rassegnarsi al suo

crudele destino ed è preda della disperazione e

dei vaneggiamenti.

Trova pace solo dopo che l'amata gli appare

in sogno dal Paradiso dove si trova grazie a lui;

la donna infatti era destinata fin dalla nascita

alla conversione e alla salvezza e con la sua

morte libera anche Tancredi dalla follia d'amore,

facendolo tornare ai suoi doveri di combattente

diCristo. Subito dopo la morte di Clorinda la situazione

della guerra si sblocca e il Santo Sepolcro viene

riconquistato dai cristiani.

Clorinda è sicuramente una delle figure in cui il Tasso

ha chiuso una delle sue trame più difficili, sembra

quasi si tratti di un rimando alla virgiliana vergine

Camilla o all'antico mito greco delle Amazzoni,

le donne guerriere, che secondo la leggenda

sacrificarono tutta la loro femminilità per la guerra.

A queste caratteristiche "maschili" il Tasso affianca

un'aura di dolce femminilità, rivelata solo in pochi

versi e drammaticamente esaltata quando, ormai

morente, ella chiede il battesimo. Si tratta quasi

di un personaggio che per alcuni attimi fuggenti

sembra uscire dalle sue vesti di metallo come una

farfalla dalla sua crisalide o, come dice Fredi Chiappelli i

n "Studi sul linguaggio del Tasso epico", «Vissuta

a lungo in una larva militare, Clorinda fiorisce in

tutta la sua dolcezza femminile d'improvviso e

per un istante, l'istante della sua morte».

Sono interi mondi cristallizzati in pochi attimi e

subito interrotti dalla foga della battaglia o dalla

prematura morte della donna. Sembra quasi che

si tratti di momenti eterni, fluttuanti nel tessuto

temporale del racconto, fermi, statici, immobili,

contemplativi.

«Bianche via più che neve in giogo alpino
avea la sopravveste, e la visiera
alta tenea dal volto; e sovra un'erta,
tutta, quanto ella è grande, era scoperta.»

«Ferirsi alle visiere; e i tronchi in alto
volaro e parte nuda ella ne resta;
chè, rotti i lacci e l'elmo suo, d'un salto
(mirabil colpo!) ei le balzò di testa;
e, le chiome dorate al vento sparse,
giovane donna in mezzo 'l campo apparse.»

A queste sensualissime descrizioni fisiche si

affiancarono i precetti morali, che portano il Tasso

a decretare a queste storie una fine d'ineluttabile

dolore. L'amore, infatti, per il poeta, non può che

portare ad un indebolimento degli animi e ad uno

sviamento dal campo di battaglia e dalla missione

sacra. Morente, Clorinda chiede il battesimo e muore

da cristiana, suscitando quasi la commozione

dell'autore stesso in una scena che è espressione

delle migliori doti liriche possedute dallo scrittore.

Tancredi

Tancredi d'Altavilla è un noto paladino fedele al

Capitano Goffredo di Buglione, generale della 

Prima crociata contro i turchi di Gerusalemme.

Egli è l'esatto contrario del suo comandante, severo e

fedele a Dio, ed ha un ruolo chiave nel poema perché

rappresenta il dubbio, l'animo fragile umano e colui

che cede spesso e volentieri alle tentazioni.

Il suo amore per la nemica musulmana Clorinda

è un chiaro esempio della sua debolezza di carattere,

tanto più quando egli, senza riconoscerla, la uccide

in combattimento. Infatti pochi giorni prima del grande

assalto cristiano a Gerusalemme, i turchi selgiuchidi

avevano sfoderato un'offensiva all'esercito cristiano,

distruggendo il simbolo di ciò che faceva resistere

ancora Goffredo e i suoi paladini alle terribili sofferenze

inflitte dai diavoli e dalle carestie. Clorinda, non

riconoscendo Tancredi e viceversa per il paladino

d'Altavilla, lo attacca in duello però ne rimane ferita

gravemente. Questa, in punto di morte, chiede a

Tancredi di battezzarla. Tempo prima di ciò una

pastorella, sempre "infedele" di nome Erminia si

era innamorata di Tancredi, ma sapendo

dell'impossibilità del loro rapporto, si rifugia sui monti,

cercando di dimenticare le sue passioni. Infatti aveva

già cercato la fanciulla di intrufolarsi nel campo cristiano

sotto mentite spoglie, ma poi era fuggita atterrita da

uno scontro. Verso la fine del poema Erminia, vedendo

Tancredi ferito gravemente dal duello con il saraceno

Argante, lo cura sempre però travestendosi.

Erminia

Figlia del re Cassano di Antiochia, perde padre e

patria quando la sua città viene conquistata dai Crociati.

Preda, tra molte altre, del vincitore di suo padre,

il principe Tancredi, che tuttavia la onora e la protegge,

Erminia finisce per innamorarsi del cortese conquistatore,

tanto che la prigionia le è ben più diletta della libertà

che alla fine le viene donata (VI, 56-57).

La principessa è così obbligata, non senza molto ben

celato dolore, a lasciare il campo cristiano e a cercare

rifugio insieme all'anziana madre, a Gerusalemme,

città alleata (VI, 59).

Tra le mura della città, patita dopo poco anche

la perdita della madre, Erminia si strugge per amore

di Tancredi, continua a vagheggiare la sua dolce prigionia,

a maledire l'amara libertà e a sognare il ritorno dell'amato,

finché un giorno, i cristiani giungono alle porte della città,

destando i timori della popolazione e risvegliando la sua

tacita speranza. Alla vigilia dell'attacco mentre fremono

i preparativi per la difesa, il re Aladino, la vuole accanto

a sé sulle mura, perché lo aiuti a riconoscere i vari eroi

cristiani a lei bene noti a causa della sua prigionia

(III, 12, 17). Non senza molti sospiri e mal celate

lacrime Erminia nomina e descrive i principali eroi

cristiani, tra cui naturalmente Tancredi, celando

sotto il manto de l'odio altro desio (III 19-20;

37-40; 58-63).

Ogni volta che si trova sola, Erminia si rifugia

sulla torre e qui piange e sospira; da qui osserva

anche il combattimento tra Argante e Tancredi

tormentandosi per la sorte dell'amato (VI, 62-63).

Nelle notti successive l'immagine del principe

lacero e ferito la tormenta nei suoi incubi (VI, 65)

e il desiderio di curare le sue ferite con le arti

mediche apprese dalla madre, non la abbandona

mai di giorno (VI, 67-68); così come l'amara

consapevolezza che, rimanendo in città, sarà i

nvece obbligata a prestare il suo aiuto ad Argante,

mettendo in ulteriore pericolo il suo amato che

angue ferito nel campo cristiano.
L'animo della fanciulla è lacerato dal dubbio; la

disperazione le fa pensare di somministrare erbe

velenose ad Argante, ma la sua coscienza la porta

a rifiutare tale proposito (VI, 68); il desiderio di

raggiungere l'amato le fa meditare la fuga ma il

dovere di salvaguardare l'onore regale la trattiene

(VI, 69).

Una vera e propria battaglia tra Onore e Amore

si scatena dentro di lei; da una lato non avrebbe

timore di avventurarsi fuori dal palazzo, avendo

già visto guerre e stragi, l'Amore poi le fornisce

tutta la forza necessaria all'impresa, dall'altra però

il dovere di conservare la sua virtù, preservata

perfino durante la prigionia e il pericolo della fama

di impudica le impediscono di realizzare i suoi propositi.

Ma la speranza nell'amore di Tancredi quale ricompensa

delle sue cure, il vagheggiamento della realizzazione

dei suoi sogni, la spingono infine prevalgono

(VI, 69-78).

Indossate le armi di Clorinda, sottratte dalla sua

stanza mentre la guerriera si trova in concilio di

guerra, con uno scudiero ed un'ancella si reca al

campo cristiano (VI, 86-92).

Appena giunta però, uno dei guerrieri, Poliferno,

credendola la vera Clorinda, la attacca per

vendicare la morte del padre ucciso dalla guerriera

(VI, 108) facendola fuggire in preda al terrore

(VI, 101).

Frattanto Tancredi al quale era stato annunciato

l'arrivo della donna che lui ama, insegue la non

vera Clorinda, cadendo poi prigioniero nel castello di

Armida.

Dopo una notte e un intero giorno di fuga, Erminia

giunge sulle rive del Giordano (VII 1-5) si rifugia poi

tra i pastori (VII, 14-22) presso i quali resta per

qualche tempo, per poi essere rapita da un gruppo

di soldati egiziani (XIX, 99) che la portano al campo

dell'esercito musulmano.

Qui, la tante volte liberata e serva, alla vigilia della

battaglia decisiva tra esercito Crociato e Musulmano,

incontra Valfrino, inviato come spia da Goffredo, e,

dopo avergli narrato la sua storia, lo prega di riportarla

al campo crociato da Tancredi (XIX, 80).

Lungo la strada però, i due incontrano lo stesso

Tancredi in fin di vita dopo lo scontro decisivo con

Argante; Erminia lo cura strappandolo alla morte

(XIX 103-114), lui la riconosce e la ringrazia, ma in

seguito al rientro del principe tra i suoi, di lei e del

suo destino non si hanno più notizie.

 
 
 

"La Gerusalemme Liberata " di T.Tasso

Post n°1862 pubblicato il 29 Gennaio 2019 da blogtecaolivelli

Armida

Nipote del mago Idraote, signore di Damasco,

Armida è una bellissima maga, che lo zio invia tra

i Crociati affinché ne catturi il maggior numero

possibile distogliendoli dalla loro missione con la

sua bellezza e con le sue arti magiche (IV, 23-30).

Armida giunge al campo ed immediatamente

i cristiani sono presi dalla sua bellezza (IV, 33, 1-4);

dissimulando la consapevolezza del suo potere

seduttivo e la gioia per le sue future conquiste

che crede ormai certe, seguendo i consigli dello zio

mago, si presenta come una principessa cacciata

dal suo regno bisognosa della protezione di

Goffredo e dei suoi. In presenza del capitano

racconta di essere figlia di Arbilano re di Damasco

e di sua moglie Cariclia, di aver perso i genitori e

il regno, e di essere minacciata dal perfido zio che

desidera la sua morte per usurpare il trono;

chiede al capitano di darle dieci dei suoi uomini

perché la aiutino a riconquistare il regno (IV, 33-64).

Goffredo dapprima le rifiuta cortesemente l'aiuto

richiesto perché distoglierebbe il suo esercito dalla

sua missione (IV, 64-69), ma visto lo scontento dei

suoi, per evitare ribellioni alla fine le concede

quanto richiesto (IV, 77-82).

Vengono estratti a sorte dieci dei soldati cristiani

(V, 72) ed Armida parte con loro, ma molti altri 

invaghiti della maga la seguono abbandonando

nottetempo il campo (V, 77-85) che si trova così

sguarnito dei principali eroi essendo anche

Rinaldo lontano.

Il piano di Armida sembra in parte realizzato; la

donna conduce i suoi prigionieri al suo castello

sulle rive del Mar Nero (X, 61), qui gli eroi cristiani

vengono trasformati in pesci, (X, 66-68), la maga

chiede loro di abbracciare la fede musulmana e di

passare alla parte nemica (X, 69), al loro rifiuto

li imprigiona, finché avendo saputo che il re d'Egitto

sta radunando un esercito decide di donargli i suoi

prigionieri. Proprio mentre li conduce da lui interviene

Rinaldo che li libera (X, 70-71).

Armida così, privata delle sue prede, decide di

vendicarsi facendo prigioniero proprio il loro l

iberatore (XIV, 51); lo attira nel suo castello, lo induce

al sonno con la sua magica arte e lo imprigiona.

Nel rimirarlo addormentato tuttavia Armida non può

che rimanere incantata dalla bellezza del paladino

(XIV 66-68) e se ne innamora. Allora lo porta con sé

nel suo giardino sulle Isole della Fortuna perché

nessuno le sottragga l'oggetto del suo amore (

XIV, 69-71). Qui trascorre con Rinaldo, dimentico dei

suoi doveri di crociato, un periodo di felici amori

(XVI, 17-25), finché il paladino non viene riportato

alla ragione dai suoi compagni Carlo ed Ubaldo inviati

da Goffredo per ricondurlo alla guerra.

Armida viene così abbandonata da Rinaldo

in nome dei suoi doveri di combattente della fede,

e rimasta sola e schernita (XVI, 35), in preda all'ira,

promette vendetta (XVI, 59-60). Evoca i demoni,

gli stessi attraverso i quali aveva fatto comparire

il palazzo, e l'incanto cessa: tutto sparisce senza

lasciare traccia (XVI, 68-69); poi vola con il carro

magico fino al suo castello a Damasco, qui raduna i

l seguito e si prepara per unirsi all'esercito musulmano

adunato dal re d'Egitto a Gaza (XVI, 73-75).

Al campo Armida si mostra al sommo della sua bellezza,

in veste di arciera, su un carro riccamente adornato,

con un immenso seguito (XVII, 33-34).

Di fronte al re d'Egitto e a tutto l'esercito Armida

si promette a chi l'aiuterà a realizzare la sua

vendetta su Rinaldo colpevole di averla disonorata

(XVII 48). Anche qui come prima nel campo cristiano

i principali eroi si contendono i suoi favori e fanno a

gara per tentare di compiacerla; allo stesso modo

Armida illude i vari guerrieri per infiammarli ed

ottenere da loro la sua vendetta (XIX, 67-70).

Giunto il giorno della battaglia decisiva, quando la

sorte arride all'esercito crociato, Rinaldo ed Armida

si incontrano, la donna punta il suo arco contro il

paladino e per tre volte cerca di scagliare la freccia,

ma l'amore le impedisce di colpire l'amato (XX, 61-63);

rimasta sola in balia dei nemici Armida viene difesa

da Altamoro che abbandona per lei i suoi soldati

dandole l'opportunità di mettersi in salvo

(XX, 69-70).

Dopo aver visto tutti i suoi campioni cadere ad

uno ad uno, disperando ormai la vittoria e la

vendetta, fugge sul suo destriero (XX, 117) e si

rifugia in una radura; qui in preda alla disperazione,

medita di uccidersi con le stesse armi che non hanno

saputo macchiarsi del sangue del suo nemico-amante

realizzando la sua vendetta (XX, 124-127).

Rinaldo giunge proprio nel momento in cui sta per

trafiggersi con le sue stesse armi e la ferma (XX, 127);

poi la rassicura, la invita a placare il suo animo,

si dichiara suo campione e servo e promette di

ricollocarla sul suo trono e di regnare al suo fianco

come legittimo consorte se lei abbandonerà la fede

pagana. Armida si rasserena e accetta, si dichiara

ancella sua e disposta a condividere la sua fede

e il suo destino (XX, 134-136).

Rinaldo

Anche Rinaldo, oltre a Tancredi, è una figura piena

di difetti e ambivalenze nel poema. Combattendo

per Goffredo, egli uccide incoscientemente il compagno

Gernando. Fatto ciò egli fugge dall'accampamento in

preda allo sconforto. La magaArmida, nemica dei

cattolici, lo attrae a sé con la seduzione e il piacere.

Rinaldo viene catturato e costretto ad amare Armida

nella sua casa incantata. Goffredo, non vedendo più

Rinaldo, viene accusato dai suoi commilitoni di averlo

ucciso e quindi, fattasi la situazione insostenibile,

spedisce i soldati Carlo e Ubaldo in casa di Armida

perché liberino Rinaldo. Infatti Goffredo di Buglione

aveva scoperto la prigione del paladino grazie

ad un intervento divino, dato che egli fu il prescelto

dall'Arcangelo Gabriele per conquistare Gerusalemme.

Ubaldo e Carlo dapprima si trovano a combattere

contro i sortilegi della maga, addirittura uccidendo

un drago sputafuoco, Rinaldo vedendo la sua

immagine riflessa nello scudo del suo compagno

vede la parte deformata ed oscura di sé (tema del

doppio). Tornato tra i suoi soldati, Rinaldo ottiene

il perdono da Goffredo e si ritira in meditazione

sul Monte Oliveto. Verso la fine del poema egli,

che è l'unico ad aver superato la propria paura,

taglia la legna della foresta incantata di saron e

porta la cristianità alla vittoria.

 
 
 

"La Gerusalemme Liberata" di T.Tasso

Post n°1861 pubblicato il 29 Gennaio 2019 da blogtecaolivelli

I nemici principali dei cristiani

Ismeno: sacerdote e mago dei turchi, il quale convoca la bellissima

giovane e seducente Armida per gettare scompiglio sui cristiani.

Ismeno per celebrare un suo rito satanico contro l'esercito di Goffredo

cerca di celebrare anche un sacrificio pagano, volendo bruciare vivi

i ragazzi Olindo e Sofronia. Però questi all'ultimo momento vengono

salvati da Clorinda.Argante: reggente della Gerusalemme conquistata

dai turchi, alleato fedelissimo del re Aladino. Originariamente giunse

come ambasciatore dall'Egitto per proporre un accordo coi cristiani

ma, cacciato da Goffredo, si alleò con i musulmani. Alla fine del poema

viene ucciso da Tancredi.Aladino: re di Gerusalemme, legittimo nemico

della cristianità e di Goffredo. Ordina gli attacchi contro l'esercito nemico,

servendosi anche della maga Armida. Alla fine del poema viene ucciso

dal cristiano Raimondo.Idraote: mago e indovino, governatore di Damasco

e delle città limitrofe. È zio di Armida ed è lui a decidere di mandarla

presso il campo cristiano.

La lingua

Lo stile del Tasso si distingue per un "parlar disgiunto", per un

verseggiare rotto da frequenti figure retoriche e metriche:chiasmoenjambement, inversione, antitesianadiplosiallitterazioneanafora. I versi sono spezzati

all'interno da forticesure. Ad esempio a proposito di Clorinda e Tancredi il

Tasso scrive: "Segue egli impetuoso, ||onde assai prima /che giunga, in guisa

avvien ||che d'armi suone, / ch'ella si volge e grida: ||"O tu, che porte,

/ che corri sì?".||Risponde:||"E guerra e morte"./ "Guerra e morte avrai", ||disse...

Sono presenti due enjambement tra il primo e il secondo verso e tra il terzo

ed il quarto; allitterazione di "g" e "n" nel secondo verso; anafora di "che"

nel secondo, terzo e quarto verso; anadiplosi in "guerra e morte" tra i due

versi. Cesure evidenti ci sono a metà dei versi.

Edizioni

Gerusalemme liberata

Tasso aveva completato l'opera nel 1575, ma fu poi riluttante a darla alle

stampe, a causa di scrupoli morali che, uniti a disturbi nervosi che andavano

via via aggravandosi, gli imponevano una revisione ossessiva del testo.

Per questo lo sottopose al giudizio di amici, letterati e religiosi, tra cui 

Sperone SperoniFlaminio de' NobiliScipione Gonzaga e Silvio Antoniano.

Sottopose il poema persino all'Inquisizione, ricevendo due sentenze

di assoluzione.

Tuttavia, nel 1580, mentre era internato nell'ospedale di Sant'Anna,

fu pubblicata una prima edizione scorretta e non completa da 

Celio Malespini, a Venezia, presso l'editore Cavalcalupo e senza

il consenso dell'autore. Tale edizione era mutila dei canti XI, XIII,

XVII, XVIII, XIX, XX (il XV e il XVI erano incompleti) e recava

il titolo diGoffredo. Tasso ne ebbe gran dispiacere, e l'amico 

Angelo Ingegneri si mise subito al lavoro per restituire una versione

più vicina all'originale. Sulla base di un manoscritto che aveva copiato

Ferrara nell'inverno precedente l'edizione malespiniana, diede alla

luce due edizioni del poema, questa volta con tutti i canti. Fu lui a

cambiare il titolo dell'opera, che diventò così La Gerusalemme liberata.

Tuttavia, per avere la migliore versione occorreva il consenso

dell'autore, e, pur riluttante, Tasso diede a Febo Bonnà la propria

approvazione. Così, il 24 giugno1581 l'opera usciva per i tipi ferraresi

di Baldini, con dedica al duca Alfonso II d'Este. Seguì subito una

seconda edizione dello stesso Bonnà, ancor più precisa e corretta.

Più tardi, nel 1584Scipione Gonzaga, letterato amico di Tasso

che disponeva di più versioni in virtù delle revisioni cui aveva

sottoposto il poema per volere di Torquato, approntò una nuova

edizione, che apparve diversa dalla precedente per alcuni interventi

di censura, operati sia dal curatore sia dall'autore stesso.

Fu questa la versione che si affermò presso il pubblico.

Molto celebre è stata l'edizione del 1590 stampata a Genova 

da Girolamo Bartoli, con annotazioni di Scipione Gentili (1563-1616), 

Giulio Guastavini (m. 1633) e le tavole di Bernardo Castello (1557-1629).

Quest'ultimo sottopose le illustrazioni al giudizio dell'autore, che le

apprezzò, lodandole in un sonetto.

Il poema riscosse subito grande successo, testimoniato dalle numerose

ristampe che si susseguirono negli anni successivi. Il testo su cui esse

si fondavano era quello del 1584, mentre oggi le edizioni critiche

riproducono il testo non censurato del 1581. I numeri confermano

l'estrema popolarità di cui l'opera godette sin dalla fine del Cinquecento:

la Gerusalemme fu edita trenta volte nella parte finale del XVI secolo,

centodieci volte nel XVII, centoquindici nel XVIII e addirittura

cinquecento nel XIX.

Come era già accaduto per l'Orlando Furioso, il poema tassesco si

diffuse a tutti i livelli sociali, e anche le persone più umili ne sapevano

parecchi versi a memoria. Interessante risulta un aneddoto riportato

dal Foscolo: trovandosi una sera aLivorno, vide una brigata di galeotti

che rincasavano dopo la giornata lavorativa, recitando i versi della

preghiera dei crociati prima della battaglia.

Nell'Ottocento Severino Ferrari, uno dei più validi allievi del Carducci 

e insigne filologo, migliorò ulteriormente l'opera, avvalendosi dei dettami

della moderna filologia, nata con il metodo del Lachmann, e

rifacendosi alle edizioni del Bonnà.

Riprese dell'opera

La Gerusalemme si pose immediatamente come modello del poema

eroico e costituì il punto di riferimento per le generazioni di poeti

successive: Giulio Natali rilevava nel 1943 come l'opera fosse stata

imitata un centinaio di volte prima che La secchia rapita di Alessandro

Tassoni parodiasse il genere, dando vita al poema eroicomico.

La Liberata si diffuse subito anche fuori dalla penisola: si racconta

come la regina d'Inghilterra, Elisabetta, si rammaricasse di non avere

a disposizione un autore come il Tasso, e neanche le traduzioni

si fecero attendere: la Gerusalemme ebbe presto varie versioni in

latino e nelle principali lingue europee.

Le riprese hanno naturalmente valicato i confini della letteratura:

il compositore secentesco Jean-Baptiste Lully musicava una celebre 

Armida, su libretto di Quinault, nel secolo precedente il Rinaldo 

händeliano. Pregiatissimo il pur breve componimento monteverdiano 

intitolato Il combattimento di Tancredi e Clorinda (1624).

Tra i personaggi del poema, quello della donna ammaliatrice,

Armida, ha dominato la scena del melodramma nel Settecento:

l'elenco di autori che l'hanno scelta come protagonista di una loro

opera è molto lungo e anche solo una selezione di nomi può rendere

l'idea dell'importanza del fenomeno: Albinoni (con due opere), 

VivaldiJommelli (tre riprese), TraettaSalieriSacchiniGluck,

Cherubini e Haydn.

Armida ricompare, anche se con minor frequenza, nell'Ottocento:

è celebre l'Armida rossiniana, ma una certa rilevanza ebbero anche

l'opera seria di Francesco Bianchi - le cui parole furono scritte da 

Lorenzo da Ponte - che andò in scena alKing's Theatre di Londra

 (1802), Armida e Rinaldo, dramma in musica dell'aversano -

e nipote dello Jommelli - Gaetano Andreozzi (1802),

rappresentato per la prima volta al S. Carlo di Napoli, e Rinaldo

e Armida, ballo eroico del coreografoLouis Henry (1817prima 

scaligera).

In età romantica, Armida fu affiancata, nell'immaginario di librettisti

e compositori, dal personaggio di Erminia. Alla dolce principessa

saracena innamorata di Tancredi (protagonista a sua volta nel 1812 

di un'opera seria di Stefano PavesiLuigi Antonio Calegari dedicò

una farsa giocosa in un atto (1805) e Antonio Gandini un'opera

lirica (1818).

In ambito letterario bisogna citare almeno l'Enriade di Voltaire e

la Messiade di Klopstock, che ebbero nell'opera tassesca il modello principale.

Riletture contemporanee

La storia di Tancredi e Clorinda - già oggetto di un madrigale di 

Claudio Monteverdi - è stata ripresa in chiave interculturale

nella omonima canzone con musica dei Radiodervish e testo

di Michele Lobaccaro, pubblicata nel disco Beyond the sea

 del2009.

 
 
 

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