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Capitolo 2: la questione Gorrini

Post n°732 pubblicato il 11 Settembre 2008 da albert.z
 

In questi anni, molti si sono divertiti e molti hanno avuto interesse a criminalizzarmi a seguito di un’inchiesta svolta nei miei confronti nel 1995 dai magistrati di Brescia (specie il dr. Salamone di cui ho parlato nel primo capitolo) e riguardante i miei rapporti con il dr. Gorrini, avvenuti oramai oltre 20 anni addietro. Secondo l’accusa, io avrei preteso da Gorrini:

-un prestito di 100 milioni, senza interessi;
-la cessione gratuita di una autovettura Mercedes;
-l’affidamento a mia moglie (che fa l’avvocato) di cause della Maa Assicurazione riguardante sinistri stradali;
-il ripianamento dei debiti contratti alle corse dei cavalli da Eleuterio Rea, persona che avrei pure favorito all’epoca in cui egli divenne Capo dei Vigili di Milano.

In tutti questi anni, le suddette accuse mi sono state rinfacciate in ogni occasione, come se avessi davvero commesso i reati in questione. Anzi tutti oramai le danno per acquisite.

Ebbene, pubblico la sentenza di primo grado n. 189 del 29.03.96 del GIP di Brescia (allego il documento integrale diviso in pagine: indice - 1-20 - 21-41 - 42-62 - 63-83 - 84-104 - 105-134), in cui - dopo una meticolosa ricostruzione di tutti gli avvenimenti in ben 132 pagine fitte fitte di motivazione - il giudice così conclude : “dichiaro non luogo a procedere nei confronti di Di Pietro Antonio in ordine ai reati ascritti perché i fatti non sussistono”. Per intenderci, le accuse sopra menzionate – e di cui giornalisti prezzolati e politici interessati si sono riempiti la bocca in tutti questi anni per denigrarmi – semplicemente “non sussistono”. Come a dire che – se fossi stato accusato di omicidio – il morto sarebbe in realtà vivo.

Non basta. Anche la Corte di Appello di Brescia, investita della questione dalla Procura, ha confermato senza riserve la sentenza del GIP. Pubblico la sentenza d’Appello n. 829/97 del 9 luglio 1997 della Corte di Appello di Brescia (allego il documento integrale diviso in pagine: indice - 1-20 - 21-31 - 32-42 - 43-53 - 54-64 - 65-75 - 76-86 - 87-97 - 98-107), anch’essa preceduta da una motivazione di oltre 100 pagine.
Per una più comoda lettura, invito a seguire gli appositi indici, sia della sentenza di primo grado che della sentenza d’appello dei rispettivi quel documenti.

A questo punto, vi chiederete: ma perché allora Gorrini ha accusato ingiustamente Di Pietro? Se lo è chiesto anche il Giudice ed al riguardo ha scritto l’apposito capitolo 9°, significativamente intitolato “le reticenze, gli interessi, i legami di Gorrini”. Sono ben 29 pagine di “cruda verità” (da pag. 71 a pag. 99 della prima sentenza), finora sostanzialmente inedite, che da sole dovrebbero bastare per far capire (a chi ne ha voglia ed è scevro da preconcetti di qualsiasi natura) che cosa all’epoca è stato messo in piedi – e chi lo ha fatto e perché – per fermare Mani Pulite.

Sull’analisi di queste 29 pagine di motivazione giudiziaria tornerò a parlare in uno dei prossimi capitoli di questa storia a puntate. Per ora mi basta segnalare il seguente passo della sentenza del GIP: “…scaturisce il fondato sospetto che lo stesso (Gorrini) abbia volutamente alterato i contenuti reali dei rapporti con Di Pietro, strumentalizzandoli per interessi propri e di altri personaggi inquisiti dall’ex magistrato che finalmente potevano vedere nella vesta di accusato il loro acerrimo accusatore…” (vedi pag. 84 sentenza primo grado).

Già, ma chi sarebbero questi altri personaggi? Si legge a pag. 72 della stessa sentenza: “…Gorrini…si era presentato dopo essersi rivolto nel settembre 94 a Berlusconi Paolo, imputato in vari procedimenti della c.d. Tangentopoli promossi da Di Pietro e dal Pool Mani Pulite, al Berlusconi avendo fornito copia di un promemoria datato 4.10.1994, contenente le accuse…(a Di Pietro)”.

Si legge, inoltre, a pag. 89 sempre della stessa sentenza: “…Il Gorrini ha narrato che aveva contattato Berlusconi e Cusani (quello del processo Enimont) indicati come "i due marpioni là" onde "far loro presente in quale situazione loro mi avevano coinvolto…".

Insomma, risulta per tabulas che Gorrini, prima di recarsi dagli inquirenti a raccontare una vicenda non vera, aveva in qualche modo concordato la storia con Paolo Berlusconi. Allora è forse il caso di ritornare al tipo di indagini di cui mi stavo occupando nella rovente estate del ‘94. Avevo da poco chiesto l’arresto di Paolo Berlusconi per la vicenda delle tangenti alla Guardia di Finanza…il fratello Silvio (che poi sarà inquisito pure lui per gli stessi fatti) era Capo del Governo e promulgò il decreto Biondi con cui venivano fermate le nostre indagini…io e gli altri del Pool ci appellammo al paese…nel frattempo dalla Svizzera stavano arrivando rogatorie compromettenti… proprio il giorno in cui Gorrini datava il suo promemoria accusatorio per Paolo Berlusconi, io presentavo all’udienza del processo Enimont le carte che mi erano arrivate dai colleghi Svizzeri sul conto All Iberian (che, per chi non lo ricorda, era il conto estero su cui transitò il denaro dal Gruppo Berlusconi a Craxi, anche in relazione alla vicenda per cui poi furono condannati Previti e Squillante).

ANTONIO DI PIETRO

 
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