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I “garantisti”

Post n°662 pubblicato il 13 Giugno 2008 da albert.z
 



Emanuele Macaluso e Giorgio Napolitano, con la loro area migliorista si sono sempre definiti “garantisti” e lo hanno dimostrato più volte, mica si può dire che lo si scopra oggi. Loro vedevano Craxi come un grande statista con cui il PCI doveva allearsi senza esitazione, alla faccia della Questione Morale posta da Enrico Berlinguer, D'altronde qualche loro uomo, a Milano come in Sicilia –
leggi parte 1 -, lo abbiamo visto, no?

Emanuele Macaluso si è sempre contraddistinto, bisogna dargliene atto in questo suo “garantismo”, per lui Bettino Craxi è morto esule, peccato che era un latitante, condannato in via definitiva ad una pesante pena detentiva per i gravi reati commessi. Secondo lui il problema di Tangentopoli non erano i politici che rubavano ma i magistrati che indagavano. Macaluso ne è sempre stato fermamente convinto tanto da dichiarare, tra l'altro: “Mi Pare che alcuni magistrati si siano messi in testa di fare la rivoluzione, di cancellare la classe politica. Può anche darsi che ci sia un disegno destabilizzatore”.

Ma lui si è prodigato sempre a sostegno degli altri imputati eccellenti, naturalmente. Per Marcello Dell'Utri ad esempio nel 1999 rilanciò le motivazioni che avevano evitato, sempre sotto la presidenza della Camera del diessino Luciano Violante, nel 1998, l'arresto a Cesare Previti. Per precisione dichiarò: “Se sedessi ancora in Parlamento, voterei contro l'arresto di Dell'Utri. I fatti sono avvenuti alcuni anni fa: Dell'Utri avrebbe avuto tutto il tempo di inquinare le prove. Se non l'ha fatto finora, che motivo c'è di sbatterlo in carcere? Il fumus persecutionis non va visto solo nei confronti della persona, ma dell'istituzione Parlamento...”

Davvero straordinario il signor Macaluso: come per il caso Contrada per lui quello che conta, quello che fa fede, è solo la dichiarazione delle “vittime” dei giudici, perché lui è un “garantista” a prescindere dalle prove, dai fatti provati e dalle sentenze (anche se definitive!) - salvo che, naturalmente, non siano sentenze di assoluzione. Se il condannato in via definitiva si proclama innocente tale è, indiscutibilmente, e, quindi, richiamare la sentenza ed eseguire la pena detentiva stabilita dopo i tre gradi di giudizio (stando al minimo dei passaggi di giudizio) è un accanimento, una cattiveria di Stato.

Come per Contrada per Macaluso non si devono guardare le carte processuali! Il signor Macaluso parla sempre a prescindere e così le condanne definitive di Craxi non esistono, i perpetuati tentativi di Dell'Utri di inquinare le prove non esistono, gli elementi probatori inconfutabili sull'adesione di Giulio Andreotti al sodalizio mafioso con Cosa Nostra non esistono, e così via per tutti gli imputati eccellenti, che per lui sono povere vittime di una persecuzione giudiziaria quando non di un complotto destabilizzante!

Anche Giorgio Napolitano è l'attuale Presidente della Repubblica. E lui che ha dato incarico a Clemente Mastella di istruire la pratica per la grazia a Bruno Contrada (che oggi pare, dopo le sbandierate, non sia mai stata richiesta – stando alle ultime dichiarazione dei legami del Contrada che invece vogliono la revisione processuale e parlano di “supplica” per ragioni umanitarie), e che tra l'altro ha tenuto a precisare, con un comunicato ufficiale per rispondere alle opposizioni alla grazia per Contrada, che “Il Quirinale conosce bene le procedure”. Napolitano, come il suo fedele compagno Macaluso, ha sempre tenuto coerenza al suo essere un “garantista”.

Quando era Presidente della Camera, durante Tangentopoli, “evitò la 'profanazione' del Parlamento”. Infatti Giorgio Napolitano fece mettere alla porta la Guardia di Finanza che aveva chiesto copia, agli Uffici, dei bilanci dei partiti depositati in Parlamento. Una lesa maestà inaccettabile che vide tutti i Partiti a Montecitorio insorgere, con il Presidente della Camera, contro il Pool di Mani Pulite. La cosa curiosa è che su mandato della Procura di Milano non chiesero altro che copia di bilanci pubblici già pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale e quindi non si comprende proprio dove siano le violazioni, l'attacco, la profanazione del Parlamento. Ma tanto è che Giorgio Napolitano, in veste di Presidente della Camera dirama anche un comunicato ufficiale in cui afferma che: “ Preciso che si è chiesta in maniera irrituale agli uffici della Camera, da parte di Ufficiali della Guardia di Finanza, su invito della Procura di Milano, copia di atti peraltro già pubblicati per obbligo di legge sulla Gazzetta Ufficiale. La segreteria della Camera ha contestato l'irritualità e l'incomprensibilità di tale passo ufficiale. Il procuratore capo di Milano ha espresso a nome del suo ufficio formali scuse”. Peccato che questo sia solo frutto delle valutazioni del Presidente della Camera, Giorgio Napolitano, e non della Procuratore Borrelli che ribadisce invece che la Procura di Milano non ha commesso nulla di censurabile. Ma Napolitano è sempre stato come Macaluso, un “garantista”, quindi ha garantito che i tempi della giustizia si allungassero, ha garantito uno schiaffo istituzionale alla Procura di Milano, garantendo che documenti pubblici non fossero consegnati alla Guardia di Finanza – e quindi ad una Procura della Repubblica –. Qualche malizioso potrebbe pensare che tale rifiuto a consegnare i bilanci dei partiti (che per legge devono essere pubblici) derivasse dal fatto che i bilanci dei partiti sono un concentrato straordinario di falsi in bilancio ed in allora non era ancora in vigore la “legge vergogna” che depenalizzava il falso in bilancio. Ma anche se fosse... bisogna pur essere un po' “garantisti”, o no?

Giorgio Napolitano ha dato prova del suo essere un “garantista” doc, soprattutto quando era Ministro degli Interni. Il terreno delle indagini sulla mafia è quello, stando ai fatti, da lui prediletto. Nel 1997 proprio per sua iniziativa quale capo del Viminale vengono depotenziati e polverizzati sul territorio i corpi speciali di polizia (SCO), carabinieri (ROS) e Guardia di Finanza (GICO), con un progetto che sembra la fotocopia di quello rinvenuto nel 1994 all'agente di cambio plurinquisito Giancarlo Rossi (l'amico di Previsti - di cui è stato anche consulente al Ministero della Difesa-, Dini e tanti altri).

Mentre Napolitano era il titolare degli Interni, il Mestro Venerabile della loggia eversiva P2, Licio Gelli, nel giorno dell'ennesima condanna definitiva della Cassazione nei suoi confronti, fugge tranquillamente all'estero. Al Viminale probabilmente non volevano far sentire un atteggiamento troppo "oppressivo" dello Stato verso il Gelli, non sia mai... si è dei "garantisti"! L'unica personalità nazionale a prendere netta posizione e chiedere le dimissioni di Napolitano è stato Paolo Flores d'Arcais, il direttore di MicroMega. D'altronde nello schieramento politico era difficile trovare qualcuno che le chiedesse (e pretendesse) le dimissioni, visto che da destra a sinistra, ormai tutti hanno adottato - e via via approvato in Parlamento - quasi tutto il programma di "rinascita democratica" della Loggia massonica coperta P2 di Licio Gelli, quindi se proprio dovevano esprimersi avrebbero ringraziato il Viminale ed il Ministro, non vi pare?

Giorgio Napolitano ha avuto anche il “merito” della riforma della legge sui Collaboratori di Giustizia – che lui amichevolmente chiamava “pentiti” -, quella che da quando è in vigore disincentiva la Collaborazione di Giustizia.
Probabilmente si è ispirato ad una grande “personalità” come quella di Giulio Andreotti – con il quale più volte è intervenuto a presentazioni di libri, anche insieme all'inseparabile Macaluso -. Andreotti, infatti, si lamentava dei “pentiti”, nulla di personale naturalmente, un giudizio estraneo al fatto che molti “pentiti” con la loro collaborazione hanno contribuito, insieme agli elementi probatori documentali, a far sì che venisse accertata la sua colpevolezza (con prescrizione) per associazione mafiosa con Cosa Nostra del senatore a vita sino alla primavera del 1980 (sentenza confermata in Cassazione!).
Così la riforma - studiata da Napolitano con l'Avvocato – quindi Ministro della Giustizia- Giovanni Maria Flick - nel 2001 diventa legge con il plauso del Polo di Berluscono-Previti-Dell'Utri. Il presupposto dichiarato da Napolitano era: “i pentiti in Italia sono troppi”. Quindi per prima cosa devono dire tutto – ma proprio tutto –, e fornire indicazioni precise per l'individuazione dei riscontri, entro sei mesi. Dopodiché, anche se dovessero ricordare particolari decisivi per far luce su stragi e delitti, il tempo è scaduto. Questo capolavoro di legge stabilisce anche una serie di sbarramenti e controsbarramenti che rendono difficilissima l'assegnazione della protezione, sia per i Collaboratori sia anche per i Testimoni di Giustizia. Gli effetti li vediamo, le collaborazioni sono crollate, i testimoni vivono peggio che in una galera, i morti ammazzati tra testimoni, collaboratori e parenti sono tornati una rapida soluzione per le mafie, le intimidazioni verso quanti devono recarsi in Aula, al dibattimento, per confermare quanto verbalizzato (e già riscontrato come vero!) - grazie all'altra grande intuizione del cosiddetto “Giusto Processo” nella Costituzione - hanno portato all'effetto della diserzione della udienze o alle dichiarazioni di “non conferma”, così che tutto il lavoro investigativo e giudiziario diventa carta straccia.

Non c'è davvero che dire... sono davvero “garantisti”... a prescindere dalle responsabilità degli imputati, basta che siano, naturalmente, eccellenti!

FONTE CASA DELLA LEGALITA' E CULTURA:

http://www.casadellalegalita.org/index.php?option=com_content&task=view&id=1789&Itemid=27

 
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