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« per teCOSTA RICA »

TREMILAMETRI

LA VALLE DEGLI ORTI

Quanto è difficile questo mondo, quanto sono contronatura i suoi valori.

Quanta fatica, per stare in mezzo al vortice in cui tutto è in vendita, in cui tutto è merce.

Ho un buco nello stomaco  e non so come colmarlo: non so nemmeno se devo colmarlo.

C’è qualcosa che non va, qualcosa che mi sta stretto, qualcosa che non capisco o forse capisco troppo bene.

So che non gira, so che sono diverso, so che non so dove sto andando e qualcosa non funziona.

Ho voglia di smettere di pensare e forse anche di smettere di sognare.

Sono stufo di lottare, è una vita che combatto e mi trovo sempre al punto di partenza.

Ho voglia di novità, ho voglia di libertà, ho voglia di andare senza tornare indietro.

Vorrei smettere di rincorrere il desiderio di rendere eterne cose che non durano.

Il senso del mondo ci è stato tolto e il senso della realtà si è smarrito per strada.  

Tutto ritorna a silenzio come una fiaba piegata all’ordine antico di leggende inventate.

Con questi pensieri mi avvio ad affrontare la strada del Camposanto Vecchio

che porta dal parcheggio dell’ospedale al convento della Madonna delle Grazie.

I dottori dicono che la mia gamba è a posto adesso, che mi manca solo un po’ di forza

e che allungando kilometraggio e fatica e calando ancora qualche kilo tornerò quasi nuovo.

E allora salita. Due kilometri di salita. Non ricordiamo in questi giorni la morte di Pantani?

La strada sale in una valletta esposta a sud con le colline che la riparano dal vento freddo del nord.

La primavera qua è già avanzata gli alberi, gli orti e i giardini sono pieni di vita.

A volte mi domando che fine abbiano fatto i sogni di ragazzo, in quale buco siano finiti.

Ma, come affermano alcuni che si credono poeti del Web

con Nickname che non userei nemmeno per una penticana,

se tutto ciò che conta comincia dai sogni, metafisica in precario equilibrio sull’orlo del dirupo,

allora io sogno un Orto.

Un Orto che dà asilo alle ore cadute dall'orologio.

Dà asilo a tutti quelli che scappano da un mondo dove vincono sempre le trappole

e dove la realtà fa solo prigionieri.

Un Orto dove si può trovare ciò che non si sapeva di cercare.

Un Orto dove tutto è fermo, ma tutto è in perenne movimento:

dove si dimentica il mondo sposando un ascetico distacco;

dove si subisce l'incanto di una natura trionfante;

dove vengono eternamente prolungati gli istanti della beatitudine;

dove si realizza la ricreazione di un mondo lontano dal reale

e dove la rappresentazione di quel mondo si configura come l'unica verità.

Un Orto che è il perdurare del mistero, in ciò che del reale si percepisce.

Un Orto totale ossimoro. Frammento di una totalità frammentata, una insensatezza sensata.

Si! Ho sognato un Orto che ci fa tutti uguali, tutti bambini.

Un Orto che ruba al tempo e ci fa vedere come potevamo essere nella nostra ora migliore.

 

 

 

 
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