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Carlo Molinaro

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Tre film e una canzone

Post n°491 pubblicato il 29 Novembre 2008 da molinaro
Foto di molinaro

Il Torino Film Festival si conclude domani con le premiazioni. Sono riuscito a vedere tre film (grazie anche ai consigli e ai... biglietti delle amiche Malvina ed Elena). Tre film molto diversi fra loro. Nessuno italiano (è andata così!): uno statunitense, uno svedese e uno catalano.

Lo statunitense è Momma’s man, di Azazel Jacobs. Un giovane va a far visita ai genitori, lasciando in un’altra città la moglie e la figlioletta, e per un po’ di tempo non riesce più a schiodarsi dalla casa dei genitori stessi (una casa assai bislacca, fra l’altro). Inventa scuse per rimandare la ripartenza. Sembra che il mondo esterno gli dia angoscia. Non che la casa paterna lo rassicuri: mi pare piuttosto in preda a un’angoscia generale, una di quelle crisi che ti attanagliano in certi momenti della vita, che non sai più chi sei, e da che parte girarti. Le famose crisi di crescita – che però io riscontro da sempre in ogni età. Non si finisce mai di crescere né di avere paturnie. Il film è presumibilmente autobiografico: la casa è «davvero» la casa dei genitori del regista. Alla fine comunque al protagonista l’angoscia passa, e lui torna alla normale vita dalla moglie e dalla figlioletta. Fino alla prossima crisi. Un film abbastanza godibile, girato bene, anche se non particolarmente entusiasmante né emozionante.

Lo svedese è Låt den rätte komma in (che vuol dire all’incirca «lasciate che entri quello giusto»), di Tomas Alfredson. È una storia d’amore delicata, sullo sfondo di una tetra Stoccolma, fra un bambino biondo timido e introverso e una bambina bruna un po’ strana, con qualche problema comportamentale e... alimentare, diciamo. Ho visto che è classificato come un horror, ma non sono d’accordo. Mi sembra più romantico-sentimentale. Molto bella l’intesa che si crea fra i due protagonisti, dodicenni, fino al grande amore, che parrebbe impossibile almeno quanto quello di Romeo e Giulietta: eppure il film ha una specie di lieto fine. Mi ha colpito la scena dove il bambino biondo capisce e ammette di non essere «meno assassino» della bambina bruna. Notevole. La bambina bruna assomiglia molto a una mia amica, quella a cui è dedicata la poesia a pag. 405 di La parola rinvenuta. Questo che c’entra con il film? Niente, ma l’ho detto tante volte che qui io non scrivo recensioni, scrivo i cazzi miei. Un bel film, comunque. Se uscirà nelle sale «normali», ve lo consiglio.

Il catalano è El cant dels ocells, di Albert Serra. Il titolo è ripreso da una canzone popolare natalizia catalana che potete ascoltare nel video qui sotto, e che è l’unica musica che si sente nel film, verso la fine. Per il resto, è un film quasi muto, con pochi dialoghi frammentari. In uno scenario desertico, reso ancora più monotono dall’uso del bianco e nero, tre strani remagi vanno a cercare il bambingesù. E infine la trovano, la sacrafamiglia, in una desolata casa di pietra. Ma non è che la cosa li colpisca poi molto: fanno il loro dovere consegnando i doni e prostrandosi, e dopo continuano a girare nel suddetto scenario desertico. Inquadrature silenziose e lunghissime, troppo: durante la proiezione la sala si è svuotata; però io ho resistito fino in fondo.  Certo è un film pesantino. La chiave di lettura che mi sembra di poterne dare è che l’unica cosa reale è il sogno: i remagi trovano cose bellissime (che vedono solo loro) osservando una semplice pietraia. E nel finale si raccontano fra loro appunto sogni di angeli, nubi, cacciatori, serpenti, e tutta questa varietà di cose contrasta in modo evidente con il nulla che li circonda e nel quale camminano.

A prescindere dal film, ho scoperto questa canzone catalana, El cant dels ocells, che ha varie versioni di testo. In una delle versioni si dice a un certo punto: «No és hivern ni és estiu, / sinó que és primavera: / perquè ha nat una flor / que pertot dóna olor». Bella questa idea che non è estate e non è inverno, ma è primavera, perché è nato un fiore. È nato un fiore, quindi è primavera. Sono perfettamente d’accordo con questa impostazione del tempo e delle stagioni. Per esempio, oggi incontrerò una persona che amo, e dunque è indiscutibilmente primavera, e mi pare che anche il cielo di Torino sia d’accordo. La canzone El cant dels ocells ho visto che è considerata anche una canzone rivoluzionaria, patriottica, identitaria, un po’ dagli spagnoli antifranchisti, un po’ dai catalani indipendentisti, un po’ da altri ancora. Mi sa che è una di quelle che tutti vorrebbero fare propria: ma, insomma, è catalana, e a me piace, e basta.

 

 

 
 
 
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