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Di Umanesimo culinario, di speculazioni sulla peste, di 'agonie digerite' e di altro

Post n°1031 pubblicato il 27 Marzo 2020 da giuliosforza

 

Post 951

   Dalla rete, di Anonimo:

   “La peggior peste? La speculazione religiosa, politica, economica sulla peste, che o con spettacolari manifestazioni plateali (ad esempio una annunciata piazza San Pietro vuota in mondo visione con un solo personaggio al centro benedicente Urbi et Orbi e s-vendente indulgenze più o meno plenarie) o con continui messaggi capillarmente distribuiti sui media, come virus si insinua nelle coscienze dei più sprovveduti e ne fa strage,”.

  Mi dissocio dal contenuto in parentesi, sicuramente un falso.

 Sempre di Anonimo:

   Studiai teologia dogmatica sui tre tomi del tedesco Bernhard Bartmann, Teologia ascetica e mistica sul Compendio del francese Adolphe Tacquerey, Theologia moralis sul testo del napoletano Alfonso Maria de’ Liguori. Grazie ad essi per provvidenziale contrasto smarrii il ‘loro’ accigliato e ritrovai il ‘mio’ lirico ludico Iddio.

   V’è chi accusa la filosofia di “far male”. Evidentemente può “far male” anche la teologia.  

*

   L'Umanesimo culinario non fu meno splendido di quello letterario. Quando nel 1439 si riunì a Firenze il famoso Concilio che avrebbe dovuto vanamente tentare la riunificazione delle due Chiese, l'occidentale e l'orientale (separate, come si sa, in apparenza da una sottigliezza teologica, la questione di lana caprina del Filioque, che ben altre motivazioni celava) i fiorentini ospitarono regalmente i grandi saggi greco-bizantini ivi sopraggiunti coi loro tesori di preziosi manoscritti che avrebbero fatto la gioia dei Cusano, dei Ficino, dei Platina, che su di essi voracemente si sarebbero buttati restituendo all'Occidente le solarità classiche e così ponendo le basi del Rinascimento.  Tra gli ospiti orientali erano due cospicui personaggi, il monaco basiliano Bessarione e il "nuovo Platone" Giorgio Gemisto Pletone, preconizzatore di una religione universale cristiano-zarathustriana del Sole della Luce e del Fuoco zend-avestiani, fondatore di un circolo - erroneamente detto setta - a Mistrà, l'antica Sparta, frequentatissimo, da un viaggiatore inglese esportato in Inghilterra dove avrebbe allignato dando origine - è questa la versione più accreditata - alla Massoneria. E sarebbe stato, così almeno la dicerìa, durante uno di questi banchetti che Bessarione, dopo aver assaggiato uno squisito arrosto di maiale, avrebbe esclamato arista! arista! che grecamente suona magnifica, splendida, straordinaria, donde il nome rimasto a quella prelibatezza. Lo stesso Studioso ... incardinalato (avrebbe trascorso il resto della sua vita da noi a servizio del papato e da noi sarebbe morto -si può visitare la sua tomba nella basilica dei SS. Apostoli nella omonima piazza) avrebbe involontariamente dato il nome anche al famoso passito Vin Santo, avendolo egli detto simile al vino della licia Xanthos, termine recepito dall'orecchio ancora rozzo dei commensali italici come "santo".
   Leggenda per leggenda.
   Qualche secolo prima, nel 1111, a dimostrazione che clero e concili a qualcosa di buono pur servono, in quel di Montefiascone un vescovo tedesco, Johannes Defuk, del seguito di Enrico V che si recava a Roma per l'Incoronazione, avendo mandato un suo scudiero in avanscoperta alla ricerca del buon vino con l'incarico di scrivere 'est', c'è, su ogni porta di bettola che ne fosse fornita, trovandone tre in una di Montefiascone si fermò di ritorno da Roma tre giorni, e tanto 'est est est' tracannò che infine ne schiattò e fu sepolto in San Flaviano.
   Questo simpaticone di Defuk merita una visita in San Flaviano. Io nell'ultima dozzina di anni di docenza postpensionistica in un istituto universitario già privato (ora mi dicono incardinato al PUS, pardon UPS, Pontificia Università Salesiana) che in Montefiascone ha sede, più di una volta tale visita ho fatto, e in suo onore, almeno in due circostanze, ho anche interrotto l'astinenza da vino che, non so ancora perché, da vent'anni mi sono imposto (forse per non schiattarne a mia volta)

*  

   Il cammino all’interno della prima tappa dell’Opus Magnum è quasi concluso. M’addentro faticosamente nella Nigredo col protagonista, il medico in odore di eresia Zenone (dal prudente pseudonimo Sebastiano Theus, per qualche tempo efficace) e con la narratrice Yourcenar, il cui mondo e il cui stile trovo sempre più affascinanti, ove l’oscurità e la profondità dei concetti si chiariscono, senza che te l’attendi, per una sovrabbondanza di azzeccatissime e semplici immagini. Sono al capitolo centrale, ‘La malattia del priore' (malattia sì del corpo ma soprattutto dell’anima: il superiore del convento dei cordiglieri attraversa quella che i mistici chiamano la 'notte oscura’, nella quale tutte le certezze di fede vacillano, e pare sia uno scotto da pagare da chiunque intraprenda la salita al monte Carmelo). Ẻ la parte più realistica del libro, ove non manca l’accenno, per la verità assai discreto e pudico, alle orge sacrileghe che si consumano nei sotterranei del convento da parte di novizi e frati, molto simili, anche se non così impudentemente descritte in ogni particolare, a quelle di cui il Marchese De Sade si compiace in Justine (pare che non pochi fossero - è da auspicare non più siano - i conventi ove pratiche orgiastiche sodomitiche non si consumassero). In due aforismi paradossali trovo riassunto il travaglio del priore, degni di un Dorian Grey meno giocoso compiaciuto dandy e più filosofo: No, amico, temo che non abbiate abbastanza fede per essere eretico (pag. 170) e L’ateo che nega Dio è il solo uomo che non bestemmi (pagina 178). Fra le più significative citazioni riportate nel volume, e che rappresentano l’essenza del Rinascimento yourcenariano (quello che non è solo eccidi, devastazioni e depravazioni) mi piace riportare il brano di Pico, manifesto dell’uomo nuovo creatore di sé e del mondo, che fa da esergo al volume, e la strofa di una poesia di Giuliano dei Medici (il fratello di Lorenzo, quello caduto nella congiura dei Pazzi) che ignoravo come poeta (nel quale dunque, come nel fratello, il principe il condottiero e il vate, secondo l’ideale rinascimentale,  felicemente convivevano).

  

   “Non ti diedi né volto, né luogo che ti sia proprio, né alcun dono che ti sia particolare, o Adamo, affinché il tuo volto, il tuo posto e i tuoi doni tu li voglia, li conquisti e li possieda da solo. La natura racchiude altre specie in leggi da me stabilite. Ma tu che non soggiaci ad alcun limite, col tuo proprio arbitrio al quale ti affidai, tu ti definisci da te stesso. Ti ho posto al centro del mondo affinché tu possa contemplare meglio ciò che esso contiene. Non ti ho fatto né celeste né terrestre, né mortale né immortale, affinché da te stesso, liberamente, in guisa di buon pittore o provetto scultore, tu plasmi la tua immagine” (Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate).

 

   “Non è viltà, né da viltà procede / S’alcun, per evitar più crudel sorte, / odia la propria vita e cerca morte… / Meglio è morir all’anima gentile / Che sopportar inevitabil danno / Che lo farria cambiar anima e stile.

   Quanti ha la morte già tratti d’affanno! / Ma molti ch’hanno il chiamar morte a vile / Quanto talor sia dolce ancor non sanno”.

 

   Ambedue i brani s’attagliano per contrasto all’epoca che stiamo vivendo, ma che può essere di svolta verso una nuova era dell’umano. Ricevo da Perla Suez, scrittrice argentina:

 

   La peste serà un acontecimiento decisivo y un punto de inflexiòn. Quando decline, surgiràn nuevas posibilidades. -Nueva Sion- Periodismo Judeo Argentino con Compromiso. Es mas potente que nosotros, la peste, y de algùn modo, inconcebible. Mas potente que todo enemigo de carne y hueso con que nos hemos topad…

 *

   Vorrei spendere due parole di fiducia e di incoraggiamento per voi giovani.

   Se sono vere le statistiche, e non ho motivo di dubitarne, pare che la Specie questa volta stia facendo bene il suo lavoro di selezione: dei deceduti per corona virus l’età media sarebbe settantanove-ottanta anni. Il grande problema sociologico, minaccioso sotto moltissimi aspetti, di un giustamente deprecato e deprecabile mondo di vecchi che ha tolto, toglie, e sempre di più toglierebbe a voi lavoro e speranze, pare si stia risolvendo ad opera di una impersonale schopenhaueriana Voluntas, imperscrutabile Destino, mai come questa volta beffardamente, universalmente, e, quel che soprattutto più conta, non ciecamente imperversante, al quale invano l’empirica individuale Noluntas tenta di ribellarsi. Noi ottantenni ed ultra (parecchio ultra, come nel mio caso) siamo di sovrappiù e di impaccio. Questa peste incolore (o …gialla?) forse risolverà il problema da cui siete giustamente angosciati, prima e meglio di quanto politici scienziati filosofi sociologi programmatori guerrafondai e tecnocrati siano riusciti e mai riuscirebbero a fare. Noi vecchi dobbiamo farcene una ragione, almeno a livello di concetto, come direbbe Hegel, perché a livello di sensibilità, è comprensibile, ci rode. Un bel repulisti vi giova.

   Coraggio dunque, e fiducia. Il mondo è vostro. Dopo la notte una nuova alba per voi s’annuncia, di nuovo intonerete l’inno al Sole. “Voi andrete a vivere e noi andremo a morire; anche se “chi di noi abbia la sorte migliore gli dei soli lo sanno”, come fa dire Platone, forse nel Fedone, a un Socrate sul punto di avvelenarsi.

Fosse finalmente, quella che per voi s’annuncia, l’alba del Super-oltre-uomo?

   Molti miei amici hanno letto queste parole, pubblicate su FB, come un autoepitaffio, come un segnale di rinuncia alla lotta e d’inizio di una fatale senile depressione; si sono preoccupati per me, per la mia salute  fisica e psichica, per la tenuta della mia tante volte predicata Wille zur Macht; e mi han subissato di messaggi di stima e di affetto, affermando che uno come me non può morire, che sono una eccezione, che per me non vale la legge universale e che e che e che… Felice e grato per tutte queste manifestazioni, ho sentito il bisogno di rassicurarli dicendo loro, tra il serio e il faceto, quanto segue: “la mia analisi, molto fredda ed oggettiva, è stata letta da voi troppo emotivamente. Vi ringrazio perciò dei consigli e delle manifestazioni di affetto e di stima, ma sappiate tutti che non vi libererete così facilmente di me. Resisto persisto consisto insisto esisto non desisto. E faccio anche qualche piccolo non volgare gesto apotropaico. E chairete!”.

   “Ora è di nuovo lei”, in molti hanno replicato. E spero proprio che abbiano ragione.

 *

   Omaggio ai vegetariani e alla Quaresima. Digerire agonie.
... (Zenone) "mangiava indifferentemente quel che uno dei frati incaricati dal priore all'ospizio gli portava dal refettorio, oppure, alla locanda, sceglieva le pietanze più economiche. La carne, il sangue, i visceri, tutto ciò che ha palpitato e vissuto gli ripugnavano in quel periodo della sua esistenza, poiché alla bestia duole morire come all'uomo, e gli dispiaceva digerire agonie. Dall'epoca in cui aveva sgozzato di sua mano un maiale presso un macellaio di Montpellier, per vedere se c'era o no coincidenza tra la pulsazione dell'arteria e la sistole del cuore, non gli era parso utile impiegare due termini differenti per designare la bestia che viene macellata e l'uomo ucciso, l'animale che crepa e l'uomo che muore. Le sue preferenze in materia di alimenti andavano al pane, alla birra, alle farinate, che conservavano qualcosa del sapore denso della terra, alle verdure acquose, alle frutta rinfrescanti, alle sotterranee e sapide radici. L'oste e il frate cuoco si meravigliavano delle sue astinenze che attribuivano a devozione. Talvolta, tuttavia, si sforzava di mangiare una fetta di trippa o di fegato al sangue, per dimostrare a se stesso che il suo rifiuto veniva dallo spirito e non da un capriccio del gusto " (Margherite Yourcenar, L'Opera al nero, pag. 155).
  

 *

   Vorrei proprio vedere chi d’ora in poi avrà il coraggio di irridere il detto popolare “anno bisesto anno funesto” e di parlare di volgare superstizione. Che sia nella superstizione la verità? Spero mi sia concesso il tempo di rivedere molte mie borie illuministiche, pur conscio l’errore di una vita essere ormai irrimediabile. A meno che… a meno che non mi sia data l’opportunità di sperimentare il nasci denuo che fu, e da quale bocca, predicato oportere.

   Anno bisesto o no io esco scosso, se non sconvolto, da una serie di letture casualmente in contemporanea intraprese vertenti tutte sull’epoca dell’Umanesimo e del Rinascimento, la grandiosa e terribile epoca ritenuta del passaggio dal Medio Evo all’Era moderna. Negli intenti esse avrebbero dovuto aiutarmi a sopportare la clausura obbligata e a renderla meno tetra. Così purtroppo non é stato, e sono aumentati la confusione e il turbamento. Clausura fin che s’apra, silentium fin che parli. Chiederò ancora una volta lumi al   principe dei Maghi Gabri il pescarese, che la frase fece incidere sul battente del portale che introduce alla Prioria nel suo misterioso regno di Gardone, ed io plagiario sulla fragile porta della mia modesta abitazione quasi conventuale. 

Madrigale senza suono.

    ______________

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 

 
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Commenti al Post:
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Barbeau Suzanne il 05/04/20 alle 09:14 via WEB
Sembra molto interessante : vedo il film oggi. https://editionssydneylaurent.fr/livre/pasca/
(Rispondi)
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