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Carlo Molinaro

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L'inconscio facilone

Post n°625 pubblicato il 01 Giugno 2009 da molinaro
Foto di molinaro

L'inconscio pare essere sede di molti casini: paure, angosce, complessi di colpa, cose così. Io però mi sono accorto di avere «anche» un inconscio (o un pre-conscio, non so) accomodante, facilone. Un inconscio che prepara un mondo a modo suo, a lui favorevole, a lui comodo, appunto. Il che potrebbe sembrare un vantaggio, ma in realtà, nella vita, non lo è.

A sei anni di età vidi un grosso televisore, era uno dei primi in circolazione, e davanti, sotto il video, c'era scritto, con lettere di metallo attaccate sul legno: TELEVISION. Sapevo già leggere bene, lessi, e domandai a mio nonno: «Nonno, perché manca una E in fondo alla parola?». Mio nonno mi rispose: «Perché è inglese». Io ne presi atto, e l'informazione sembrò sufficiente, al mio inconscio, a decidere, e a farmi serenamente credere, che l'inglese si facesse togliendo l'ultima lettera alle parole. Così quando i miei mi dissero che sarei andato a lezione d'inglese, pensai che non c'era problema, io ero un genio e già lo sapevo: per cui a lezione avrei detto semplicemente: «Guardat ch s gi l'ingles, l parl benissim, quind m dat diplom e poss andar giocar! Tant salut!». Provai una terribile rabbia e delusione, e un odio profondo verso il mondo e verso gli inglesi, quando poi scoprii che le cose non stavano esattamente così. Quei maledetti avevano deciso di complicarmi la vita.

A ventitré anni di età cominciai a lavorare in una grande casa editrice. Per il primo mese ci andai il mattino, come apprendista in prova. E il mio inconscio mi fece speranzosamente credere che, in cambio di un buono stipendio, di libri ci si occupasse solo il mattino, che era già fin troppo. Non che non fossi mai stato in aziende o in uffici, però pensavo che l'editoria, i libri, fossero magari diversi (il mio inconscio accomodante ne era quasi certo), fossero una cosa che no, più di quattro ore non si può. Provai una terribile rabbia e delusione, e un odio profondo verso i libri e verso le aziende, quando poi scoprii che le cose non stavano esattamente così. Quei maledetti avevano deciso di complicarmi la vita: mi spiegarono che, cominciando il lavoro vero e proprio, sarei dovuto rientrare il pomeriggio, e fare otto ore, una normale giornata lavorativa.

Poi questa cosa mi è successa molto anche nei rapporti umani: se mi piace una ragazza, il mio inconscio stabilisce, con assoluta oggettiva evidenza, che la cosa migliore per la vita di lei è avere una storia con me: e non capisco come faccia lei a non accorgersene. Ed è una bruciante delusione scoprire poi che lei ha tutt'altri progetti, magari persino migliori... Se si organizza una cena ed è meglio che Tizia non venga, perché potrebbe crearmi problemi, poniamo, nel baccagliare un'altra, il mio inconscio non ha dubbi: a Tizia di quella cena non potrebbe fregare di meno, anzi, non invitarla significa farle un favore: si annoierebbe, non è un ambiente adatto a lei, si troverebbe malissimo... E quando poi Tizia, saputa la cosa, s'incazza come una iena perché non l'ho invitata, io resto lì deluso e mogio come un bambino sgridato ingiustamente.

Ma chiariamo una cosa: nei quattro casi succitati, non è che fingevo, non è che mentivo a me stesso: io credevo veramente che l'inglese fosse l'italiano senza la lettera finale, che nell'editoria si lavorasse quattro ore al massimo, che la ragazza non potesse fare altro che innamorarsi di me e che a Tizia della cena non fregasse un cazzo. Non so se mi spiego. È l'inconscio che convalida l'ipotesi più comoda, mica io. Che c'entro io?

Eh, c'entro, si capisce che c'entro; c'entro nel senso che, su questo inconscio troppo accomodante, ci devo lavorare, lavorare di conscio e di ragione. Lui, l'inconscio, non si convincerà mai: probabilmente pensa ancora oggi che gli inglesi sono stati dei veri bastardi dispettosi, a inventarsi quella strana lingua sputacchiata anziché limitarsi a togliere la lettera finale all'italiano; ma io devo fare attenzione, tenerlo a bada, ribattergli, guardare bene la realtà con l'occhio vigile della consci-enza, evitando le trappole dell'inconsci-enza, che sembra comoda, ma ti manda sempre a picchiare contro il muro.

Chissà se anche altre persone hanno inconsci così faciloni. Forse sì. Ci sono testimonianze?

 
 
 
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