blogtecaolivelli
blog informazione e cultura della biblioteca Olivelli
TAG
TAG
Messaggi del 06/04/2019
Post n°2097 pubblicato il 06 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Fahrenheit 451 (edito in Italia anche con il titolo Gli anni della fenice) è unromanzo di fantascienza del 1953, scritto da Ray Bradbury. Ambientato in un imprecisato futuro posteriore al 1960, vi si descrive una società distopica in cui leggere o possedere libri è considerato un reato, per contrastare il quale è stato istituito un apposito corpo di vigili del fuocoimpegnato a bruciare Nel 1966 il libro è stato trasposto in un omonimo film per la regia di François Truffaut e una seconda trasposizione cinematografica è apparsa nel 2018 per la regia di R. Bahrani. Nel 2004 al libro è stato assegnato il premio Retro Hugocome miglior romanzo 1954. Storia editoriale Nasce come espansione del romanzo breve The Fireman, pubblicato originariamente nel numero di febbraio 1951 della rivista Galaxy Science Fiction. In forma di romanzo fu pubblicato per la prima volta nel 1953 sulla nascente rivista Playboy, sul secondo, terzo e quarto numero. È stato pubblicato in italiano per la prima volta sulla rivista Urania in due puntate (nn. 13 e 14, novembre e dicembre 1953), con il titolo Gli anni del rogo. Nel racconto La volpe e la foresta (The Fox and The Forest, 1950), si accenna a un futuro distopico dove vengono censurati i pensieri, si viene costretti ad ascoltare la radio e vengono bruciati i libri: tale racconto può essere considerato un ravvicinato precursore dei temi presenti nel libro. Il titolo del romanzo si riferisce a quella che Bradbury riteneva essere la temperatura di accensione della carta e che nelSistema internazionale corrisponde a circa 506 K, 233 °C, anche se nel testo non vi si fa r iferimento: infatti questa cifra compare solo sull'elmetto da pompiere del protagonista Montag. In realtà la temperatura d'accensione della carta dipende dal suo spessore: quella di giornale si accende per esempio a 185 °C, quella da lettera a 360 °C. Trama Il protagonista, Guy Montag, lavora nei pompieri, come un tempo suo padre e suo nonno. Nella sua epoca però i pompieri, "la milizia del fuoco", non spengono gli incendi, bensì appiccano roghi alle case di coloro che hanno violato la legge, nello specifico di coloro che nascondono libri in casa, in quanto la lettura è proibita. All'inizio della narrazione Montag sembra convinto della sua missione poi però inizia a chiedersi cosa contengano i libri, perché le persone rischino la libertà e la loro casa: l'incontro con un'anziana donna che preferisce bruciare nella sua casa anziché abbandonare i libri lo sconvolge completamente. Montag inizia a salvare alcuni libri e a leggerli di nascosto. Cosa che impensierisce il suo capitano, Beatty, che intuisce cosa si celi dietro il malessere del suo sottoposto. Beatty cerca di parlare con Montag, che vorrebbe licenziarsi, e le sue parole rivelano comprensione per i tormenti che ha provato anche lui ma nel contempo il capitano cerca di riportare Montag alla ragione, rafforzando invece, con le sue parole, la volontà di Montag di lasciare il lavoro. Mildred, la moglie di Montag, denuncia la presenza di libri in casa e lascia il marito, così Beatty torna la sera stessa per bruciargli la casa e arrestare Montag, costringendolo a dar fuoco lui stesso alla casa con il lanciafiamme. Dopodiché Beatty inizia a provocare Montag fino a quando quest' ultimo gli dà fuoco con il lanciafiamme. Montag si ripara poi lungo il fiume, sulle cui rive incontra un gruppo di uomini fuggiti dalla società che, insieme ad altri loro compagni sparsi per tutta la nazione, custodiscono il patrimonio letterario dell'umanità mandando a memoria i libri, senza conservarne copie, per non infrangere la legge. Intanto la televisione comunica la falsa ma rassicurante notizia della sua morte durante l'inseguimento. Sulla città viene sganciato un ordigno nucleare e Montag, con i suoi nuovi compagni, si avvia verso di essa per prestare soccorso ai sopravvissuti, sperando di essere utili alla società e aiutando a ricostruirla. Contesto storico La passione di Bradbury per i libri, che lo accompagnerà per tutta la vita, cominciò molto presto. Come utente frequente delle biblioteche locali tra il 1920 e il 1930, spesso fece notare il suo disappunto per il fatto che non fossero rifornite di popolari romanzi fantascientifici, come ad esempio quelli di H. G. Wells, perché all'epoca non erano considerati abbastanza eruditi. Tra questo episodio e il venire a sapere della distruzione della Biblioteca di Alessandria nel giovane uomo si fece strada la profonda consapevolezza della vulnerabilità alla censura e alla distruzione a cui sono soggetti i libri. Una volta divenuto adolescente, Bradbury fu inorridito dal rogo dei libri perpetrato dal regime nazista e in seguito anche dalla campagna politica di repressione messa in atto da Stalin, le Grandi purghe, durante la quale numerosi poeti e scrittori, tra gli altri, furono arrestati e spesso giustiziati Nel 1947, dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale e dopo le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, la Commissione per le attività anti-americane (HUAC), nata nel 1938 per investigare su cittadini americani che fossero in qualche modo collegati ai comunisti, tenne delle udienze per investigare su presunte influenze del comunismo nelle produzioni di film a Hollywood. Queste udienze risultarono nella lista nera dei cosiddetti "Hollywood Ten", un gruppo di sceneggiatori e registi piuttosto influenti. Questa interferenza del governo in affari artistici e di tipo creativo scatenò l'ira di Bradbury. Amareggiato e interessato alle mosse del suo governo, in una notte del tardo 1949 incontrò uno zelante poliziotto che avrebbe ispirato Bradbury per la stesura di una breve storia, The Pedestrian, che sarebbe dapprima diventataThe Fireman e poi Fahrenheit 451. L'ascesa del senatore Joseph McCarthy e le sue udienze di accusa contro i comunisti a partire dal 1950, avrebbero approfondito a dismisura il disprezzo dello scrittore nei confronti del governo. Lo stesso anno in cui la commissione per l'attività anti-americane iniziò ad investigare a Hollywood è spesso considerato l'inizio della guerra fredda, che nel marzo del 1947 fu annunciata dalla Dottrina Truman. Intorno al 1950, la guerra fredda era al suo apice e la paura degli americani per la guerra atomica e l'influenza comunista era a livelli febbrili. La scena era pronta per la stesura dell'olocausto nucleare presente alla fine del romanzo Fahrenheit 451, esemplificando uno scenario tanto temuto dal popolo americano del tempo, ma al tempo stesso quasi irreale: la guerra è solo un'eco e gli unici effetti visibili sono vedere i ragazzi partire al fronte e sentire gli aerei militari volare alti. Nella sua giovinezza, Bradbury fu un testimone dell'età d'oro della radio, e la transizione all'età d'oro della televisione iniziò all'incirca quando cominciò a lavorare sulle storie che l'avrebbero condotto a Fahrenheit 451. Bradbury vide questi media come una minaccia alla lettura dei libri, come una minaccia alla società, perché possono costituire una distrazione dalle questioni più importanti. Questo disprezzo per i mass media si esprimerà attraverso Mildred e le sue amiche ed è un importante tema presente all'interno del libro. Critica Il testo, da cui lo stesso Bradbury ha tratto una versione per il teatro, rientra nel filone della fantascienza sociologica e vuole rappresentare in modo esplicito i rischi di una società distopica. Secondo alcuni critici vorrebbe simboleggiare un'allegoria del maccartismo imperante nella società statunitense dei primi anni cinquanta. Secondo altri l'autore avrebbe inteso prefigurare semplicemente una società distopica cresciuta all'ombra di cervellotici Analogie con Huxley e Orwell Il romanzo di Bradbury affronta il tema delicato della gestione delle informazioni e del controllo della società e - sotto questo particolare aspetto - tratta lo stesso tema dell'altrettanto famoso romanzo di Aldous Huxley Il mondo nuovo, pubblicato nel1932. In entrambi i romanzi l'attenzione delle persone verso l'operato del governo è annichilita dall'imposizione di un consumo di massa, dove il fine ultimo è apparenza, protagonismo e appagamento materialista. Nonostante il proposito delle dittature, la felicità risulta essere solo apparente e sussistono numerose manifestazioni di depressione, che però possono essere eliminate facilmente grazie all'uso di Fahrenheit 451 ha anche numerose analogie con il romanzo 1984 di George Orwell: in entrambe le storie è presente la delazione (persino fra componenti dello stesso nucleo familiare), anche se in 1984 essa è inculcata fin da bambini e considerata positiva, in Fahrenheit 451 è solo una prassi comune. In entrambi i libri si fa un uso massiccio della censura e della manipolazione dell'informazione, ma organizzata in modo differente. In 1984 esistono ancora i libri ma tutte le notizie vengono costantemente rimaneggiate a posteriori ad opera di un ministero delegato, le notizie sono palesemente in contrasto con la realtà quotidiana di povertà e abbrutimento della città e dei suoi abitanti e la televisione diventa l'unico mezzo di comunicazione ed educativo obbligatorio, al punto che non si può spegnerla in nessun caso. Nel romanzo di Bradbury invece è bandita qualsiasi informazione scritta (che non siano aridi manuali tecnici o scolastici oppure giornali sportivi o umoristici). I libri sono materiale illegale perché la società deve proteggersi dalle persone che potrebbero mettersi a pensare, istigate dai libri; la televisione è presente non come strumento di educazione ed oppressione, ma come un riempitivo volontario della vita quotidiana, la tv non veicola nessun contenuto, è solo intrattenimento puro. Le notizie vere si ascoltano ancora alla radio, ma la guerra viene presentata come qualcosa che non interferisce con la normalità della vita quotidiana e inoltre si è sicuri di vincerla, quindi vengono date notizie rassicuranti, finché una bomba non verrà sganciata sulla città. Inoltre la città di Montag è improntata al consumismo e al benessere dell'"American way of life" A differenza di quanto accade in 1984, Fahrenheit 451 e Il mondo nuovo possono essere considerati libri critici verso le degenerazioni informative dei regimi democratici, basati sul sempre più invadente consumo di massa. In ogni caso il libro di Bradbury ha un finale aperto a una nuova vita e alla speranza, mentre Huxley e Orwell non lasciano alcuna via di fuga. Opere derivateFilm Fahrenheit 451, regia di François Truffaut (1966) Fahrenheit 451, film TV, regia di Ramin Bahrani (2018) Altri media Nel 1984 è uscito il videogioco Fahrenheit 451, un'avventura testuale per diversi home computer, ambientata dopo la fine del romanzo. Influenza culturale Il breve racconto dello scrittore Robert Sheckley The Mnemone (1971) narra di un'epoca in cui i libri sono banditi ed in un piccolo centro americano sopraggiunge un uomo la cui conoscenza mnemonica di numerosi testi permette di tramandarli oralmente a dei potenziali clienti Papercelsius 154 è una parodia disneyana a fumetti del romanzo, scritta da Giorgio Figus e disegnata da Claudio Panarese, pubblicata su Topolino n. 2156. In questa storia è la musica a essere proibita. Parecchi elementi della storia si ritrovano nel film Equilibrium; tra questi, il rogo dei libri, l'appartenenza del protagonista a una speciale milizia governativa e il suo ravvedimento. Nel film, comunque, sono le emozioni ad essere proibite, e di conseguenza tutti gli oggetti del passato che hanno il potere di evocarle, libri inclusi. A titolo e tag-line di questo romanzo si è ispirato il regista statunitense Michael Moore per il suo documentario Fahrenheit 9/11 basato sui fatti dell'11 settembre 2001. Bradbury si è detto molto infastidito dal "furto" del titolo, chiedendo più volte le scuse di Moore e un cambio di titolo del film. |
Post n°2096 pubblicato il 06 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze 03 aprile 2019 Migliorare una tecnologia è possibile anche se non si capisce come funziona. E' quanto ha stabilito un test di laboratorio, suggerendo che tecnologie in uso fin dall'antichità, come l'arco o la canoa, sono il frutto di un processo di selezione di modifiche apportate nel corso delle generazioni attraverso un meccanismo di copiatura, spesso senza una comprensione dei principi sottostanti Molti degli strumenti che usiamo da millenni, come l'arco o la canoa, mostrano un eccellente grado di sviluppo tecnologico, adatto alle esigenze di sopravvivenza in un ambiente naturale. Questo sviluppo ha dello stupefacente, considerato che si tratta di manufatti realizzati senza un progetto e senza una comprensione teorica dei molteplici parametri coinvolti, difficili da cogliere anche con buone conoscenze di fisica. Boscimani a caccia con arco e frecce. Anche nelle società tradizionali, sono in uso tecnologie con un elevato grado di perfezionamento, frutto di milglioramenti stratificati in molte generazioni (Agefotostock / AGF)Uno studio pubblicato su "Nature Juman Behavior" da un gruppo internazionale di ricerca guidato da Maxime Derex, dell'Università di Exeter, nel Regno Unito e dell'Università Cattolica di Lille, in Francia, dimostra ora grazie a un esperimento che non è necessario comprendere una tecnologia per riuscire a migliorarla. l'evoluzione degli strumenti tecnologici, gli antropologi hanno elaborato due teorie principali: l'ipotesi della nicchia cognitiva e l'ipotesi della nicchia culturale. migliorato l'abilità dei nostri antenati di pensare in modo creativo, di pianificare e di ragionare sui nessi causali dei fenomeni che si verificavano nell'ambiente. Le migliorate capacità e competenze hanno poi portato alla produzione di tecnologie più efficienti. le tecnologie complesse, come quella di un arco, non sono il risultato delle nostre capacità di ragionamento, ma della nostra spiccata propensione a copiare ciò che fanno gli altri membri del nostro gruppo. In sostanza, ciascun individuo può introdurre piccoli miglioramenti, che con il tempo subiscono un processo di selezione fino a ottenere uno strumento efficace, ma senza una comprensione esplicita dei miglioramenti introdotti e del perché funzionino. hanno coinvolto alcuni studenti in un esperimento. I partecipanti dovevano ottimizzare la configurazione di una ruota che scivolava lungo una pista in discesa. Ciascuno aveva a disposizione cinque tentativi per migliorare la struttura, e prima di ogni azione doveva rispondere a un questionario ideato per verificare la comprensione dei meccanismi fisici che influivano sulla velocità della ruota. nel miglioramento di una tecnologia, gli autori hanno formato gruppi di cinque partecipanti, in cui ogni soggetto poteva seguire su un computer gli ultimi due tentativi di chi l'aveva preceduto. In una seconda versione del test, i soggetti trasmettevano i loro tentativi ai successori insieme a una descrizione teorica di ciò che avevano fatto per arrivare a un miglioramento. In entrambi i casi, la velocità della ruota è migliorata nel tempo, anche se la comprensione del perché da parte dei soggetti coinvolti è rimasta mediamente mediocre. studio è che spesso i soggetti trasmettevano ai compagni teorie inaccurate, che limitavano i tentativi dei successori e ne influenzavano la comprensione dei problemi. teorie errate o incomplete nonostante la relativa semplicità del sistema fisico", ha commentato Derex. "Ciò ha limitato la sperimentazione successiva e ha impedito ai partecipanti di scoprire soluzioni più efficienti". complesse non necessitano di un miglioramento del ragionamento, ma invece emergono dall'accumulo di miglioramenti nel corso delle generazioni. l'adattamento umano", ha concluso Robert Boyd, coautore dello studio. "Ma non è abbastanza: la nostra capacità unica di imparare gli uni dagli altri rende possibile l'evoluzione culturale cumulativa di adattamenti efficaci - che nella migliore delle ipotesi sono solo parzialmente compresi - e questo potente strumento ha permesso alla nostra specie di adattarsi e diffondersi". (red) |
Post n°2095 pubblicato il 06 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze 14 marzo 2019 Antichi cambiamenti nella dieta - in particolare la diffusione dell'agricoltura e di alimenti ben cotti - hanno influito sulla diffusione nelle lingue di alcuni suoni consonantici, come quelli delle consonanti "f" e "v" I suoni presenti nelle lingue sono stati in parte plasmati da cambiamenti nella biologia umana indotti a loro volta da cambiamenti culturali, e in particolare da modificazioni nella dieta. E' la la conclusione a cui è giunto un gruppo internazionale di linguisti e antropologi coordinati da Damian E. Blasi dell'Università di Zurigo, che firmano un articolo pubblicato su "Science". fonatorie che permettono il linguaggio umano si sarebbero formate in coincidenza con l'emergere diHomo sapiens, circa 300.000 anni fa, e sarebbero rimaste immutate da allora. fatto che i suoni presenti nelle diverse lingue sono tutt'altro che uniformi. Alcuni di essi si ritrovano pressoché in tutte le lingue, come le vocali di base e consonanti come la "m", ma svariate consonanti - come la "f" e "v" - pur essendo molto diffuse nelle lingue moderne, lo sono molto meno in altre lingue, e altre ancora, come i "click" (ottenuti facendo schioccare la lingua contro il palato) sono presenti solo in alcune etnie dell'Africa meridionale e orientale. L'uso di modelli biomeccanici ha mostrato come la produzione di suoni come la "f" sia facilitato dall'assetto delle strutture orofacciali che si sviluppo in seguito all'abitudine di consumare cibi morbidi (a sinistra) rispetto a quello favorito da cibi più duri e resistenti. ( Cortesia Scott Moisik)Blasi e colleghi hanno ripreso un'ipotesi avanzata nel 1985 dal linguista Charles F. Hockett, che aveva osservato come le cosiddette consonanti labiopalatali - come "f" e "v" - fossero molto più frequenti nelle lingue di popolazioni che avevano accesso a una dieta a base di cibi più morbidi. strutture mascellari e mandibolari di crani di varia epoca e origine geografica e di simulazioni biomeccaniche di diverse strutture orofacciali umane, i ricercatori hanno ora fornito una conferma di questa ipotesi, ma individuando un meccanismo di modificazione delle strutture fonatorie più complesso di quello originariamente suggerito da Hockett. riducevano la loro presenza nella dieta, spiegano i ricercatori, e l'introduzione della ceramica rendeva possibile cottura accurata dei cibi, la forza da imprimere con il morso - e quindi la sua importanza - diminuiva. anche da adulti una posizione sostanzialmente allineata dei denti superiori e inferiori, quale quella che si presenta nei bambini. Di fatto, la perdita dell'abitudine a dare morsi potenti per incidere e strappare gli alimenti determina un leggero avanzamento dei denti dell'arcata superiore rispetto a quelli dell'arcata inferiore. Questo facilita notevolmente l'emissione dei suoni labiopalatali, che vengono prodotti sfiorando o toccando con il labbro inferiore i denti superiori, e quindi la loro diffusione in una lingua. |
Post n°2094 pubblicato il 06 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze 14 gennaio 2019 Le enigmatiche statue dell'isola di Pasqua sorgono in corrispondenza delle sorgenti di acqua dolce, fondamentali per il sostentamento. Lo ha stabilito un nuovo modello quantitativo, che offre anche un'interpretazione del significato dei misteriosi monumenti: probabilmente rappresentavano antenati divinizzati e celebravano la condivisione quotidiana delle risorse(red) L'Isola di Pasqua, o Rapa Nui, secondo il suo nome indigeno, si trova a 3600 chilometri a ovest delle coste del Cile ed è famosa per la straordinaria ed enigmatica testimonianza archeologica di un'antica popolazione che vi era insediata: circa 900 gigantesche statue antropomorfe, i moai, che si ergono su piedistalli di pietra chiamati ahu. tra il XIII e il XVI secolo, richiese certamente una quantità enorme di tempo e di energie, ma il loro significato non è noto. un gruppo internazionale di ricerca guidato da Matthew Becker della California State University a Long Beach propone ora una spiegazione della distribuzione delle statue nell'isola: sorgono tutte in corrispondenza delle risorsa più preziosa per la sussistenza degli abitanti, vale a dire l'acqua dolce. Credit: Juice Images/AGF" La questione della disponibilità di acqua o della sua mancanza è stata spesso citata dai ricercatori che studiano i resti di Rapa Nui", spiega Carl Lipo, antropologo della Binghamton University. "Quando abbiamo iniziato a esaminare i dettagli dell'idrologia dell'isola, abbiamo notato che durante la bassa marea le sorgenti d'acqua emergevani in alcuni punti lungo la costa, che non sono certo evidenti a prima vista". hanno poi verificato che si trovano esattamente in corrispondenza dei siti in cui emerge l'acqua di falda. E più si approfondivano le ricerche, più lo schema appariva coerente. ipotizzato una correlazione tra i monumenti e diversi tipi di risorse, come acqua, terreni agricoli e risorse marine", aggiunge Robert Di Napoli ricercatore dell'Universitàdell'Oregon e autore principale dello studio. "Tuttavia, queste correlazioni non sono mai state verificate quantitativamente o si sono rivelate non significative statisticamente: i l nostro studio è basato su un modello spaziale quantitativo che mostra chiaramente che gli ahu sono associati a fonti di acqua dolce in un modo che non avviene per altre risorse". del significato delle statue, che getta una luce sul tipo di società dell'isola. a una risorsa fondamentale per gli isolani: le statue rappresentavano probabilmente antenati divinizzati e celebravano di condivisione quotidiana dell'acqua e anche del cibo, avvenuta per generazioni; questa conoscenza era basata sui legami familiari e sociali, così come sul patrimonio culturale, che rafforzava la conoscenza della precario sostentamento sull'isola", spiega Terry Hunt ricercatore dell'Università dell'Arizona, coautore dell'articolo, sottolineando come questo sia un aspetto cruciale per spiegare il paradosso dell'isola. "Nonostante le risorse limitate, gli isolani riuscirono a condividere attività, conoscenze e risorse per oltre 500 anni". |
Post n°2093 pubblicato il 06 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
Fonte Le Scienze 28 gennaio 2019
Una nuova datazione dei reperti della grotta spagnola di Bajondillo ha mostrato che i primi esseri umani moderni hanno iniziato a sostituire i Neanderthal fra i 45.000 e i 43.000 anni fa nella penisola iberica meridionale. La scoperta fa cadere l'ipotesi per cui a Gibilterra e dintorni i Neanderthal avreb- bero resistito più che altrove nel resto dell'Europa all'invasione dei nostri antenati Neanderthalantropologiapaleontologia I primi esseri umani moderni sarebbero giunti nella penisola iberica fra 45.000 e 43.000 anni fa, ovvero prima - non dopo - l'arrivo nel resto d'Europa. Questa nuova datazione potrebbe implicare che quella parte del continente europeo non sia stata per i Neanderthal il rifugio che, come invece finora ritenuto, avrebbe permesso loro di sopravvivere molto più a lungo rispetto agli altri neanderthaliani europei. È lo scenario ricostruito da Francisco J. Jiménez-Espejo dell'Instituto Andaluz de Ciencias de la Tierra e colleghi, sulla base di una nuova datazione dei reperti scoperti nella grotta di Bajondillo, vicino a Malaga. Lo studio èpubblicato su "Nature Ecology and Evolution". tutta l'Europa occidentale è di solito fatta risalire a circa 39.000 anni fa, con l'eccezione delle regioni meridionali della penisola iberica, dove sembrava che la transizione dalla cosiddetta cultura musteriana (caratterizzata da tecniche di scheggiatura della pietra tipica- mente associate ai Neanderthal) a quella aurignaziana (con tecniche di scheggiatura più sofisticate, tipiche degli esseri umani moderni), fosse avvenuta circa 32.000 anni fa. In primo piano un cranio Neanderthal (sinistra) e uno dei primi umani moderni con, a fianco, due strumenti litici tipici delle rispettive tecniche di scheggiatura della pietra. Sullo sfondo la grotta di Bajondillo e la baia di Malaga. (Cortesia Università di Siviglia)Ora Jiménez-Espejo e colleghi hanno proceduto a una nuova datazione al radiocarbonio dei resti di legna carbonizzata e di conchiglie trovati nei diversi livelli di sedimenti nella grotta di Bajondillo; in questo sito sono stati scoperti reperti sia neanderthaliani sia umani moderni, da cui risulterebbe che i più antichi e primitivi manufatti aurigniaziani risalirebbero a 45.000-43.000 anni fa e quelli di fattura più classica a 38.000 anni fa. degli esseri umani moderni non è avvenuta in concomitanza con uno dei periodici forti raffred- damentidel clima (noti come eventi di Heinrich) che fra 110.000 e 10.000 anni fa si sono numerose volte alternati a periodi più caldi (eventi di Dansgaard-Oeschger); quei raffreddamenti periodici quindi non avrebbero influito sull'avvicendamento delle due culture, come invece si sarebbe potuto supporre se quella transizione fosse avvenuta 30.000 anni fa. Mappa di siti archeologici dell'Europa occidentale con industrie litiche aurignaziane, tipiche degli esseri umani moderni, risalenti a 44.000-42.000 anni fa. (Cortesia Università di Siviglia) La ricerca suggerisce inoltre la possibilità che almeno parte degli esseri umani moderni arrivati in Europa vi siano giunti non da est, ma attraversando lo stretto di Gibilterra, considerato che recenti ricerche hanno suggerito che i nostri lontani antenati fossero in grado di solcare le acque già 50.000 anni fa. per capire se la nuova datazione di Bajondillo sia rappresentativa di una completa sostituzione dei Neanderthal in tutta la penisola iberica meridionale o la spia di uno scenario più complesso in cui vi sia stata una coesistenza delle due popolazioni per diversi millenni. |
Post n°2092 pubblicato il 06 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
Fonte : Le Scienze Confrontando la forma dei crani dei Neanderthal e quella degli umani moderni, una complessa ricerca interdisciplinare è riuscita a risalire a differenze genetiche che influiscono su due strutture cerebrali che controllano in primo luogo il movimento ma che potrebbero aver avuto un riflesso anche sull'evoluzione del linguaggio. antropologiageneticaNeanderthal Partendo dalla differenza di forma del cranio dei Neanderthal e degli uomini moderni, un gruppo di ricercatori è riuscito, grazie a una complessa ricerca interdisciplinare, a risalire ad alcune possibili differenze nello sviluppo cerebrale nelle due specie. La ricerca, diretta dal paleoantropologo Philipp Gunz del Max Planck Institut per l'antropologia evoluzionistica a Lipsia, e dai genetisti Simon Fisher e Amanda Tilot del Max Planck Institut per la psicolinguistica a Nijmegen, nei Paesi Bassi, è pubblicata su "Current Biology". Cranio fossile di Neandertal (a sinistra) e di un umano moderno (a destra). (Philipp Gunz, CC BY-NC-ND 4.0 )La forma del cranio degli umani moderni si caratterizza per una particolare globosità, che si distingue non solo da quella di tutti gli altri primati, ma anche di tutti gli altri ominidi, Neanderthal compresi, la cui struttura del cranio è più allungata. I ricercatori sospettano che questa differenza rispecchi cambiamenti evolutivi nelle dimensioni del cervello e nelle connessioni cerebrali. tomografia computerizzata crani fossili di Neanderthal e crani di esseri umani moderni, rilevando anche le impronte endocraniche del cervello, per poi ricavare un indice che rispecchiava la globosità del cranio nelle due specie. di circa 4500 umani moderni cercando di identificare i frammenti di DNA di origine neanderthaliana che sono presenti in varia misura in tutte le persone di ascendenza non africana. Grazie alla quantità dei dati raccolti Gunz e colleghi sono riusciti a mettere in relazione alcuni di questi frammenti, localizzati sui cromosomi 1 e 18, proprio con la globosità del cranio. Immagini tomografiche di un cranio fossile di Neandertal (a sinistra) con la tipica impronta endocranica allungata (in rosso) e di un umano moderno (a destra) dalla caratteristica forma endocranica globulare (blu). (Philipp Gunz, CC BY-NC-ND 4.0 ) L'analisi dei segmenti di DNA identificati ha permesso di scoprire che due di questi influiscono sull'attività di altrettanti geni a essi vicini, i geniUBR4 e PHLPP1, già noti per avere un ruolo in importanti aspetti dello sviluppo cerebrale. neurogenesi (la generazione dei neuroni) e alla mielinizzazione dei neuroni, cioè della guaina isolante che protegge gli assoni di alcuni neuroni. versione neanderthaliana del segmento che influisce su UBR4 fa sì che questo sia leggermente meno espresso nel putamen, mentre la versione neanderthaliana attiva suPHLPP1 fa sì che sia leggermente sovraespresso nel cervelletto. Gunz - ricevono un input diretto dalla corteccia motoria e sono coinvolte nella preparazione, nell'apprendimento e nella coordinazione sensomotoria dei movimenti." Ma il putamen fa anche parte di una rete di strutture cerebrali dette gangli della base che, ha proseguito Gunz, "contribuiscono anche a diverse funzioni cognitive, come la memoria, l'attenzione, la pianificazione, l'apprendimento delle abilità e, potenzialmente, l'evoluzione del linguaggio e il linguaggio stesso". portare a sviluppare ipotesi sulle differenze neuronali, e potenzialmente cognitive, fra umani moderni e Neanderthal, ipotesi che potrebbero essere testate sperimentalmente, ricorrendo per esempio a campioni di tessuto neuronale umano coltivabile in laboratorio. |
Post n°2091 pubblicato il 06 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
02 aprile 2019 L'analisi dei dati raccolti nel 2013 dalla sonda europea Mars Express ha confermato la presenza di metano su Marte, individuata dal rover Curiosity della NASA in corrispondenza del cratere Gale. La probabile sorgente si trova a 500 chilometri di distanza, ma serviranno ulteriori studi per capire se il gas è il risultato da processi biologici o geologici C'è metano su Marte: la scoperta fatta dal rover Curiosity della NASA nel 2013 nel cratere Gale è stata confermata dalle osservazioni della sonda Mars Express dell'Agenzia spaziale europea (ESA). sulla rivista "Nature Geoscience" da una collabora- zione internazionale guidata da Marco Giuranna dell'Istituto nazionale di astrofisica (INAF), a cui partecipano colleghi dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) e dell'Agenzia spaziale italiana (ASI). di una massiccia quantità di dati relativi al cratere Gale, raccolti proprio negli stessi giorni in cui Curiosity stava effettuando le sue rilevazioni. Cuore tecnologico dello studio è lo strumento Planetary Fourier Spectrometer (PFS) montato su Mars Express, realizzato in Italia, che già nel 2004 aveva ottenuto la prima misurazione del metano marziano. Express in volo sopra la superficie di Marte (Credit: ESA)"Quello che abbiamo rilevato è un picco di circa 15 parti per miliardo di volume di questo gas, esattamente il giorno dopo che Curiosity ha registrato un picco di circa sei parti per miliardo", ha spiegato Giuranna. "Anche se in generale alcune parti per miliardo indicano una concentrazione relativamente piccola, per Marte è considerevole: la nostra misurazione corrisponde a una media di circa 46 tonnellate di metano, presente nell'area di quasi 50.000 chilometri quadrati osservata dalla nostra orbita". per ingrandireLe conferme incrociate da metodi indipendenti sono la chiave anche di un altro importante risultato: l'individuazione della regione di emissione del gas. Si tratta di un'area di 250 chilometri di lato, situata a 500 chilometri a est del cratere Gale. I ricercatori del Royal Belgian Institute for Space Aeronomy (BIRA-IASB),coautori dello studio, hanno infatti integrato i dati di PFS con un modello teorico di circolazione globale dell'atmosfera di Marte che si basa su scenari realistici di emissioni di gas dalla superficie terrestre. E i risultati sono coerenti con quelli di un'analisi di natura geologica. marziano in un'ampia regione attorno al punto di rilevazione del gas alla ricerca di strutture che potrebbero essere associate al rilascio di metano: la regione più interessante dal punto di vista geologico è proprio la stessa indicata dai modelli di circolazione globale", sottolinea Giuseppe Etiope, dell'INGV di Roma. "Questa vasta area include il terreno fratturato di Aeolis Mensae che ospita, in un settore chiamato Medusae Fossae Formation (MFF), numerose faglie e un sottosuolo ricco di ghiaccio, come il permafrost diffuso nelle aree fredde della Terra. Poiché il permafrost può contenere metano o fornire una copertura impermeabile per la risalita di gas è possibile che il metano venga rilasciato lungo le fratture in maniera episodica, per parziale scioglimento del ghiaccio, per sovrappressione del gas che si accumula nel sottosuolo, eventi sismici o per l'impatto di meteoriti". Immagine della struttura geologica marziana di Aeolis Mensae (Credit: NASA/JPL/USGS) Da anni i planetologi discutono sulla presenza di metano sul Pianeta Rosso. Ora che è stata confermata, resta però da scoprire se è stato prodotto da processi biologici oppure non biologici. In ogni caso, sottolineano i ricercatori, il gas dev'essere stato rilasciato relativamente di recente, poiché i processi atmosferici possono distruggere il metano in modo rapido. metano: molti processi biologici e non biologici possono generare metano su Marte. Tuttavia, il primo passo per capirne l'origine è determinare i luoghi di rilascio. Un'analisi dettagliata di questi luoghi, alla fine ci aiuterà a rivelare l'origine e il significato del metano rilevato", ha aggiunto Giuranna. che la presenza di metano nell'atmosfera di Marte non sia una costante ma il frutto di eventi geologici transitori e di portata limitata. Un altro tassello mancante nel complesso puzzle del modello genofisico marziano è come il metano viene rimosso dall'atmosfera. Sarà dunque necessario cercare di conciliare i dati di Mars Express con i risultati di altre missioni. dal nostro strumento, senza tralasciare l e nostre attività di monitoraggio tuttora in corso, incluso il coordinamento di alcune osservazioni con l'ExoMars Trace Gas Orbiter," ha concluso Giuranna. (red) |
Post n°2090 pubblicato il 06 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze 07 marzo 2019 I resti di quasi 140 bambini uccisi ritualmente sono venuti alla luce in un sito archeologico peruviano di epoca precolombiana. Il sacrificio, databile intorno al 1450 d.C., rappresentò probabilmente un tentativo di placare gli dèi durante una catastrofe naturale che aveva colpito la fiorente cultura Chimú che dominava la regione Nel sito archeologico di Huanchaquito-Las Llamas, sulla costa settentrionale del Perù, sono state trovate le prove del più esteso sacrifico infantile di massa di epoca precolombiana. I ricercatori hanno infatti portato alla luce i resti di 137 bambini e 3 adulti, oltre a quelli di circa 200 giovani lama. I risultati degli scavi, condotti da un gruppo internazionale di archeologi diretto da Gabriel Prieto dell'Universidad Nacional de Trujillo, in Perù e Khrystyne Tschinke della Tulane University a New Orleans, negli Stati Uniti, sono illustrati sulla rivista "PLoSOne". alimentata da una rete sofisticata di canali idraulici gestiti da un'efficiente burocrazia, la cultura Chimú fiorì tra l'XI e il XV secolo d.C. lungo le coste peruviane, arrivando a controllare, nei momenti di massimo splendore, le valli costiere dall'attuale confine con l'Ecuador a nord all'attuale capitale peruviana di Lima a sud. I resti mummificati di uno dei bambini sacrificati (Cortesia John Verano, 2019) All'epoca del tragico evento - risalente, da quanto stabilito con la datazione al radio- carbonio, attorno al 1450 d.C. - il sito di Huanchaquito-Las Llamas faceva parte di un importante centro dalla cultura Chimú: le rovine rimaste occupano circa 14 chilometri quadrati, ma la città - i cui resti sono in buona parte andati distrutti in seguito all'espansione urbana della vicina Trujillo - doveva essere molto più vasta. 700 metri quadrati circa, e l'analisi dei resti ha mostrato che appartenevano a bambini e ragazzi di età compresa tra i 5 e i 14 anni, appartenenti a una varietà di gruppi etnici provenienti da diverse aree del territorio controllato dalla cultura Chimú. Tutti i corpi, compresi quelli degli animali, mostravano chiaramente che alle vittime era stata aperta la cavità toracica, verosimilmente per asportare il cuore. Questa pratica sacrificale, a quanto riferito da cronisti spagnoli del XVI secolo, era in uso anche fra gli Inca, presso i quali tuttavia il numero di bambini immolati era molto più limitato, al massimo di qualche unità. Il più esteso caso precedentemente conosciuto di sacrifici infantili nel Nuovo Mondo, con 48 vittime, è stato documentato nella città azteca di Tenochtitlan. eccezionale di bambini e animali sacrificati indica che i Chimú devono essersi trovati improvvisamente di fronte a una sfida particolarmente grave, probabilmente di origine naturale, considerato che in quel momento quella civiltà era al massimo della sua potenza. L'ipotesi, secondo i ricercatori, è corroborata dal fatto che alla stessa profondità degli scavi tutta l'area è coperta da uno strato di fango su un substrato di terreno sabbioso: la regione - normalmente piuttosto arida e con precipitazioni ridotte - deve essere stata colpita da una serie di piogge e inondazioni di eccezionale intensità. che quella catastrofe sia stata una conseguenza di un evento ENSO (El Niño-Southern Oscillation) - il periodico fenomeno di riscaldamento delle acque del Pacifico centro-meridionale - particolarmente marcato e avvenuto fra il 1400 e il 1450. |
Post n°2089 pubblicato il 06 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze 12 febbraio 2019 L'analisi comparata delle datazioni di oltre 2000 dei 35.000 megaliti diffusi in tutta Europa e delle loro caratteristiche costruttive indica che la tradizione megalitica ha avuto origine nella Francia nord occidentale per poi diffondersi lungo rotte marittime. La scoperta smentisce sia l'ipotesi che la cultura megalitica provenisse dal Vicino Oriente, sia quella di una sua nascita indipendente nelle diverse regioni La cultura dei megaliti europea sarebbe nata verso la metà del V millennio a.C. nella Francia nord occidentale per poi diffondersi sulle coste atlantiche del continente e del Mediterraneo lungo rotte marittime. Il risultato - ottenuto dalla ricercatrice all'Università di Göteborg, in Svezia, Bettina Schulz Paulssonin, e illustrato sui "Proceedings of the National Academy of Sciences" - smentisce entrambe le principali teorie finora in campo sulla storia dell'edificazione di queste strutture. Il Dolmen di Sa Coveccada in Sardegna. (Cortesia Bettina Schulz Paulsson) Fra menhir, dolmen, cerchi di pietre, allineamenti e altri edifici o templi megalitici, in tutta Europa sono note circa 35.000 strutture di questo tipo, la maggior parte delle quali risale al Neolitico e all'età del Rame e si concentra nelle zone costiere. tutte caratteristiche architettoniche simili se non spesso addirittura identiche; per esempio, l'orientamento delle tombe è costantemente orientato verso est o sud -est, nella direzione da cui sorge il sole. Ciò ha indotto gli archeologi, fin dalla metà del XIX secolo, a ritenere che la loro costruzione fosse legata a una religione che si sarebbe diffusa dal Vicino Oriente prima nel Mediterraneo e quindi sulle coste atlantiche della Spagna, della Francia e della Gran Bretagna, a seguito della migrazione di membri della casta sacerdotale. fino ai primi anni settanta del secolo scorso, quando le prime datazioni al radiocarbonio la misero fortemente in dubbio, portando la maggior parte degli studiosi verso l'ipotesi di una nascita indipendente nelle diverse regioni e imputando le somiglianze alla relativa "semplicità" delle strutture architettoniche. megaliti si sono moltiplicate a dismisura, ma senza che si tentasse di tracciare un quadro cronologico complessivo su cui testare l'ipotesi della nascita indipendente. Tomba megalitica a Haväng, in Svezia. (Cortesia Bettina Schulz Paulsson) Ora Bettina Schulz Paulssonin ha analizzato 2410 datazioni al radiocarbonico relative a siti megalitici e pre-megalitici e a siti non megalitici coevi di tutta Europa. - piccole costruzioni chiuse o dolmen realizzati con lastre di pietra solo in superficie e coperti da un cumulo di terra o di pietra - sono emerse nella seconda metà del quinto millennio a.C. (la struttura più antica è databile fra il 4794 e il 4770 a.C.), diffondendosi nel giro di 200 o 300 anni dalla Francia nord occidentale alle isole del Canale, alla Catalogna, alla Francia sud occidentale fino alla Corsica e alla Sardegna. due principali, rispettivamente fra il 4000 e il 3500 a.C. e nel mezzo millennio successivo, caratterizzate da altrettante variazioni strutturali delle costruzioni megalitiche, che hanno portato alla massima diffusione di questa cultura. verificò infine fra il 2500 e il 1200 a.C. con la comparsa di megaliti alle Baleari, in Sicilia e in Puglia. Strutture di questo periodo si trovano anche in Sardegna, che però era stata interessata in misura molto significativa anche dalle espansioni precedenti. |
Post n°2088 pubblicato il 06 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze. 30 maggio 2017 Gli antichi egizi erano strettamente legati alle popolazioni del Medio Oriente e alle popolazioni neolitiche della penisola anatolica e dell'Europa. Nel genoma degli egiziani di oggi si trovano invece chiare tracce di significative interazioni con popolazioni sub-sahariane, del tutto assenti negli egizi del tempo dei faraoni. ricercatori dell'Università di Tübingen e del Max Planck Institut per la scienza della storia umana a Jena, che sono riusciti a sequenziare il genoma mito- condriale e nucleare tratto da antiche mummie. La ricerca è descritta in un articolo su "Nature Communications". condotta su antico DNA ricavato da mummie egizie, gli autori osservano che si tratta dei primi risultati veramente affidabili, grazie al ricorso alle più avanzate tecniche di sequenziamento e all'uso sistematico di test di autenticità per garantire l'origine effettivamente antica dei dati ottenuti. umidità in molte tombe e alcune delle sostanze chimiche usate nelle tecniche di mummificazione contribuiscono al degrado del DNA. Si riteneva quindi che fosse improbabile la sopravvivenza a lungo termine del DNA nelle mummie egiziane", spiega Johannes Krause, coautore dello studio. mummie conservate in musei di Tübingen e Berlino, i ricercatori sono riusciti a estrarre e sequenziare il genoma mitocondriale di 90 individui e quello nucleare di tre. Ricostruzione artistica del sito di Abusir (Heritage / AGF) Le mummie prese in esame coprono un lasso di tempo di circa 1300 anni, e provengono tutte dal sito di di Abusir el-Meleq, nel Medio Egitto. continuità genetica nelle popolazioni di Abusir el-Meleq vissute in epoca pre- tolemaica (prima del 332 a.C.), tolemaica (fra il 332 e il 30 a.C.) e romana (successiva al 30 a.C.), indicando che a dispetto della notevole influenza culturale e politica esercitate nel periodo più tardo da greci e romani, il loro contributo genetico alla popolazione egizia fu trascurabile. - che l'impatto genetico dell'immigrazione greca e romana sia stato più pronunciato nel Delta nord-occidentale del Nilo, nella regione di Fayum, dove risiedeva un'importante colonia greco-romana, oppure tra le classi più alte della società egizia. popolazioni fu limitato a causa della politica di Roma di ostacolare i matrimoni fra romani e locali. Sposandosi con un cittadino romano, si acquisiva infatti la cittadinanza romana, ambita per i privilegi che comportava. Sarcofago proveniente dal sito di Abusir (bpk/Aegyptisches Museum und Papyrussammlung, SMB/Sandra Steiss) I dati suggeriscono anche che il flusso genetico dalle regioni sub-sahariane - che nella popolazione egiziana attuale costituisce l'8 per cento del genoma - si è verificato ben più tardi. All'origine della mescolanza - ipotizzano i ricercatori - vi fu forse il miglioramento della mobilità lungo il Nilo, l'aumento dei commerci su lunga distanza tra l'Africa sub-sahariana e l'Egitto e ancor più, la tratta degli schiavi lungo le vie carovaniere che attraversano il Sahara e che iniziò solo 1300 anni fa. |
Post n°2087 pubblicato il 06 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze 28 aprile 2017 Una tecnica innovativa è riuscita a identificare DNA di specie umane estinte da sedimenti di siti archeologici in cui erano assenti resti fossili. Il risultato permetterà di individuare la presenza di antichi gruppi umani dove non è possibile stabilirla con le tecniche attuali(red) antropologiaarcheologiagenetica DNA di uomini di Neanderthal e di Denisova è stato rinvenuto nei sedimenti di quattro siti archeologici contenenti reperti attribuibili a questi nostri antichi cugini, dei quali però non c'è traccia sotto forma di resti fossili. La scoperta è opera di ricercatori del Max-Planck-Institut per l'antropologia evolutiva a Lipsia in collaborazione con studiosi di altri centri di ricerca, ed è illustrata in un articolo pubblicato su "Science". contengono strumenti e altri manufatti sono numerosi, tuttavia i resti scheletrici degli antichi umani sono rari, rendendo difficile e lacunosa la ricostruzione dei loro spostamenti e delle relazioni fra i diversi gruppi. La grotta di El Sidrón, in Spagna. La possibilità di analizzare i sedimenti in cerca di DNA antico aiuterà quindi a completare la mappa degli insediamenti umani del remoto passato, e a identificare le regioni in cui le diverse specie umane possono avere convissuto, e interagito. particolarmente importante per l'uomo di Denisova, finora identificato in una sola grotta sui Monti Altai, nella Siberia meridionale, ma di cui persistono tracce genetiche in popolazioni odierne, suggerendo che un tempo questa specie fosse diffusa in molte regioni dell'Asia. Ma non si sa esattamente dove e quando. in tracce, nei sedimenti antichi è nota dal 2003, quando il genetista danese Eske Willerslev è riuscito a sequenziare parte dei genomi di antichi mammut, cavalli e piante rilevati in sedimenti prelevati non solo dal freddo permafrost, ma anche in grotte situate in regioni dal clima temperato. Finora tuttavia non si era riusciti a trovare il modo per distinguere le sequenze umane antiche dalle possibili contaminazioni dei campioni con materiale biologico umano moderno. Meyer e colleghi sono riusciti a sviluppare una "sonda" genetica costruita su frammenti di DNA mitocondriale, ovvero il DNA che è presente solo negli organelli mitocondri delle cellule, che permette di filtrare i possibili contaminanti attribuibili a esseri umani odierni e isolare così i frammenti antichi. in sette siti archeologici in Belgio, Croazia, Francia, Russia e Spagna, che coprono un intervallo di tempo compreso fra 14.000 e 550.000 anni fa. siti di Trou Al'Wesse in Belgio, El Sidrón in Spagna, Chagyrskaya in Russia e Denisova, sempre in Russia - contenevano DNA mitocondriale di uno o più Neanderthal, specie umana scomparsa circa 40.000 anni fa, mentre uno conteneva DNA dell'uomo di Denisova, vissuto tra 70.000 e 40.000 anni fa, per quel poco che ne sanno i ricercatori. individuare la presenza di gruppi di antichi umani nei siti e nelle aree in cui non è possibile stabilirla con altri metodi", ha detto Pääbo, coautore dello studio. "Questo dimostra che l'analisi dei DNA dei sedimenti è una procedura archeologica molto utile, che in futuro potrà diventare di routine". |
Post n°2086 pubblicato il 06 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze 09 marzo 2017 Le antiche transumanze che plasmarono la Via della seta Gli schemi dei movimenti delle mandrie di bestiame alla ricerca di pascoli in un'ampia regione che va dal Mediterraneo orientale alla Cina sono correlati alle posizioni dei siti archeologici della Via della seta, l'antico reticolo di cammini che collegava l'impero romano e quello cinese. E' quanto risulta dall'analisi dei dati raccolti da satellite con modelli derivati dalla mappatura dei corsi d'acqua(red) La Via della seta anticamente collegava l'impero romano con l'impero cinese. Il suo nome è tradizionalmente declinato al singolare, ma in realtà si tratta di una complessa serie di cammini che formavano una struttura reticolare, attraverso la quale si muovevano beni, persone e idee. e di altre antiche vie di comunicazione ha permesso di ricostruirne a grandi linee il percorso, ma finora non si è riusciti a stabilire con certezza i dettagli di come abbiano avuto origine i contatti commerciali e quali forze spingessero i primi viaggiatori. Michael Frachetti della Washington University a St. Louis e colleghi della stessa Università e dell'University college di Londra hanno analizzato i movimenti dei mandriani nomadi nelle aree dedicate alla pastorizia dell'Asia scoprendo che esiste una significativa correlazione con i siti archeologici lungo la Via della seta. dell'Asia interna mostrano che per circa 4500 anni i mandriani hanno portato il bestiame verso pascoli in quota d'estate, riportandolo verso zone più calde e più basse d'inverno. seguissero più o meno gli stessi schemi di transumanza stagionale, seguendo non solo i percorsi più agevoli e diretti da un punto all'altro, ma andassero anche alla ricerca di pascoli freschi. Da qui l'idea di verificare se questi schemi di spostamento delle mandrie potesse avere a che fare con il reticolo di cammini della Via della seta. Modello grafico degli spostamenti di transumanza lungo la Via della seta ottenuto nel corso dello studio. Gli autori hanno utilizzato un software chiamato GIS (geographic information systems) che in genere serve a mappare e modellizzare i corsi d'acqua di una regione sulla base dei dati raccolti dai satellite. ottenere una dettagliata mappa della copertura vegetale in una vasta area compresa tra il Mediterraneo orientale e la Cina a quote comprese tra 750 e 4000 metri, sulla base di misurazioni del grado di riflettività della luce solare. I dati sono poi stati confrontati con le posizioni dei principali siti archeologici della Via della seta, seguendo l'ipotesi che la distribuzione dei pascoli più redditizi sia rimasta più o meno la stessa per secoli. delle mandrie sono fortemente correlati alle posizioni dei siti archeologici della Via della seta: ciò indica che la distribuzione spaziale delle praterie e la ricerca di pascoli per il nutrimento delle mandrie contribuì in modo significativo alla formazione della rete di cammini di questa importante e antichissima via di comunicazione tra est e ovest. nello studio di un'antica rete di vie commerciali, uno sviluppo raggiunto attraverso di strumenti di analisi spaziale che potranno contribuire a una sempre migliore comprensione delle antiche civiltà. |
AREA PERSONALE
MENU
CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.