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OGGI PARLIAMO DI.....SARDEGNA FATATA

Post n°178 pubblicato il 30 Settembre 2011 da mina_1954

 

 

Miti e leggende di Sardegna

l'antico mistero delle domus de janas

Quando le fate abitavano nell'isola

A Oniferi, si racconta, le fate uscivano all'imbrunire e solo i più fortunati potevano scorgerle mentre tessevano le loro tele preziose. A Oliena, invece, si dice che furono proprio loro, le janas, a insegnare alle ragazze del paese l'arte del ricamo. A Siligo abitavano vicino a Funtana Pinta ed erano talmente gelose della loro acqua che, quando il sindaco decise di incanalarla, con un sortilegio la tramutarono in una pozza piena di vermi. E a Nuragus, le donne ritiravano sempre prima dell'imbrunire i panni stesi per evitare che le fate facessero un incantesimo.

 

 

 

 

 

 

 

 

  

Non c'è paese in Sardegna che non conservi memoria delle leggende popolate dalle fanciulle di bellezza ammaliante che custodivano i segreti della vita degli uomini e avevano il potere di segnarne il destino. Sono le storie tramandate dalle nonne, che a loro volta le hanno ascoltate da bambine, in un ciclo infinito che regala sempre nuova vita alle favole che arrivano dalla notte dei tempi. Così le vecchie sarde non sono diverse dalla Mother Goose inglese e dalla Ma mere l'Oie della cultura francese, le narratrici custodi della tradizione, quelle che poi - nonostante qualche aggiustamento qui e là - hanno permesso a Charles Parrault e ai fratelli Grimm di raccogliere e pubblicare finalmente le più belle fiabe europee.

Le fate della tradizione popolare sarda abitano nelle grotte, nei nuraghi, nei castelli (come quello di Monte Oe tra Pozzomaggiore e Torralba), ma soprattutto nelle domus de janas, le stanze scavate nella roccia che in realtà erano tombe, camere funerarie risalenti al periodo prenuragico. In Sardegna se ne contano quasi duemila, alcune molto semplici, altre monumentali: vestigia di una civiltà - chiamata Cultura di Ozieri perché le testimonianze più importanti vennero recuperate nella grotta di San Michele, vicino alla città del Logudoro - che segnò l'avvento della società rurale e contadina (con la nascita di piccoli villaggi), pacifica e dedita al culto dei defunti. Un culto fondato sulla rinascita dei morti, per questo i sepolcri - che venivano scavati nella roccia - avevano la stessa architettura delle case: stanze, focolare, nicchie. Accanto alle domus più maestose - come quelle di Anghelu Ruiu ad Alghero o di Montessu a Santadi -, molte di più sono le sepolture semplici e piccole. «Fu proprio questa caratteristica ad animare la fantasia popolare che generò la figura delle janas, donne bellissime e dotate di magici poteri, considerate come sacerdotesse oracolari. In tanti paesi - spiega Dolores Turchi, studiosa di tradizioni popolari - sono descritte come esseri minuscoli; in altri, invece, sono viste come fanciulle normali e di straordinaria avvenenza».

 

 

 

Erano viste così le fate che abitavano le domus dei centri del Goceano; così, sottolinea la studiosa, era descritta la jana del pozzo sacro di Santa Cristina. Minuscole come Trilly (la fatina di Peter Pan), o normali come la fata turchina, erano tutte suscettibili, permalose e talvolta vendicative.

A Ozieri si racconta la leggenda di Mariedda che attingeva l'acqua alla fonte quando la cagnetta delle janas le rubò la focaccia che teneva in mano; e siccome trattò con gentilezza la bestiola, le fate decisero di farle doni preziosi per ringraziarla della sua bontà: da quel giorno divenne sempre più bella e, quando si pettinava, dai suoi capelli cadevano monete d'oro. La zia della piccola divenne ben presto invidiosa e, venuta a sapere dell'origine di quella fortuna, mandò la figlia alla fontana. La ragazzetta, però, trattò male il cane delle fate: da quel momento divenne sempre più brutta e dalle sue chiome cadevano pidocchi e tigna. Tutte le janas amano danzare, ma gli uomini - si racconta a Mores e a Pozzomaggiore - non possono toccarle perché altrimenti queste perdono i loro poteri e diventano umane. Tutte amano stare davanti al loro telaio, fatto interamente d'oro, a tessere tappeti e panni preziosissimi. Secondo la leggenda, poi, le janas si avvicinano alla culla dei neonati e ne decidono il destino: così, quando il piccino è benfatato , la sua sarà una vita di felicità e fortuna; quando, invece, è malfatato , la sua sarà un'esistenza di dolore e disgrazie.

 

 

 

A Oniferi sono due le necropoli di epoca prenuragica: una in località Brodu , sulla strada per Benetutti; l'altra, più conosciuta, a Sas Concas , in un terreno privato coltivato a cereali, a ridosso della vecchia carreggiata che porta al paese. Sono tombe che risalgono al 3000 avanti Cristo; quindici case funerarie, con più celle, in alcune delle quali si possono vedere i petroglifi, decorazioni sulle pareti a forma di figure umane stilizzate. «Queste sono tra le domus de janas più belle di tutta la

A Irgoli, dove ogni anno arrivano centinaia di visitatori nelle aree nuragiche sacre di Janna 'e Pruna e di Su Notante , ma la domus de janas di Sa conca 'e su mortu - particolare perché assomiglia a un teschio - è completamente abbandonata. le domus de janas sono tra i monumenti più amati e apprezzati dagli escursionisti

 Sarà perché in queste case di roccia, secondo le credenze dei sardi del Neolitico, la morte veniva sconfitta e i defunti tornavano in vita. Sarà perché, ancora oggi, le vecchie raccontano storie di fate che leggono nel cuore degli uomini.

 

 

(preso dal web e modificato)

 

 

 
 
 
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