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Post n°48 pubblicato il 30 Novembre 2011 da skarma64
Ricordare è una gran cosa. E questo è ovvio. E’ molto meno ovvio realizzare che dimenticare può essere altrettanto utile che ricordare. Dimenticare, o meglio, vivere in modo diverso un ricordo. Lasciare che il ricordo si affievolisca, sbiadisca, come la stampa sulla carta chimica, con il passare del tempo. Prova a chiedere a chi soffre di sindromi post-traumatiche. Il problema lì è proprio non riuscire a lenire il ricordo di un trauma. L’esperienza emerge ripetutamente dalla memoria con la stessa forza emotiva del giorno in cui è stata vissuta, ritorna ancora, ancora, ancora… La memoria è legata indissolubilmente all’emozione. Si àncora ad uno stimolo esterno e quando questo si ripresenta riaffiora il ricordo e l’emozione dell’evento. L’emozione è associata alla produzione di adrenalina e l’adrenalina favorisce il consolidamento nella memoria di lungo periodo. Ti ricordi dove eri e cosa facevi il 3 marzo 2002? Penso di no. E’ il cosiddetto “ricordo lampadina” reso particolarmente nitido dalle sue implicazioni emotive. Più l’evento traumatico più produce un’imprinting mnemonico radicato. Le componenti del ricordo sono tre:
Possiamo continuare a ricordare il fatto, possiamo ricordare l’emozione che abbiamo sentito e provare, oggi, la stessa emozione ma con un’intensità minore rispetto a quella provata allora. Oppure possiamo rivevere ancora oggi il fatto con la stessa intensità emotiva, tanto da renderci il ricordo insopportabile, talmente insopportabile che, talvolta, si manifesta un meccanismo di difesa che porta a respingere l’evento e a segregarlo nell’inconscio. Ma anche in questo caso il ricordo ha la persistente caratteristica di riaffacciarsi in incubi notturni o pensieri ossessivi. Per dimenticare, o meglio, per lenire le pene del ricordo, occorre rielaborare.
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