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Messaggi di Febbraio 2023

Janacek, La piccola volpe astuta. Grido di dolore. Trilussa,Ninna nanna de la guera

Post n°1159 pubblicato il 26 Febbraio 2023 da giuliosforza

1058

   Così dalla rete:

   “Uno dei capolavori del compositore ceco Leos Janacek: è “La piccola volpe astuta”, tratto dal romanzo di Rudolf Tesnohlidek, che Rai Cultura propone giovedì 16 febbraio alle 10 su Rai 5, nell’allestimento andato in scena al Teatro Comunale di Firenze del 2011.

 L’orchestra e il coro del Maggio Musicale Fiorentino sono guidati dal grande direttore giapponese Seiji Ozawa. Composta nel 1924, l’opera rappresenta il sentimento di fiducia nella natura, fonte di libertà e autenticità. L’allestimento del regista francese Laurent Pelly restituisce alla perfezione la dimensione favolistica del lavoro. Cona interpretazione di Isabel Bayrakdarian.

….

   Le avventure della volpe Bystrouška, meglio conosciuta come La piccola volpe astuta, è un’opera in tre atti di Leoš Janáček. Il libretto, dello stesso compositore, è basato su una storia a fumetti apparsa sul quotidiano Lidové noviny disegnato da Stanislav Lolek, a sua volta basato da un racconto di Rudolf Těsnohlídek.

   L’ispirazione per la composizione dell’opera venne offerta al compositore dalla domestica Maria Stejskalova, assidua lettrice del quotidiano locale Lidové noviny.[1] Sfogliando il giornale, Janáček si imbatté nelle puntate del romanzo per ragazzi La volpe Bystrouska di Rudolf Těsnholídek, illustrato da Stanislav Lolek.

   Il compositore, che da tempo meditava sul tema del conflitto tra uomo e natura, sollecitato anche dalla letteratura del proprio paese (Kafka in primis), decise di mettere in musica lo strano soggetto, un vero unicum nella produzione operistica mondiale, eguagliato solo in parte dal fiabesco (che

debutterà l’anno dopo quest’opera) L’Enfant et les sortilèges di Maurice Ravel.  Dopo alcuni incontri con Těsnholídek, Janáček lavorò alla composizione della nuova opera tra il 1922 e il 1924, e nel novembre dello stesso anno l’opera è rappresentata per la prima volta al Teatro Nazionale di Brno. L’opera è una delle più conosciute del compositore ceco, ed appare frequentemente nei repertori dei teatri mondiali. Dell’opera esiste anche una Suite sinfonica, curata da Václav Talich, amico e collega del compositore.

   La traduzione letterale del titolo Příhodi lišky Bystroušky è Le avventure della volpe Orecchiuccio-aguzzo. Alla prima rappresentazione italiana, avvenuta alla Scala nel 1958, l’opera è stata proposta al pubblico con il titolo Le avventure della volpe Briscola. In seguito a un’altra rappresentazione scaligera, avvenuta nel 2003, il titolo appare nei cartelloni italiani col titolo La piccola volpe astuta”.

   Confesso che la visione della favola di Janacek in TV ha rappresentato per me una vera novità. Avevo iniziato a frequentare il compositore ceco  all’epoca del nostro (mio e della mia immortale Maria Teresa Luciani) ‘Laboratorio di Educazione all’Ascolto’, per altro mai spingendomi  oltre la Marcia Funebre, Taras Bulba e Pellegrinaggio dell’anima. Ma sicuramente mi inganna la memoria. Sarebbe stato strano che Maria Teresa, sensibilissima ai problemi educativi dell’infanzia (aveva, dopo essersi laureata, per molto tempo insegnato nelle elementari e in una classe di bambini oncologici ricoverati al ‘Bambin Gesù’, fino a quando non ne richiesi il comando presso la mia cattedra di Pedagogia Generale) proprio la bella favola trascurasse. Quel che ne ho visto in questi giorni me la fa preferire in freschezza a L’Enfant et le sortilège raveliano: una vera festa della Natura tutta che anche la realistica scenografia esalta, evidenziandone l’implicita concezione filosofica che la sottende: la celebrazione dell’unità, panteisticamente intesa, del Creato, che nemmeno la volpe astuta con tutti le sue furbesche prevaricazioni riesce a sconvolgere.

   Una vera festa anche per il bambino novantenne per il quale crescere, come vuole l’assunto della favola di Richard Bach, non è uscire d’infanzia. 

*

   Grido di dolore.

   Mi viene segnalato da più parti che copie delle mie raccolte poetiche (Canti di Pan e ritmi del thiaso, L'Evita', Aqua Nuntia Aquae Iuliae) che non sono in commercio avendole io stampate a mie spese per farne dono-ricordo agli amici, si trovano in vendita in Internet. La cosa prima che offendermi mi affligge: begli amici coloro che fanno mercato d'un atto di stima d'amicizia e d'amore! Dei miei libri, quelli che non recano indicazione di casa editrice sono proprietà dell’Associazione Culturale di Varia Umanità e Musica 'Vivarium' e in copertina recano, in luogo dell’Editrice, l'indicazione 'Metanoesi'. Ve ne prego, se i miei libri non vi piacciono dateli alle fiamme, condannateli con me al rogo, ma non vendeteli! Non umiliatemi fino a questo punto, non fatene mercato, non fatene 'mammona d'iniquita'!

   Qualche commento:

Gianni Andrei:

   Inquietante! Ecco l'amicizia... La mia forte solidarietà.

Francesco Santoro:

   Sicuramente è stata letta e per atto di generosità hanno voluto condividere e diffondere il suo pensiero. Un abbraccio affettuoso.

   Paolo Statuti:

   Caro Giulio, dai nemici mi guardo io, dagli amici mi guardi Dio! 

Maurizio Cara:

   Sono senza parole!

   Ecco alcune offerte della Rete:

   https://www.lafeltrinelli.it/libri/autori/giulio-sforza

   LAFELTRINELLI.IT

   Libri e opere in offerta | laFeltrinelli

   https://www.ibs.it/canti-di-pan-ritmi-del.../e/2570160852781

   https://www.unilibro.it/libri/f/autore/sforza_giulio

   UNILIBRO.IT

   Libri Sforza Giulio: catalogo Libri di Giulio Sforza | Bibliografia Giulio Sforza | Unilibro

   https://m.libreriauniversitaria.it/...

   https://www.ebay.it/itm/361704185265

   EBAY.IT

   POESIA AUTOGRAFO SFORZA GIULIO L'EVITÁ ALTRE LIRICHE NEOCLASSICHE | eBay

Giulio Sforza:

   Di Vitam impendere Pulchro, che è dell’editrice Anicia, hanno cambiato addirittura copertina e titolo introducendovi uno strafalcione, scrivendo imprendere anziché impendere!

   Fio Rella

   Presso alcune case editrici è un fenomeno purtroppo diffuso, si appropriano dei testi ad insaputa degli autori. Amazon addirittura li fa ristampare all’estero in formati spesso bruttissimi. La vendita su ebay o altre piattaforme da parte di privati dei tuoi libri è deplorevole, anche perché contengono dediche…non dispiacerti, chi li comprerà avrà scelto di averti con se’.

Catia Di Nicola

   incredibile! 

Giustina Marta

   Pazzesco!!!

   …non ragioniam di lor, ma guarda e passa...

   …questo però già lo sai! Un abbraccio di solidarietà! Ieri le indimenticabili Bruniadi 

   A tutti i nostalgici delle nostre serate bruniane e dei nostri goliardici "brindisi libertini", dal Gianicolo, "sulla Roma addormentata dei necropompi, dei necrofori, dei tafei" dedico questo ricordo di:

   “MARTEDI 17, CDXV del Rogo, intorno alle 16, sarò, con qualsiasi tempo, al Campo de' Fiori presso il Suo monumento. Sarebbe per me una grande gioia incontrarvi qualcuno di voi.

*

   Trilussa

   INNA NANNA DE LA GUERA

   (1914)

   Ninna nanna, nanna ninna,

   er pupetto vò la zinna:

   dormi, dormi, cocco bello,

   sennò chiamo Farfarello

   Farfarello e Gujermone

   che se mette a pecorone,

   Gujermone e Ceccopeppe

   che se regge co le zeppe,

   co le zeppe d’un impero

   mezzo giallo e mezzo nero.

   Ninna nanna, pija sonno

   ché se dormi nun vedrai

   tante infamie e tanti guai

   che succedeno ner monno

   fra le spade e li fucili

   de li popoli civili.

   Ninna nanna, tu nun senti

   li sospiri e li lamenti

   de la gente che se scanna

   per un matto che commanna;

   che se scanna e che s’ammazza

   a vantaggio de la razza

   o a vantaggio d’una fede

   per un Dio che nun se vede,

   ma che serve da riparo

   Chè quer covo d’assassini

   che c’insanguina la terra

   sa benone che la guerra

   è un gran giro de quatrini

   che prepara le risorse

   pe li ladri de le Borse.

   Fa la ninna, cocco bello,

   finchè dura sto macello:

   fa la ninna, chè domani

   rivedremo li sovrani

   che se scambieno la stima

   boni amichi come prima.

   So cuggini e fra parenti

   nun se fanno comprimenti:

   torneranno più cordiali

   li rapporti personali.

   E riuniti fra de loro

   senza l’ombra d’un rimorso,

   ce faranno un ber discorso

   su la Pace e sul Lavoro

   pe quer popolo cojone

   risparmiato dar cannone!

*

Dedicato ai miei amici enofili:

“Lo dolce ber che mai non m’avria sazio” (Purg., XXXIII, 128)

Marco Bertelli

Non troppo enofili, però. 

  __________________

  

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 
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Atmananda. John Martin Sahajananda Kuvarapu

Post n°1158 pubblicato il 19 Febbraio 2023 da giuliosforza

1057

   L’eremita calabrese Sri Atmananda Swami, di cui il mio ex allievo Antonio Pintimalli, che vive ed opera nel Catanzarese, è seguace e che me lo ha fatto conoscere, mi ha sempre parecchio incuriosito, avendo trovato la sua mistica visione del mondo e di Dio molto prossima a quella mia panteistica di matrice idealistico-hegeliano-gentiliana. Antonio sovente mi aggiorna sulle vicende spirituali di ‘Atmananda’ e io me ne nutro come di un miele quotidiano. In attesa di condividere per i miei amici, a consenso ottenutone, brani del diario dell’eremita, prendo la breve ma precisa presentazione che del personaggio fa in rete, martedì 15 gennaio 2002, Marco Cannavaro:

   “Sembra incredibile, eppure la storia di Piero Bucciotti, 54 anni, potrebbe essere la storia di ognuno di noi. Quante volte abbiamo detto: "Lasciamo tutto, lavoro, famiglia, traffico e stress ed andiamo a vivere completamente da soli, in un luogo sperduto". Buciotti ha avuto questo coraggio. Dopo aver passato i primi e turbolenti 14 anni ad Orvieto, Piero ha cominciato a vagare per il mondo. Da 20 anni vive in un piccolo paese in provincia di Catanzaro, Cerva, in un casolare senza acqua e senza luce. Predica una religione che lui stesso definisce indocristiana ed ha assunto il nuovo nome di Svami Atmananda. Ha raccolto i suoi pensieri in un diario che è stato pubblicato dalla Ursini Editore 'Diario di un samnyas indocristiano'. ha vissuto in Israele, Nepal, Shri Lanka ma soprattutto in india, terra che ha determinato il suo modo di vivere e pensare. La sua unica fonte di sostentamento è un orticello, cammina scalzo anche sulla neve, fa il bagno nelle gelide acque di un fiume. Predica tutti gli esseri viventi e parla poco perchè come è scritto nel suo diario "ogni parola può essere superflua". Molti pellegrini lo vanno a trovare per condividere con lui il silenzio e la pace di Madre Natura”.

   Più densa la breve biografia, presente in rete, anonima ma immagino dovuta ad Antonio Pintimalli, che mi comunica di starne preparando una voluminosa. 

   “Breve biografia.

    Il corpo fisico di Atmananda nasce a Orvieto nel 1948. Vive una giovinezza turbolenta e un'adolescenza ribelle, a Roma dove la famiglia si trasferì in seguito alla perdita del padre. Nel Maggio '68 è sulle barricate parigine, e qui che realizza l'insegnamento sull'inutilità della violenza, impartitogli, prima della della partenza, da colui il quale Atmananda considera come primo maestro, Don Lorenzo Milani. Poco dopo il rientro da Parigi e la morte di Don Lorenzo, proprio mentre leggendo una rivista apprende della sua dipartita, il giovane ribelle è atterrato "da un cazzotto in testa da parte del Signore", la sua mente è annullata, il suo corpo come morto, la Presenza Beata si rivela nello spazio della sua Coscienza. Da allora inizia un percorso di approfondimento di quell'esperienza, che lo porterà a scoprire la propria Coscienza Cristica. Prima monaco di clausura presso la Trappa delle Tre Fontane a Roma, poi monaco Camaldolese in Toscana, si abbandona infine alla sua vera vocazione: la Solitudine dell'Eremita. Abruzzo, Sicilia ecc ed infine Calabria, dove viene invitato dall'allora parroco di Cerva, piccolo paesino della pre-Sila catanzarese. Viaggia, in Israele e poi in India e Nepal. Nel sud dell' India incontra Padre Bede Griffiths presso il Satchitananda Ashram, che egli dirigeva. L'ashram, fondato nel 1950 da due missionari francesi, Jules Monchanin e Henry Le Saux, era il primo tentativo di fondare in India una comunità cristiana che seguisse i costumi di un ashram e s'adattasse, nel modo di vivere e di pensare, allo stile indù e che fondesse le verità ultime di queste ed in sostanza di tutte le tradizioni iniziatiche, le quali hanno a fondamento l'unica Verità Essenziale. Qui riceve la Sannyasa, è iniziato alla Rinuncia ed entra nell'antico ordine degli Swami con il nome di Atmananda (Anima Beata). Abbraccia la filosofia Advaita Vedanta, la più ardita delle metafisiche trascendentali, che annulla qualsiasi mediazione tra l'atma individuale e l'Essenza Eterna/Dio. Da oltre trent'anni conduce una vita semplice e solitaria all'Eremo dell'Armonia Primigenia, senza denaro, corrente elettrica e nessuna delle comodità della vita moderna, egli vive nella pienezza dello Spirito, testimone silenzioso della Tradizione Eterna, Sanatana Dharma, in continuità e comunità con i maestri di ogni tempo e luogo”.

   Per meglio intendere cosa dell’induismo attrae l’Eremita di Cerva, ho cercato ancora una volta aiuto nella   rete ed ho trovato un testo abbastanza chiaro di un John Martin Sahajananda Kuvarapu, dal titolo Cosa rende l'Induismo superiore alle altre religioni in India?, dal titolo 

   Come in più parti di questo diario ho riferito, io da parte mia dedicai all’Induismo un anno di corso con l’intento di fare una lettura filosofico-pedagogica oltre che lirica della parte più famosa del poema epico Mahābhārata, il Bhagavadgītā, ed ebbi modo in quell’occasione di enucleare dal testo con gli studenti  alcuni concetti fondamentali capaci di fare con chiarezza intendere le differenze e le eventuali complementarità tra due visioni del mondo, quella occidentale e quella indiano-vedica. Quelle differenze e quelle complementarità ritrovo ora esposte con chiarezza nell’articolo citato di John Martin Sahajananda, in grado di fare intendere, collocate nel loro contesto più autentico, anche la filosofia e la mistica di Piero Bucciotti. Egli fa riferimento tra l’altro alla scuola Advaita Vedanta, la più radicale sostenitrice del monismo, cioè del principio dell'indivisibilità del Ātman dall'Unità (Brahman)..

   “Non si può dire che l'induismo nel suo complesso sia superiore ma la visione advaitica (non duale) dell'induismo dà il rapporto divino-umano più alto possibile rispetto alle religioni abramitiche …

   L'induismo non è una religione ma una congregazione di molte religioni o sistemi di credenze. Tra tutti i sistemi di credenze indù il sistema Advaita o non dualisitico dà il più alto rapporto divino-umano possibile.    In questo sistema una persona può evolversi e dire: aham Brahma asmi, io sono Brahman, meglio dire 'il mio sé infinito è Brahman. (Non l'anima umana è Brahman). Questa è la visione che gli Upanishad presentano. Ogni Upanishad lo presenta nel suo modo unico.

   Le religioni abramitiche, l'ebraismo, il cristianesimo, l'Islam e la fede dei Baha'i, offrono relazioni creatore- creatura. Dio è il creatore e la creazione, che comprende gli esseri umani, è una creatura di Dio. C'è un divario tra Dio e le creature. È una visione dualistica. Anche dopo la morte gli esseri umani saranno separati da Dio. (Le correnti mistiche di queste religioni offrono anche più del rapporto creatore-creatura ma non sono così affermative come la tradizione advaitica).

   Gesù Cristo ha trasceso questa visione dualistica e ha realizzato una visione non dualistica. "Io e il Padre siamo uno", ha dichiarato. È meglio dire 'nel livello più profondo io e Dio siamo uno’. (Ayam atma Brahma). Il terreno del mio essere (Atman) e il terreno dell'universo (Brahman) sono uno.

   I suoi leader religiosi hanno rifiutato le sue affermazioni. Le sue dichiarazioni erano considerate blasfeme.   Per quello doveva morire sulla croce.

   Nel cristianesimo ci sono due visioni: dualistiche e non dualistiche.

   Per i cristiani, è una visione dualistica. I cristiani sono creature di Dio e Dio è il creatore. C'è un divario tra Dio e i cristiani. I cristiani non possono mai pretendere di essere tutt'uno con Dio. Possono andare in paradiso solo dopo la morte, ma non potranno mai rendersi conto di essere tutt'uno

   Per Cristo è una visione non dualistica. Gesù Cristo non è una creatura di Dio. Egli è l'incarnazione di Dio e l'uno con Dio. Ma questa esperienza o realizzazione si limitano solo a Cristo, non una possibilità per nessun altro essere umano.

   Quindi il cristianesimo è la combinazione di visione dualistica (per i cristiani) e visione non dualistica (per Cristo). È la combinazione di visione abramica per i cristiani e visione advaitica per Cristo. Una gamba è nella visione abramomica e un'altra è nella visione advaitica.

   Secondo la mia comprensione Gesù Cristo ha aperto la porta alla possibilità di un'esperienza non dualistica di Dio ad ogni essere umano ma la tradizione cristiana la limitava solo a Cristo e chiuse la porta ai cristiani. 'Io sono la luce del mondo' (aham brahma asmi) e 'tu sei la luce del mondo' (tat vam asi), ha dichiarato Gesù Cristo. La tradizione cristiana ha sottolineato la prima affermazione e in qualche modo ha trascurato la seconda.

   Gesù Cristo non può essere inserito completamente nella categoria delle religioni abramitiche.  Naturalmente è nato lì e ci è cresciuto ma la sua esperienza di Dio ha trasceso Dio abramotico. 'Prima che   Abramo fosse, io sono' ha dichiarato. Il suo Dio non era un Dio settario di un unico gruppo esclusivo ma un Dio universale, il Dio dell'umanità intera e della creazione.

   L'ebraismo, l'Islam e la fede dei Baha'i credono in un Dio creatore. Tutti sono creature di Dio, compreso Gesù Cristo. Il cristianesimo sostiene che Gesù Cristo è pienamente umano e pienamente divino.

   La persona di Gesù Cristo divide il cristianesimo dall'ebraismo, dall'Islam e dalla fede dei Baha'i. L'altra questione controversa è il concetto di Dio come Trinità.

   La tradizione advaitica dell'induismo non avrà alcuna difficoltà ad accettare l'esperienza advaitica di Gesù Cristo, ma quell'esperienza è possibile a tutti e non si limita solo a Gesù Cristo. Questo è ciò che divide il cristianesimo dalla visione advatica dell'induismo. Anche questa è una grande sfida al cristianesimo.

   In questo senso possiamo dire che non l'induismo nel suo complesso è superiore ma la visione advaitica dell'induismo dà il più alto possibile rapporto umano- divino rispetto alle tradizionali religioni abramitiche.    Certo che le correnti mistiche nelle religioni abramitiche vanno oltre la visione dualistica, aprono la porta all'esperienza non dualistica di Dio…”.

 *

Il periodo della quiete alcionia, o del Fuoco e del Sole Zarathushtriani, o della Stella di Betlemme, sono particolarmente adatti agli approfondimenti mistici, al ripiegamento sul onde trovi senso nel Sé (nel significato che questi termini avevano prima che la ‘scienza’ psicanalitica se ne appropriasse e li laicizzasse).

   Io per la prima volta l’ho vissuto intensamente ed ha inaugurato, spero, una fase nuova (l’Eternità ha le sue fasi che chiamiamo impropriamente Tempo), quella advaitica di una Vita sempiterna.

   Tat tvam asi.

   _________________

  Chàirete Dàimones!

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La Lollo e gli avvoltoi. Fanfan la Tulipe e Limoges. Le roi Dagobert. Bocelli. Jevola ed altro

Post n°1157 pubblicato il 18 Febbraio 2023 da giuliosforza

 

1056

   La Lollo nostra sublacense era ancora calda sul suo cataletto che tutti i mezzi di comunicazione di massa si sono precipitati a commemorarla trasmettendo film interviste controversie (queste soprattutto finanziarie, vergogna, vergogna vergogna, avvoltoi!). Quasi nessuno spazio, altra vergogna, alla sua complessa personalità di donna pressoché totale, bravissima sì nel cinema, ma assolutamente non mediocre in scultura, pittura, fotografia. Non so quale delle reti abbia battuto il record della velocità, ma a me è per puro caso capitata la Rai con la trasmissione di Fanfan la Tulipe di Christian-Jacques (1952) dove una Gina e un Gérard Philipe, belli come dei, se non danno già il meglio di sé, il loro meglio già prefigurano. Ma le vicende dello spadaccino alla D’Artagnan e della sua  innamorata hanno risvegliato in me memorie antiche di altro genere, belle memorie della mia giovinezza inquieta.

   In uno dei miei primi viaggi-pellegrinaggio in terra di France la douce, capitai in quel di Limoges, nella nuova Aquitania, famosa per i suoi smalti, le ceramiche, le maioliche, le porcellane, e mi invaghii di una serie di sei piattini finemente porcellanati, ognuno dei quali riproduceva un personaggio del folklore popolare, con relativa immagine e versi che brevemente ne illustravano la storia: Il pleut bergère, Cadet-Rousselle, J’ai du bon tabac, La mère Michel, le roi Dagobert e Fanfan la Tulipe, appunto. Comprai tutte la serie che ora adorna un angolo della mia cucinetta all’americana. Particolarmente simpatico il piattino che riguarda Fanfan la Tulipe, che riproduce le gesta dello smargiasso protagonista che di bravata in bravata riesce a far adottare dal re la sua fidanzata e finalmente a sposarla, vedendo così verificata la profezia di una strega che gli aveva profetizzato che avrebbe sposato la figlia di un re. Un altro piattino racconta la storia del buon re Dagobert, il merovingio che conquistando nel settimo secolo l’Aquitania divenne re di tutti i Franchi. Così in minutissima ma perfetta grafia il piattino ne narra ironicamente la storia.

1.

   Le bon roi Dagobert Avait sa culotte à l’envers. Le grand saint Éloi Lui dit : “Ô mon roi!

Votre Majesté Est mal culottée”.– C’est vrai, lui dit le roi, Je vais la remettre à l’endroit.”

2.

   Le bon roi Dagobert Chassait dans les plaines d’Anvers. Le grand saint Éloi Lui dit : “Ô mon roi! Votre Majesté Est bien essoufflé.” – C’est vrai, lui dit le roi, Un lapin courait après moi.”

3.

   Le bon roi Dagobert Avait un grand sabre de fer. Le grand saint Éloi

Lui dit : “Ô mon roi! Votre Majesté Pourrait se blesser.”– C’est vrai, lui dit le roi, Qu’on me donne un sabre de bois.”

4.

   Le bon roi Dagobert Se battait à tort, à travers. Le grand saint Éloi Lui dit : “Ô mon roi!Votre Majesté se fera tuer”. -C’est vrai, lui dit le roi, Mets-toi bien vite devant moi.”

5.

   Quand Dagobert mourut Le diable aussitôt accourut. Le grand saint Éloi Lui dit : “Ô mon roi! Satan va passer, Faut vous confesser. -Hélas! dit le bon roi Ne pourrais-tu mourir pour moi?”

 

   Con queste amenità io commemoro la Lollo e Gérard Philipe, che ringrazio per esserci stati e averci deliziati, il francese troppo poco, per esser morto, per un tumore al fegaro, a 37 anni, 44 anni prima della sua compagna di avventure cinematografiche.

   A proposito: di Limoges era Renoir, tra gli impressionisti il mio preferito. E di uno dei suoi quadri  più belli, il Bal au moulin de Galette, posseggo di un particolare copia perfetta, dono dell’autrice, una mia ex allieva di vasti interessi, laureata anche all’Accademia delle belle Arti di Roma, che ha amato restare anonima, ma lasciando sul retro due massime virgolettate (che appartengano a Renoir stesso?) : “Le passioni diventano spesso trasgressioni”, “ Se ammettessimo che Dio ha creato l’uomo per un dato scopo, avrebbe dovuto crearli o mortali senza passioni o eterni”. Confesso di non trovarle molto originali.

*

   Una Bohème con Bocelli! Decisamente la voce di Bocelli non è adatta per un’opera lirica, adattissima   per un’opera pop-rock. La moda di oggi che ritiene taluni cantanti, anche famosi, come una sorta di crossover, una sorta di androgeni musicali e come tali utilizzabili, soprattutto per la loro redditività, proprio non riesco a condividerla. Con tutto rispetto per la sua non veggenza, ritengo che Bocelli non dovrebbe prestarsi per operazioni di questo genere. Ne va anche della sua credibilità di straordinario uomo di spettacolo. Volete mettere la voce di un Licitra  e di una Gunevina ucraina nei recenti, in rete, Don Pasquale e Un ballo in maschera  di Liliana Cavani? Quello sì che è un cantare!

   Ne ultra crepidam, sutor!

* 

   In sogno (non si è responsabili dei propri sogni) concionavo con ridicola magniloquenza contro gli americani (gli importati, non certo i primitivi) che una volta costituitisi, con fratricida violenza, in un immenso stato, decisero di fare strage degli aborigeni, di conquistarsi con la violenza e la ricchezza un impero mondiale, di far direttamente guerra, o essere a una guerra di supporto, alle madri 'patrie', trasformandosi in corialani patricidi e matricidi., senza tregua, senza tregua.

Coriolani, fratricidi, patricidi, matricidi gli americani?.

Onirica follia! Me la si perdoni!

* 

   Il mio caro ex allievo di Ginnasio poi d’Università Luciano Pranzetti, musico, pittore, scrittore versatile nonché filologo sopraffino, assiduo lettore delle mie nugae diaristiche e molto in esse presente, così ha commentato le mie note su Brahms, Ratzinger, von Karajan e l’Ein Deutsches Requiem:

   “Anche io, caro Prof. vorrei che alle mie “solenni” esequie si eseguisse l’Ein Deutsches Requiem di cui ho spesso cantato, in vari concerti, il terzo brano Herr, lehre doch mich. Straordinario l’incipit, che riflette quasi uno scorrere lento di un fiume, senza strepito, secondo quanto afferma la materna saggezza latina: “Altissima quaeque flumina minimo sono labi”. Straordinario von Karajan. Grazie prof. per il meraviglioso richiamo.

Chaire”!

   Me la sua citazione, che mi risulta tratta dal Quinto Curzio Rufo delle famose Historiae Alexandri Magni, il sanguinario discepolo dello “Maestro di color che sanno”, ha molto incuriosito, e ho già ordinato il libro, che mi farà compagnia, insieme alla piacevole  rilettura del Giuliano di Gore Vidal, uscito in Italia da Rizzoli nel lontano 1969, uno dei pochi libri originali e contro corrente sull’imperatore filosofo che sognò uno stato ‘etico-estetico’ e la utopistica restaurazione del paganesimo.

Grazie, maestro Luciano.

*

   Su due volumi di Julius Evola. A proposito di personaggi fuori dal coro.

   Continua, tranne che in settori della pubblica opinione ben individuabili, il silenzio su quel geniale, originalissimo personaggio della cultura italiana che risponde al nome di Julius Evola, E il motivo è sempre lo stesso: avrebbe aderito al Fascismo. Se si dovesse tacere di tutti i filosofi i pittori i poeti i romanzieri i saggisti che aderirono ai Fasci o per essi simpatizzarono, si dovrebbe tacere del novanta per cento della cultura italiana tra le due guerre. Motivi pretestuosi in verità, che nascondono la paura di doversi cimentare con una cultura contemporanea al confronto di quella perdente, o di quella quasi totalmente debitrice  come qualche onesto comincia a riconoscere. Io, perciò, infastidito dal solito ritornello intonato da chi non ha nulla di nuovo da dire, ancora una volta confesso per nulla interessarmi se questo o quello ha vestito l’orbace, o ha fatto l’occhiolino ai littori e poi ha indossato la zimarra o il colbacco. Guardo la sostanza delle cose, considero la forza o la debolezza di un’idea, la potenza o la nullità di un’arte, e mi assumo la responsabilità di quello che penso e dico. Non ho chiese di alcun genere a cui la sera rispondere.

   La prima cosa che di Evola lessi fu La metafisica del sesso, per me a quel tempo noiosissima. Ma confesso che il titolo mi incuriosì. E decisi di approfondire la conoscenza di uno studioso serissimo e fecondissimo, autore di un centinaio di voluminose pubblicazioni, pittore poeta filosofo romanziere esoterista dal multiforme ingegno dalla cui frequentazione c’è solo da apprendere. L’esoterista soprattutto a quel punto mi interessò e perciò mi sentivo obbligato ad approfondire quell’aspetto. Solo da poco mi è tornata la curiosità, e per Natale mi son fatto regalare dalle figlie la compendiosa autobiografia Il cammino del Cinabro e la raccolta delle sue riflessioni e ricerche su Mithra e i suoi misteri curata da Stefano Arcella e intitolata La via della realizzazione di Sé secondo i misteri di Mithra. Mithra tra tutte le divinità fu uno dei miei preferiti (i vari Mitrei sparsi in vari luoghi non solo di Roma e d’Italia furono per un periodo quasi la mia casa) forse  poiché la sua etimologia si riallaccia a mysterium, dal greco μυστήριον segreto, arcano, a sua volta da μύστης, iniziato: e l’iniziato, l’esoterico, è il concetto, nelle sue varie accezioni e sfumature di significato, in vita mia più frequentato.

   Ma di ciò più approfonditamente a suo tempo.

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    Chàirete Dàimones!

    Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

   Gelobt seist Du jederzeit, Frau Musika!

 

 

 
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Varie di musica. Lollobrigida: Fanfan la Tulipe. e Limoges

Post n°1156 pubblicato il 10 Febbraio 2023 da giuliosforza

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   ‘La Sonnambula’. La bella voce di coloratura di Eva Mei oggi mi commuove anziché infastidirmi, così fuori luogo in un contesto di cuori infranti. Mi commuovo più e più volte. Ma ad ‘Ah! Non credea mirarti, sì presto estinto, o fiore’ premono le lagrime dal cuore agli occhi, ché fanno irruzione le memorie: Catania è qui, la recuperata tomba di Lui è qui, il robusto  fusto di bambù, sottratto furtivamente all’hortus conclusus che un recente risveglio di Enkélados e Tiphòn sbuffanti ha ricoperto di recente polvere vulcanica quasi manto di neve nera, sul quale trascrivo, in un momento particolare della mia travagliata vita sentimentale, l’Aria struggente impressa sul marmo del sarcofago, è qui, tra gli altri innumerevoli centoventi lignei diari della mia vita silvestre. E intatti sono ancora i colori rosso e nero dei righi e delle note. Ma ancora è qui, ahimé, nel musicale policromo e incorrotto giardino della mia Anima, il Fiore delicato strappato troppo presto dal suo stelo in quei giorni di Fuoco.

   Esulti pure, dunque, il popolo in coro: Elvino e Amina finalmente sposi. Ma nel fondo abisso della mia anima le voci di epitalamio risuonano di trenodia. ‘Sunt lacrimae rerum’.

*

   E poi uno Zauberflӧte (mai sètta, quale la Massoneria settecentesca nei suoi nobili ideali di umanità, bontà e fratellanza, ebbe più delicata e insieme possente celebrazione) che anche per me, nel mio tramonto, possiede una confortante messaggio di serenità e di speranza: per la potenza della Musica attraverseremo sereni la porta buia della Morte, oltre la quale è ad attenderci lo splendore di Iside e di Osiride.

   L’ho sempre saputo, su tale convincimento si è fondata e si fonda la mia filosofia della Musica. Ora Wolfgang me lo riconferma, ancora una volta benevolo dai suoi cieli. Che egli con Frau Musika, la Musica che egli è, sempre sia lodato.

*

   Per la prima volta ascolto La Straniera di Bellini. Mi meraviglia che per tanto tempo sia stata ignorata dai nostri teatri. Una compattezza degna di Wagner, senza che ne perda l’immancabile nostrano melodismo.    Purtroppo noto che anche la sua fonte letteraria è straniera, L’Étrangère di Charles-Victor Prévost d’Arlincourt.

   Quasi tutte le opere italiane dell’Ottocento hanno libretti ricavati da autori stranieri. Credo quasi il 99%, ed è un vero peccato. Le storie sono quindi quasi tutte di seconda mano, di fonti per lo più francesi e tedesche (fra queste imperversa un genio come Schiller, per fortuna). Non è un fatto di poco conto. L’Opera d’arte totale ne risente e molto ci rimette, oh se ci rimette!

*

   E di “Così fan tutte” per la prima volta m’incanto al ‘trio del vento’. Soave sia il vento Tranquilla sia l'onda Ed ogni elemento Benigno risponda Ai nostri desir.

   Sarà piaciuto ad Achille-Claude Debussy de La Mer? Quanto gli debbono il suo Simbolismo e il suo Impressionismo? Mi piacerebbe indagare.

*

   Amleto2, di Filippo Timi

   Così una nota redazionale di Rai5: Un Amleto spiazzante, comico, furibondo, folle e colorato: si chiude con “Amleto² (Il popolo non ha pane? Diamogli le brioche)”, in onda sabato 21 gennaio 21.15 su Rai 5, il ciclo “Lo specchio del mondo”, dedicato ai cinquant’anni del Teatro Franco Parenti di Milano. Andato in scena nella stagione 2012-2013, con la regia di Filippo Timi, lo spettacolo vede lo stesso Timi – accompagnato da Lucia Mascino, Marina Rocco, Luca Pignagnoli, Elena Lietti - protagonista di una rilettura di Shakespeare dove ogni gesto o parola diventa gioco e voce personale, provocazione intelligente, “helzapoppin” ad alta gradazione di divertimento. Di fronte alla tragedia, Amleto ha due possibilità: soccombere o esplodere nel massimo della vitalità. Timi ha scelto la seconda, trasformando la tragedia in commedia, tra potere, oblio, frivolezza e pazzia, La regia tv è di  commedia, tra potere, oblio, frivolezza e pazzia. pazzia. La regia tv è di Felice Cappa”.

   Non conosco Filippo Timi. Ma la presentazione è allettante. Non resto deluso, sì pensoso. E non servirà troppo tempo per smaltire l’irriverente ennesima irrisione al buonsenso.

*

   Alla giovane dotta intelligente dottoressa Gemma (sì, tale il suo nome), dermatologa di grande talento, in riconoscimento dei suoi meriti per avermi liberato dei fastidiosissimi pruriti (impresa nella quale tanto di barbassori avevano fallito) ho scritto a mano, col dono di un volume dei miei DIS-INCANTI. Dianoie Metanoie Paranoie d’un Vegliardo diarista virtuale (nell’inconfessata speranza ch’ella abbia questo sproloquio più caro del suo diploma di laurea, e non ne rida) quanto segue:

   All’amabile dottoressa Gemma

   il Vegliardo dona questo zibaldone di pensieri, sovra (super)-pensieri, folli-pensieri,

   con l’augurio che la VITA

   “dono grande e terribile del Dio” (Gabri)

   CELEBRI A LUNGO IN LEI I SUOI FASTI

   per il progresso della CONOSCENZA, che di lei fece l’adepta dei suoi MISTERI,

   e per il bene dei pazienti che avranno la felice VENTURA di incrociarla sul loro cammino.

   In Roma, il 13 Gennaio 2023 di Cristo

   Idibus Ianuariis Anno MMDCCLXXIII ab Urbe condita.

   Umilissimamente G. S.

   Sono proprio incorreggibile.

 *  

   Ora sì che mi rilasso con Brahms, Tragische Ouverture. Ottima, ottima. Un direttore giapponese, Iijii Oue, che scimmiotta, simpaticamente,  in meglio, Pappano.

   E Due balletti: Giselle e Onegin. Romantici che più romantici non si può. In ambedue Adolphe-Charles Adam  e Ciaikovskij danno il meglio di sé.  Li ho seguiti immaginando di avere accanto, a goderne, il più grande innamorato e celebratore della Danza come vittoria suprema sulla forza di gravità, Friedrich di Rӧcken. Quanto abbiamo goduto insieme!

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Chàirete Dàimones!

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