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2001-2006: 5 anni di malgoverno

Post n°50 pubblicato il 28 Dicembre 2006 da albert.z
 

La politica economica del governo Berlusconi, fra obiettivi mancati e opere incompiute ha trascinato l’Italia all’ultimo posto fra i paesi europei in quanto a competitività, credibilità internazionale, produzione industriale e costo del lavoro. La nostra economia soffre per le scelte sbagliate di una coalizione di governo che non ha saputo comprendere i problemi reali del paese, troppo presa da ricette liberali populiste e conflitti d’interessi.Nei cinque anni del governo Berlusconi i divari fra l’Italia e il resto dell’Unione europea sono aumentati sia sul fronte dell’economia reale sia su quello della finanza pubblica.Diciamocelo pure, i cinque anni del Cavaliere a Palazzo Chigi hanno rappresentato il trionfo del sommerso. Per quanto riguarda il riferimento che gli attuali dati siano riconducibili alla politica di Giulio Tremonti, baderei semmai a riconoscere l'intera eredità da lui generosamente lasciata agli italiani. Condivido con Padoa-Schioppa il giudizio positivo sull'ultima manovra finanziaria targata Tremonti, ma le precedenti manovre e le conseguenti scelte economiche sono state disastrose perchè smentite nei fatti.Dal 2001 al 2005 la produzione industriale e la produttività sono arretrate come in nessun altro paese europeo e l’asfittica crescita del prodotto interno lordo (Pil) ne è stata la logica conseguenza.Rispetto le voci della Confindustria, delle società da Romanelli citate, ma per l’Economist l’Italia ha rappresentato per anni (in coincidenza col governo della Cdl) «il vero malato dell’Europa». Considerando anzitutto la crescita reale del Pil, nel periodo 2001-2005 l’Italia è ultima nell’Unione europea con un modesto 0,6% di crescita media annua, e quella che è stata per anni la scusa per eccellenza del centrodestra, secondo cui peggio di noi stavano paesi come la Germania dimenticava come quest'ultimo paese a differenza del nostro non ha un debito pubblico che sfora il tetto massimo del 108%. Prendendo invece a riferimento il periodo 1996-2000 la crescita dell’Italia si attestò all’1,9% medio annuo, eppure il governo Berlusconi ebbe l’ardire di scrivere che: "L’eredità tendenziale che ci viene trasmessa dalla passata legislatura, indica un andamento modesto della crescita economica (circa il 2%)" (si veda il Dpef 2002-2005, p. 33). Per inciso, nel 2000 la crescita reale del PIL fu del 3,1%, risultato che oggi appare in tutta la sua grandezza. Passando ora a considerare la produzione industriale va notato che essa è scesa del 4,6% rispetto ai livelli del 2000, cosicché l’Italia è stato l’unico paese dell’Unione europea con un calo così consistente, anche in termini di tasso di crescita medio annuo.Il costo del lavoro per unità di prodotto nel periodo 2001-2004 è aumentato del 16,5% cioè il 3,8% in media annua, vale a dire più che in Germania (0,7%), Francia (2,0%) Regno Unito (1.2%), e Spagna (3,3%).Ciò indica una profonda perdita di competitività del sistema e una dinamica pluriennale negativa, invertendo la tendenza del periodo 1996-2000, quando anche nel nostro Paese il costo del lavoro era diminuito dello 0,7% medio annuo. Alla luce di tutto questo, non stupiscono ma creano rammarico le classifiche che indicano la percezione internazionale della “competitività economica” dell’Italia, scivolata nel 2005 al 48° posto cioè l’ultimo fra gli stati dell’Unione europea (World Economic Forum Competitiveness Report), e che, l’indice di “rischio-paese” calcolato dall’Economist Intelligent Unit che varia tra A ed E, sia passato da A a B. Gli «anni di crescita economica superiori a quelli registrati nel quinquennio precedente» annunciati dalla Casa della Libertà durante la scorsa campagna elettorale non ci sono stati. In realtà, è accaduto l’esatto opposto e non è frutto del caso bensì della “non politica economica”, ovvero della “politica dal lato della domanda”, attuata dal governo Berlusconi quando invece l’Italia avrebbe avuto bisogno della politica dell’offerta, anche per fronteggiare la competizione internazionale. D’altra parte, il programma economico di legislatura del governo Berlusconi non avrebbe potuto essere realizzato in nessun caso e in nessuna congiuntura internazionale.Sul deludente grado di realizzazione delle Grandi Opere la Relazione della Corte dei Conti del 22 marzo 2005 è esauriente (Allegato F, Finanziamenti disponibili alla data del 31.12.04: “Somme erogate in conto competenza”). A fine 2004, la quota dei finanziamenti resi disponibili dal CIPE per la realizzazione delle opere sul totale del fabbisogno stimato era appena del 9,8%. I dati di fonte ANCE, l’associazione di categoria dei costruttori edili e non un istituto di ricerca di matrice politica, comprensivi anche del 2005, attestano una crescita nominale dei finanziamenti CIPE stanziati pari a 73 miliardi di euro aggiuntivi. Peccato però che ben il 55% necessita di “risorse da reperire”. Da chi? Come? Quando? Ma non è finita qui. Se si prendono in esame i pagamenti realmente effettuati, il bilancio è ancor più deludente. Dopo 5 anni dall’emanazione della “Legge “Obiettivo” la quota di finanziamenti effettivamente “erogati”, ma non necessariamente “cantierati”, è pari ad appena 17,2% del totale, per complessivi 33,8 miliardi di euro. Di questi, ben 10,8, cioè circa un terzo, erogati sulla base di gare effettuate nei governi dell’Ulivo, ovvero sotto la Legge Merloni. Quindi i soldi non sono stati spesi e le opere non sono state fatte. Ci sarebbe un'intera legislatura da criticare ma, non si può vivere con un piede nel passato ed uno nel futuro. Attualmente, il Governo Prodi ha l'arduo compito di riportare l'Italia tra i vincenti e non basta schierarsi sugli scenari internazionali con i più forti come ha fatto il Cavaliere, convinto che il successo economico italiano fosse proporzionato al grado di stima dell'amico G.W.Bush. Bene Prodi nel discorso introduttivo alla conferenza stampa di fine anno. Le risposte una più interessante dell'altra. Continui così Professore, l'indice di gradimento tante volte contestatole dall'opposizione e che la vede in crescendo sarà la giusta risposta a questa destra logorante e petulante,la cui ricetta neanche i propri elettori conoscono. Le gaffe del Cavaliere me le risparmio, ormai sono brutti ricordi. Ps. Auguri al presidente della Camera Bertinotti, si rimetta presto.
De Luca Francesco

 
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