Creato da DiPelle.RossoVelluto il 28/04/2010

RespiraMi Dentro

... scivola come un velluto rosso la passione, dalla pelle al cuore

 

 

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Post n°141 pubblicato il 21 Agosto 2013 da DiPelle.RossoVelluto
 
Tag: poesia

e ti addentri
nel cuore del giardino
e cerchi il cuore dell'orchidea della follia
e dell'indecenza

e tieni tra le labbra
la notte, la mia luna
e tutti i sogni nudi
sull'anima mia vestita dei tuoi graffi

e ti fai strada scavandomi
piano
un desiderio che tortile
mi stringe
recintando le mie fantasie
al tuo delirio
cercando la tua sete nella mia

come l'eco che torna
alla tua bocca
è la mia voglia
scritta sottopelle
col pennino dei sensi

farfalle di fuoco
sono le parole mai dette
volano dove nessuno può carpirle

noi ne scorgiamo appena
il rifugio
in fondo ai riverberi sottili
di uno sguardo ...




 
 
 

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Post n°140 pubblicato il 08 Agosto 2013 da DiPelle.RossoVelluto

Respirami dentro
nel tuo ritorno a me
com'esule
e ti sarò la terra
che traspira la tua stessa smania

impigliato al seno
come a una fonte preziosa
indugi spalmando
a gocce il tuo miele
sui miei brividi

resto imprigionata
nel traffico delle tue mani
che solcano
senza pietà
per strapparmi dalla gola
i suoni del piacere
mai suonati
la melodia convulsa
dei sospiri
pieni di noi
che diveniamo aria libera
in una catena di follia

in volute di fiamme
dissemino i pensieri
dal mio cuore
per cogliere dai tuoi
il nocciolo celato
che preme tra le sponde
dei miei fianchi

e tra i corpi liquefatti
è solida la luce dell'orgasmo
che ci libera abitandoci ...

Eva

 
 
 

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Post n°139 pubblicato il 21 Novembre 2012 da DiPelle.RossoVelluto
 
Tag: eros, poesia



è la baia dei miei fianchi
questa notte il tuo giaciglio
circonflessa alle tue braccia
il tuo sentiero spettinato
di riflesso ai miei capelli

filamenti di elettricità
frusciano improvvisi
tra le dita ed il sofà
e dal mio seno nascono
crisalidi danzanti

è uno schizzo di farfalla
la mia voglia
appesa al soffio del tuo urlo

Eva

 
 
 

Impudica follia dietro il bancone di un bar

Post n°138 pubblicato il 29 Giugno 2012 da DiPelle.RossoVelluto
 



Mi vedevi passare lungo la strada e mi salutavi con un sorriso che dietro la maschera della gentilezza nascondeva l'aria di chi era sicuro che prima o poi avrebbe raggiunto il suo scopo. Eri il barista del quartiere, e il tuo bar era ubicato di fronte ad una scuola elementare a 40 metri circa dall'imbocco con la mia via di residenza. Col passare dei giorni, pareva che il tuo far capolino appena fuori l'entrata del tuo bar ad ogni mio passaggio fosse studiato, quasi tu conoscessi a memoria gli orari dei miei passaggi da lì, e puntualmente mi salutavi con naturale slancio. A quell'epoca conoscevo già qualcosa riguardo al sesso, avevo già avuto le primissime esperienze con un coetaneo e un'altra brevissima parentesi con un altro ragazzo, ma avevo timore di abbandonarmi tra le braccia di uno un bel po' più grande. Infatti io avevo  16 anni non ancora compiuti e tu 25 e per me erano tanti, almeno allora. Tuttavia le tue occhiate mi parvero piuttosto eloquenti su cosa volessi da me, nonostante tentassi di scacciare queste sensazioni che però trovarono conferma una mattina. Di ritorno dall'edicola mi fermasti invitandomi ad entrare. Era appena iniziata l'estate, la scuola era chiusa e sulla strada le macchine si incrociavano nel doppio senso di circolazione perse nella routine. "Allora, posso offrirti qualcosa? non fare complimenti" Intuivo dal tuo guardarmi un non so che di terribile ed eccitante, non volevo nulla ma tu insistesti talmente tanto che alla fine decisi per un dissentante thè freddo al limone. "allora sei stata promossa quest'anno? a proposito, dove frequenti?" Queste parole mi infastidirono, o meglio, non le parole in sè, quanto ciò che celavano e che scorgevo: a te non fregava un tubo dei miei studi, era solo un modo per attaccare bottone e risposi stringatamente con un "tutto ok grazie" alzando lo sguardo dal bicchiere e trovando di colpo i tuoi occhi che fissai con una leggera smorfia d'impazienza, come a volerti far capire che i tuoi preamboli non mi "giocavano" di certo e che desideravo solo tu arrivassi al dunque. In fondo anche a me piacevi, eri affascinante e non solo nel fisico, ma per quel fondo di malinconia e stanchezza che scorgevo dai tuoi occhi, forse per via del tuo mestiere non di certo facile, visto che gestivi il tuo bar, che avevi aperto due anni prima, in completa solitudine, e mi spiegasti dei tuoi progetti di ristrutturazione del locale e della ricerca di un aiutante fisso per alleviare il peso del lavoro. Discorsi che scivolarono via ad ingannare un tempo impaziente di vedersi realmente vissuto da noi .. mentre osservavo il tuo sguardo che cominciava a scrutarmi sempre più insistente abbassandosi fino alla scollatura, modesta, della canotta. Eravamo soli in quel momento, a porta chiusa, e le pale del ventilatore sul soffitto giravano a garantire un minimo di refrigerio. A un certo punto ti vidi fare il giro per scendere da dietro il bancone e venire vicino a me. Mi appoggiasti una mano sulla spalla facendola poi cadere a sfiorare un seno e affondasti la tua bocca nella mia dopo avermi fissato negli occhi senza dire una parola. Avevi un buon sapore, sebbene da fumatore e a quel tempo ancora non fumavo. Una vampa d'eccitazione mi avvolse tutta mentre cominciasti a premere sulle natiche e con le mie mani cercavo le tue zone erogene. Così iniziammo a intraprendere dall'incontro successivo un gioco pericoloso e per questo ancor più eccitante: nei momenti in cui non entrava gente, io facevo il giro arrivando dietro al bancone da te, ed ogni volta, era un celere esplorarsi diverso. E fosti il primo ad insegnarmi l'amore orale. Una corsa contro il tempo e contro il terrore che qualcuno potesse sorprenderci nella piena tempesta di quegli spasmi violenti mentre rincorrevamo discese ripide verso il piacere, sorridendo complici ad ogni ondata, maledettamente incoscienti di quegli intimi flash senza foto alcuna a immortalare ciò che dentro scorre, perchè il brivido non si può fotografare. I tuoi orgasmi erano come rapide di fiume a scivolarmi sopra di taglio al viso, un gocciare verticale rubato al vortice dei pochi minuti, o secondi, chissà ... di impudica follia. Fino a quando tutto questo non ti accontentò più, non ci accontentò più e iniziammo a vederci nel pomeriggio del tuo giorno di riposo, ma questo è un altro discorso ...

Eva

 
 
 

Il gioco dei sapori al buio

Post n°137 pubblicato il 19 Giugno 2012 da DiPelle.RossoVelluto
 



Non era di certo la prima volta che ci incontravamo, ma quella volta volevi fare un gioco nuovo. Mi invitasti nel vecchio appartamento dei tuoi ormai disabitato da un po' di anni, in una vecchia palazzina a due piani. Quell'appartamento sarebbe stato destinato a te se forse un giorno avresti voluto andare a vivere da solo o in compagnia, tant'è che era riservato ogni tanto come rifugio dallo stress della routine quotidiana, sia per te, che organizzavi con i tuoi amici o con le tue amanti, che per i tuoi durante le festività tradizionali. In un sms mi indicasti il luogo e infine aggiungesti: "Sarà divertente, lascia fare a me ...". Il caldo di metà giugno induceva ad un abbigliamento leggero e comodo; e così scelsi di indossare due veli di gonna sottili in viscosa, e una maglietta un po' particolare, che si reggeva con un elastico poco sopra il seno lasciandomi le spalle scoperte, dal bordo merlettato e morbida sui fianchi. Quando arrivai in macchina davanti alla palazzina, il primo istinto fu di alzare lo sguardo dritto al secondo piano, notando che le finestre erano tutte chiuse, così pensai che forse ancora non eri arrivato.
Ma osservai che il vecchio portone del palazzo era aperto e così entrai, salendo su per le scale fino a indovinare ad intuito l'appartamento. La porta era socchiusa, entrai con passo felpato riducendo al minimo il rumore dei tacchi, richiusi la porta pianissimo alle mie spalle e mi diressi in cucina, ma non vidi nessuno. Poi mi diressi  in soggiorno chiamando il tuo nome ma niente...infine notai la camera da letto, la cui porta era spalancata e ci entrai. Percepivo un intenso profumo di lavanda che avvolgeva tutta la casa, così pensai che ti eri ben organizzato per aerare l'appartamento e dare ( o far dare ad una colf occasionale) un colpo di straccio ai pavimenti. Era tutto così pulito e odoroso come una casa pienamente vissuta ... Presi a chinarmi per toccare il lenzuolo bianco sul letto, quando d'improvviso sentii dei passi dietro di me che richiusero la porta e, rimessami in posizione eretta, mi bloccai ... "Lascia fare a me" - davanti ai miei occhi mi apparve la visione delle tue parole sul display del cellulare. Ti sentivo arrivare da dietro ma non mi voltai, intuivo che volevi fosse così quando d'improvviso mi vidi davanti una benda nera ad oscurarmi la vista. La mia eccitazione crebbe di colpo, da quel mometno gli altri sensi avrebbero sopperito allo spazio circostante sottrattomi per proiettarmi in un altro da costruire con gli altri sensi e tutto era un immaginare il tuo sguardo sulla mia figura che si ergeva morbida e appetitosa davanti a te. Mi sfiorasti la schiena con un dito portandolo quasi a ridosso del sedere, per poi risalire dritto scostandomi da un lato i capelli per inzupparmi di saliva il collo. Con la mano cercai il tuo petto premendo sulla ruvidità della tua pelle oltre la camicia sbottonata davanti, sentendo sotto i miei polpastrelli i tuoi peli inumidirsi dal leggero sudore; tu mi stuzzicavi un lobo mordicchiandolo e succhiandolo come un acino d'uva bianca, con la lingua andasti dietro l'orecchio sfiorandone appena la pelle e questo mi provocò una piccola scarica elettrica. Ti vedevo, dall'oscurità di quella stoffa avvolta intorno alla mia testa, ti vedevo goloso insinuarti in ogni mio pertugio erogeno senza dire una parola, solo lievi sospiri intercalati ai miei disegnavano una melodia fatta di piani e pianissimi ... di colpo ti staccasti invitandomi a tenere, con un dito, la bocca semi-aperta... introducesti qualcosa, era un frutto, lo morsi piano, sì, era impossibile non indovinare che era una succulentissima mora di Vignola. Prendesti il nocciolo che feci affiorare sulle labbra e continuai a masticare quella succulenta ciliegia fino ad inghiottirla, e con la lingua ancora piena del succo disegnai il contorno delle labbra, immaginando la tua reazione verso quel piccolo cratere, che odorava di zuccherino succo di ciliegia, dove volevo farti sprofondare, ma anticipasti il mio pensiero. La tua lingua iniziò a  scavare nell'antro della mia bocca, a strapparmi il succo di quella mora e non solo, mentre la tua mano mi sfilò in un rapido gesto la maglietta e restai a seni scoperti. Erano lì, le altre due piccole ciliegie da stringere tra le labbra, ero il tuo albero che partoriva le delizie più generose, i miei gemiti crescevano e adesso la musica cominciava a cambiare registro e intensità ... fin quando non mi portasti alla bocca qualcos'altro ... Una carnosa fragola mescolata a un po' di fiordilatte, ne riconoscevo il sapore, sapevi quanto mi piaceva ... ne morsi metà, e l'altra metà la passasti sulla punta dei miei seni, sul solco.... immaginavo il suo colore rosso pitturarmi la pelle bianca. Sbriciolasti la fragola fino al mio ventre nel frattempo che mi adagiasti a letto. Adesso ero un campo di fragole tutte da raccogliere e gustare nella caverna del tuo palato, volevo il tuo sesso da mischiare a quel sapore. Aprii le gambe perchè il frutto più bello era lì, ma ancora tu eri intenzionato a ripulirmi il seno e il ventre. Un mezzo sorriso uscii tra i miei gemiti e non so se tu lo avessi notato, ma pare di sì visto che mi infilasti un dito in bocca per raccogliere i miei umori. Lo trattenni un bel po' prima di rilasciarlo, perchè volevo farti capire quanto desiderassi il tuo sesso. E con la mano andai a premere sulla tua durezza, abbassando la cerniera ... lo portasti alla mia bocca e iniziai a succhiarlo avidamente ... il sapore dolciastro della fragola intinta nel fiordilatte si mischiò al tuo che era salato, così ne venne fuori un mix che sapeva di  burroso avocado. "No piano ti prego..." sussurrasti a un certo punto . Ma io allontanai la tua mano dalla mia bocca. Eh no, tesoro, pensai, adesso non puoi staccarti dalla mia voglia di te. Lasciami ancora assaggiarti un po' per farmi restare in gola la tua parte più vera che aveva voluto questo gioco. Mi sfilasti la gonna e gli slip per cercarmi il frutto più bello, quello per cui ero venuta in questa casa e in questa stanza, o, visto il periodo, cercavi il fiore, ma non uno qualsiasi. Lo paragonavi a un fiore di zucca, a un "ciuriddu" da farci le famose crespelle fritte, dal sapore dolciastro ed essenziale. Andavamo matti entrambi per i ciuriddi fatti a crespelle uniti ad altri pochi essenziali ingredienti. E costano cari, questi fiori così delicati di colore arancio-verde.Ti tuffasti a raccogliere le goccioline d'eccitazione di questo fiore che colavano al di fuori, si era dischiusa la sua corolla verso la colonia invasiva dei tuoi occhi, delle tue dita e della tua bocca. Dal buio della benda vedevo solo flash brevi e potenti di giallo desiderio, mio e tuo,  a dirmi che ero viva, che ero tua e che avevo prenotato un volo diretto verso l'universo, verso te, dentro te. Volevo sentirmi scuoiata, oltre che assaggiata, sminuzzata, divorata. Il tuo sesso intanto dentro di me premeva trovando la sua strada, ed io mi aggrappavo alle tue spalle come uno scalatore a un fianco di montagna, in ripida scalata usando le ginocchia e le mani come ganci. E non ricordo affatto quanto fosse lungo questo percorso in verticale salita a tagliare il fiato ad ogni orgasmo come fosse una fatica, uno sforzo disumano anche il piacere ... dal buio della benda tu eri tutto lo spazio desiderabile ed estendibile, non esistevano il letto, la stanza e la casa. E nemmeno il tetto, perchè nuda in te ero nuda in mezzo a tutto e volevo comunicarlo al mondo intero. I miei gemiti pronunciavano il tuo nome come la poesia più bella del mondo, ripetendolo quasi a volermi convincere che fosse davvero così, e aveva un bel suono, il tuo nome, anzi era il suono più bello, il più buono, ora scandito in fretta dopo un brivido caldo ora assaporato e quasi trattenuto sulla labbra come a non volerlo farlo uscire dai miei stessi confini fisici... fin quando ti svuotasti in me e restammo nudi incollati per un po', sudati fradici dal caldo e dall'impresa di arrivarci in alto percorrendoci in profondità. Alla fine ti alzasti dicendomi "Resta qui, non toglierti la benda..." Dopo pochi minuti tornasti, mi invitasti di nuovo a sdraiarmi e sentii colare del succo ...mi misi a ridere chiedendoti "Ancora? si ricomincia?" con voce alterata come un'ubriaca che storpia le parole intontita dall'alcool. Mi leccasti lungo il ventre quella sostanza liquida, mi slegasti la benda, e, porgendomi l'altra coppa mi dicesti "Per te, lo so che ne vai matta"... E mentre ancora il fiato andava trovando la via del normale, mi dissetai volentieri con quel drink al succo d'ananas.

Eva

 
 
 
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Accarezzo il gusto del tuo sapore

sul mio corpo Velluto della tua Passione

Eva

 

 

 

 

 

 
 

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