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Il giro del giorno in ottanta mondi

Post n°36 pubblicato il 24 Settembre 2012 da Ufficioluoghiperduti
 

'la vera alchimia risiede in questa formula: la tua memoria, i tuoi sensi, non saranno altro che alimento al tuo impulso creatore e il mondo, quando tu uscirai, che sarà divenuto? a ogni modo, nessuna delle apparenze attuali."

 

Dopo aver bevuto i mari ci stupisce
che le nostre labbra siano aride come le spiagge,
e di nuovo cerchiamo il mare per bagnarci, senza vedere
che le nostre labbra sono le spiagge e noi il mare.


Lì, come nelle tracce di tanti altri incontri, ci sono le prove della riconciliazione, lì la mano di Novalis coglie il fiore blu. Non parlo di studi, di ascesi metodiche, parlo di quella tacita intenzionalità che pervade il movimento totale di un poeta, che lo trasforma in ala di se stesso, in remo della propria barca, banderuola del proprio vento e che riconvalida il mondo a costo della discesa agli inferi della notte e dell’anima. Detesto il lettore che ha comprato il suo libro, lo spettatore che ha pagato per la sua poltrona, e che a partire da quel momento sfrutta il morbido cuscino del godimento edonista o dell’ammirazione per il genio.

Che cosa importava a Van Gogh della tua ammirazione? Voleva la tua complicità, che tu cercassi di guardare come stava guardando lui, con gli occhi scorticati da un fuoco eracliteo. Quando Saint-Exupéry sentiva che amarsi non è guardarsi reciprocamente negli occhi ma guardare insieme nella stessa direzione andava oltre l’amore di coppia perché l’amore, se è amore, va sempre oltre la coppia, e io sputo in faccia a chiunque venga a dirmi che ama Michelangelo o E.E. Cummings senza provarmi che almeno in un’ora estrema è stato quell’amore, è stato anche l’altro, ha guardato insieme a lui attraverso il suo sguardo e ha imparato a guardare come lui verso l’infinita apertura che aspetta e reclama.

 

 

“Questo giorno ha ottanta mondi,

la cifra è indicativa ed è questa perché piaceva al mio omonimo, ma forse ieri erano cinque e questo pomeriggio centoventi, nessuno può sapere quanti mondi ci siano nel giorno di un cronopio o di un poeta”.

J. Cortàzar— Il giro del giorno in ottanta mondi-

 

 

 

 

Gabriel García Márquez raccontava sempre:

 “Fuentes domandò a Cortázar come, quando e per iniziativa di chi fosse stato introdotto il pianoforte nell’orchestra jazz. Era una domanda casuale e prevedeva solo una data e un nome, ma la risposta fu una lezione sorprendente che durò fino all’alba, fra enormi bicchieri di birra e hot-dog. Cortázar, che sapeva dosare bene le parole, fece una ricostruzione storica ed estetica con una competenza e una semplicità quasi incredibili, che culminò con le prime luci del giorno in un’apologia omerica di Thelonius Monk. Non parlava solo con una profonda voce da organo piena di erre mosce, ma anche con le sue mani dalle ossa grandi, espressivo come non ne ricordo altre”.

Il gusto estremo per la parola punta dritto a stravolgerne il senso senza intaccarne la sostanza, come fanno i grandi del jazz, come per Lester Young in Three little words:

“Quell’invenzione che rimane fedele al tema mentre lo combatte, lo strasforma e lo irida”.

 

 

 

 
 
 
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