Creato da ciacii il 17/10/2007

La Ciaci

Le storie della Ciaci

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ANGELO

 

RESPIRO

Respiro la vita attraverso i tuoi occhi.
Bacio il tuo  cuore sulle tue labbra.
Vedo i colori del cielo con le tue mani.
Riposo sereno sul tuo seno.
Sento il mio amore con i tuoi occhi.
Amo la forza della tua vita
che mi fa vivere.
Dentro te.

(Guidopardo1)

 

TRUCCO

 
 

STUPIDA

Che stupida che sei
tu non impari mai
il tuo equilibrio è un posto
che tu passi e te ne vai
e più stupida di te
sappi non ne troverai

quelle tue paure inutili
non finiranno…
Ma che stupida che sei
stupida un’altra volta
che parli ad uno specchio
e mai alla persona giusta
e da stupida che sei
tu non farai mai niente
sei una persona tra la gente ma
la gente mente sempre
imparare da sempre
camminare da sempre
e non capirai niente
hai sbagliato da sempre
ed è inutile adesso
che ti guardi a uno specchio che non sa chi sei
a uno specchio che non sa chi sei.
Che stupida che sei
che non ti sprechi mai
le tue poesie sono coriandoli
che non seminerai.
Se poi per ironia
prendessi quota
partendo da un palazzo punteresti in alto
ma che stupida che sei
stupida un’altra volta
nuda di fronte a uno specchio
e mai alla persona giusta
e da stupida che sei
fai pure finta di niente
lui si riveste soddisfatto
e intanto sai che mente
sempre imparare da sempre
camminare da sempre
e non capirai niente
hai sbagliato da sempre
ed è inutile adesso
che ti guardi a uno specchio che non sa chi sei
a uno specchio che non sa chi sei
stupida
stupida…
Hai sbagliato da sempre
ed è inutile adesso
che ti guardi a uno specchio che non sa chi sei
a uno specchio che non sa chi sei…
una stupida.

 

COMMENTI

Post nr. 33: l'ultimo incontro

E' veramente notevole e viva la tua capacità di raccontare per sensazioni. Sicuramente tra le migliori cose che ho letto in giro per blog negli ultimi mesi

il_ramo_rubato

 

QUANTI SIAMO?

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...

Ogni medaglia ha sempre due facce, quella principale con il decoro e quant'altro e quella con la semplice scritta dell'evento. Noi ogni volta che guardiamo la medaglia ci fermiamo solo su quello che ci piace, ovvero solo sul decoro o solo sulla scritta. Spesso dimentichiamo che quella medaglia va oltre il decoro e l'evento. Quella medaglia quando ci è stata consegnata ci ha dato gioia. 

(Santiago2008)

 

ATTRICE DI IERI

camminavi al mio fianco e ad un tratto dicesti

"tu muori se mi aiuti son certa che io ne verrò fuori"

ma non una parola chiarì i miei pensieri

continuai a camminare lasciandoti attrice di ieri

(Battisti)

 

OHHH

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Messaggi del 20/01/2008

Il desiderio di te

Post n°37 pubblicato il 20 Gennaio 2008 da ciacii

Mi ricordo di quel giorno che ti ho aspettato.
Non avevamo modo di comunicare. Non avevamo il cellulare.
Non esisteva ancora.
Desideravamo vederci. Assolutamente e appena possibile.
Così tu mi hai detto che saresti venuto a trovarmi e io ti aspettavo.
Ti ho aspettato, desiderandoti come non mai.
Strano come il desiderio ci mandi in confusione.
Nebbia nella testa. I pensieri che si fondono con i sogni, le aspettative, l'amore immaginato, le immagini dell'amore.
Ti sto aspettando.
Passano le ore, i minuti e il mio desiderio di averti vicino, cresce in modo esponenziale.
Sto percorrendo la strada di casa con passi veloci.
Devo fare presto. Tu stai per arrivare.
La fantasia corre, veloce, la passione cresce, il desiderio arde, il cuore batte forte e la testa gira. Gira così forte che ti ho visto.
Ti vedo.
Eccoti finalmente. Ti nascondi dietro l'angolo di quel palazzo.
Sei dietro gli angoli di ogni palazzo.
Cammino e ti riconosco in tutti gli uomini che incontro.
Ma io non ti ho mai visto.
Eppure ti vedo. Ora sei il ragazzo che esce da scuola, con lo zaino sulle spalle. Faccio fatica e convincermi che non puoi essere lui, avrà 15 anni, invece tu sei un uomo, un giovane uomo.
Eccoti finalmente. Sto arrivando. Ti raggiungo.
Mi stai aspettando tu. Sugli scalini, davanti al portone di casa mia.
Giro l'angolo, guardo gli scalini. Vuoti. Il vuoto. Eppure...
Ma eccoti, ti sento.
Apro il portone, percorro il corridoio. Guardo dietro il muro. Sei lì seduto sulle scale. Jeans, anfibi, felpa grigia. Tieni le mani nel tascone davanti e il cappuccio in testa, che ti copre quasi anche gli occhi. Mi fermo. Ti guardo. Alzi la testa, mi guardi e sorridi. Il tuo è un sorriso dolce, tenero e compiaciuto per essere riuscito a sorprendermi.
Ora resti immobile.
Sembra tu voglia fermare il tempo, per fare entrare in tutta me stessa quell'immagine di te seduto sugli scalini, che mi guardi.
Ti alzi lentamente, mi accarezzi il viso col dorso della mano. Tieni lo sguardo abbassato.
Chiudo gli occhi per qualche secondo. Mi gusto il calore della tua mano. Ti desidero intensamente.
Improvvisamente torno in me e riapro gli occhi.
Sei svanito. Eppure c'eri. Eri lì.
Salgo le scale di corsa. Tre piani sono tanti da fare di corsa.
Arrivo al pianerottolo. Mi fermo, non giro l'angolo per avvicinarmi alla mia porta.
Percepisco la tua presenza. Eccoti di nuovo. Sei al piano di sopra, davanti alla porta del solaio. Alzo la testa di scatto e salgo le scale con affanno.
Ma a metà rampa mi accorgo che non sei lì.
Scendo con foga, giro l'angolo.
Eccoti, sei davanti alla porta. Allora sei qui!
Ah, birbante. Mi hai fatto uno scherzo! Ti guardo e ti sorrido. Mi sorridi.
Apro la porta. Entro. Entri.
Non una parola tra di noi. Mi tolgo la giacca, appoggio la borsa sul tavolino in corridoio.
I miei gesti sono i soliti di sempre, di tutti i giorni.
I tuoi? Che gesti fai tu di solito, tutti i giorni?
I tuoi gesti non li conosco. Li posso solo immaginare. No, forse neanche questo.
Ti togli il cappuccio dalla testa. Vai diritto verso la sala.
Ti sdrai sul divano a riposare. Io resto in cucina.
Non hai niente da dirmi? Ti desidero tanto, io.
Mi desideri, tu? Ma sì, aspettiamo. So aspettare. Sai aspettare.
Non si può normalizzare il non normale.
Ma adesso sono stanca. Voglio andare a letto. E' stata una giornata pesante.
Il traffico, il lavoro, le arrabbiature. Le attese, le aspettative, le corse.
Appena mi infilo sotto le coperte, sento il sangue scorrere nelle mie vene e un formicolio percorrere il mio corpo.
Lentamente, mi sto rilassando. Tutto è buio e tutto è silenzio intorno a me.
Improvvisamente ecco che ti sento.
Stai entrando nella mia stanza. Non fai rumore.
Anche se tu facessi rumore, non lo sentirei. Il mio cuore ora sta battendo così forte che le orecchie non sentono altro suono.
Le lenzuola si muovono. Stai entrano nel mio letto.
Sono immobile. Ho paura.Tremo.
Apro gli occhi, mi giro di scatto. Dove sei?
Ti sto cercando con le mani a tentoni, nel buio. Ti trovo. No tu trovi me, la mia mano.
La prendi, la porti verso la tua bocca e le tue labbra sfiorano le mie dita.
La tua mano scivola lentamente sul mio braccio fino ad arrivare alla spalla.
La stringi come per massaggiarla.
Sono impietrita. Gelida. Il cuore batte forte da rimbombare nelle orecchie. Ti sento.
Mi avvicini a te. Dolcemente. Le tua mani infondono calore al mio corpo gelido, rigido.
Non una parola. Mi stai riscaldando, mi stai massaggiando dolcemente la schiena.
Mi rilasso, mi sciolgo pian piano. Sto smettendo di tremare.
Non ho paura, sai?
Il tuo corpo è sempre più vicino al mio. Lo sento. Ti sento.
Mi stringi a te. Restiamo immobili a lungo, abbracciati.
Non una parola.
Dalle fessure delle persiane improvvisamente entra un bagliore.
Ti vedo. Vedo i tuoi occhi a pochi centimetri dai miei. I tuoi occhi verdi, di ghiaccio.
Ma non agghiaccianti. I tuoi occhi parlano. Mi fissi. Ti avvicini ulteriormente.
Sento il tuo respiro. Respiro il tuo respiro. Ansimo.
Tu no. Sento le tue labbra sfiorare le mie.
Labbra asciutte. Non una parola.
Sento le tue labbra schiudersi e un brivido mi corre lungo la schiena.
Stai per baciarmi. Riprendo a tremare. Sento il tuo abbraccio stringermi con vigore.
Trattengo il respiro. Sei così vicino a me. I nostri corpi si toccano.
Tutto di noi è in contatto.
Ti accarezzo il volto, passo la mano tra i tuoi capelli e in un attimo, un secondo, la passione ci travolge come un fiume in piena.
Il tempo riprende a scorrere, ora sembra quasi che stia correndo.
Tutto corre e scorre, tra di noi.
Non una parola.
Siamo due corpi che si sono cercati, hanno aspettato a lungo, si sono desiderati intensamente, si sono trovati... e si stanno parlando, con un linguaggio delizioso, sublime.
Siamo due cuori che non si amano. Siamo due cuori che si desiderano, ma sanno,
senza parlare, che in qualche modo si appartengono. L'hanno sempre saputo.
Siamo due anime vagabonde. Due anime sempre in movimento. Due anime che cercano anime simili.
Due anime profonde che vedono e leggono anime.
Non ci servono le parole.
Ci fondiamo. Non siamo più io e te, siamo noi.
Un corpo, un anima e un cuore.
Pronti, consapevoli che questa unione rimarrà indissolubilmente
dentro di noi. Incancellabile. Unica.
Unica passione, unico desiderio, unico giorno, in cui il tempo, in modo surreale, si è fermato.
Ci ha aspettato.
Ci ha concesso solo un giorno.
Un giorno per soddisfare il desiderio...
Mi sono svegliata. Non ti vedo, sei svanito.
Ti sei svegliato. Non mi vedi, sono svanita.
Il nostro desiderio ci ha fatto aspettare, rincorrerci, trovarci, amarci, unirci per sempre e mai.

 
 
 

Davor

Post n°36 pubblicato il 20 Gennaio 2008 da ciacii
 
Tag: Davor


Agosto 1985. Novaljia, Isola di Pag, ex Jugoslavia (ora Croazia)




Ci siamo trovati una sera dove abbiamo noi le nostre tende, in campeggio.
siamo in 10-12 ragazzi e ragazze seduti intorno ai nostri tavoliniSiamo tutti in vacanza.
Noi 5 ragazze italiane.
Loro 5-7 ragazzi jugoslavi, di Zagabria.
Si ride e si scherza. Beviamo mangiamo e fumiamo.
L'allegria regna tra di noi. Abbiamo tutti tra i 18 e i 22 anni.
Siamo uguali. A Zagabria si vive bene. Davor aveva persino uno stereo ultimo grido... e io no, avevo ancora la radio, col mangicassette pero'.
Siamo uguali. La vita e' nelle nostre mani. Abbiamo tutto:
siamo giovani, stiamo studiando tutti, e soprattutto abbiamo tutti, tanti ma tanti sogni.
Ora non ricordo bene chi e' saltato fuori con questa domanda, ma e' saltata fuori, tra una sigaretta e l'altra e tra un bicchiere di vino e l'altro.
"Tu cosa farai da grande?".
Il primo a rispondere e' Tomica (da leggersi Tomiza).
Parla con la bocca aperta e gli occhi sgranati, ha sul volto la soddisfazione infantile di aver preso la parola per primo, come se avesse vinto una gara: "voglio venire a lavorare in Italia!!! Li' siete capitalisti. Qui fa tutto schifo. Ma da voi no. E poi adoro le ragazze italiane!
Siete bellissime, more, occhi belli, grandi!!" Quasi si alza dalla sedia, tanto che e' preso dall'entusiasmo di decantare l'Italia. Gesticola vistosamente. A sorpresa aggiunge, avvicinandosi e guardandomi con dolcezza: "Proprio come te!!!".
Rimango di stucco. Eh, il timido Tomica, guarda un po' con cosa se ne esce.
Scoppiamo a ridere! Ora e' inevitabile prenderlo in giro. Aveva mimato Casanova...
Prende la parola Paco: "Io voglio rimanere nel mio paese, perche' amo il mio paese.
Voglio pero' trovare una brava moglie, fare tanti figli e avere un lavoro onesto. Credo che faro' il commercialista. Prima devo finire l'universita'!".
Jon, il Brad Pitt jugoslavo, prende parola. Stava quasi sdraiato sulla sedia. Con le gambe tese e i piedi incrociati. Lui e' splendido. Dice, con aria da bello-impossibile: "Io di sicuro vado in Italia a fare il fotomodello... Ho gia' fatto dei provini a Zagabria. Mi han detto che ho futuro".
Damir ride sempre. Sembra lui il capetto della combricola. Con aria da scazzato, dice: "Eh io sono gia' fotografo. Lavoro nel negozio di mio zio e gia' guadagno bene. Il mio sogno e' aprirmi un negozio tutto mio e fare servizi fotografici".
Noi siamo donne. E le donne parlano per ultime. Orribile sta cosa, ma a noi piace comunque sentire prima cosa dicono loro.
Parla il maiale. Non ricordo il suo nome. So che da subito l'abbiamo chiamato il maiale.
Va con tutte le ragazze in vacanza, mentre i suoi amici passano le serate a bere e a fare a botte, se capita.
Il maiale dice: "Voglio fare l'attore porno!!!" Risata gigantesca con tanto di sfotto' lungo 10 minuti!
Parla Damir2: "Gioco a basket. E sono in una liga buona. Voglio diventare un campione di basket".
Mi guardo intorno. Uno dei ragazzi e' troppo silenzioso. Abbozza sorrisi, ma sembra restio a parlare, interviene solo quando i suoi amici hanno difficolta' con la lingua inglese.
Io, da brava rompi-scatole, gli chiedo, guardandolo negli occhi: "E tu, Davor, cosa vuoi fare da grande?"
Alza lo sguardo, con aria schifata mi dice: "Niente, mi sparo un colpo in testa".
Silenzio.
Lo guardo con gli occhi di ghiaccio, come me li ha definiti proprio lui un giorno: "Perche' dici cosi'????? Sei giovane, hai tutta la vita davanti!!! Ma smettila!".
"Tu non puoi capire. Qui o emergi nello sport, o gli altri sono lavori di merda. Cosa pensi che guadagneranno loro, eh? E io per lo sport sono FINITO!"
"come finito?" gli chiedo timidamente.
"Ero una promessa dello sci... a 15 anni mi sono rotto tutte e due le ginocchia. hai presente? Sono stato fermo un anno. E  ora, basta sono tagliato fuori. Non ho sogni, non ho desideri, non sono e non saro' niente. Finito".
Non ho piu' avuto parole. Nessuna di noi.
Paco, con la sua freschezza, ci guarda e dice: "Ehhhh lui e' sempre cosi' pessimista, ma non e' un cattivo ragazzo... Scusatelo".
Davor si alza, chiede scusa piu' volte, dice di essere stanco... e se ne va.
Il cuore mi batte a mille. Non puo' un ragazzo cosi' bello, educato e colto non avere piu' neanche un motivo per vivere. Sicuramente ha esagerato a dire che si spara. Ma non ha senso. Deve trovare fiducia in se stesso.
La vita e' bella, lunga, siamo giovani, abbiamo il futuro a disposizione.
Possiamo avere il mondo nelle nostre mani. Possiamo ancora decidere tutto della nostra vita.
Davor, piccolo, perche' dici cosi'?
Ecco che e' scattata la molla dentro di me. Quel ragazzo mi piace da morire.
E mi piace proprio perche' a lui non piace nulla.

 
 
 

Andrea

Post n°35 pubblicato il 20 Gennaio 2008 da ciacii
 
Tag: Andrea

L'ho rivisto che avevo 25 o forse 26 anni. Erano almeno dieci anni che non lo vedevo.
Mia mamma e sua mamma si sono incontrate il giorno prima in centro a Monza.
Che caso. Il destino, forse.
Erano molto amiche, poi io e lui, i figli, abbiamo frequentato scuole diverse e cosi', si sono perse di vista. Ci siamo persi di vista.
Andrea ha la mia età. Lo conosco dalla prima elementare.
Un bambino sempre allegro, chiacchierone, sveglio, sempre in movimento, curioso.
Gli mancano 2 falangi del dito indice della mano destra.
A due anni sua mamma è andata a rispondere al telefono e ha lasciato lui e il tritacarne incustoditi. Da bravo bambino curioso ha imitato la mamma e cosi' ha voluto provare a tritare la carne. Ma non era carne di animale quella che ha tritato lui.
Voleva fare l'aviatore. Scartato. Per via delle 2 falangi che gli mancano, ma la sua passione per il volo era cosi' grande che si è comprato un deltaplano a motore.
Ci sono salita anch'io. Io odio volare. Eppure mi ritrovo frequentemente su aerei.
Ho volato piu' volte su elicotteri, una volta sul dirigibile della Goodyear e poi  anche sul deltaplano di Andrea. Tremavo. Lui, sadicamente, godeva.
E' stato il suo modo, innocente, per farmela pagare.
In quarta elementare si è rotto la gamba destra. 40 giorni di gesso.
Suo papà veniva a prenderlo una decina di minuti
prima che suonasse la campanella, cosi' lo portava fuori dalla scuola in braccio senza trovarsi centinaia di bambini urlanti in mezzo ai piedi.
Andrea si aggrappava alla porta con tutte e due le mani e gridava a squarciagola che non voleva uscire. Non voleva uscire se io non gli davo un bacino.
La maestra, quella stronza, per toglierselo dai piedi in fretta, mi chiamava con severità e mi obbligava, come fosse un compito da svolgere, ad andare da lui a dargli il bacino sulla guancia.
Cosi' lui, sempre urlando, ma di gioia, poteva cordialmente abbandonare l'aula.
Mi ricordo il senso di frustrazione, che mi pervadeva.
Mi sentivo usata e sfruttata. Non era giusto! Io non volevo baciare l'Andrea!
Ma dovevo farlo.
L'anno successivo, in quinta, si è rotto la gamba sinistra, altri 40 giorni di gesso e altri 40
giorni di torture per me.
La maestra mi aveva preso da parte e fatto capire che la mia era una specie di missione.
Io, cosi' facendo, dando il bacino sulla guancia all'Andrea, avrei salvato la classe, la scuola, Monza, il mondo intero.
E cosi' mi sono sentita importante, speciale.
E cosi' io e lui siamo diventati amici per la pelle.
Le nostre mamme sono diventate amiche per la pelle.
Ci si vedeva quasi tutti i pomeriggi. Giocavamo. Stavamo bene, andavamo d'accordo.
Alle medie non eravamo piu' in classe insieme e neppure frequentavamo la stessa scuola.
Io nel frattempo avevo cambiato casa.Veniva a trovarmi lo stesso 3 pomeriggi a settimana.
Ho cominciato a stufarmi in seconda media. Non avevo piu' molto da dirgli. Non sapevo piu' che giochi fare. Era tutto cosi' noioso. Lui pendeva dalle mie labbra. E io ero stufa di dover sempre decidere che gioco fare, dove andare, cosa studiare. Insomma, era un peso.
Ho cominciato a non volerlo piu' vedere con frequenza.
Cosi' hanno fatto anche le nostre mamme.
Una volta, o forse due, all'anno capitava che loro si sentissero o si incontrassero casualmente e cosi' riuscivo ad essere sempre aggiornata sulla sua vita.
Voleva fare il dentista e invece è diventato odontotecnico. Si è aperto uno studio.
E' un ragazzo in gamba.
"Ma ce l'ha la fidanzata?" chiedevo, da brava comare, a mia mamma. "No, sua mamma dice di no" mi rispondeva mia mamma.
A 24 anni, la Chiaretta decide di fare una cena riunendo i compagni di classe delle elementari.
Lo rivedo. Alto, non bello, non è cambiato molto. Con qualche capello in meno.
Ma è sempre squisito nei modi, è sempre allegro, è sempre vivace.
Mi sembra sempre uguale, come alle elementari.
Ci ritroviamo seduti vicini al tavolo e lui mi fa il terzo grado.
Con tutte le esperienze di vita che ho fatto, mi sentivo come una donna navigata.
Eh già, io ho vissuto all'estero, ho viaggiato, mica come voi monzesi che al massimo andate fino a milano a fare shopping.
Io e lui chiacchieriamo di tutto, discutiamo, ci prendiamo in giro, ridiamo come matti, ci divertiamo, insomma stiamo bene insieme, andiamo d'accordo.
Siamo amici.
E cosi' cominciamo ad uscire qualche sera. Mi viene a prendere e poi andiamo a raggiungere il resto della compagnia dei suoi amici. Gente per bene, benestanti, cattolici, colti, impegnati nel sociale. Gente a posto. Gente normale.
Mi guardo attorno. Non mi interessa nessun ragazzo della compagnia. Troppo regolari.
Non dico niente all'Andrea, di questa mia osservazione, e sinceramente non so neanche il perchè. Forse perche' anche lui, in fin dei conti, era uno di loro, uno come loro.
Andrea mi invita fuori a cena, andiamo nei locali a bere qualcosa, andiamo al cinema, alle mostre, a giocare a tennis, a pattinare. Insomma. Andiamo d'accordo e mi diverto un sacco.
Una sera siamo a cena a casa di Silvia.
Marco le chiede se Fabio è rientrato dal lago.
E chi è Fabio, mi chiedo...
"Torna sabato" risponde Silvia.
"Chi è Fabio, lo conosco?" chiedo io stupita.
"No, non credo che tu l'abbia mai visto. Sta studiando un casino per la tesi e cosi' non esce spesso, oltre al fatto che trascorre molto tempo alla casa che ha al lago" mi risponde Marco.
"Cosa sta studiando?" chiedo con interesse.
"E' quasi geologo. Ed è un pazzo scatenato. Fuori di testa proprio" aggiunge Marco con sarcasmo.
A me bastano a volte 2 parole per farmi accendere le lampadine dell'interesse.
Pazzo scatenato.
Sono stata con Fabio per quasi 3 anni. Ma di pazzo scatenato aveva ben poco.
Direi piuttosto che era un matto incosciente e infantile.
Quando ho cominciato ad uscire con Fabio, ho smesso di uscire con Andrea.
Non capiva. Non diceva niente. Si disperava e basta. E io non lo sapevo.
Soffriva in silenzio a casa, la notte, il giorno.
Il dolore per questo mio tradimento era immenso. Aveva persino smesso di mangiare, di uscire.
Non lo vedevamo piu' in compagnia. Ci chiedevamo perche' il nostro amico Andrea non uscisse piu'. Ho provato anche a chiamarlo. Sua mamma con scuse, di svariato tipo, me lo negava sempre.
Perchè il mio amico sta male?
Mi son chiesta se per caso fossi io il motivo, ma mi rispondevo sempre che non era possibile. Io e lui eravamo solo amici.
Purtroppo ci si abitua a tutto e cosi' ci siamo abituati, anche noi della campagnia, a non vederlo.
Dopo 2 anni, veniamo a sapere che si e' fidanzato!
Sono contentissima.
Cosi' in occasione di una cena a casa di Lorenzo, invitiamo anche Andrea e la sua fidanzata.
Carina.. davvero carina.
Il calore col quale ci salutiamo e abbracciamo, deve aver dato fastidio alla sua fidanzata.
Non ha piu' voluto deliziarci della sua presenza e pertanto neanche di quella di Andrea.
Il suo cuore traboccava di amore, un amore grande, la sua anima gridava il suo amore, gridava, ma come se non avesse la voce. E quell'amore non era per lei.
Quell'amore era per me. Ma io ero sorda. Non era lui muto.
Io e Fabio non andiamo piu' d'accordo.
Anzi no, voglio essere sincera. Mi sono stufata. Non lo amavo piu'.
Non mi aveva fatto niente. Ma era forse quella normalita', anzi peggio, direi banalita' che aveva assunto il nostro rapporto a farmi sentire prigioniera del nulla.
Prigioniera di un amore piccolo, di un futuro senza sogni, senza grandi ambizioni, di un presente fatto di routine noiose, di un fare l'amore squallido e colpevole.
Era giugno quando ci siamo lasciati.
A settembre compio gli anni. Decido di organizzare una festa a casa mia (dei miei) e cosi' invito gli amici e le amiche. Invito anche Andrea e Valentina.
Un giorno di settembre all'ora di pranzo dall'ufficio, chiamo Andrea al numero dello studio. Non c'e'. Gli lascio un messaggio in segreteria: SIETE invitati.
Rientro a casa alla sera. Mia mamma mi chiede agitata di dare un'occhiata alla nostra segreteria telefonica.
Ci sono 37 messaggi, non parlati.
37?? e chi è sto pazzo psicopatico??
Improvvisamente suona il telefono. Una voce femminile, che, con tono agitato e un'ansia fastidiosa, comincia a parlare senza prendere mai fiato: "Grazie dell'invito, ma io e Andrea non possiamo venire al tuo compleanno e mai ci verremo piu' dove ci sei tu!". Riattacca.
Rimango con la cornetta in mano e a bocca aperta.
Ecco il dettaglio. Ecco che qualche parola, di una donna ferita, che non ne puo' piu', ma che per amore resta fedele al suo uomo... vittima, non per scelta, di un amore impossibile, mi presenta la soluzione su un piatto d'argento.
Ecco il dettaglio illuminante.
All'improvviso mi è stato tutto chiaro.
Mi sento male. Mi mancano le forze. Quest'uomo mi ama.
Mi ama alla follia. Mi ama di un amore grande, puro e senza voce. Un amore che mai ho sentito.
Mai ho voluto sentire. Io ero sorda per la voce del suo cuore.
Invece mi è capitato di ascoltare spesso le voci di cuori che gridavano amore, non per me.
L'Ariosto diceva: sempre creduto fu, che'l miser suole, dar facile credenza a quel che vuole.
Già, me misera, me stupida. Ma come ho potuto non accorgermi di nulla.
In un momento ho ripercorso tutti gli anni, fin dalle elementari.
Io non dovevo salvare il mondo con i miei bacini. Io dovevo solo rendere felice l'Andrea.
Che strano che un bambino gia' a quell'eta' prova un amore grande, un amore fedele, appassionato,
pieno... che resta invariato, anzi che cresce cogli anni... un amore di una vita, un amore infinito.
Come ho potuto essere cosi' sorda?
Il suo amore mi ha sempre rispettata, non è mai stato invadente, insistente, a parte alle elementari.
Il suo amore mi aspetta da sempre.
Devo vederlo. Il giorno dopo mi presento in studio da lui.
Cosa cerco? Non lo so neanche io.
In realta' io non lo amo. Ma davanti ad un amore come il suo, val bene la pena di tentare.
Col tempo, magari, posso imparare ad amarlo.
Parliamo del piu' e del meno. Mi lucida un anello d'oro e finalmente mi chiede
perche' sono li'.
Gli chiedo come sta Valentina, e gli chiedo scusa.
"Non immaginavo" gli dico.
Si avvicina, mi prende le spalle, le stringe. Mi fissa negli occhi.
Mi viene da piangere. Balbettando riesco a dirgli che sono una sciocca, che mi dispiace da morire, ma io non mi ero accorta che lui si era innamorato di me quando abbiamo cominciato ad uscire insieme.
Mi dispiace che lui non abbia mai avuto il coraggio di dichiararsi apertamente, e che se l'avesse fatto, sicuramente le cose sarebbero andate diversamente.
Continua a fissarmi.
Lentamente, con un filo di voce, come se a parlare fosse direttamente e finalmente il suo cuore, mi dice:
"Vedi, io ti amo da quando sono nato. Il mio cuore ti appartiene. Io ti amo da sempre. E ti amo ancora. Purtroppo adesso è tardi. Ho fatto una scelta. E non voglio tornare sui miei passi. Mi dispiace. Ma, ricorda che
ti amero' per sempre. Per tutta la vita".
Mi ha stretto forte a sè. Un abbraccio lunghissimo, ma non sufficiente per placare il mio pianto.
Non ero io a piangere, non erano mie quelle lacrime. Io ero solo il corpo dal quale uscivano.
A piangere era il suo cuore. Il suo cuore che è nato, vive e vivra' per sempre dentro di me.

 
 
 

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...

Ti guardo con il mio desiderio
mentre dormi serena.
Senza svegliarti vorrei

odorare il profumo dei tuoi capelli,
lambire il candore dei tuoi seni,

passare la mia mano

nel tepore tra le tue gambe.

No, non svegliarti, ti prego!

Come potrei altrimenti,

confessarti che mi perdo

nella voglia di te?

Come potrei osare,

con le mie labbra sulle tue,

dirti che ti amo?

(Guidopardo1)

 

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Sulla tua pelle morbida
scivolano le mie parole
e come gocce stillano sul tuo seno.
La mie labbra vogliose
lambiscono il tuo ventre.

Le mie dita come ali

sfiorano le tue fragranti cosce.

Riveli a me ogni tuo mistero
finalmente aperta e indulgente.
Ti osservo intimorito:
tanta disponibilità

potrei ferirla con l’egoismo.
Ed io non voglio.

(Guidopardo1)

 

PICCOLA STELLA SENZA CIELO

Cosa ci fai
in mezzo a tutta
questa gente?
Sei tu che vuoi o
in fin dei conti non
ti frega niente?
Tanti ti cercano
spiazzati da una luce
senza futuro
altri si allungano
vorrebbero tenerti
nel loro buio.

Ti brucerai
piccola stella
senza cielo
ti mostrerai,
ci incanteremo mentre
scoppi in volo
ti scioglierai
dietro una scia,
un soffio, un velo
ti staccherai perché
ti tiene su
soltanto un filo, sai?

Tieniti su,
le altre stelle
son disposte
solo che tu a volte
credi che non basti
forse capiterà
che ti si chiuderanno
gli occhi ancora
o soltanto sarà
una parentesi
di una mezz'ora.

Ti brucerai
piccola stella
senza cielo
ti mostrerai,
ci incanteremo mentre
scoppi in volo
ti scioglierai
dietro una scia,
un soffio, un velo
ti staccherai perché
ti tiene su
soltanto un filo, sai?

(Liga)

 
 
 

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