Creato da AlvinKuntz il 31/10/2005
Un matematico che non abbia un po' del poeta, non può essere un perfetto Matematico... (K. Weierstrass)

Area personale

 

Tag

 

Archivio messaggi

 
 << Settembre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
            1
2 3 4 5 6 7 8
9 10 11 12 13 14 15
16 17 18 19 20 21 22
23 24 25 26 27 28 29
30            
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 5
 

Ultime visite al Blog

stefanogripgilmaounamamma1karfrafcsharonfalconetanksgodisfridaygeomathannaraguseosidopaulnasa2003vaniapocketbadrimnicole1104baroneazzurro
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

Gli insiemi... il punto di partenza

Post n°6 pubblicato il 15 Novembre 2005 da AlvinKuntz
 

La parola "insieme" è usata in molti (troppi) contesti. L'idea di fondo è sempre la stessa, solo che per poter lavorare matematicamente è necessario dare una forma più precisa a quello che intendiamo per "insieme".

In generale un insieme è una collezione di oggetti. Il dato fondamentale che, dato un insieme, dobbiamo poter dire se un certo oggetto appartiene o meno all'insieme. Ad esempio possiamo prendere come insieme la collezione di parole:

A={casa, pane, gatto}

Allora tutto ciò che non è "casa" o "pane" o "gatto" non appartiene all'insieme A. Ovvero possiamo considerare un insieme con un numero finito di elementi e dire esplicitamente quali sono questi elementi: a questo punto è facile decidere se un dato oggetto è uno di quegli elementi oppure no.

D'altra parte possiamo pensare anche a insiemi infiniti, ad esempio possiamo pensare che il nostro insieme sia:

B={numeri interi pari}

o meglio, scrivendo in "matematichese"

B={2n : n è intero}

che si legge: "tutti i numeri della forma '2n' qualunque sia n purché sia un numero intero".

Questo nostro insieme B è un insieme con infiniti elementi. Detto così, sembra molto difficile pensare di poter decidere se un elemento sta in B oppure no. D'altra parte abbiamo dato la legge che ci dice come sono fatti gli elementi di B: non li abbiamo elencati tutti, ma sappiamo abbastanza da poter dire che, ad esempio, 321 non può essere un elemento dell'insieme B perché non è divisibile per 2, mentre 842 sì perché

842=2*421

cioè è ha la stessa forma degli elementi di B, quindi sta in B.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

I Gruppi... l'algebra è un volo pindarico!

Post n°5 pubblicato il 05 Novembre 2005 da AlvinKuntz
 
Tag: Algebra

Questo è un post per tutti quelli che sono convinti del fatto che l'algebra è la materia che s'occupa della soluzione di equazioni polinomiali o di calcolo numerico...

I gruppi sono le prime strutture algebriche con cui un matematico comincia ad avere a che fare, e dunque sono le più semplici.

Un gruppo è ina coppia (G,#) dove G è un insieme e # un'operazione binaria, ossia un'applicazione che prende una coppia di elementi di G e la manda nel loro "prodotto". Presi comunque a,b,c elementi di G, devono valere inoltre le seguenti proprietà:

1) proprietà associativa: (a#b)#c=a#(b#c)

2) esistenza del neutro: esiste un elemento che chiameremo "u" tale che u#a=a#u=a

3) esistenza dell'inverso: per ogni a, esiste un elemento a' tale che a#a'=a'#a=u

Inoltre il gruppo si dice abeliano se vale anche

4) proprietà commutativa: a#b=b#a

cerchiamo di capire quello che significa con un po' d'esempi.

Prendiamo come G l'insieme Z dei numeri interi (positivi e negativi) e come operazione consideriamo la somma. 

(Z,+) è un gruppo perché vale la proprietà associativa della somma, esiste l'elemento neutro, lo zero, ed esiste l'inverso (nel caso della somma si usa dire l'opposto ma il concetto è lo stesso...) di ogni numero... inoltre (Z,+) è anche un gruppo abeliano. Al contrario se come operazione scegliamo la moltiplicazione, (Z,*), è associativo ed esiste l'elemnto neutro, che è l'uno, non è un gruppo perché non esiste l'iverso di ogni numero. infatti, quale sarebbe quel numero intero che (ad esempio) moltiplicato per 3 mi dia 1? Se invece considero come G l'insieme Q dei numeri razionali (ovvero le frazioni) avremo che (Q,+) e (Q,*) sono entrambi gruppi abeliani...

I gruppi non-abeliani esistono. solo che non è facile portare un esempio che sia noto e/o comprensibile ai più, quindi per il momento lo ometto...

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Geometrie non-euclidee

Post n°4 pubblicato il 04 Novembre 2005 da AlvinKuntz
 

Le geometrie non-euclidee nascono dunque dal supporre che il quinto postulato di Euclide sia falso. Bisogna dunque capire bene l'enunciato del suddetto postulato. Riportiamolo nella forma più nota:

"Presa una retta ed un punto esterno ad essa, esiste una ed una sola retta, passante per il punto e parallela alla retta data"

Una retta, ritraducendo la definizione euclidea in termini più accessibili, è la linea più corta che unisce due punti. In questo senso è più corretto chiamarle "Geodetiche". Due geodetiche si dicono parallele se non si intersecano.

Dunque, assumere che il quinto pustulato di Euclide sia falso può significare due cose:

1) presa una geodetica ed un punto esterno ad essa, non esistono geodetiche passanti per il punto che non intersechino la geodetica di partenza

2) presa una geodetica ed un punto esterno ad essa, esistono infinite geodetiche che passano per il punto e non intersecano la retta di partenza.

Un esempio imoportante e piuttosto semplice del primo caso è il seguente.

Consideriamo come piano una superficie sferica. Non è una cosa azzardata e assurda come sembra. Innanzitutto Euclide non aveva mica detto che il piano dovesse essere per forza piatto, anzi. E poi, a pensarci bene, noi viviamo su una cosa che è quasi una superficie sferica... e allora perché non lavorare su un piano sìffatto? Dunque la nostra bella superficie sferica. Su una sfera, le geodetiche sono i cosìddetti cerchi massimi, ossia quelle circonferenze di raggio uguale al raggio della sfera. Considerate due di queste circonferenze, avranno sempre almeno due punti d'intersezione. Dunque non possono esserci geodetiche "parallele". In un mondo come questo, un triangolo, che è una figura geometrica il cui bordo è costituito di tre geodetiche, ha effettivamente - ed è relativamente facile calcolarlo - somma degli angoli interni maggiore di 180°... insomma: è la descrizione di una geometria non-euclidea, ma neanche lontanamente astratta e complicata come vogliono farci credere i nostri docenti delle scuole dell'obbligo...

Per quanto riguarda il secondo caso, un esempio che descriva come funzionano le cose è leggermente più complicato e un decisamente meno vicino a cose già note. Proviamo ugualmente.

Consideriamo come piano un cerchio. Definiamo una metrica (ossia un modo di calcolare le distanze) in modo tale che le geodetiche siano o i diametri o degli archi di circonferenza che intersecano ortogonalmente il bordo del cerchio (vedi foto).

In questo mondo, se considero una geodetica ed un punto esterno ad essa, esistono infinite geodetiche che passano per il punto e non intersecano la geodetica di cui sopra. E' un po' meno facile calcolare la somma degli angoli interni di un triangolo. Fatto sta che, facendo il suddetto calcolo, si può vedere che è minore di 180°...

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Euclide e il Quinto postulato

Post n°3 pubblicato il 02 Novembre 2005 da AlvinKuntz
 
Tag: Storia

Fin da piccoli sentiamo parlare di queste fantomatiche geometrie non-euclidee che ci vengono raccontate come un mondo strano e misterioso, comprenibile solo ai più esperti matematici. Tali affermazioni sono tendenzialmente false. Le geometrie non-euclidee sono un argomento estremamente semplice ed interessante ma per capirlo un po' bisogna raccontare bene la loro storia.

Gli Elementi è il primo testo "scolastico" di matematica mai esistito. Inizia con 23 definizioni (Il punto è ciò che non ha dimensione, la linea è lunghezza senza larghezza, i bordi di una linea sono punti, etc...), 5 postulati (ossia dati di fatto: è sempre possibile tracciare una linea tra due punti, è sempre possibile prolungare una linea retta all'infinito, è sempre possibile descrivere un cerchio qualunque sia il centro e qualunque sia il raggio, etc...) e 5 nozioni comuni (due cose che sono entrambe uguali ad una terza sono uguali fra loro, se due cose uguali sono sommate ad altre due cose uguali allora il totale e uguale, etc...). Poi attacca con i teoremi, spaziando dalla teoria dei numeri alla geometria, all'algebra... insomma: ordina tutto il sapere matematico del tempo.

Tra i 5 postulati, però, ce n'è uno, il quinto, che da molto fastidio all'autore. Si tratta infatti di un postulato dall'enunciato piuttosto lungo e complicato, che va letto con attenzione per capirlo, magari con carta e penna a disposizione per tracciare qualche figura... il postulato è il seguente:

Se una linea retta, interseca altre due linee rette in modo tale che la somma dei due angoli interni che stanno dalla stessa parte sia minore della somma di due angoli retti, allora le due rette, se prolungate all'infinito, si incontreranno dalla parte su cui stanno i due angoli minori di due angoli retti.

Diciamocelo: è proprio brutto messo come postulato! Un buon matematico, di fronte ad un enunciato come questo, si domanderà immediatamente quale possa essere la dimostrazione di questo fatto (perché un matematico non è quello che sa fare i calcoli, ma quello che sa dimostrare perché certe cose sono vere sotto determinate ipotesi). Anche Euclide, che era (o erano... se volete saperne di più guardate un po' qui!) un ottimo matematico, si pose la stessa domanda. Solo che non riuscì mai a trovare la dimostrazione e si trovò costretto a mettere quest'enunciato tra i postulati; la cosa gli dava particolarmente fastidio, infatti non lo usò finché non divenne proprio indispensabile per le dimostrazioni.

Nei secoli successivi, tutti i più grandi matematici della storia si cimentarono col problema della dimostrazione del quinto postulato. Riuscirono, col tempo, a trovare enunciati equivalenti, come "La somma degli angoli interni di un triangolo è 180°" e "Presa una retta ed un punto esterno ad essa, esiste una ed una sola retta, passante per il punto e parallela alla retta data", ma di dimostrazione, neanche l'ombra.

Il primo ad avere un'idea brillante, fu un gesuita genovese, Girolamo Saccheri, intorno alla fine del diciassettesimo secolo. Egli infatti, pensò di tentare una dimostrazione per assurdo, ossia assumendo che l'enunciato fosse falso e cercando una contraddizione nel suo ragionamento. Saccheri non riuscì a trovare l'assurdo (oresemplici, ho trovato un'esempio di quanto possa essere difficile dimostrare per assurdo?). Anzi. Riuscì a costruire un mondo, piuttosto fantasioso, ma senza contraddizioni logiche al suo interno, in cui la somma degli angoli interni di un triangolo può tranquillamente essere maggiore di 180°. Il povero gesuita si terrorizzò al punto tale da non pubblicare mai quello che aveva scoperto, convinto di aver fatto un errore da qualche parte.

All'inizio del diciannovesimo secolo, quasi contemporaneamente, sebbene in parti diverse del mondo, tre matematici, Gauss, Bolyai e Lobachevskij, ebbero la stessa idea di Saccheri, ossia tentarono una dimostrazione per assurdo. Anch'essi non trovarono l'assurdo, solo che si convinsero del fatto che l'assurdo proprio non c'era, che semplicemente stavano costruendo delle geometrie diverse e che la geometria euclidea non è altro che un caso particolare di una teoria geometrica molto più vasta. Capirono quindi che l'assumere o meno il quinto postulato cambiava radicalmente il tipo di geometria, e che dunque quel quinto postulato era proprio necessario, che era davvero un postulato e non poteva essere dimostrato.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Per iniziare

Post n°2 pubblicato il 31 Ottobre 2005 da AlvinKuntz
 
Tag: Numeri

Cominciamo con qualcosa di facile... Questa è una dimostrazione estremamente elegante che ha più di duemila anni: scritta da Euclide ne' "Gli Elementi"

I NUMERI PRIMI SONO INFINITI

Supponiamo per assurdo che i numeri primi siano in numero finto, cioè siano

2 3 5 7 11 ... p

dove p è l'ultimo numero primo.
consideriamo il seguente numero:

(2 * 3 * 5 * 7 * 11 * ... * p) + 1

(*=moltiplicazione...)

ossia il numero formato dal prodotto di tutti i numeri primi a cui si aggiunge 1.
Questo numero non è divisibile per nessuno dei numeri primi perché la divisione darà sempre resto 1. quindi questo numero è un primo, il che è assurdo dato che avevamo supposto che i numeri primi fossero solo quelli elencati. l'errore sta dunque nel supporre che i numeri primi siano in quantità finita, cioè sono infiniti.

c.v.d.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963