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VIAGGI NEL TEMPO

Post n°235 pubblicato il 03 Novembre 2013 da longu
 

EMMA

 

Finito di cucinare Emma si leva la parannanza, si rassetta i capelli,

lascia la cucina e ci raggiunge in sala portando i frittelletti con l’uva passa.

Parla piano, Emma, gli occhi color dell’autunno, la voce dolce e lo sguardo sereno.

Ha un’aria mite che lascia trasparire una tenacia silenziosa e un temperamento da combattente.

Si siede vicino a me, sembra felice di raccontarsi.

Emma, un nome normale finalmente!

Sono di Cosenza e vengo dalla Sila. La Sila da bambina, la Laga da adulta.

In mezzo una parentesi di sette anni in Germania.

Giusto il tempo per vedere come funzionava il mondo, assaporare l’aria delle grandi fabbriche,

conoscere Nibalo e tornare al paese di lui per mettere su famiglia in questo luogo fuori dal mondo.

A San Martino Emma ci arrivò un giorno di primavera del 1964 a bordo della Fiat 1100 di Nibalo,

carica all’inverosimile di tutto, ma soprattutto di speranze.

Non si arrivava mai, una strada di terra e sassi, intorno solo montagne e boschi.

Mi sembrava di andare alla fine del mondo, che dopo non c’era più niente.

Cosenza in confronto sembrava un mondo di raffinatezza ed emancipazione.

A San Martino le donne zappavano, giocavano alle carte

e la sera andavano all’osteria, fumavano, bevevano e bestemmiavano.

Il trasferimento in Germania da ragazza era stato meno traumatico.

Per fortuna c’era la montagna dove avevo ritrovato il grande fratello Appennino

con i suoi boschi impervi ricchi di funghi.

I funghi sono una cosa che hai dentro, mamma mi aveva insegnato a riconoscerli da bambina,

poi non te li dimentichi più.

Da queste parti nemmeno li raccoglievano, anzi ti guardavano male.

Il fungo era roba da stregoni.

Se è vero che il mangiare è un mezzo per fissare i luoghi della memoria,

da oggi i Monti della Laga saranno per sempre le tagliatelle ai funghi di Emma.

Funghi, olio d’oliva e un po’ di sale. Una pasta di materia soda, acqua, farina e poche uova.

Niente cipolla, aglio, pepe e parmigiano che alterano l’integrità del sapore del bosco.

Con queste basi l’osteria per Emma fu una scelta quasi obbligata.

Emma parla dell’ abbandono delle montagne. Così l’Italia rinnega se stessa.

Così rimane solo il cemento e i morti non parlano più ai vivi.

Viaggio in uno spazio ancestrale e arcano. Queste non sono montagne-bomboniera.

Niente alberghi a cinque stelle, niente gerani alle finestre.

Solo locande anni Cinquanta con la foto di Bartali,

il manifesto dell'assemblea dei cacciatori e qualcosa di balcanico nell'aria.

I tornanti dal fiume fin su al paese sono l'ascensione nei meandri del tempo.

Il bosco lo spazio arcano del fauno e di antiche divinità pagane alla macchia,

l'altopiano, dove tira aria da tutti i lati e nulla ti protegge

è la Mancia di Don Chisciotte e dei mulini a vento.

Notte senza luce, il caldo vento che viene dal mare rimesta temporali. Aria di pioggia.

Domattina mi aspetta Sauro, mi accompagnerà da Aulo.

 
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