Creato da alias1973 il 29/09/2006

L' ATTIMO FUGGENTE

"I WENT INTO THE WOODS BECAUSE I WANTED TO LIVE DELIBERATELY. I WANTED TO LIVE DEEP AND SUCK OUT ALL THE MARROW OF LIFE, TO PUT TO ROUT ALL THAT WAS NOT LIFE; AND NOT, WHEN I CAME TO DIE, DISCOVER THAT I HAD NOT LIVED " - "BOYS, YOU MUST STRIVE TO FIND YOUR OWN VOICE, BECAUSE THE LONGER YOU WAIT TO BEGIN, THE LESS LIKELY YOU ARE TO FIND IT AT ALL. THOREAU SAID: <MOST MEN LEAD LIVES OF QUIET DESPERATION>. DON'T BE RESIGNED TO THAT. BREAK OUT!". (DEAD POETS SOCIETY - 1989)

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P U N T O   E   N O N   A   C A P O

Post n°119 pubblicato il 15 Gennaio 2009 da alias1973

( P a r t e   p r i m a )

Ci sono momenti nella vita, in cui si realizza con inspiegabile e al contempo evidente chiarezza che si è giunti al termine di un ciclo.
Come se la nostra esistenza non dovesse dipanarsi attraverso il tempo sempre e comunque al pari di una bobina di carta che, bloccata ad una estremità e non ostacolata, si srotoli con gli stessi ritmo, costanza e velocità  fin’a mostrare il ventre concavo del suo ultimo involto. 

Ho rifiutato cento e più paraocchi e ho visto dunque abbastanza per poter dire che stare a questo mondo, nelle mille e più declinazioni del suo come, dove e con chi, è tutto fuorchè una percorso in piano: direi anzi che è un’esperienza che - nulla possedendo la natura del prestabilito o del presagibile -  dell’ignoto e a volte del romanzesco possiede i tratti salienti.

Con la fine del 2008 per me non si è concluso un anno, bensì un intero decennio. Non chiedetemene troppo motivata risposta, pur se ce l’ho, che tanto son sicura che anche a voi sia capitato di sentire forte dentro di voi qualcosa, di riconoscerne l’autenticità, magari di averne anche assodato l’oggettivo svelarsi, ma di non aver trovato parole adeguate a descriverlo.


E si che però, gli amici che qui mi seguono da più di un poco sanno quanto sia ormai proverbiale la mia intolleranza nei confronti di tutto quanto è per me orfano di nome e ragione, che cioè mi capita di conoscere od esperire, ma di non saper chiamare.

E allora, siccome cominciavo a scalpitarne,  ho fatto capitare che qualche mia bolla di tempo (ve le ricordate? :D), quelle cresciute nelle lunghe attese imbottigliata nel traffico, quelle dal dentista, quelle al guardaroba dei locali, non si riempisse di altri piccoli fiori d’ulivo, né di zucchero a velo, ma di qualcosa di più concreto.

 

L’altro giorno, piccola che sono e i tacchi manco quelli in malaugurate occasioni soccorrono, mi trovo in dubbia posa plastica verticalmente sdraiata sullo scaffale frigo degli joghurt, nel disperato tentativo di artigliare l’unico che mi interessa e che ovviamente mi sfugge beffardo: per-due-dita-dico-due.

Ma si sa che certe situazioni di imbarazzante stallo ispirano atti di autentico, generoso altruismo (….da una parte, e di grugnante riconoscenza dall’altra….) e così capita che una tizia dai femori evidentemente meglio riusciti dei miei mi passi la confezione in vetta al K2, facendomi ritornare al campo base con ossequioso ringraziamento della mia pancia intirizzita. (Ehm, scusate. Per chi mi legge per la prima volta sono alta 1,60. No, lo specifico perché sono pur sempre un sughero, ma qua sembrava 1,20 ecco..).

Mi dirigo alle casse ma già vedo che una vale l’altra (pi-e-ne) e siccome non sono in tangenziale, decido di evitare rocamboleschi zig-zag tra corsie, di sceglierne una e di rimanerci.

In generale e soprattutto se ragionevoli, le attese non mi snervano troppo: ho sempre la testa in così perpetuo fermento e talmente rara posa dal quotidiano strapazzo che anzi, ho preso a rendere produttive anche quelle, trasformandole in palloncini entro cui insufflare in santa pace i pensieri del momento, senza la preoccupazione che certe distrazioni finiscano col nuocere ad altre, magari concomitanti attività.
Le mie bolle di tempo, appunto.
Dopo un quarto d’ora di muto immobilismo però, abbiate pazienza, in piedi come e peggio che durante la Predica, evidentemente lo stato di coscienza in qualche maniera davvero trasmuta. Lo sguardo attenua i vincoli dal sè cosciente e da fisso prende a volare, andando ad appoggiarsi ma lieve, per non farsi sentire , sulla nuca della signora che mi precede. Senza che io realmente ci veda, scivola poi giù fino al cestino colmo di birre del ragazzetto al mio fianco, ridecolla verso la panoramica dell’uscita per poi planare piano….piano…piano….su…

 

“Signorina? Il Direttore sarà da lei tra cinque minuti. Se vuole accomodarsi….”

“Si, grazie….”

(…Oddio….e adesso cosa mi chiederanno? E io cosa dico? Eccheccavoli! Sarò mica scema no???)

 

- FINE PRIMA PARTE -

 

 
 
 
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