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Messaggi del 23/07/2020

Sull'archeologia sarda-

Post n°3206 pubblicato il 23 Luglio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Il contadino che indicava la luna

recensione di Fabrizio Sarigu

20 novembre 2019



Schopenhaur, il grande filosofo, amava sottolineare

quanta poca considerazione ci fosse per chi approc-

ciandosi allo studio di una disciplina, lo facesse per

mero piacere personale, per diletto appunto.

Solitamente si ritiene che solo la motivazione economica

possa spingere ad uno studio approfondito, sistematico

di una materia, al fine di trarne una professione e

professionista è chi viene pagato per compiere questo.

Eppure la parola dilettante, che definisce chi per diletto

o piacere si dedica ad un qualcosa, nonostante venga

usata con un retrogusto dispregiativo, se compresa

nel profondo, definisce una condizione che ha del sublime.

Indica infatti l'amore per una passione, per una materia,

per l'attitudine al conoscere e al comprendere, dove unica

ricompensa sta nella sensazione di autorealizzazione

che si ricava dal dedicarsi a qualcosa che in ultima analisi,

si ama.

Così questo nuovo lavoro di Paolo Littarru, ingegnere per

l'ambiente e il territorio, dottore di ricerca in Ingegneria

chimica per l'ambiente e la sicurezza e specializzato in

Sicurezza e protezione industriale presso la Sapienza - Università

di Roma, cultore di archeologia e archeoastronomia è

coautore della Guida archeoastronomica al nuraghe Santu

Antine di Torralba (Agorà Nuragica, 2003), "Il contadino che

indica la luna" è il racconto, essendone egli stato partecipe,

di un viaggio intellettuale che un dilettante in archeologia,

giacchè di professione contadino, Mauro Peppino Zedda, ha

compiuto, per difendere e diffondere un'idea.

L'evolversi della vicenda trae origine a partire, come spesso

avviene nelle scienze, da un'intuizione poi rivelatasi corretta:

l'esistenza di una "ratio" astronomica nella distribuzione dei

nuraghi nel territorio.

Ma come reagì l'accademia quando galileo propose il suo modello

eliocentrico in guisa di quello geocentrico? come reagì l'accademia

quando un umile impiegato dell'ufficio brevetti svizzero propose

la "teoria della relatività"?

ecco che il viaggio del nostro protagonista non può non essere

privo di ostacoli, trabocchetti, mostri da affrontare e paure da

vincere.

Nemo propheta in patria.

Questa storia ha infatti la bizzarra caratteristica per la quale

il mondo archeoastronomico/accademico internazionale ha

riconosciuto e fatte proprie le idee del nostro contadino/dilettante,

inserendo queste in articoli scientifici e pubblicazioni di spessore

mondiale. Ma in Patria? Beh in patria egli appunto non è "propheta".

L'archeologia sarda accademica ha respinto totalmente e in totale

chiusura queste scoperte, arroccandosi, è proprio il caso di dirlo!,

nel paradigma del "nuraghe fortezza" dal quale solo ora e molto

timidamente cerca di fuoriuscire.

L'autore analizza dunque questo evento storico culturale, la morte

del paradigma di riferimenti dell'archeologia sarda e il lento passaggio

verso un nuovo sistema interpretativo che dovrà, evidentemente,

avere come punto di partenza le scoperte del nostro contadino/

dilettante.

L'opera racchiude in se e riassume un ventennio di scoperte, confronti,

liti, incomprensioni e amore per la verità scientifica la dove emerge

incontrovertibile.

La lotta quindi di una "nuova visione delle cose" che si fa largo, forte

di se stessa, in un mondo che la ostacola, arroccato in concezioni

vecchie, superate, ma che evidentemente forniscono ai professionisti

sicurezza, giacché non implicano la necessità di doversi ripensare ciò

che è dato.

L'opera di Paolo immerge il lettore in questo viaggio che potremmo

definire un'avventura culturale e umana, dove varie altre figure, oltre

al nostro contadino ( quali il nostro ingegnere, il nostro linguista, il

nostro architetto il nostro storico delle religioni e il nostro giovane

archeologo) rubano per diletto la "piccozza" dell'archeologo e cercano

di demolire un muro di incomprensione che impedisce alla nostra

storia di emergere in tutta la sua bellezza.

Il panorama archeologico e culturale sardo aveva proprio bisogno

di un'opera capace, in maniera concisa e diretta, di descrivere,

quasi in una sorta di autoanalisi, il dramma che la sostituzione

del vecchio paradigma inevitabilmente comporta nel contesto

che lo vive.

Il lettore potrà trovare in esso le principali teorie e concezioni che

sussumono la nuova visione del mondo nuragico, riportate e

scandite in maniera cronologica e con una sequenzialità di ragiona-

mento ineccepibile, da qui, se ne avrà diletto, potrà approfondire

la visione di ciascun autore ricercandone le opere.

L'opera appare dunque quasi come una bussola che laddove ci

si senta sperduti, giunge in soccorso guidandoci e fornendo

un'immancabile occasione per comprendere meglio il nostro

passato. 

 
 
 

La Sardegna preistorica-

Post n°3205 pubblicato il 23 Luglio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

   di Mauro Maxia

4 dic. 2019

Tra i molteplici interessi del prof. Massimo Pittau,

scomparso appena la settimana scorsa, spicca la

sua passione per lo studio della civiltà dei sardi

antichi da cui scaturì il volume "La Sardegna Nuragica"

(Sassari, Dessì, 1977, 5ª ristampa 1988, 2^ edizione

Cagliari, Edizioni Della Torre, 2006; 3^ edizione 2013).

Questo testo in Sardegna per trent'anni ha rappresentato

un vero e proprio best seller dato che ha superato le

diecimila copie vendute e tuttora si trova in commercio.

Il fatto che proponga una rivoluzionaria interpretazione

della funzione dei nuraghi rispetto alle tesi degli archeologi

scatenò una forte reazione che portò qualcuno di essi a

definire quel suo lavoro "un libro sfortunatamente troppo

letto". Per avere un'idea più precisa sui motivi del

contendere conviene leggere la recensione di Salvatore

Tola ("La Sardegna nuragica: un recente studio di Massimo

Pittau: recensione", 1977) e la prefazione dello stesso

Pittau al volume nel proprio sito  http://www.pittau.it/Sardo/sard_nur_pref.html.

In seguito Pittau sullo stesso argomento diede alle stampe

"Ulisse e Nausica in Sardegna e altri saggi" (Nùoro, Insula, 1994);

"Storia dei Sardi Nuragici", (Selargius Domus de Janas, 2007);

"Il Sardus Pater e i Guerrieri di Monte Prama" (Sassari, EDES, 2008,

2ª ediz. 2009);

"Gli antichi Sardi fra i Popoli del Mare" (Selargius, Domus de Janas, 2011);

"Il dominio sui mari dei Popoli Tirreni: Sardi Nuragici ed Etruschi"

(Dublino, Ipazia Books, 2013);

"Enciclopedia della Sardegna Nuragica" (Dublino, Ipazia Books, 2016);

"Credenze religiose degli antichi Sardi" (Cagliari, Edizioni Della Torre,

2016).

In uno dei suoi lavori più recenti ("L'espansione coloniale dei sardi

nuragici", Nùoro, Le Storie, 2017)

Pittau propone una teoria che spezza gli stereotipi di un anacronistico

passato non ancora del tutto metabolizzati dagli archeologi.

Pittau, cioè, descrive gli antichi sardi non come colonizzati ma come

colonizzatori ed esportatori di cultura, specialmente nel Mediterraneo

occidentale (Isole Baleari, Corsica), grazie alle loro riconosciute abilità

di metallurghi, guerrieri e navigatori documentate nelle fonti classiche.

La sua attività poliedrica trova un raffronto soltanto in quella di

Giovanni Spano, maggiore erudito sardo del 1800, il quale è

considerato tuttora come uno dei più rappresentativi personaggi

espressi dalla Sardegna in ogni tempo.

In realtà la produzione di Pittau, grazie anche alla sua maggiore

longevità e alle moderne tecnologie, supera largamente pure quella

dello Spano.

Come gli ormai celebri Giganti di Monti Prama, ai quali Massimo

Pittau dedicò uno specifico studio, egli è stato un vero gigante della

cultura sarda e italiana. Di certo, accanto ad altri grandi dell'Isola,

in un ideale pantheon sardo a Pittau spetterebbe il titolo di Sardus

Pater.

Massimo Pittau fu un uomo di rara onestà intellettuale che all'occasione

non esitava a correggere sé stesso.

Per il suo carattere incline al confronto franco e spassionato egli ebbe

delle vivaci polemiche sia con gli etruscologi sia con gli archeologi

sardi ma anche con celebri linguisti.

Nel suo ultimo scritto, il pamphlet ,"Eppure mi diverto coi Nuragici e

con gli Etruschi" (Cagliari, Edizioni Della Torre, 2019),

Pittau riannoda con umorismo i fili di un dibattito quarantennale che

ha contribuito fortemente a cambiare la prospettiva degli studi

nell'archeologia sarda e nella stessa etruscologia.

La foto fu scattata dal sottoscritto a Santa Vittoria di Serri, entrambi

relatori nel convegno Archeologia e astronomia celebrato a Isili tra

il 19 e il 21 Giugno 1992.

 Questo post è un estratto in anteprima di un articolo commemorativo

in uscita sul prossimo numero della "Rivista Italiana di Onomastica"

che avrà diffusione mondiale.  

 
 
 

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