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Messaggi di Febbraio 2007

Susanna

Post n°79 pubblicato il 28 Febbraio 2007 da Kaos_101
 

A Susanna piaceva ballare; non che fosse una ballerina, semplicemente amava andare di tanto in tanto in discoteca e lasciarsi trascinare con moderazione dalla musica.
Susanna era fidanzata da anni con un bravo ragazzo un po’ schivo, conosciuto sui banchi del liceo, che non pareva essere particolarmente attratto dal mondo della notte; così, col tempo, lei aveva preso a considerare il ballo come una forma di relazione sociale, un territorio che condivideva con la solita cerchia di amici e soprattutto con Silvio, il suo fidanzato di lungo corso, e aveva trasformato un piacere eminentemente personale in un comportamento di coppia.
In fondo, col passare degli anni, tutta la vita di Susanna aveva cominciato a ruotare su questa parola: “coppia” come se la sua esistenza fosse in qualche modo giustificata dalla presenza accanto a lei del suo compagno e quando tra lei e Silvio era finita, oltre al dolore per la perdita di quell’uomo sinceramente amato, lei aveva provato una percezione di totale incompletezza, si era sentita un uccello senza un’ala,  un uomo a cui fosse stata amputata una gamba.
La sua vita, così a lungo vissuta specchiandosi negli occhi di lui, sembrava ora vuota e quel che era peggio, non riusciva a recuperare la percezione di sé come individuo intero, ma solo come mezzo di un intero che non c’era più.
Paradossalmente la perdita di Silvio non l’angosciava tanto quanto la sua incapacità di riconoscersi come entità che avesse il diritto a qualcosa di suo, anzi il solo fatto di pensarlo le sembrava un’inaccettabile pretesa, come se la sua “singolarità” la privasse, di fatto, di qualsiasi diritto.
Tale incompletezza le faceva vivere dolorosamente ogni attività le ricordasse la vita a due, al punto di rinunciare a tutto ciò che per lei avesse un senso solo se vissuto in coppia: ballo e vacanze compresi.
Così aveva passato un’estate da reclusa, accettando a malapena di passare qualche giornata al mare con le amiche o, come quella sera, di andare ad una sagra che si teneva in un paese vicino.
Un po’ controvoglia si era vestita, truccata alla bell’e meglio, era salita in macchina con Lara e Giovanna che, ovviamente, per tutto il tragitto non avevano fatto altro che parlarle di Mario, l’ultimo di una lunga serie di potenziali pretendenti che le due amiche continuavano a proporle da mesi.
Vedrai,
diceva Giovanna euforica,
Mario è proprio un figo, e poi, ha un buon posto, secondo me è il tipo adatto a te. Tra l’altro avete un sacco di interessi in comune.
Si! Si!
Rincarava Lara
Se non ci fosse Aldo, un pensierino su di lui ce l’ avrei già fatto.    
A Susanna tutto quell’interessamento per la sua vita sentimentale non piaceva affatto: un poco, perché la sua visione romantica la faceva sperare nel classico colpo di fulmine per cui mal digeriva quella sorta di ufficio cuori solitari che le due amiche avevano organizzato alle sue spalle, ma ancor di più per la sgradevole sensazione che sotto sotto, dietro a tutto quell’interessamento, ci fosse il disagio che la sua presenza come single procurava a quel gruppo di coppie oramai consolidate e tale pensiero non faceva che alimentare il suo senso di inadeguatezza.
Fortunatamente il tragitto era breve e, dopo una decina di minuti, le tre amiche, parcheggiata disinvoltamente l’utilitaria di Lara su di un passo carraio che:
tanto chi vuoi che esca a quest’ora
si tuffarono nella folla festosa alla ricerca dei loro cavalieri che le avevano precedute.
Era una bella serata di fine agosto. L’aria era calda, ma non afosa, e tra i mille profumi di fritture e carne alla griglia, a tratti, si riusciva ancora a percepire l’odore della notte. Una folla variopinta e composita si accalcava e si pigiava nella strada principale, tra bancarelle di dolciumi e lampeggianti novità elettroniche, coi visi accaldati e felici, sgranocchiando pop-corn e noccioline, guardandosi in giro e facendosi guardare.
Dopo aver percorso nei due sensi l’intera lunghezza del paese senza trovare gli uomini, Giovanna, che aveva già adocchiato il tavolino della lettrice di Tarocchi, presa per mano Susanna, la costrinse a sedersi per farsi predire la fortuna.
Già Susanna era, per natura, profondamente aliena da ogni forma di superstizione, ma la cartomante davanti alla quale si era seduta, le procurò un profondo senso di disagio.
La donna non aveva meno di settant’anni, portati per di più assai male: il viso, incartapecorito e solcato da profonde rughe, avrebbe anche potuto avere una sua dignità se non fosse stato vituperato da un trucco pesantissimo e volgare, i capelli raccolti sul capo con una crocchia erano candidi, ma di un bianco sintetico che nulla aveva in comune con una naturale canizie. L’abbigliamento poi era semplicemente incredibile: la donna era inguainata in una tuta argentata di un qualche tessuto sintetico tipo lamé corredata da un paio di stivali dello stesso materiale con tacchi altissimi e zeppe.
La tuta, che finiva con una specie di collarino, era priva di maniche e le magre braccia della donna risaltavano ancor di più con la loro pelle cadente sul lucore argenteo del tessuto, cosparse, per di più, da una gran quantità di tatuaggi di non eccelsa fattura. A completare il sorprendente abbigliamento provvedevano una serie di pesanti bracciali in metallo brunito e due orecchini modello lampadario.
Susanna, messa a disagio da quell’inquietante figura, fece per alzarsi, ma la maga, afferratala per un polso con una mano artigliata di unghie ricurve e con voce sorprendentemente dolce, la trattenne.
Susanna che non era certo il tipo da fare scene, seppur di malavoglia, si accomodò nuovamente sulla sedia lasciandosi sfuggire un sospiro rassegnato.
Gli occhi della donna erano incredibilmente vivaci e brillanti, quasi appartenessero ad un giovane o a un folletto rinchiuso per qualche strana magia in quel corpo incongruo.
La loro gioia di vivere e l’ironia che emanavano colpirono Susanna al punto da indurla a rispondere, quasi in trance, alle domande preliminari che la donna le poneva.
Allora mia cara che vuoi sapere?
Chiedile dell’amore!
Le suggerì eccitata Giovanna.
La cartomante fulminò la ragazza con un’occhiata terribile e, con un tono di voce sgradevole, finalmente in accordo col suo aspetto, la zittì:
Solo chi si siede qui ha il diritto di fare domande; chi non ne ha il coraggio, TACCIA!
Disse, poi, riprendendo il tono amabile di poco prima:
Allora, Susanna, cosa ti preme sapere?
Susanna rimase perplessa: come faceva la donna a sapere il suo nome? Poi, immaginando che la vecchia l’avesse sentita chiamare da Lara o Giovanna, si convinse si trattasse di un innocente stratagemma per aumentarne la credibilità ai suoi occhi e si rilassò.
Non so proprio cosa chiedere
Disse
Mi dica lei quello che vede.
Attenta Susanna
Replicò la donna
Non sempre si vuol davvero sapere quello che ci riserva il futuro e non è sempre prudente chiedere che ci sia rivelato.  In ogni caso, se è questo quello che desideri, ti dirò quello che potrai aspettarti nelle prossime settimane.
Ciò detto, estrasse da sotto il tavolino un mazzo di carte logore col dorso decorato con intricati arabeschi dorati su fondo blu e prese a mescolarle con cura. Dopo averle fatte alzare a Susanna, cominciò a disporle lentamente sul tavolo secondo uno schema complicato. Una volta distribuite le carte, prese a girarne alcune e a guardarle attentamente borbottando parole incomprensibili e movendo sopra di esse le mani come se volesse dissipare un velo di nebbia.
Sei ad un momento decisivo della tua vita
Il tono della voce era nuovamente mutato: ora aveva assunto un timbro profondo e cavernoso che pareva provenire direttamente dal suo petto anziché dalle labbra.
Tra poco, e quando dico poco intendo davvero prestissimo, ti imbatterai in una persona che potrebbe cambiare radicalmente la tua vita. Sta a te riconoscerla e soprattutto accettare quello che ti proporrà. Io non so dirti né quale sia la scelta giusta per te e nemmeno quale alla fine sarà la tua decisione. Posso solo dirti che non sempre la verità è rassicurante! - Cinquanta euro, grazie!
Susanna si riscosse: i gesti carichi di mistero e la voce ipnotica della cartomante l’avevano fatta sprofondare in una specie di strana fascinazione, ora quella richiesta prosaica rimetteva tutto nella giusta prospettiva. Susanna aprì la borsa, sfilò dal portafogli una banconota e lo porse alla donna.
Mentre si alzava per andarsene nuovamente la mano della vecchia le afferrò il polso:
non pensare che i soldi rendano banale o falso quello che ti ho detto. Non pensarlo mai! Ricorda: a volte nella vita è giusto fare la cosa che pare sbagliata.
Susanna si divincolò da quella stretta inaspettata con la sgradevole sensazione di essere trasparente e con un sorriso un po’ imbarazzato, salutò la donna e si allontanò.

Hai sentito
Diceva tutta eccitata Lara
Farai un incontro! Sono sicura che parlava di Mario! Vedrai che è l’uomo giusto per te!
Susanna non rispose, ma le venne spontaneo pensare a come nella sua vita tutto in qualche modo fosse scontato e banale.
Ci manca solo che amiche e fattucchiera si alleino per rifilarmi l’uomo della vita.
Si disse tra il serio e il faceto.
Proprio in quel mentre dalla folla sbucarono Aldo, Paolo e il famigerato Mario: un moro sui 35 anni fisico atletico, sorriso smagliante, aria un po’ strafottente, ma simpatica.
Susanna, suo malgrado, dovette ammettere che non era per niente male, ma come suo solito si trincerò dietro un prudente scetticismo.

Se alla sua età è ancora libero...
Fatte le presentazioni, le tre coppie si avviarono nella pizzeria dove avevano  prenotato un tavolo. A Giovanna e Lara, non era sfuggita l’espressione di sorpresa che si era per un attimo dipinta sul volto di Susanna alla vista di Mario ed ora stavano parlottando fitto fitto, dandosi di gomito e ridacchiando, convinte di aver fatto finalmente centro.
Susanna, da parte sua, pur maledicendosi per quell’imprevista defaillance, continuava a guardare con sospetto misto ad interesse il nuovo venuto che, ovviamente, le ragazze avevano fatto sedere di fronte a lei.
Mario indubbiamente non era uno stupido: 36 anni, chirurgo di un certo valore, aveva una voce calda e profonda e un modo amabile di trattare, e lei, rendendosi conto di non essere insensibile al suo fascino, prese ad osservarlo sempre più interessata, cercando di capire cosa si celasse dietro quella facciata così accattivante.
Il suo scetticismo subì un duro colpo quando lui le confidò di essere single per libera scelta: dopo la laurea si era trasferito in America a specializzarsi presso un centro molto avanzato e al suo ritorno si era diviso tra l’attività professionale e il volontariato nei paesi del terzo mondo.
Era insomma una persona che aveva preferito dedicare fino a quel momento le sue energie al conseguimento di obiettivi, decisione che Susanna condivideva appieno.
Ora, raggiunta la maturità, per Mario era non venuto il momento di fermarsi e, perché no, di trovare una compagna. Mentre lo diceva i suoi occhi incrociarono quelli di lei che non poté fare a meno di ripensare alle parole della cartomante.
Era piuttosto tardi quando uscirono dalla pizzeria. A quell’ora gran parte della gente era già rincasata, rimaneva solo qualche capannello di persone, raccolte presso un paio di attrazioni ancora aperte, e gruppetti di ragazzi decisi a far tardi a tutti i costi.
Ad un tratto la compagnia fu attratta dal suono di una fisarmonica e dal rumore di mani che battevano a tempo cadenzato.
In uno slargo, a pochi passi dalla via principale, un uomo, seduto sugli scalini di una casa, suonava lo strumento con sorprendente foga e maestria. Attorno a lui un gruppo di persone batteva le mani incoraggiando i più arditi a cimentarsi in qualche passo di danza.
Susanna sentì improvvisamente qualcosa che le si ridestava dentro e, con enorme stupore, avvertì un irresistibile desiderio di ballare.
A dire il vero non era nemmeno un desiderio, era una specie di necessità: i piedi cominciarono a muoversi contro la sua volontà al ritmo di quella melodia, sconosciuta al cervello, ma inspiegabilmente ben nota al suo corpo.
Dopo i piedi anche le gambe, disobbedendo ad un suo ferreo comando, presero ad assecondare la musica e dopo le gambe fu la volta dei fianchi, del busto, delle braccia, del collo, del capo.
Il ritmo era suadente, una via di mezzo tra una melodia orientale e un tango argentino, della prima aveva la sinuosità del secondo il ritmo cadenzato.
Alla prima rispondevano i movimenti dei fianchi e delle mani, al secondo quelli dei piedi e delle braccia. Susanna, come rapita e incapace di opporre la minima resistenza, continuava ad avvicinarsi al suonatore che la guardava con occhi penetranti e un enigmatico sorriso sul volto.
Oramai tutti si erano accorti di lei, sia Mario e i suoi amici, sia le persone che circondavano il suonatore e tutti, indistintamente, avevano rivolto il loro sguardo ammirato alla donna e alle figure che disegnava con le sue movenze.
La sensazione era strana: da una parte Susanna si sentiva come trasportata su una nuvola da quell’incomprensibile esigenza di danzare e provava una strana eccitazione nel vedere gli sguardi ammirati delle persone che la circondavano, dall’altra, la sua natura riservata e schiva le faceva provare violente ondate d’imbarazzo per quell’esibizione che attirava su di sé gli occhi di tante persone,
La musica all’improvviso finì e con essa anche la danza.
Ci fu una specie di ovazione. Tutti i presenti applaudivano e si complimentavano con lei che parimenti paonazza in viso per l’imbarazzo e per l’emozione si guardava attorno, ruotando su se stessa, per cercare di cogliere nelle espressioni degli astanti approvazione o biasimo a conforto o riscontro dei suoi timori.
Fu solo un attimo, poi Susanna si riprese, si avvicinò a Lara e le disse
Devo aver bevuto un po’ troppo, per piacere portami a casa.
Lara annuì e, dopo un rapido giro di saluti, l’accompagnò a casa.
Finalmente sdraiata sul letto, nella penombra rassicurante della sua camera, Susanna cominciò a riesaminare quella strana serata.
Mario indubbiamente era stato una piacevole sorpresa, si era dimostrato garbato e galante, simpatico e non eccessivamente invadente, proprio il genere di comportamento che lei preferiva perché le consentiva di mantenere il necessario distacco e una sufficiente autonomia di giudizio.
Per la prima volta dopo molti mesi si cullò nel pensiero di come sarebbe stato essere baciata da lui, rendendosi improvvisamente conto che oramai era quasi un anno che non permetteva a nessun uomo di avvicinarsi e di come questo cominciasse a pesarle.
Indugiò a lungo ripensando a lui, a quello che si erano detti, alla sensazione di affidabilità e correttezza che emanava, ma il ballo…
Ripensò a quando, per un attimo, Mario aveva posato la sua mano su quella di lei, ma quel suonatore…
Cercò di ricordare il suo profumo, ma quella musica…
Inutile tentare di far finta di niente, Mario non rappresentava di certo il punto focale della serata e Susanna si decise ad esaminare quella che era stata sicuramente una delle esperienze più singolari di tutta la sua vita.
Tentò ancora una volta di liquidare la cosa come una semplice intemperanza da birra, ma era perfettamente cosciente del fatto che quello che le era successo nulla aveva a che fare con un eccesso di alcool, di cui, peraltro come suo solito, non aveva certo abusato.
Riandò col pensiero a quanto era accaduto e ripescò nella sua memoria, quasi come in un film, una serie di fotogrammi: l’espressione interdetta di Lara e Giovanna che tutto si sarebbero aspettate da lei tranne una simile esibizione, il sorriso compiaciuto di Mario, le occhiate un po’ lascive ed eccitate di buona parte degli uomini, Aldo e Paolo compresi, l’aria divertita di quelli che, invece, si erano solo goduti lo spettacolo, ma soprattutto lo sguardo profondo ed inquietante del suonatore.
Per un attimo, solo per un attimo, le venne in mente la fiaba del pifferaio di Hamelin, dei suoi magici incantesimi con cui stregava topi e bambini, e per un attimo un brivido gelido di paura le attraversò la schiena, ma subito la sensazione fu sostituita dal calore dell’eccitazione che quella danza le aveva procurato, un piacere che non era scalfito dal senso di imbarazzo e dalla vergogna che temeva l’avrebbe sommersa; a dire il vero non riusciva nemmeno a negare il sottile piacere che le aveva dato leggere l’eccitazione negli occhi delle persone che avevano assistito all’esibizione.
Ballare: Susanna improvvisamente si rese conto che quella era stata la prima volta che aveva mosso dei passi di danza da quando aveva rotto con Silvio, e contemporaneamente che per la prima volta in vita sua aveva ballato da sola, non come la dama di un cavaliere, ma solo per il suo piacere di ballare.
La cosa la sorprendeva e la turbava forse ancor più del fatto che fosse accaduto per strada, perché contravveniva ad uno dei postulati su cui aveva costruito molte delle sue certezze, quello cioè che ci fossero ambiti nei quali era concesso muoversi solo all’interno della rassicurante ombra protettrice di una relazione più o meno istituzionalizzata.
In quell’ultimo anno la sua vita era stata fortemente condizionata dall’assenza di un uomo al suo fianco, non tanto o non solo perché la solitudine è una brutta bestia, ma anche e soprattutto perché quell’imprinting di coppia che tanti anni passati con Silvio le avevano instillato, le impediva di godere appieno della propria vita con la leggerezza che invece avrebbe dovuto contraddistinguere quel periodo di ricostruzione della sua identità.
In fondo, si ritrovò a pensare, se c’è qualche ragione nel rinunciare a parte di sé per venire incontro alle esigenze del proprio compagno, che senso ha farlo per un compagno che non esiste?
E su questo nuovo dubbio, mitigato dal proposito che l’indomani, forse, sarebbe tornata a cercare quello strano suonatore, si addormentò.
La mattina dopo fu svegliata dallo squillo insistente del telefono.
Ciao sono Mario! Ti ricordi di me? Sono quello che ieri sera non conoscevi ancora.
Susanna sorrise per quel curioso approccio.
Sì Mario, certo che mi ricordo di te. Dimmi
Scusa se ti chiamo a quest’ora, ma noi chirurghi siamo mattinieri. Senti stasera smonto presto. Che ne dici se ceniamo assieme? Perfetto! Sarò da te alle 19,45 in punto!
Susanna, colta un po’ alla sprovvista, e divertita da quella allegra irruenza, aveva finito con l’accettare l’invito.
Mentre si faceva la doccia le tornò in mente la promessa che si era fatta prima di addormentarsi ed ebbe una piccolo moto di disappunto nel non poter tener fede all’impegno preso con se stessa, ma liquidò la cosa con una scrollata di spalle: in fondo la sagra avrebbe avuto il suo epilogo la domenica e si era solo a martedì.
Si sentiva strana e leggermente eccitata al pensiero di tutto quello che era accaduto la sera prima e del fatto che Mario l’avesse cercata già il giorno dopo: inutile nasconderselo quell’uomo le piaceva, e dopotutto era anche ora che la finisse di portare il lutto.


...continua
 

 
 
 

Susanna

Post n°78 pubblicato il 27 Febbraio 2007 da Kaos_101
 

II° parte

Nel primo pomeriggio andò dalla parrucchiera, poi, tornata a casa, si fece manicure e scelse l’abito per la sera. Dopo lunghi ripensamenti aveva deciso per un tailleur nero non troppo lungo né smodatamente corto che le segnava i fianchi e metteva in risalto il seno, ma senza esagerare; un paio di scarpe nere tacco sei e una borsetta anch’essa nera completavano la mise.
Erano solo le 17 e così Susanna, per ingannare il tempo, prese un libro a caso e si mise a leggere.
Si trattava di una raccolta di racconti brevi, che lei aveva scorso velocemente saltando un po’ qua un po’ là senza un particolare ordine. Andò all’indice, cercando di ricordare quali avesse letto e ne scelse uno che s’intitolava “La lettera”.
Un’anziana dama dell’ottocento rievoca per una nipote un’esperienza che le cambierà la vita.
Molti anni prima, quando ancora era giovane e bella, rientrata a casa da una passeggiata in centro, aveva trovato nella tasca del cappotto una lettera vergata con fine calligrafia in inchiostro viola.
Un innamorato sconosciuto, in procinto di partire per un lungo ed incerto viaggio, prendeva il coraggio a due mani e la scongiurava di concedergli un incontro per potersi dichiarare.
La missiva terminava:
Mi rendo perfettamente conto che ben difficilmente ella accetterà questo mio invito, ma per l’amore che le porto e per la dedizione che in questi anni ho riservato alla sua persona, la scongiuro di accordarmi questo privilegio.
Io l’aspetterò tutta la giornata di domani presso la fontana del parco comunale.

Qualora ella non riterrà opportuno assecondare questa mia preghiera, sappia che la mattina successiva io mi imbarcherò e se e quando ritornerò le rinnoverò la mia supplica.
Con infinito amore il suo devotissimo G.

Tutto il resto del racconto era la cronaca delle pene, dei dubbi, delle improvvise decisioni di accettare l’invito e dei successivi richiami all’ordine della sua coscienza che avevano tormentato per tutta la giornata la donna.
Alla fine, ovviamente, il “buonsenso” aveva prevalso e lei non era andata all’appuntamento: la voglia di passione e di avventura che quella travolgente supplica le aveva suscitato non era riuscita a vincere il conformismo e il perbenismo di cui era imbevuta.
Ora, ormai vecchia, la donna, sposa devota e madre amorevole, confessava alla nipote di come quel conflitto, scatenato nella sua anima tanti anni prima, non avesse più trovato pace e di come il rimpianto per quella rinuncia avesse consumato e amareggiato ogni giorno della sua vita.
Che storia assurda
Pensò Susanna
Come si fa a rimanere tutta la vita prigionieri di un sogno? Certe cose capitano solo nei libri o a persone molto influenzabili. Rimpiangere uno sconosciuto che non si è nemmeno mai visto? Certamente una situazione del genere, a me, non capiterà mai
Puntualissimo alle 19,45 Mario passò a prenderla.
Indossava un completo di lino verde marcio, camicia a righe aperta sul collo, niente cravatta.

Informale, ma elegante
Pensò Susanna.
Mario aveva prenotato nel miglior ristorante della città, un tavolo d’angolo un po’ appartato, perfetto per una conversazione rilassata e confidenziale.
Dopo la cena lui la condusse in un locale gradevole: un bravo piano man, luci soffuse, divanetti comodi e avvolgenti. La conversazione aveva preso una piega piacevolmente intima, e Susanna si trovò a pensare come quella situazione la riportasse dopo secoli a ritmi e situazioni che le erano familiari e che non viveva più dai tempi di Silvio: le cenette romantiche a due i localini del dopocena, i progetti per il futuro assieme.
Mario, come per accentuare questa sensazione, le stava parlando della sua attività professionale, delle sue aspirazioni, dei suoi sogni. Le descriveva una vita molto simile a quella che aveva sperato di vivere con Silvio, fatta di figli, di una casa da mettere su assieme, di una serie di impegni comuni e reciproci, di una rete di legami che erano stati il collante del suo precedente rapporto di coppia.
Ovviamente c’erano un bel po’ di differenze tra i due: Silvio era stato per molti versi un anticonformista,  uno che considerava il lavoro più come un mezzo per soddisfare le esigenze economiche che come luogo di realizzazione personale. Mario, al contrario, aveva una visione del suo lavoro quasi da assai poco allineato su posizioni borghesi,missionario e, nello stesso tempo, sembrava dare una certa importanza a una serie di status simbol, ma tutto questo rientrava nelle diversità fisiologiche dei singoli individui, differenze che non intaccavano minimamente il fascino che quell’uomo aveva preso ad esercitare su di lei.
In effetti Mario continuava a piacerle molto, ma, al limite del raggio della sua percezione razionale, c’era qualcosa in lui che la disturbava anche se non riusciva a focalizzare di che si trattasse.
Una vocina in fondo alla sua anima continuava a ripeterle insistentemente:
E’ un film già visto! Cambia spettacolo!
La serata terminò verso le 0,30 sotto casa di Susanna. Mario fu così elegante da non chiederle di farlo salire e accettò senza tentare di approfittarne il bacio a fior di labbra che lei gli elargì prima di chiudere la porta di casa.
Di nuovo a letto di nuovo nella penombra rassicurante della sua camera, di nuovo con l’animo in subbuglio per gli avvenimenti della giornata. Susanna ripensò alle parole della cartomante: in effetti, la sua vita aveva preso a scorrere con un altro ritmo negli ultimi due giorni, ma da questo a dare agli avvenimenti attuali il significato di svolte epocali il passo le pareva ancora lungo.
Il sonno la prese mentre Susanna stava fantasticando di tappezzerie e mobili nuovi.
Nuovamente il telefono a strapparla dai suoi sogni.
Ciao sono Lara! Voglio sapere tuttotuttotutto di ieri sera!
Susanna raccontò per filo e per segno all’amica tutto quello che era accaduto e si concesse una punta di sadico piacere nell’alimentare la frustrazione dell’altra cui poco importava sapere che avessero mangiato, quanto piuttosto approfondire i particolari più intimi e piccanti del loro incontro.
Esasperata e un po’ inviperita da quel gioco, Lara sbottò:
Certo che ti deve aver fatto proprio colpo per indurti a ballare come una matta l’altra sera
Il suonatore! A Susanna tornò in mente la promessa che si era fatta due sere prima per un attimo fu attraversata da un brivido di emozione.
Liquidò con quattro mezze ammissioni l’amica e si rannicchiò nel letto, alla ricerca di quel tiepido nido che il sonno aveva creato e che era ancora intriso dei suo sogni.
Si avviluppò nelle coperte e tentò di riannodare il filo interrotto delle sue fantasie, si rannicchiò su sé stessa e lasciò vagare la mente nei territori dell’immaginazione.
Il suonatore: come mai aveva quello strano sorriso, com’erano profondi i suoi occhi, da dove veniva la musica stregata che suonava?
Susanna si perse nelle sue fantasticherie, ripercorse nuovamente la galleria dei visi che aveva fissato nella sua mente, riprovò quello strano senso di eccitazione che l’aveva pervasa e si ripromise che la sera stessa sarebbe tornata a cercare il suonatore.
Passò la mattina gironzolando per casa poi, nel pomeriggio, si regalò un giro in centro, a curiosare nei negozi. Non aveva spese da fare, ma negli ultimi tempi le piaceva, di tanto in tanto, passeggiare senza meta, per il solo piacere di fare qualcosa per sé. Piacere che viveva come una piccola vittoria, dopo tanti mesi nei quali gli unici acquisti che si era concessa erano quelli indispensabili, sempre di corsa e sempre nei negozi sotto casa.
Improvvisamente fu attratta da un vestito in una vetrina.
Era un abito rosso fuoco di strech cortissimo e aderentissimo.
Susanna lo guardò, lo riguardò e si chiese che effetto avrebbe fatto addosso a lei.
Sorridendo e con una scrollata di spalle scacciò il pensiero; quando mai avrebbe indossato un simile indumento?
Stasera per ballare!
L’idea le attraversò la mente come una fucilata: quello non era un pensiero suo, ma piuttosto una qualche trasmissione telepatica. Non era da lei nemmeno fantasticare una cosa del genere, eppure non riusciva a staccarsi dalla vetrina.

Dai non fare la scema!
si era ritrovata a dire tra sé e sé
Quando mai ti metteresti un vestito del genere? E poi chissà quanto costa!
Che ti frega?
Incalzava l’altra Susanna
Per male che vada dici grazie e te ne vai.
Ma non è corretto provare un vestito sapendo già che non ho nessuna intenzione di comprarlo!
ribatteva lei.
Così in preda a quel conflitto interiore Susanna era entrata nel negozio, aveva provato l’abito, ne era rimasta affascinata ed era uscita col sacchetto in mano, continuando a bisticciare con se stessa per la cazzata commessa.

Certo che con un vestito così ci vogliono delle scarpe adatte.
Non se ne parla nemmeno! Già questa è stata una spesa assolutamente inutile! Di scarpe non se ne parla proprio!

Anche stavolta la Susanna ragionevole aveva finito per soccombere alla nova Susanna saltata fuori chissà da quale meandro del suo cervello e così, poco dopo, al sacchetto del vestito se ne era aggiunto un secondo con un paio di scarpe rosso fuoco, dal vertiginoso tacco a specchio di 10 centimetri.
La casta Susanna aveva opposto un’ancor più blanda e rassegnata resistenza quando l’altra l’aveva trascinata nel negozio di lingerie più esclusivo e trasgressivo della città, negozio nel quale non aveva mai osato entrare, per comprare un tanga e un reggiseno che fossero adeguati all’abito.
Tornata a casa aveva appoggiato il vestito sul letto e si era domandata che diavolo le fosse preso.
Era sempre più convinta che non l’avrebbe mai messo e già stava elaborando una scusa plausibile per restituire tutto il giorno seguente, eppure, nonostante il suo totale scetticismo sulla possibilità di indossare gli acquisti della giornata, non poteva negare che quel folle pomeriggio l’aveva divertita ed eccitata come non le capitava da moltissimo tempo, anzi come non le era mai capitato, dovette alla fine ammettere.
Restava da chiarire il recondito motivo per cui spese pazze ed inutilizzabili la divertissero tanto, ma, al momento, Susanna se la godeva troppo per porsi domande imbarazzanti.
Mano a mano che si avvicinava la sera una strana euforia si impadronì di lei. A dire il vero non era convintissima di voler davvero andare alla ricerca del suonatore, ma non riusciva a staccarsi da quell’idea, se la cullava, ne era profondamente intrigata..
Cenò presto e poi cominciò a prepararsi. Fece una doccia calda, andò a prendere il completino nuovo: lo slip sgambatissimo si appoggiava sui suoi fianchi senza segnarli minimamente, il reggiseno sosteneva e modellava perfettamente ed era fatto in modo da mettere in risalto il capezzolo. L’insieme era notevolmente sexy e lei si domandò per la centesima volta con che coraggio lo avrebbe indossato.
Mentre si truccava si rese conto che ci stava dedicando all’operazione molta più cura di quanta ne avesse avuta la sera prima nel prepararsi per uscire con Mario.
Continuò a girare in slip e reggiseno per la casa evitando accuratamente specchi e pareti riflettenti fin verso le 22,00, poi tornò in camera e guardò il vestito appoggiato sul letto

Per essere bello è bello!
si disse
Me lo provo solo un attimo per vedere come mi sta e poi vado a prendere qualcosa da mettermi se voglio uscire davvero.
L’abito la fasciava come un guanto, la minigonna appena sotto il sedere scopriva le sue lunghe gambe affusolate, la profonda scollatura metteva in risalto il seno, delle cui dimensioni si era sempre vergognata, trovandolo eccessivo  e appariscente.
Si infilò le scarpe nuove e si guardò allo specchio.

Ma dai!  Non sono mica io quella!
Susanna stentava a riconoscersi nell’immagine che vedeva.
Fisicamente era sempre stata cosciente di essere più che discreta, ma l’abitudine a cercare di non farsi notare e un’innata timidezza, avevano contribuito, negli anni, a farle prediligere abbigliamenti che nascondessero piuttosto che esaltare le sue forme.
Il trucco poi era sempre stato per lei quasi una seccatura a cui non si era mai dedicata molto: un po’ di ombretto, un filo di mascara, un lucidalabbra dalle tinte tenui.
Quella sera invece: eyeliner a dare profondità all’occhio, trucco sapiente che le valorizzava il viso, labbra ben segnate in tinta col vestito.
I tacchi alti non erano mai entrati nel suo guardaroba e, guardandosi, si accorse della diversa postura che le facevano assumere e che davano maggior risalto al sedere.
Susanna era compiaciuta da quello che vedeva, ma non ancora convinta che avrebbe avuto il coraggio di uscire conciata così, anzi era sempre più sicura che non fosse il caso di fare una simile pazzia, ma, nel dubbio, continuava a girare per casa come un’anima in pena senza risolversi a cambiarsi.
Accidenti!
Già le 23, è tardissimo!
Se non mi sbrigo finisce che non lo trovo più.

E così, afferrate le chiavi di casa e della macchina, si era precipitata in strada e era partita in quarta.
Solo una volta arrivata, si era resa conto di indossare ancora il famigerato abito rosso.

Vabbè a questo punto che posso fare?
Pensò
Si vede che era destino...

continua...

 
 
 

Susanna

Post n°77 pubblicato il 26 Febbraio 2007 da Kaos_101
 

III° parte

La gente affollava ancora la strada principale e Susanna ebbe la spiacevole sensazione che tutti, ma proprio tutti si girassero a guardarla e continuassero a guardarla una volta che lei era passata.
Spiacevole? Cominciava a sospettare che dopotutto non le dispiacessero poi tanto le occhiate che riceveva. In fondo, in quel paese non la conosceva quasi nessuno e poi era come se fosse mascherata, la sensazione che provava era quella di un’altra lei, irriconoscibile a tutti per il radicale cambio di look, che si aggirasse per le strade godendosi l’ammirazione e l’eccitazione che provocava. Quell’anonimato la proteggeva dalle abituali ritrosie e dai suoi normali pudori e le permetteva di vivere quella nuova Susanna che invece se ne rideva delle sue paure ed affermava con forza la propria personalità, il suo diritto a vivere le proprie emozioni e la propria individualità.
Si incamminò verso lo slargo in cui sperava di trovare il suonatore e, con piacere, si accorse che anche lui non era mancato all’appuntamento.
In quel momento l’uomo non stava suonando: appoggiato per terra lo strumento, era intendo a conversare con alcune persone, mentre sorseggiava un bicchiere di vino,.
Susanna lo guardò attentamente: aveva un’età indefinibile tra i 35 e i 50 anni, altezza e corporatura media, viso aperto, capelli nerissimi che quasi raggiungevano le spalle, un orecchino d’oro, mani grandi e nervose. Era vestito con un paio di pantaloni di pelle nera, stivaletti neri a punta con borchie in metallo lucente, un gilet di pelle nera senza nulla sotto.
L’impressione complessiva che dava a Susanna era quella di una via di mezzo tra uno zingaro e un pirata.
Ad un tratto l’uomo, sentendosi osservato, si girò verso di lei e, riconosciutala, le rivolse un caldo sorriso condito da una maliziosa strizzata d’occhio.
Con voce sorprendentemente profonda e musicale le disse
Bentornata mia splendida baiadera!
Poi, imbracciata nuovamente la fisarmonica, si sedette sugli scalini e ricominciò a suonare.
Questa volta la musica era fortemente ritmata e intercalata da scale ascendenti e discendenti vertiginose.
Susanna avverte nuovamente quello strano turbamento, quel crampo alle viscere, quel bisogno impellente di muoversi che già aveva sperimentato. Come la sera precedente i piedi cominciano a muoversi per loro conto, solo che questa volta Susanna non tenta in alcun modo di contrastare quello che prova, anzi, chiusi gli occhi, si abbandona totalmente alle sensazioni che la musica le suggerisce.
Si sente trasportata in un giardino tropicale, tra cascatelle d’acqua fresca e uccelli variopinti di cui cerca di imitare le movenze, poi le sembra di essere una palma flessuosa che si muove al vento caldo del deserto, poi ancora un’onda del mare in una notte placida e afosa: un’onda che lambisce languidamente la spiaggia, si ritira, poi torna a baciarla e si ritira ancora come a farsi desiderare dalla sabbia.
Un altro ritmo e lei è un aquilone nel cielo ventoso di una mattina di aprile: un aquilone che si impenna e picchia improvvisamente per poi cabrare di nuovo un attimo prima di schiantarsi al suolo.
La musica continua a cambiare e con essa le sensazioni di Susanna, che vanno da picchi di pura gioia ad abissi di disperazione, da dolcezze inenarrabili a torbide passioni.
La musica si ferma per un attimo: Susanna riapre gli occhi, attorno a lei si è raccolta una folla muta ed estasiata che la guarda ballare rapita.
Il suonatore riprende a suonare: questa volta è una specie di spirale che ritorna su se stessa sempre un po’ più carica di melodia, qualcosa di simile al Bolero di Ravel. L’uomo si muove come a dettare a Susanna i tempi della danza: quando chiude il mantice della fisarmonica accompagna il movimento abbassando la spalla e Susanna scivola flessuosa e sensuale sulle note di quella melodia che la ipnotizza e la eccita al medesimo tempo; quando lo riapre solleva la testa di scatto guardandola sorridendo e i movimenti di lei si fanno via via più espliciti e provocanti.
Susanna si scopre a danzare attingendo a culture di cui non ha alcuna memoria: la danza del ventre, le danze sufi dei Dervisci, le danze balinesi e ancora danze tribali della fertilità, balli moderni, la lap dance e chissà cos’altro
Susanna vede le persone attorno a se tutte assieme e una per una al medesimo tempo, ne percepisce le sensazioni, avverte persino gli odori, gli afrori, le voglie più nascoste: quello che sente le piace e la spinge ancora più avanti in quella ricerca di movimenti sempre più complessi e provocanti.
C’è una specie di continuo rimando tra la folla che si emoziona alla sua danza e lei che attinge da quelle emozioni nuove energie per continuare a danzare.
Poi, di colpo, la musica finisce e Susanna crolla a terra stremata.
Non avvicinatevi! Lasciatela respirare!
La voce del suonatore è secca ed imperiosa.
Appoggia lo strumento sui gradini, si china su Susanna la aiuta a rialzarsi e la fa sedere accanto alla fisarmonica, poi, giratosi verso la folla
Lo spettacolo è finito! Tornatevene a casa!
La gente brontola, poi quando si accorge che è davvero tutto finito comincia a sciamare.
I due rimangono soli. Susanna è stremata, ha il respiro ansante, il petto si alza e si abbassa velocemente il corpo è scosso da lieve, ma continuo tremito.
L’uomo le posa una coperta sulle spalle e le porge un bicchiere di vino.
Susanna beve avidamente, la gola riarsa, e guarda il suonatore formulando una muta domanda.
Lui sorride
No, non sono uno stregone e nemmeno il pifferaio di Hamelin redivivo
Sono solo un suonatore che ama il suo strumento e tu sei solo una donna che ha una sintonia profonda con me e con la mia musica. Capita di rado, ma talvolta capita, che questa strana simbiosi si verifichi e quando ciò accade la magia che ne nasce è straordinaria come hai potuto sperimentare tu stessa questa notte. A ben vedere non so nemmeno se sia io a farti danzare con la mia musica o tu a farmi suonare con la tua danza.
Vuoi dire che ogni volta che tu suoni io dovrò danzare in quel modo?
Chiede Susanna con un filo di voce.
Dovere?
Non è questione di dovere è questione di pelle, di viscere, di anima!
Siamo come due metà di uno strumento che sole producono accordi stonati, ma che ricongiunte possono produrre melodie sublimi.
Se hai ballato così non è stato per dovere ma solo per il piacere che questo ti ha procurato, non credi?
E secondo te io dovrei passare la mia vita ballando per strada alle fiere?
Chiede Susanna stupefatta.
Non sono io che ti ho chiamata, sei tu che mi hai cercato, ricordi?
Nessuno ha detto che la tua vita sia questa, e del resto non avrebbe senso tu mi seguissi ovunque io vada. Io dico solo che abbiamo un’opportunità concessa a pochi e che probabilmente non avrai più. Sta a te decidere se coglierla o no. Io le mie scelte le ho fatte tanti anni fa, quando ho deciso di rinunciare ad una vita sicura ed agiata per essere un vagabondo che gira per fiere e mercati.
Non so quale sia la tua vita, sta solo a te decidere se quello che hai provato merita di essere vissuto per il tempo che ci è dato di viverlo: certe magie capitano una volta sola e spesso sono di breve durata.
Adesso so solo che sono distrutta e che voglio andare a casa
Susanna si alza barcollando e, aiutata dal suonatore, raggiunge la macchina.
Arrivederci mia cara, io resterò qui fino a domenica, poi me ne andrò non so dove. Fino ad allora sai dove trovarmi. Spero di rivederti ancora.
Susanna è di nuovo nella sua camera, ma la penombra non è rassicurante e il letto non è più il comodo nido dove intessere sogni e fantasie. Improvvisamente è diventato un campo di battaglia dove si scontrano desideri e paure contrapposte: da una parte le fortissime emozioni della serata, dall’altra lo stupore per la scoperta di una parte di sé che non conosceva e che in qualche modo disapprova.
Le spese pazze, l’esibizionismo nemmeno tanto mascherato da cui si è lasciata travolgere, fanno violentemente a pugni con la sua abituale timidezza e ancor di più con i consolidati principi che credeva naturalmente radicati nella sua anima e che ora invece le appaiono una pesante cappa che la limita e la soffoca.
Eppure se non può negare il piacere, la gioia profonda che ha provato, il senso di intima liberazione che quelle spese e la pazza serata le hanno regalato, non può nemmeno fingere di non sentire il senso di colpa che come un tuono lontano riecheggia nel suo cervello..

Che diavolo mi sta succedendo?
Pensa tra sé e sé Susanna.
Possibile che davvero io sia così diversa da come ho sempre pensato di essere? Non starò mica diventando pazza.
Di quella notte tormentata Susanna ricorderà solo pochi fotogrammi di un sogno angosciante.
Si vede passeggiare lungo il corso principale al braccio di un uomo senza volto. Sono entrambi elegantemente vestiti e le persone che li incontrano sorridono loro amichevolmente.
Un anziano signore, molto distinto, si ferma a salutare il suo cavaliere che, a sua volta, accenna a presentarla al nuovo venuto.
Improvvisamente Susanna, con la coda dell’occhio, vede in mezzo alla strada una bambina che gioca e una macchina che sopraggiunge a gran velocità. Susanna si lancia per salvare la piccola, ma l’uomo la trattiene e la costringe a girarsi per completare i convenevoli di rito.
Tutta la scena è assolutamente muta ad eccezione dell’improvviso stridore di freni e dell’agghiacciante tonfo che ne segue.
Susanna si sveglia di soprassalto, madida di sudore e con la terribile sensazione che quello che ha vissuto non sia affatto un sogno; sensazione che non l’abbandona per tutto il giorno angosciandola a tal punto di non farla nemmeno uscire di casa.
La mattina seguente, il venerdì, il telefono squilla insistentemente, Susanna non ha voglia di rispondere, ma alla fine si decide ad alzare il ricevitore.
Ciao sono Mario.
La voce dall’altra parte del filo è come al solito calda e confidenziale e Susanna prova un certo piacere nel sentirla.
Ti chiamavo per dirti che mi hanno chiesto di sostituire un collega per cui sarò impegnato fino a domattina alle otto, ma in compenso dopo avrò tutto il fine settimana libero e mi domandavo se…
Susanna è perplessa: le pare un po’ presto per passare una notte con un uomo che ha conosciuto da così poco tempo. D’altro canto hanno entrambi un’età che rende un po’ ridicole certe scaramucce che magari erano normali a vent’anni, quando le aveva vissute per l’ultima volta.
Non fraintendermi
Prosegue Mario.
E’ vero che mi piaci molto, ma non mi aspetto nulla da questo week end se non di passare un paio di giorni piacevoli in tua compagnia.
Non so Mario. La tua richiesta mi prende un po’ alla sprovvista e sinceramente non so che dirti
Va bene, facciamo così: pensaci su oggi. Domani quando smonto dalla guardia ti chiamo e mi dai una risposta. In ogni caso non ti preoccupare se ti sembra prematuro capirò perfettamente
OK, mi pare una buona soluzione. A domani Mario allora. Ciao
E adesso?

Susanna è combattuta tra la voglia di accettare l’invito e la solita dannata paura di essere giudicata male.
Paura di essere giudicata male o poca voglia di un film già visto?
Di nuovo quelle vocina un po’ aliena si insinua nella mente di Susanna.
Non sarà che dopotutto Mario rappresenta comunque il ritorno alla vita di sempre mentre ora forse hai voglia di qualcosa di nuovo? E il suonatore?
Il Suonatore! Accidenti!
Se vado via con Mario rischio di non vederlo più.
Ma sono sicura di volerlo rivedere poi?

Susanna ci pensa un poco. Sì indubitabilmente si! Ha una gran voglia di rivedere quello strano individuo, ma non è certa che sia la cosa più sensata da fare. In fondo Mario sta cominciando ad essere qualcosa di più di una semplice conoscenza occasionale. Le piace e, sicuramente, lei piace a lui: sono simili, hanno progetti comuni e, dopotutto, non può negare di essere stanca di quella solitudine forzata.
Si rende conto che è a un bivio: da una parte una soluzione che la vecchia Susanna trova molto allettante, dall’altra la promessa di un nuovo modo di concepire la sua esistenza e una fame di vivere che non pensava di avere.
Scegliere Mario vuol dire riprendere il rassicurante cammino bruscamente interrotto con Silvio.
Cedere all’invito del suonatore vuol dire accettare una visione nuova della vita: mettere al primo posto Susanna come individuo e poi, solo poi, la sua eventuale realizzazione come parte di una coppia.
Da un lato consolidate certezze, un rassicurante futuro, ma anche la rinuncia ad una parte di sé che ha solo assaggiato e che non può nascondersi le piaccia molto. Dall’altra l’accettazione di una realtà diversa, del mutato ordine delle cose, ma anche la paura di un futuro incerto e il dubbio di non fare esattamente quello che sia più sensato fare.
Ricorda: a volte nella vita è giusto fare la cosa che pare sbagliata.
Le parole della cartomante le riaffiorarono alla mente.

Dannata strega!
Pensa Susanna.
A questo ti riferivi allora!
Comunque siamo solo a Venerdì e nulla le vieta di andare a trovare il suonatore la sera.
Si devo andarci per capire cosa voglio realmente.

Verso le 19,30 la smania di rivedere il suonatore è diventata quasi insostenibile e così Susanna inizia a prepararsi all’incontro. Per l’ennesima volta si trucca con cura, indossa nuovamente il vestito rosso e le scarpe col tacco alto: a differenza di ieri oggi le sembra quasi facciano parte di lei, come fosse una seconda pelle dalla quale riesce con sempre con maggior fatica a separarsi.
Alle 22,00 è tesa come una corda di violino e decide di anticipare l’incontro.
Appena uscita di casa è investita da una violenta folata di vento; il cielo è nero, nuvole temporalesche coprono la luna e violenti lampi guizzano in lontananza, inframmezzati da cupi boati.
Accidenti! Qui finisce che diluvia.
Susanna sale velocemente in macchina e si avvia.
Dopo pochi chilometri si scatena il finimondo: raffiche di vento fanno sbandare la piccola utilitaria, rovesci torrenziali si abbattono sulla zona rendendo problematico persino il breve tragitto fino alla sagra, ma lei, le mani strette al volante, gli occhi fissi nel buio a indovinare tra un lampo e l’altro la strada, arriva a destinazione.

Il paese è deserto; non c’è nemmeno un’anima viva in giro.
Susanna non rassegna e caparbiamente aspetta, rintanata nell’abitacolo, che il temporale finisca.
Piove per oltre un’ora e quando alla fine la luna riappare tra le nuvole temporalesche è già quasi mezzanotte.
Susanna scende dalla macchina e percorre i pochi passi che la separano dallo slargo, i tacchi risuonano come un secco crepitio nell’aria fredda ed immobile, il buio è quasi completo, del suonatore, ovviamente, nessuna traccia.
Maledetto! Perché non ci sei?
Susanna è presa da una rabbia incontrollabile, si sente tradita, prova una frustrazione di cui non riesce nemmeno a capire la ragione, continua ad aggirarsi nervosamente avanti e indietro.
Ancora cinque minuti e me ne vado!
Lo ripete almeno quattro volte, sempre sperando di veder comparire la sagoma dell’uomo da qualche buoi angolo della piazzetta, ma alla fine, delusa, deve rassegnarsi alla realtà: quella sera il suonatore non suonerà per lei.

E’ quasi l’una quando Susanna rientra a casa, anche questa notte il buio della sua camera le pare assai poco rassicurante. Si infila nel letto e lascia vagare i suoi pensieri.
E adesso che faccio?
Cosa dico a Mario domani?

Susanna si sente in trappola, sa che non può più rinviare le sue scelte, sa che quella notte dovrà decidere qualcosa che cambierà radicalmente il suo futuro ma le sembra di non avere gli elementi per operare una tale scelta.
…e se Mario fosse l’uomo giusto?
…e se invece mi sbagliassi su di lui?
…ma sono sicura di volere davvero una nuova storia come quella con Silvio?
…e se domani andassi a cercare il suonatore?
…ho voglia di vivere un poco per me
…e se poi rimango sola?
…e se sto solo facendo un colpo di testa?
…sono disposta a non vivere più le emozioni di ieri notte?
…voglio essere mia o voglio essere la donna di qualcuno?
…ma quale sarà la cosa sbagliata?
Lo squillo del telefono la fa sobbalzare nel letto.
Ciao sono Mario! Sveglia poltrona, sono le otto! Allora cos’hai deciso?

 
 
 

Susanna

Post n°76 pubblicato il 25 Febbraio 2007 da Kaos_101
 

Finale 1

 

E adesso che faccio?
Che cosa dico a Mario domani?
Susanna si sente in trappola, sa che non può più rinviare le sue scelte, sa che quella notte dovrà decidere qualcosa che cambierà radicalmente il suo futuro ma le sembra di non avere gli elementi per operare una tale scelta.
…e se sto solo facendo un colpo di testa?
…sono disposta a non vivere più le emozioni di ieri notte?
…voglio essere mia o voglio essere la donna di qualcuno?
…ma quale sarà la cosa sbagliata?
Lo squillo del telefono la fa sobbalzare nel letto.
Ciao sono Mario! Sveglia poltrona, sono le otto! Allora cos’hai deciso?
Susanna è in preda al panico!
Oddio che gli dico?
…ehm ecco, vedi… insomma Mario io, a dire il vero, non sono molto sicura.
Ho capito, Susanna, non importa.
La voce di Mario è delusa, ma si sente che l’orgoglio lo costringe a mantenere una certa dignità
Passa un buon fine settimana. Ci sentiamo presto.
Susanna si sente sollevata: non avrà fatto una splendida figura, ma almeno così ha rimandato di qualche giorno la sua decisione.
Stasera vado dal suonatore e probabilmente mi chiarirò le idee. Dopotutto Mario lo recupero anche la prossima settimana mentre questo domani parte e chi lo rivede più?
Man a mano che passano le ore però, un’inquietudine sottile si impadronisce di lei.
Il tono della voce di Mario le riecheggia nelle orecchie.
Oddio non si sarà mica offeso? Ma aveva detto che avrebbe capito. Però è stato così brusco: due frasi secche e ha messo giù.
Nel pomeriggio i dubbi la assalgono con maggiore insistenza.
Accidenti  che figura di merda! E adesso chissà se si farà sentire ancora? Cavoli,  avrei fatto meglio a dirgli di si. Non so proprio che mi sia preso. Dopotutto mi piace eccome!
Susanna comincia a domandarsi se non ha fatto un grave errore: forse ha perso l’occasione di trasformare quella simpatia reciproca in un sentimento solido e duraturo.
E tutto per cosa poi?
Si domanda un poco stizzita.
Per un mezzo zingaro e la sua fisarmonica?
Non per lo zingaro e la fisarmonica.
Tenta di ribattere una vocina dentro di lei.
Per te e per la tua voglia di essere te stessa!
Ma che ne so io di chi o che cosa voglio essere? Da una parte ho  Mario che è una persona affidabile, dall’altra un tipo che mi ha già detto che domani se ne andrà!
Le viene da domandarsi come reagirà Mario alla scoperta che non ha accettato il suo invito per andarsene a ballare in piazza con uno sconosciuto.
Devo essere proprio fuori di testa a comportarmi così! Adesso lo richiamo e gli dico che ci ho ripensato. Cazzo! Non ho il suo numero di telefono!
Fa un rapido giro di telefonate, ma né Lara né Giovanna sanno aiutarla.
Pazienza, vorrà dire che me ne starò calmina calmina a casa questi due giorni e quando torna….
Susanna trascorre il sabato sera come una belva in gabbia: ora è decisa ad andare comunque dal suonatore, subito dopo il pensiero di quello che Mario può pensare di lei la frena e la costringe a rimettersi a sedere. Passa meno di mezz’ora è di nuovo sulla porta di casa, ma poi la  paura dell’ignoto la assale e frena i sui propositi bellicosi.
La domenica pomeriggio decide di andare comunque al paese a vedere che sta succedendo, si infila un paio di jeans e una maglietta e si mette a girare per le strade.
Passa ripetutamente nei pressi dello slargo, senza avere il coraggio di avvicinarsi troppo, anche se non sente alcuna musica arrivare da quella direzione. Passano le ore, ma lei non sa risolversi né ad andarsene né a fugare i suoi dubbi. Quando oramai è scesa la sera, finalmente sente le note della fisarmonica. E’ tentata di correre dal suonatore, di ricominciare a ballare al ritmo della sua musica, di farsi trascinare nel vortice delle emozioni che quel magico incontro le procura, ma nel medesimo tempo pensa a quello che tale scelta comporterebbe per la sua vita: la rinuncia a quello che ha sempre desiderato, l’accettazione di un’immagine di se che la spaventa, il peso di una vita da vivere in prima persona.
Ma ne vale davvero la pena? Davvero è così importante per me essere questa nuova Susanna?
Ho la forza di bastare a me stessa?
La decisione non le pare così scontata come la sera prima, le paure sono tornate a farsi pesanti e le emozioni al contrario si sfumano nel ricordo.
Susanna ha ripreso la via di casa, non è contenta della scelta che ha fatto, ma non se l’è proprio sentita di saltare il fosso.
Adesso nella quieta penombra della sua camera rimugina su quel fine settimana contraddittorio.
Beh dopotutto l’anno prossimo ci sarà di nuovo la sagra. Ne riparleremo allora. E intanto domani torna Mario.
Mario non tornerà più: durante quel week-end ha conosciuto un’altra donna: l’attimo è passato e tra di loro oramai non c’è più quel feeling che li aveva portati così vicini.
Così a Susanna non resta che confidare nell’impossibile ricomparsa di quel suonatore che, come l’innamorato di una storia letta in un pomeriggio afoso, non farà anch’esso mai più ritorno.

…e se Mario fosse l’uomo giusto?
…e se invece mi sbagliassi su di lui?
…ma sono sicura di volere davvero una nuova storia come quella con Silvio?
…e se domani andassi a cercare il suonatore?
…ho voglia di vivere un poco per me
…e se poi rimango sola?

 
 
 

Susanna

Post n°75 pubblicato il 24 Febbraio 2007 da Kaos_101
 

Finale 2

 

E adesso che faccio?
Che cosa dico a Mario domani?
Susanna si sente in trappola, sa che non può più rinviare le sue scelte, sa che quella notte dovrà decidere qualcosa che cambierà radicalmente il suo futuro ma le sembra di non avere gli elementi per operare una tale scelta.
…e se invece mi sbagliassi su di lui?
…ma sono sicura di volere davvero una nuova storia come quella con Silvio?
…e se domani andassi a cercare il suonatore?
…ho voglia di vivere un poco per me
…e se poi rimango sola?
…e se sto solo facendo un colpo di testa?
…sono disposta a non vivere più le emozioni di ieri notte?
…voglio essere mia o voglio essere la donna di qualcuno?
…ma quale sarà la cosa sbagliata?
Lo squillo del telefono la fa sobbalzare nel letto.
Ciao sono Mario! Sveglia poltrona, sono le otto! Allora cos’hai deciso?
Susanna è in preda al panico!
Oddio che gli dico?
…ehm ecco, vedi… insomma Mario io a dire il vero non sono molto sicura.
Ho capito, Susanna, non importa.
La voce di Mario è delusa, ma si sente che l’orgoglio lo costringe a mantenere una certa dignità
Passa un buon fine settimana. Ci sentiamo presto.
No! Aspetta Mario. Non essere precipitoso. Mi sono appena alzata, lasciami il tempo di riflettere: dove mi vorresti portare?
La voce di Mario si ammorbidisce
Pensavo di andare sul lago di Garda, ho degli amici che hanno una casa a Salò: è una villa molto grande e ha MOLTE camere da letto!
Quel caricare esageratamente la parola molte la fa sorridere: evidentemente lui le sta comunicando che c’è spazio e modo di decidere con calma se passare o no la notte assieme.
La cosa le fa piacere confermandole la buona impressione complessiva che si è fatta di lui.
Va bene! Va bene! Ho capito, andrà a finire che comincerò a sospettare che tu non voglia affatto sedurmi e questo, se permetti, mi offende un poco!
Cos’è questo un invito Susanna? Guarda che ti prendo in parola sai? Allora che faccio? Passo a prenderti o no?
Dammi due ore di tempo per prepararmi e passa pure a prendermi. Hai vinto tu diavolo di un chirurgo!
Quella notte i due, come era prevedibile, finiscono per fare l’amore, e dopo pochi mesi si sposano.
Susanna ha scelto: ha deciso per la sicurezza di un rapporto sereno ed affidabile, per la continuazione di quelle abitudini che da tanto tempo rappresentano i riferimenti della sua vita.
La paura di quello che rischiava di perdere e forse ancor di più il timore di ciò che ha iniziato ad intuire di sé hanno avuto il sopravvento sui sogni e le aspirazioni.
Le pazzie di quei giorni di fine estate resteranno nel cuore di Susanna come fuochi artificiali luminosissimi ed effimeri e lei non può che ricordarli, di tanto in tanto, con una punta di rimpianto, mitigata dalla consapevolezza di aver fatto la cosa più giusta per la sua vita.
Per alcuni anni a seguire l’approssimarsi della sagra del paese porta con sé qualche brivido di inquietudine e di recalcitrante bizzarria che Mario non si sa spiegare e cui non da troppo peso.
Il suonatore non tornerà mai più e Susanna finirà per considerarlo il suo Peter Pan personale.
Un Peter Pan un po’ più malizioso per una Wendy un po’ meno bambina.

…e se Mario fosse l’uomo giusto?

 
 
 
 

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