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Un blog creato da Ganimede.76 il 14/05/2007

Parole non dette...

"la vita è uguale a una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita!" (Forrest Gump)

 
 

PREGHIERA DELL’OMOSESSUALE

di Fr. Angelo (Sud  Italia) 

il discepolo che gesù amava

Padre dell’umanità, come figlio mi rivolgo a te con fiducia: aiutami a sentirmi amato da Te, dalla Tua Chiesa, dalle persone a  me care e da tutti coloro che mi circondano. Non mi facciano sentire un verme, un errore della natura, un mostro da nascondere. Donami la forza di accettarmi  per come mi hai creato, di non vivere da ipocrita, nascondendo a me e agli altri  la mia tendenza sessuale. Aiutami a capire che sono anche io Tuo figlio prediletto, che Gesù è morto in croce anche per me. Metti davanti al mio cammino persone sagge che sappiano consigliarmi, che sappiano aiutarmi ad accettarmi. Molte volte, a causa dei pregiudizi e delle paure, sono tentato di  farla finita su questa terra, ma poi sapendo che “tu ami tutte le cose esistenti  e nulla disprezzi di quanto hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l`avresti  neppure creata”(Sapienza 11,24) mi riprendo e vado avanti. Dona ai miei  genitori la rassegnazione e la serenità che sono sempre loro figlio, anche se  non potrò mai dargli la gioia di essere nonni, potrò donargli l’affetto di un figlio  che sa amare e vuole essere amato. Aiutami a non fare scelte sbagliate, matrimonio o vocazione di copertura, ma a fare scelte vere e libere. Se qualche volta ho bisogno di essere abbracciato e amato da uno del mio stesso  sesso…. Stammi vicino e abbracciami forte e fammi sentire la tua infinita misericordia e le tue lacrime che scendono sul mio capo, per dirmi che mi comprendi e mi ami per quello che sono. Ti voglio bene Gesù.

 

BIBBIA E OMOSESSUALITÀ

Nel tentativo di approfondire tale tematica e, soprattutto, di individuare con esattezza i testi della Bibbia ed interpretarne correttamente il contenuto, ho ritenuto opportuno leggere due libri che affrontano l'argomento sul piano esegetico e che hanno come punto di riferimento la Bibbia nella sua interezza.

I libri che ho provveduto a leggere e ai quali mi riferirò nella presente trattazione sono:

- Bibbia e Omosessualità, Ed. Claudiana

- l'Omosessualità nella Bibbia, Ed. San Paolo

bibbia

 Introduzione (>)

I testi nei loro contesti antichi

Antico Testamento:

1) Genesi (>)

I resoconti della Teologia della Creazione

2) Sodoma e Gomorra (>)

C'è Omosessualità in questi racconti?

3) Gionata e Davide (>)

Si può parlare di Omosessualità?

(continua)

 

UN PÒ DI ME...

volto

"Omosessuale e credente"  di Alessandra Del Re:

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Una pagina del mio Diario su: Gionata.org

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"Non guaritemi in nome di Cristo"

sul Blog: 1, 2, 3... Liberi tutti dell'Unità di Delia Vaccarello

"Una cristoterapia per guarire dai pregiudizi" su: gaynews

 

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AGEDO

AGEDO

L’A.GE.D.O. è costituita da genitori, parenti e amici di uomini e donne omosessuali, bisessuali e transessuali che si impegnano per l’affermazione dei loro diritti civili e per l’affermazione del diritto alla identità personale.

Vogliamo essere di aiuto e sostegno a quei genitori che hanno saputo dell’omosessualità della propria figlia o figlio e ne soffrono perché per loro è difficile comprendere e accettare. Pensiamo di poter condividere il loro disagio offrendoci come interlocutori per un dialogo su una situazione che noi abbiamo vissuto e superato.

 

DISCLAIMER

Questo Blog non rappresenta una testata giornalistica e viene aggiornato senza alcuna periodicita'. Pertanto, non puo' essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale ai sensi della L. n. 62 del 7.03.2001. Gli articoli e le immagini inseriti in questo Blog sono tratte in massima parte da Internet; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d'autore, vogliate comunicarmelo e saranno subito rimossi.

 

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Le parole per dirlo...

Post n°151 pubblicato il 23 Aprile 2008 da Ganimede.76
 

Storia di undici termini relativi all’omosessualità

Nomen atque omen, “il nome è anche un presagio”, dicevano i latini con Plauto, e mai motto è stato più adatto di questo alla condizione degli omo­sessuali. Da secoli alla stigmatizzazione del comportamento omosessuale si accom­pagna, logica conseguenza di un giudizio sociale negativo, il fiorire di termini ironici e spregiativi per connotare i “diversi”. Da secoli milioni di persone vivono nel terrore di essere indicate con quei nomi il cui omen è alquanto infausto. A titolo di esempio vorrei qui proporre la storia d'una decina di parole italiane fra le più significative. È solo un inizio: “le parole per dirlo” non  sono mai mancate...

BARDASSA o BARDASCIA - Termine comunissimo nei documenti antichi fino all'Ottocento, ma oggi non più usato. Deriva dall'arabo bardag, “giovane schiavo”, che a sua volta deriva dal persiano hardah, “schiavo”. II significato “ufficiale” in italiano è oggi quello di “monello”, “ragazzo scapestrato”, che ha riscontro anche in parecchi dialetti, ed ha un parallelo nel siciliano GARRUSU. Più raramente è usato anche per indicare una prostituta. Nell'italiano antico invece definiva normalmente l'omosessuale che si lascia penetrare analmente o, qualche volta, un prostituto. Particolare curioso: veniva usato al genere femminile (una bardassa = un sodomita passivo). Analogo parallelo fra “giovinetto” e “sodomita passivo” era probabilmente contenuto in origine nel siciliano GARRUSU/ARRUSU. II riscontro più sorprendente lo troviamo pero nell'italiano ragazzo derivante dall'arabo magrebino raqqas, “giovane messaggero”, “paggio”, che di recente è stato messo in relazione con l'evangelico raca (cfr. Matteo, V, 22), interpretato proprio come “sodo­mita passivo”, “rottinculo”.

BUGGERONE o BUZZARONE o BUGGIARONE - Altro termine molto usato prima dell'Ottocento ma in disuso ai nostri giorni. Ne è rimasta una traccia solo nel verbo buggerare (che anticamente significava “sodomizzare”) che oggi vuol dire “ingannare”, esattamente per la stessa ragione per cui anche inculare viene ora usato per significare “ingannare”. Deriva dal bu(l)garo (da cui anche il francese boulgre/bougre e l'inglese bugger) con accrescitivo ‑ spregiativo in ‑one. Indicava l’opposto di BARDASCIA, ossia il sodomita attivo. Lo slittamento di significato si spiega col fatto che la sètta eretica dei càtari o albigensi ‑ che si diceva avesse avuto origine, appunto, in Bulgaria ‑ venne accusata nel XIII secolo dalle autorità ecclesiastiche di darsi, fra altre scelleratezze, alla sodomia. Tanto martellante fu questa propaganda che il nome di bulgaro servì da allora per definire tanto gli eretici in genere che i sodomiti. Col passar del tempo, però, il primo significato andò perso, e rimase solo il secondo.

CHECCA - “Omosessuale effeminato”. Deriva da un vezzeggiativo di Fran­cesca tuttora diffuso in molte zone d'Italia (Lazio, Toscana, Lombardia...), di cui esiste anche il maschile Checco. L'uso di un vezzeggiativo femminile ha ovviamente, quando riferito ad un uomo, un'intenzione offensiva. CHECCA è molto usato soprattutto nel Lazio e in Lombardia, ma anche, in misura minore, nel resto d'Italia. Oggi comprende almeno tre significati leggermente diversi. Il primo è quello, già enunciato, di “omosessuale effeminato”, in senso spre­giativo. Il secondo è quello di “omosessuale” in genere, ancora in senso spre­giativo. I1 terzo, tipico del gergo gay, indica (ma senza significato spregiativo) un omosessuale, ed è alla base di numerose espressioni composte (tra le più note: CHECCA FATUA, FRACICA, ISTERICA, MANIFESTA, MARCIA, ONNIVORA, PAZZA, PERSA, SFATTA o SFRANTA, STORICA, VELATA) o ancora di termini composti (come CHIERICHECCA: “omosessuale bigotto”).

CUPIO - Dal latino medievale cupa, “botticella”, “recipiente” (che soprav­vive anche nell'italiano semicupio, la tipica vasca da bagno in cui ci si lava solo seduti). È termine dialettale piemontese per “omosessuale”. La riduzione dell’omosessuale a contenitore” (è facile immaginare di che cosa) ha riscontro in molti dialetti, per esempio nel napoletano VASETTO, nel meridionale LUMINO, nel toscano BUCO e BUCAIOLO, e nell'emiliano BUSONE.

FINOCCHIO - Forse nessun termine come questo (ad eccezione di FROClO), ha suscitato ipotesi così contrastanti sull'etimologia. FINOCCHIO nel senso di “omosessuale” è termine recente, di origine toscana, diffusosi dopo l'Unità nel resto d'Italia (ma più al Nord che al Sud, dove FROCIO e RECCHIONE gli hanno fatto concorrenza). Le proposte sono molte, ed alcune anche un po' bizzarre: c'è ad esempio chi propone un lambiccato fenor culi (in latino: “vendita del culo”), e chi lo ricollega all'ortaggio omonimo per varie ragioni. Alcuni perché esso “ha il gambo vuoto” (e qui saremmo nel campo di BUCO o CUPIO), altri perché i finocchi detti “maschi” sono più gustosi di quelli detti “femmine”, altri infine, perché “il finocchio è pianta agametica, cioè che si riproduce senza essere impollinata, e quindi non ha bisogno dell’“altro” sesso”. Ma la proposta di etimologia che ha veramente fatto furore negli ultimi anni è quella che ricollega i finocchi ai roghi medievali. Secondo tale spiegazione, per coprire l'odore di carne bruciata sarebbe stato anticamente costume usare legno di ferula (quello spugnoso prodotto dalle piante di finocchio selvatico), oppure fasci di finocchi buttati nel fuoco. A sostegno di tale tesi si cita il parallelo con l'inglese faggot, che significa tanto “fascina di legna” che “omosessuale". Come accade spesso nelle questioni intricate, la spiegazione è in realtà piuttosto semplice. Innanzitutto non si è finora riusciti a trovare attestazioni dell'uso di gettare finocchi sui roghi. L'etimologia più corretta sarà quindi senza dubbio quella che mette in re­lazione il significato odierno di FINOCCHIO con quello che la parola aveva nel medioevo, e cioè “persona dappoco, infida”, “uomo spregevole”. Quindi: da “cosa o persona di nessun valore”, la parola finocchio è passata a indicare “uomo spregevole” e poi, in senso più restrittivo, “uomo spregevole in quanto si dà alla sodomia”.

FROCIO o FROSCIO - Le etimologie proposte per FROCIO sono davvero numerose. La prima da feroci, epiteto lanciato contro i lanzi­chenecchi che misero a sacco Roma nel 1527 e che nella loro furia stuprarono indistintamente uomini e donne. La seconda fa riferimento ad una non meglio identificata “fontana delle froge” (narici) presso cui anticamente si sarebbero riuniti gli omosessuali romani. La terza infine si richiama a floscio (a sua volta dallo spa­gnolo flojo) con la tipica rotacizzazione del romanesco (in cui altra volta diviene artra vorta, e floscio, froscio), e che indicherebbe sia l’incapacità dei froci ad averlo “tosto” con le donne, sia la loro mollezza. In generale, l'etimologia più diffusa mette in relazione con FRO­SCIO/FROCIO i perversi costumi (sessuali e non) dei lanzichenecchi del papa, che fra l'altro sarebbero stati spesso e volentieri ubriachi, ed avevano quindi le “froge” (narici) del naso rosse e gonfie. Da qui l'epiteto di frogioni/frocioni che nella seconda forma è ancora in uso (seppur con il nuovo significato) a Roma. La diffusione del termine in Italia è addirittura più recente di quella di FINOCCHIO, ed è avvenuta solo dopo la seconda guerra mondiale grazie soprattutto al cinema ed ai romanzi “neorealisti”. Escluderei insomma anche in questo caso un largo uso antico della parola nel significato di “omosessuale”: anche qui essa è giunta fino a noi attraverso un progressivo slittamento di significati. Ad ogni modo è certo che verso la metà del secolo scorso “frocio” veniva usato genericamente contro tutti gli stranieri. E siccome il è quello che è, non tardò a manifestarsi un ulteriore allargamento di significato. Dopo l'attestazione appena riportata, FROCIO entrò infatti nella crisalide del gergo della malavita, dove fu ulteriormente rielaborato. Non ho ovviamente trovato testimonianze relative a questa evoluzione sotterranea, ma è facile intuire che durante questa fase FROCIO assunse dapprima il significato di “uomo spregevole” in genere (spregevole come uno straniero, evidentemente), e poi (abbiamo già visto questa evoluzione in FINOCCHIO), l'uomo spregevole per eccellenza: l'omosessuale passivo. Nel 1910 uscì dal bozzolo con quest’ultimo significato: nel gergo dei criminali questo termine (oscillando tra la grafia frocio e quella froscio) e lo glossa come “effeminato”. Da qui al significato odierno il passo è ormai brevissimo, e l'attuale enorme diffusione della parola credo mi esenti dal presentarne esempi d'uso.

GARRUSU (e le varianti ARRUSU, IARRUSU, JARRUSU) - Termine siciliano che indica l'omosessuale passivo. Sembra che una volta di più ci troviamo di fronte all'equiparazione fra il giovane e l'omosessuale passivo (cfr. BARDASSA). L'etimologia, proposta da PELLEGRINI, fa infatti riferimento all'arabo (c)arùs, “fidanzata”, “giovane”, e potrebbe essere la stessa del controverso carusu, “ragazzo”. Del resto, secondo CONSOLI, il termine indica a Messina (proprio come BARDASSA in italiano) anche un ragazzo fin troppo vivace, un monellaccio.

INVERTITO - Questo è un termine per cosi dire “artificiale”, quello che i linguisti chiamano un “calco”, nato nel 1878 per iniziativa di Arrigo Tamassìa, che cercava un corrispondente adeguato del tedesco Conträrsexuale (tradotto poco elegantemente da qualcuno come sessual‑contrario o contrarsessuale). Gli scienziati della fine dello scorso secolo ‑ e Tamassia con loro ‑ ritenevano infatti che l’omosessualità fosse una condizione in cui nell'organismo di un determinato sesso si osserva un atteggiamento tipico dell'altro sesso, ovvero, per l'appunto, invertito. Oggi le persone che Tamassia descrive nel saggio in cui conia la parola INVERTITO sarebbero classificate come “transessuali”, ma all'epoca si riteneva che costoro fossero i più rappresentativi esempi (o esemplari...) della “categoria” dei “diversi”.Questo neologismo ebbe un tale successo che non solo sopravvive ancor oggi, seppure come termine ingiurioso o comunque sprezzante, ma è stato ripreso da altre lingue (per esempio nell'inglese invert, francese inverti, ecc.).

OMOSESSUALE - Forse molti di quelli che oggi vorrebbero abolire questa parola non ci crederanno, ma essa era nata originariamente come eufemismo. Fu infatti coniata nel 1869 da un militante tedesco di origine ungherese, Karol Maria Benkert (o Kertbeny), (che era “dottore” perché era laureato, e non perché fosse un medico, come si legge spesso!). Benkert creò Homosexuel da una non troppo elegante mescolanza greco­latina di  òmoios = “affine”, “analogo” e sexualis (“che ha a che vedere col sesso”) per indicare una persona che pur essendo in tutto uguale alle altre, sperimenta un'attrazione per individui del suo stesso sesso. In questo neologismo, apparso in un pamphlet che chiedeva l'abolizione delle leggi antiomosessuali prussiane, e nella sua voluta “asetticità” (che l'ha fatto ritenere da molti erroneamente un termine d'origine medico‑psichiatrica) c'è un'intenzione polemica nei confronti del quasi coevo URNINGO/ URANISTA, che invece sottendeva un intrinseca “differenza” di chi amava persone del suo stesso sesso, anche nel senso di una certa qual effeminatezza. Benkert al look virile ci teneva, e non poteva quindi che contrapporre un “suo” neologismo a quello di Ulrichs. I due termini si fecero, all'inizio, concorrenza, e fino alla fine del secolo scorso sembrò che URNINGO/URANISTA l’avesse vinta. Ma verso il 1890 OMOSESSUALE iniziò ad apparire in pubblicazioni scientifiche per “merito” di medici e psichiatri. Furono però i grandi scandali d'inizio secolo (Wilde, Krupp, Molthe‑Eulemburg) a renderlo noto alla popolazione generale come termine nuovo e “discreto”, adatto anche ai giornalisti... Dalla letteratura scientifica lo prese poi la psicoanalisi, che rifiutava a priori l'idea di una “causa organica” dell’omosessualità, come quella sottintesa in URNINGO. Con il trionfo della psicoanalisi sùbito dopo la seconda guerra mondiale, URNINGO fu anzi completamente spazzato via.

RECCHIONE o RICCHIONE - Ciò che sappiamo per certo è che RICCHIONE è termine d'origine meridionale diffuso poi anche al Nord, con ogni probabilità per tramite del gergo della malavita, con forme come il veneto RECIÒN, ed il lombardo OREGGIA (leggi: "urègia") ed OREGGIATT (leggi: "uregiàtt"). Oggi è anche italianizzato in ORECCHIONE. Nel primo caso si sarebbe alluso alla proverbiale lussuria della lepre, animale dalle lunghe orecchie, ed alla circostanza, riferita dai bestiarii dei primi secoli del cristianesimo, che la lepre cambierebbe sesso a volontà, simboleggiando cosi l'amore contro natura. Nel secondo caso si fa invece riferimento alla fama di lussuria dell’hircus, cioè del caprone, attraverso il termine *hirculone che sarebbe stato usato "col valore di "immondo" e, quindi di "pederasta" (sic) per le abitudini perverse dell'irco". La prima spiegazione non è molto convincete: risalire fino all’antichità classica o ai bestiarii è infatti eccessivo in un campo, come quello degli insulti antiomosessuali, in cui nessun termine dialettale rivela mai più d'un secolo o due di vita. Nella mentalità maschilista, e nel linguaggio popolare che ne è la fedele espressione, essere un "caprone - montone", così come l'essere uno "stallone", è per un uomo un complimento, non certo un insulto. In Calabria esiste un verbo "arricchià", che viene derivato da un verbo *ad-hircare, "andare verso, desiderare l'irco", cioè il caprone. Questo verbo si applica alla capra in calore che brama il caprone. E se la capra che "arricchia" desidera con bramosia il maschio, di conseguenza un uomo "arricchione"... ci siamo capiti. Il suffisso -one è ben noto ed è presente in termini derogativi come "mangione", "beone", "pappone", nei quali il rapporto fra "mangiare" e "mangione", "pappare" e "pappone" è identico a quello che c'è fra "arricchiare" e "arricchione". Dunque l'arricchione non è un "uomo sozzo come un caprone", bensì un "uomo che brama farsi montare da un maschio". Il toccarsi il lobo dell'orecchio è in Italia per antonomasia il gesto che allude all'omosessualità. In altre parole, oggi "ricchione" e "orecchia" sono strettamente collegati, a dispetto delle loro origini. Così è nel napoletano ORECCHIO IMPOLVERATO, eufemismo per “omosessuale”, “quello ha la polvere sulle orecchie” (basta spolverarsi un orecchio con la mano per capire l'origine di questo modo di dire...). Una parentela con il gesto discusso la denuncia anche il pugliese “QUELLO SUONA LA CAMPANA” per “quello è omosessuale” (dove la campana è il lobo dell'orecchio e suona sta per “fa suonare”). Come si vede, il gesto fin qui discusso ha forza propulsiva sufficiente a dar vita a nuove creazioni linguistiche. Ciò detto, è doveroso aggiungere che il gesto potrebbe avere un'origine ed una storia indipendente ed autonoma dalla parola, derivando magari da un'allusione ad una presunta preferenza per il vestiario femminile - nello specifico gli orecchini - da parte degli omosessuali. Il gesto di carezzarsi le orecchie per alludere all'omosessualità è infatti attestato ben tre secoli prima della parola RECCHIONE.

URNINGO - Prestito dal tedesco Urning, coniato nel 1864 dal militante omosessuale Karl Heinrich Ulrichs che lo prese dal nome di Afrodite Urania, cioè nata dal dio Urano, indicata nel Simposio di Platone come la dea che protegge gli amori omosessuali. In italiano ha dato vita anche alle varianti URANITA e URANISTA (quest’ultima più usata di URNINGO), mentre l’orribile corrispettivo femminile, URNINGINA, non ha mai attecchito nella nostra lingua. Ho già detto parlando di OMOSESSUALE le ragioni per cui URNINGO dovette a un certo punto cedere il passo a quello che, all'epoca, era solo un suo sino­nimo meno fortunato. Indubbiamente l’insuccesso di URNINGO e termini con­nessi fu dovuto in buona parte alla sconfitta della tesi di Ulrichs, secondo cui gli omosessuali costituiscono un vero e proprio sesso a sé, con caratteri­stiche distinte da quelle delle persone “normali”. Tuttavia in parte la sconfitta della proposta di Ulrichs fu dovuta anche alla sua generosa ansia catalogatrice che, per paura che qualche tipo di omosessuale fosse dimenticato (e quindi privato del “diritto di cittadinanza” che egli chiedeva) lo portò ad una macchinosissima costruzione che affastellava l'urningo e l'urningina, contrapposti al dioningo e alla dioningina, nonché all'uraniastro e all'urningo‑dioningo. A tale cacofonico labirinto venne contrapposta la più comoda e simmetrica costruzione di omo‑/etero‑/bi‑sessuale, linguisticamente molto più agile, e quindi alla lunga preferita.

(Giovanni Dall'Orto – liberamente tratto da "Sodoma" n. 3 - 1986, pp. 81-95)

 
 
 
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Il gruppo "Ali d'Aquila" nasce nel Natale 2008 col desiderio di creare un luogo di accoglienza e di preghiera per le persone omosessuali, per favorire una riconciliazione con se stessi, con Dio e con la Chiesa.

Ci incontriamo nell'ascolto reciproco, nella condivisione delle nostre esperienze, nell'accettazione delle nostre umane diversità, con l'amore dei fratelli, mettendo a frutto quei talenti, doni e carismi che Dio ha donato a ciascuno per la crescita del gruppo.

Poniamo Cristo al centro della nostra stessa esistenza, lasciandoci interrogare dalla Sua Parola per la nostra crescita, umana e spirituale, in una continua e instancabile ricerca della Verità che ci rende liberi.

Vogliamo percorrere un cammino di riconciliazione con la Chiesa, attraverso il dialogo, il confronto e la conoscenza reciproca, nella consapevolezza che la dimensione omoaffettiva è un valore e può ben costituire un percorso di crescita e di approfondimento per vivere, senza pregiudizi, una relazione autentica con l'altro. 

 

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"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali." (Art. 3 della Costituzione Italiana - 1948)

 

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