Creato da ottimistasempreecomu il 13/12/2006
di tutto un po' - «Chi è povero, essendo amato?» (O. Wilde)
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Reciprocitą
Credo che il segreto di un'amicizia risieda nella reciprocità
Mi piaci quando taci (P. Neruda)
"...E' un giovane senza importanza collettiva...è soltanto un individuo..." (Louis Ferdinand Celine: "L'Eglise")
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Messaggi del 27/04/2009
Akiko e le nuvole(di Vilma Viora)
Ogni separazione è come un volo, il distacco dalla terraferma e da ogni certezza. Una donna, il vento, il mare e le nuvole. La storia biografica di Akiko attraverso un breve componimento "alla giapponese"
Akiko voleva farsi trasportare come nuvola nel vuoto della vita. Azzurra di cielo e mare, abbandonata e molle marionetta di un volo senza fine. Il vento le gonfiava la gonna e questo le permetteva un equilibrio sospeso e uniforme.
Il corpo riempiva un piccolo pezzo di blu e galleggiava in un mare d'aria.
La leggerezza aveva sempre amato, così banderuola e vessillo dei pirati. Armonia, avventura, metà dama del settecento e metà bucaniere.
Piccole nuvole rosa affiancavano il fluttuare delicato dell'anima in quel momento così difficile e nuovo.
Si separava dalla terra, buttava la zavorra delle ricordanze e di un dolore senza significato.
Cercava di salire oltre il confine del sentimento quotidiano.
Sapeva che era un progetto di vita, qualcosa che l'avrebbe accompagnata fino in fondo: era emozionata, sospesa, impaurita.
Akiko era fatta di paura, unica scienza appresa, sapere radicato nel profondo. La notte, quando le lucciole contrappuntano le stelle e la luna si guarda nell'oceano, la paura era più fonda, il respiro della brezza accostava suoni familiari a rumori molesti.
La civetta sull'albero inquieto gridava contro la volontà degli dei: erano scoppi di rabbia, fuochi di artificio in un cielo attraversato da saette e fumi.
Akiko cercava la quiete nel tempo che silenzioso scorreva tra ingranaggi e ruotava con la grazia di un balletto, incideva cerchi negli alberi e rughe sul viso delle donne.
La maschera di porcellana che aveva sul volto la rendeva lontana, misteriosa, affascinante.
Un fiore d'ibisco era il suo cuore, allargato, fragile, colorato e impietoso mentre l'amore volava via come un palloncino senza filo e lo sguardo dietro pieno di ansia e delusione.
L'amore come categoria del sogno, disciplina dell'essere così esposta al sentimento, con lo sguardo dell'agnello sacrificale.
L'amore, veste nuziale dell'anima, sposa di maggio con i mughetti tra le mani e le perle scivolate nel grembo.
E lei aveva creduto alla sorte che l'aveva donato senza garanzie, rubato all'ombra, perseguitato nelle notti buie, esaltato in lodi e canzoni.
Non era triste, non più, accettava di quella piaga la necessità banale dell'essere viva, del desiderio di dormire ancora sotto l'albero fiorito o la vela bianca gonfia verso il mare che l'aveva rapita.
Akiko non voleva più il giocattolo rotto, voleva un gesto nuovo, piccolo segno di rondine in volo, nell'arco purissimo del volteggio al tramonto, lo stridìo ricorrente e ciclico sopra il campo di grano con rossi occhi di papavero.
Voleva la consistenza leggera e bianca di cotone della grande nuvola laggiù.
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