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Proposte contro gli sprechi e i privilegi delle caste

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Costi della politica, le proposte dell'Italia dei Valori

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Parlamento pulito: no a impunita'

Basta! Parlamento pulito                                    
 

PRAGMATISMO

NO ALLE IDEOLOGIE, SI AL PRAGMATISMO.

NUOVA COSTITUZIONE COSTRUITA DAL POPOLO

PER REGOLARE I POTERI DEI PARTITI E DEI POLITICI.

NO AI PRIVILEGI DELLA CASTA DI DECIDERE IL PROPRIO STIPENDIO.

SI AL PRINCIPIO CHE TRA STIPENDIO PIU' BASSO E QUELLO PIU' ALTO

DEVE ESSERCI UN RAPPORTO FISSO.

STIPENDI DEI POLITICI IN MEDIA EUROPEA.

STIPENDIO DEL MANAGER NON SUPERIORE A 13 VOLTE

QUELLO MEDIO DELL'OPERAIO DELLA SUA AZIENDA.

NO ALLE STOCK OPTION

NO ALLA FINANZA CREATIVA, NO AI DERIVATI

 

 Questo sito non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicita'. Non puo' pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001 Alcune delle immagini contenute sono prese dal web. Per qualsiasi problema fatemi sapere e verranno rimosse.

 

Messaggi di Giugno 2010

FORZA ITALIA FONDATA DA AMICI DEI MAFIOSI

Post n°1328 pubblicato il 30 Giugno 2010 da albert.z
 

Che piaccia o meno ai difensori di Marcello Dell’Utri, la sentenza che lo condanna in appello a sette anni di reclusione  ci dice anzitutto una cosa: il partito di Silvio Berlusconi è stato fondato da un amico dei mafiosi. Quanto a lungo sia durata questa amicizia, e se essa duri ancora, è dettaglio che non ci riguarda e che non ci sottrae da un obbligo di verità: riscrivere la storia e la cronaca di questo paese.La storia non sta in una sentenza, ma nello sguardo, limpido e responsabile, con cui si leggono i fatti che quella sentenza certifica. E il fatto che ci consegnano i giudici di Palermo, per la seconda volta, è che l’uomo di  punta di Publitalia, il principale ispiratore dell’avventura politica del Cavaliere, era persona di fiducia al tempo stesso dei Corleonesi e di Berlusconi.

BERLUSCONI DEVE DIMETTERSI SUBITO.

INVITIAMO NAPOLITANO A MANDARLO A CASA!!!!!!

 
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CRIMINALITA' ORGANIZZATA

Post n°1327 pubblicato il 26 Giugno 2010 da albert.z
 

SE SEI INDAGATO DIVENTI  MINISTRO!!!

OGGI LA CRIMINALITA' E' TALMENTE ORGANIZZATA CHE PUO' PERMETTERSI DI SPENDERE UN MILIONE DI EURO DI TASSE DEI CITTADINI ONESTI, PER FAR NOMINARE UN LORO ADEPTO MINISTRO, ANCHE DOPPIO, SUL FEDERALISMO, AL SOLO SCOPO DI EVITARE IL PROCESSO.

TANTO PUO' FAR CONTO SU BEN 5 RETI TV AL SUO SERVIZIO, VARI GIORNALI, ATTORI E ATTRICI OSANNANTI, IN CERCA DI UN CONTRATTO, CHE GIURANO CHE IL LORO CAPO E' UN UOMO PIENO DI ONORE, DIGNITA', DALLA VITA INTEGERRIMA, CHE SI COMMUOVE SOTTO LA DOCCIA, AL SOLO PENSIERO CHE UNO DI LORO POSSA FINIRE IN GALERA.

EVADONO E CONDONANO, COSTRUISCONO ABUSIVAMENTE E POI LEGALIZZANO. SONO TALMENTE PIENI DI LAVORO CHE NON HANNO NEMMENO UN PAIO D'ORE PER ANDARE IN TRIBUNALE A RACCONTARE LA LORO VERSIONE.

CHE POPOLO FORTUNATO, AVERE SIMILI ONOREVOLI IMPEGNATI A FABBRICARE LEGGI, PER POI INCARICARE UN ALTRO MINISTRO DI ELIMINARLE E BRUCIARLE DAVANTI ALLE TELECAMERE!

GLI UNICI A NON CAPIRLI SONO QUEI MALEDETTI FICCANASO DEI GIUDICI, CHE NON VOGLIONO PERMETTERE LORO DI FARE I RAPPRESENTANTI DEL LORO POPOLO, QUELLO DELLA LIBERTA' DI EVADERE, DI IMBROGLIARE, PORTARE I CAPITALI ALL'ESTERO, SE NON ANCHE LE FABBRICHE, E RESPIRARE UN'ARIA MIGLIORE.

 

 
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ALI' BABA' E I LADRONI

Post n°1325 pubblicato il 25 Giugno 2010 da albert.z
 

ALDO BRANCHER: UN SERVITORE FININVEST INDAGATO, PREMIATO CON UN MINISTERO PER SALVARLO E FARLO TACERE.

La storia la si conosce. C'è questo signore, Aldo Brancher. Non se ne apprezza un pregio. Si sa che è stato assistente di Confalonieri in Fininvest. Con questo ruolo, tiene i contatti con socialisti e liberali nella prima repubblica. Detto in altro modo, è l'addetto alla loro corruzione. Il pool di Milano documenta nel 1993 che Brancher elargisce 300 milioni di lire al Psi e 300 al segretario del ministro della Sanità liberale (Francesco De Lorenzo) per arraffare a vantaggio della Fininvest un piano pubblicitario dello Stato.

Lo arrestano. Resta tre mesi a san Vittore. Non scuce una frase. Condannato in primo grado e in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito, vede la luce in Cassazione grazie alla prescrizione del secondo reato e alla depenalizzazione del primo corrette, l'una e l'altra, dalle leggi "privatistiche" del governo Berlusconi.

In seguito alla nomina a Ministro per l'attuazione del Federalismo (avvenuta il 18 giugno 2010) Aldo Brancher ha eccepito in base alla legge il "legittimo impedimento". Questo avviene a 5 giorni dalla nomina a ministro. Il 26 giugno era prevista l'udienza del processo sul tentativo di scalata ad Antonveneta da parte di Bpi in cui il ministro era imputato.                      

E' chiaro a chiunque che viene nominato ministro per impedire alla GIUSTIZIA di fare il suo corso.

Ma siamo nel paese di Alì Babà? Nel paese dei criminali? Più sono criminali e più diventano alti papaveri, amministratori del bene pubblico.

ATTENTI ALLE CASSE! ATTENTI AL PORTAFOGLIO! SONO SPECIALISTI. NON TE NE ACCORGI E SEI IN BOLLETTA, PRECARIO E PIENO DI DEBITI, COMPRESO QUELLO PUBBLICO!!!!

 
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L'INCUBO DEGLI STUPRATORI

Post n°1324 pubblicato il 24 Giugno 2010 da albert.z
 

Ottima idea.

Più che un'invenzione del XXI secolo, sembra uno strumento di tortura medievale. L'hanno ribattezzato «il preservativo antistupro» ed è stato ideato da Sonnet Ehlers, dottoressa sudafricana che da decenni aiuta le donne vittime di violenza carnale. Rape-aXe è una membrana di plastica dura che va inserita direttamente nella vagina. Quest’oggetto che assomiglia a un normale condom, ha diverse protuberanze a forma di denti che una volta a contatto con il pene causano dolori indescrivibili agli uomini: il preservativo antistupro non solo non permette di esercitare violenza sul gentil sesso, ma una volta impigliatosi sul membro sessuale maschile (come tanti ami da pesca), può essere asportato solo attraverso un intervento chirurgico. Ciò dovrebbe permettere ai dottori di individuare e denunciare gli stupratori.
Come racconta al sitoweb della Cnn la Ehlers, 30.000 condom antistupro saranno distribuiti gratuitamente alle donne sudafricane durante i campionati del Mondo. Più tardi il prodotto sarà messo in vendita al prezzo base di due dollari.
.... Una volta a contatto con il pene fa male, non permette di urinare e nemmeno di camminare. Se lo stupratore tenta di rimuoverlo, proverà ancora più dolore.

E per il popolo italiano ? Come difenderlo da Berlusconi?

 
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LA NOSTRA STORIA SI INTRECCIA CON LA MAFIA

Post n°1321 pubblicato il 23 Giugno 2010 da albert.z
 

27 novembre 2009

di Peter Gomez e Marco Lillo

La storia di Renato Schifani è spesso ridotta all'elenco dei suoi clienti. Si fa presto a dire: Schifani era l’avvocato dei mafiosi per poi sottolineare che Schifani non lo sapeva e che comunque era tutto legale. Il fatto è che il presidente del senato prima di approdare a Palazzo Madama nel 1996 non è stato solo un avvocato ma anche tante altre cose. Per esempio è stato titolare di quote in tre società. La prima è la Desio Immobiliare, una cooperativa nata nel 1976 che ha assegnato nel 1986 l’appartamento nel quale il politico ha risieduto fino a luglio scorso. La seconda è la Sicula Brokers, una compagnia assicurativa nata nel 1979 e la terza è la Gms, creata nel 1992 insieme a due amici per svolgere attività legale a Roma e rimasta inattiva. Nei prossimi giorni ci dedicheremo a Desio e Gms oggi vi raccontiano la storia della Sicula Brokers.

Scavando negli archivi si scopre che una decina di soci di queste vecchie società sono stati poi arrestati per le accuse più varie, dalla mafia alla bancarotta, dalla corruzione alla truffa. Ma non è questo il punto. Dietro ogni arresto (avvenuto sempre dopo l’ingresso dell’avvocato nella compagine) si apre uno spaccato rivelatore. Per chi coltiva il vizio della memoria è un esercizio prezioso. Se si può comprendere l’Italia di oggi solo guardando alle sue radici, così per scoprire chi è il nostro presidente del senato sarà interessante guardare da dove viene Renato Schifani.

Nato a Palermo, figlio di un dipendente dell’ufficio urbanistica, Antonino, 88 anni, Renato è uno studente brillante che si diploma nel 1968 al liceo scientifico Cannizzaro con la “pagella d'oro”. Mentre infuria la contestazione Schifani studia. Si laurea in giurisprudenza con 110 e lode sposa Francesca, dalla quale avrà due figli, Andrea e Roberto (al quale passerà lo studio) e dopo una breve esperienza in banca, entra giovanissimo a studio di Giuseppe La Loggia, il padre di Enrico, l’ex ministro degli affari regionali.

La Loggia padre nel 1956 è stato presidente della Regione Siciliana. Nel 1968 si candida ed entra in Parlamento insieme al genero Attilio Ruffini, ministro della difesa e prima ancora avvocato dei cugini Salvo, legati alla mafia e ricchissimi, che lo faranno eleggere con i loro voti. Quando Schifani entra a studio, La Loggia è presidente della Commissione Bilancio e la sua famiglia è potentissima. grazie anche all’appoggio elettorale di galoppini come Nino Mandalà, poi arrestato come capomafia di Villabate e intercettato negli anni novanta mentre racconta di avere minacciato Enrico La Loggia di raccontare i trascorsi elettorali con il padre. La Sicula Brokers nasce il 19 febbraio 1979 su impulso di papà La Loggia che fa entrare il figlio Enrico, il collaboratore Renato Schifani e i suoi galoppini e amici. Ma il vero socio forte è il più grande operatore italiano, il gruppo Taverna di Genova che ne detiene il 51 per cento e ha scelto i La Loggia per sbarcare in Sicilia, in un settore nel quale contano gli appoggi politici. Tra i soci siciliani ben quattro finiranno in seguito dietro le sbarre: Benni D’Agostino, Francesco Maniglia, Antonino Mandalà e Luciano De Lorenzo. Mentre un quinto, Giuseppe Lombardo, amministratore delle società dei cugini mafiosi Ignazio e Nino Salvo, sarà solo indagato con loro. La Sailem di Benni D’Agostino, la Ifis di Maniglia e Giuseppe Lombardo hanno il 10 ciascuno. La Loggia e Schifani, come gli altri piccoli soci hanno quote intorno al 4 per cento. Il consiglio è composto di nove membri: il presidente è Enrico La Loggia, il vicepresidente è Giuseppe Giudice, allora 26enne, figlio del comandante generale della Guardia di Finanza, Raffaele Giudice. Ovviamente sarà arrestato anche lui. Tre volte.

Ma andiamo per ordine. Il primo mandato di arresto (sempre per fatti che nulla hanno a che fare con la Sicula Brokers) è per Francesco Maniglia. Nell’autunno del 1979 è indagato per ricorso abusivo al credito poi la sua azienda fa crack e Maniglia si dà alla latitanza nel 1980. Maniglia era ricchissimo e frequentava il jet set, ma nel processo contro Vito Ciancimino si scoprirà che era socio del sindaco mafioso di Palermo già dagli anni sessanta. Il pentito Antonino Calderone racconterà che a Roma nei suoi uffici si incontravano i Calderone e il loro referente politico: Salvo Lima. Dopo Maniglia tocca al vicepresidente della Sicula Brokers: Giuseppe Giudice, arrestato il 18 dicembre del 1980. Giudice è il figlio del generale delle Fiamme Gialle Raffaele, che era stato già arrestato per lo scandalo petroli. Negli atti di quel processo si scoprono alcuni dettagli utili per capire il contesto: il figlio era socio di un petroliere arrestato, mentre il padre (condannato definitivamente a 4 anni e morto nel 1994) era stato nominato comandante grazie alla sponsorizzazione di Giulio Andreotti (finanziato dai petrolieri) e di Salvo Lima, siciliano come lui.

Quando il colonnello Giovanni Visicchio arrestò il boss Luciano Liggio nel 1976, il comandante Giudice lo apostrofò: “lei è un finanziere, la smetta di fare il carabiniere”. Giuseppe Giudice uscirà indenne dalle accuse ma sarà arrestato altre due volte, a Roma (estorsione tentata) e a Palermo, per bancarotta. Anche un altro ex socio di Schifani, l’avvocato Luciano De Lorenzo, aveva legami con il peggio della Dc. Anche lui scambiava assegni con Vito Ciancimino e anche lui figura nelle carte dell’inchiesta del giudice Falcone, che lo interrogò, senza indagarlo. Si rifarà nel 2007 quando sarà arrestato a Palermo per la bancarotta Finasi. Quisquilie rispetto al curriculum dei due soci davvero “pesanti”: Benni D’Agostino e Antonino Mandalà, legati a doppio filo ai “capi dei capi”. D’Agostino a Totò Riina, Mandalà a Provenzano.

Benni D’Agostino, dopo essere stato uno degli uomini più ricchi della Sicilia, grazie ai suoi legami con la mafia, si è pentito e ha raccontato: “mio padre mi presentò Michele Greco, (il papa della mafia) nel 1977. E mi disse che era una persona ‘intisa’ (cioé mafiosa ndr). Lo riincontrai nel 1979 o 1980 sul traghetto da Palermo a Napoli e mi trattò come un figlio raccontandomi dei suoi incontri con Andreotti”. Nel periodo in cui D’Agostino fonda la Sicula Brokers è così vicino al Papa che questi gli confida i suoi rapporti più segreti. Non basta. Negli anni novanta, Totò Riina è il socio occulto della società Reale, intestata all’ex socio di Schifani. Lo racconta il pentito Giovanni Brusca: “la Reale Costruzioni era all’epoca, controllata da Riina. Totò mi raccomanda questa impresa, intestata a DAgostino, e ho capito successivamente il perché, quando mi disse: ‘l’impresa Reale, fai finta che è mia’”. D’Agostino ha raccontato: “con Salvo Lima facevamo una serie di lavori e poi quando c’era l’elezione e lui mi chiedeva per esempio cento milioni io li tiravo fuori”.

Non bisogna stupirsi se in questo ambientino troviamo Nino Mandalà. Fondatore del primo club di Forza Italia a Villabate e padre di Nicola, l’uomo che ha curato la latitanza di Bernardo Provenzano. Nino Mandalà, storico capomafia di Villabate, è stato condannato in primo grado a 8 anni molto tempo dopo la sua partecipazione con Schifani. Tutti i soci degli inizi dell’assicurazione (che esiste ancora e ha cambiato nome) sono usciti presto. Il loro è stato solo un fugace incrocio di destini.

Renato Schifani sulla Sicula Brokers ha spiegato la sua posizione ai magistrati di Firenze, quando ha querelato il pentito Francesco Campanella per le sue accuse. “Mandalà era incensurato fino al 1998 ed era un cliente ed elettore di Giuseppe La Loggia quando nel 1979 nasce la Sicula Brokers. Io ero solo un giovane avvocato dello studio e ho accettato di addivenire alla richiesta del presidente La Loggia di entrare nella società per una piccola quota del 4 per cento. Poi ho versato solo i tre decimi come risulta dai libri sociali. La Loggia padre chiamò a farne parte persone che allora erano di spicco, al di sopra di ogni sospetto. Come Benni D’Agostino e Giuseppe Lombardo. Io sono rimasto solo un anno e qualche mese. Ad aprile del 1980 ho detto a Giuseppe La Loggia che non volevo versare gli altri sette decimi e sono uscito. Anche Mandalà fino al 1997 non è stato attenzionato nemmeno dai Carabinieri, era talmente insospettabile che fu eletto al congresso provinciale di Forza Italia presideduto da Alfredo Biondi”. Il giudice per le indagini preliminari ha archiviato la sua querela ma sostanzialmente gli ha dato ragione: “Vero è che la qualifica di uomo d’onore prescinde dal formale riconoscimento che se ne ottiene con il suffragio giudiziario. Ma è altrettanto vero però che una mera frequentazione professionale discendente da affari di natura civilistica quelli di cui si occupava in via esclusiva l’avvocato Schifani, non impone certo l’onere per il professionista dì recidere i predetti rapporti per via del sospetto (ammesso che tale fosse) di illecite condotte dal proprìo assistito in tutt’altri contesti consumate e sfociate peraltro solo anni dopo, in procedimenti penali”.

Una conclusione opinabile. E che comunque non vale per un politico. Anche perché dopo avere scoperto in quale ginepraio lo avevano cacciato i La Loggia, Schifani non ha certo preso le distanze da loro. Anzi. Grazie a Enrico La Loggia l’avvocato Schifani (certamente bravo ma raccomandato) ha ottenuto nel 1994 una consulenza da 60 milioni di vecchie lire dal comune di Villabate, retto da una giunta vicina al solito Nino Mandalà (che se ne prendeva il merito mentre era intercettato). E, sempre grazie a La Loggia, Renato Schifani è entrato nel partito che gli ha cambiato la vita. Sarà vero, come dice il gip che agli avvocati può capitare di difendere clienti che poi si rivelano mafiosi. Sarà vero che può capitare di farci affari insieme. Ma viene un giorno in cui si deve scegliere. Si può tagliare i ponti con chi ti ha messo in queste situazioni imbarazzanti. Oppure si può continuare a far finta di niente. Schifani ha scelto la seconda strada. E oggi è presidente del senato.

 
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Josè Saramago

Post n°1320 pubblicato il 23 Giugno 2010 da albert.z

 

Il premio Nobel Josè Saramago se n’è andato. E noi rendiamo omaggio ad un protagonista della cultura contemporanea. Ad un grande scrittore spesso al centro di polemiche roventi. Anche in Italia. Alla fine del maggio 2009, la storica casa editrice Einaudi, ora sotto il controllo di Mondadori, quindi di Berlusconi, rifiutò di pubblicare il libro dello scrittore portoghese ‘il quaderno’. Una raccolta di scritti pubblicati sul suo blog. La polemica politica si infiammò e il libro fu poi pubblicato da Bollati Boringhieri. Racconto questo episodio perché è rivelatore della degenerazione culturale italiana, dei frutti marci del berlusconismo. In un altro periodo nessuno avrebbe rifiutato la pubblicazione di un premio Nobel. In un altro momento, appunto, non all’apice della parabola berlusconiana. Per ricordare Saramago e per riflettere, pubblico una pagina del suo blog dedicata a Berlusconi. Questo articolo, con questo stesso titolo, è stato pubblicato ieri sul quotidiano spagnolo “El País”, che me lo aveva espressamente commissionato. Considerando che in questo blog ho lasciato alcuni commenti sulle prodezze del primo ministro italiano, sarebbe strano non mettere anche qui questo testo. In futuro ce ne saranno sicuramente altri, visto che Berlusconi non rinuncerà a quello che è e a quello che fa. Né lo farò anch’io.

La Cosa Berlusconi

Non trovo altro nome con cui chiamarlo. Una cosa pericolosamente simile a un essere umano, una cosa che dà feste, organizza orge e comanda in un paese chiamato Italia. Questa cosa, questa malattia, questo virus minaccia di essere la causa della morte morale del paese di Verdi se un profondo rigurgito non dovesse strapparlo dalla coscienza degli italiani prima che il veleno finisca per corrodergli le vene distruggendo il cuore di una delle più ricche culture europee. I valori fondanti dell’umana convivenza vengono calpestati ogni giorno dalle viscide zampe della cosa Berlusconi che, tra i suoi vari talenti, possiede anche la funambolica abilità di abusare delle parole, stravolgendone l’intenzione e il significato, come nel caso del Polo della Libertà, nome del partito attraverso cui ha raggiunto il potere. L’ho chiamato delinquente e di questo non mi pento. Per ragioni di carattere semantico e sociale che altri potranno spiegare meglio di me, il termine delinquente in Italia possiede una carica più negativa che in qualsiasi altra lingua parlata in Europa. È stato per rendere in modo chiaro ed efficace quello che penso della cosa Berlusconi che ho utilizzato il termine nell’accezione che la lingua di Dante gli ha attribuito nel corso del tempo, nonostante mi sembri molto improbabile che Dante l’abbia mai utilizzato. Delinquenza, nel mio portoghese,  significa, in accordo con i dizionari e la pratica quotidiana della comunicazione, “atto di commettere delitti, disobbedire alle leggi o a dettami morali”. La definizione calza senza fare una piega alla cosa Belusconi, a tal punto che sembra essere più la sua seconda pelle che qualcosa che si indossa per l’occasione. È da tanti anni che la cosa Belusconi commette crimini di variabile ma sempre dimostrata gravità. Al di là di questo, non solo ha disobbedito alle leggi ma, peggio ancora, se ne è costruite altre su misura per salvaguardare i suoi interessi pubblici e privati, di politico, imprenditore e accompagnatore di minorenni, per quanto riguarda i dettami morali invece, non vale neanche la pena parlarne, tutti sanno in Italia e nel mondo che la cosa Belusconi è oramai da molto tempo caduto nella più assoluta abiezione. Questo è il primo ministro italiano, questa è la cosa che il popolo italiano ha eletto due volte affinché gli potesse servire da modello, questo è il cammino verso la rovina a cui stanno trascinando i valori di libertà e dignità di cui erano pregne la musica di Verdi e le gesta di Garibaldi, coloro che fecero dell’Italia del  secolo XIX, durante la lotta per l’unità, una guida spirituale per l’Europa e gli europei. È questo che la cosa Berlusconi vuole buttare nel sacco dell’ immondizia della Storia. Gli italiani glielo permetteranno?

 
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Già prescritto, ora indagato: ministro perfetto!!!

Post n°1319 pubblicato il 18 Giugno 2010 da albert.z
 

Oggi Silvio Berlusconi ha nominato Aldo Brancher Ministro per l’attuazione del Federalismo. Mi verrebbe da dire: un nome, una garanzia. Infatti la ricca biografia di quest’uomo è la conferma di ciò che andiamo ripetendo da tempo: se sei pulito e non hai problemi con la giustizia non puoi far parte del Governo Berlusconi. E’ un messaggio chiaro, diciamo ‘educativo’ per le nuove generazioni: l’onestà è una virtù che non porta profitti, se la tua fedina penale è immacolata non potrai amministrare la res publica. Mentre se sei stato detenuto a San Vittore per falso in bilancio e finanziamento illecito all’allora partito socialista italiano, come nel caso di Brancher, e scarcerato solo per decorrenza dei termini di custodia cautelare e ti sei salvato in Cassazione solo grazie alla prescrizione per il primo reato e alla depenalizzazione per il secondo dopo essere stato condannato in appello, allora hai fatto bingo: puoi diventare Ministro. E non è sicuramente un caso che certi fantasmi del passato riemergano: Brancher nel 1993 era di fatto un lobbista che si occupava di mantenere buoni rapporti tra la Fininvest e i partiti, piazzando spot politici sulle reti di Berlusconi. Infatti, ai tempi, fu chiamato a rispondere anche di un versamento di 300 milioni di vecchie lire al Psi. Brancher tentò di scagionare il gruppo Berlusconi, sostenendo che era stata la sua Promogolden ad acquistare gli spazi pubblicitari per conto dell’attuale Presidente del Consiglio.
Il Pool di Mani Pulite ipotizzò, invece, che l’operazione nascondesse un finanziamento illecito, autorizzato da Fedele Confalonieri, che venne iscritto sul registro degli indagati, anche se quest'ultimo fu assolto. Insomma Brancher è l’uomo giusto al posto giusto e viene fuori anche da un vecchio racconto di Silvio Berlusconi: "quando il nostro collaboratore era a San Vittore, io e Confalonieri giravamo intorno al carcere: volevamo metterci in comunicazione con lui". Mi chiedo: "Chissà perché? Avevano paura che parlasse?". Ma Brancher non parlò.
Ci sono particolari interessanti che non possono essere trascurati: venne condannato in primo e secondo grado a due anni e otto mesi per le tangenti sugli spot anti Aids per falso in bilancio e violazione della legge sul finanziamento ai partiti, subito dopo divenne responsabile di Forza Italia Nord, deputato e sottosegretario alle riforme istituzionali.
Questo è il passato, mentre oggi il neo Ministro Aldo Brancher risulta sotto processo, imputato di appropriazione indebita in relazione a soldi incassati dall’ex numero uno della Banca Popolare di Lodi, Giampiero Fiorani, nell’ambito della vicenda della scalata Antonveneta. Le ultime udienze, guarda caso, sono state rinviate al 26 giugno per i cosiddetti “impegni istituzionali”. E il suo nome è riapparso sui giornali tre mesi fa nell'inchiesta sul maxiriciclaggio. Gennaro Mokbel, ritenuto il dominus della truffa, in una telefonata intercettata dagli inquirenti parla di Brancher come ispiratore di un fantomatico "Partito federalismo italiano" in Belgio.
Oggi ho presentato un’interpellanza al Governo per sapere: se il signor Brancher sia stato premiato con la nomina a Ministro per ciò che ha fatto in passato, per ciò che non ha detto o se questo nuovo incarico sia il solito modo di offrire garanzie di impunità, alla luce del processo in corso, che gli verrebbero date grazie al legittimo impedimento. Legge che permette ai ministri di non presentarsi ai processi per “motivi istituzionali”.
Insomma, Berlusconi, Dell’Utri, Cosentino, Brancher e i loro numerosi amici, con nutrite fedine penali, hanno sostituito il Parlamento e i Ministeri con le Aule dei tribunali e i carceri

 

 
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Il ministro Alfano prende per i fondelli gli italiani

Post n°1318 pubblicato il 16 Giugno 2010 da albert.z
 

E LA MERITOCRAZIA PROMESSA?

il signor Alfano  ha nominato ad un alto incarico ministeriale questo personaggio.  E la meritocrazia?

È Calogero «Lello» Ceresa. Il quale sarà forse un genio pronto a sbocciare grazie all'intuizione del suo pigmalione e compaesano ma per ora, ricordano Giuseppe Arnone e il sito internet Sicilia24h.it, è ignoto alle cronache nazionali e noto a quelle locali solo come impiegato alla Provincia di Agrigento, ex consigliere comunale di Forza Italia nonché presidente della sagra «Mandorlo in fiore». Ma soprattutto eccellente suonatore di friscalettu nel gruppo folcloristico «Val d'Akragas».

Sia chiaro: sul fatto che sia tutto in regola non vogliamo neanche entrare. E così sull'ipotesi che «Lello» sia un formidabile talento non ancora espresso. Ma viste le polemiche sull'applicazione di una meritocrazia «vera» nel pubblico impiego, è con nomine così che il governo pensa di battere la diffidenza contro una cosa sacrosanta come il merito?

 
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LA VERITA' SU POMIGLIANO

Post n°1317 pubblicato il 16 Giugno 2010 da albert.z
 

Su Pomigliano serve chiarezza. La verità è che Tremonti non ha letto l'accordo e ormai tutto è propaganda, tutto è strumentale. Io penso che prima di giudicare bisogna leggere bene quel che c'è scritto su un accordo e come quel che c'è scritto dura nel tempo. Perché per fortuna Tremonti passa, Sacconi passerà molto prima, ma i lavoratori avranno quelle condizioni di lavoro per 35/40 anni. Quindi ogni parola pesa come pietre. Allora noi abbiamo letto, come Italia dei Valori, il testo che è stato proposto e vediamo cosa c'è scritto.
C'è scritto che un lavoratore dovrà lavorare 6 giorni su 7 la settimana, tre turni di lavoro al giorno. Cioè entra al mattino alle 6 ed esce alle 14; entra alle 14 ed esce alle 22; entra alle 22 ed esce alle 6 del giorno dopo. Questo da lunedì fino a domenica mattina.

Pensiamo a un lavoratore che lavora in catena di montaggio. Nella catena di montaggio ogni minuto passa un pezzo, tu ogni minuto devi fare quel gesto ossessivamente, Per 40 anni devi fare quel movimento. Fare questo lavoro comporta che a 50 anni molti vengono operati di tunnel carpale, molti hanno problemi drammatici alla schiena perché è lavoro manuale pesante e ripetitivo.

Cosa si dice in questo accordo? Che il lavoratore non potrà più fermarsi durante il turno a mangiare con mezz'ora di mensa, ma la mensa viene portata a fine turno. Quindi un lavoratore entra alle 6 del mattino e fino all'una e mezza non può nemmeno fermarsi per mangiare. Il lavoratore che ha, per la pesantezza di questo lavoro, delle pause di 40 minuti in un'intera giornata, se le vedrà ridotte a 30 minuti.
Il lavoro straordinario, non bastassero 40 ore di lavoro la settimana, viene reso obbligatorio e il lavoro straordinario obbligatorio arriva ad 80 ore all'anno.

Qualora ci fossero dei fermi produttivi perché un fornitore non porta il materiale, cioè esterni alla volontà del lavoratore, il lavoratore deve recuperare anche durante la mezz'ora della mensa. Cioè entra alle 6, deve aspettare fino all'una e mezza per mangiare rischiando di svenire sull'impianto, se per caso hanno avuto dei problemi produttivi, può darsi che l'azienda lo obblighi a non andare in mensa per fare straordinario anche dall'una e mezza alle due, quindi gli salta addirittura la mensa.

C'è inoltre una ferocia verso eventuali malattie che, ricordo, sono concesse su certificato dei medici, dove l'azienda afferma che in casi ritenuti anomali non paga i tre giorni di malattia. Viene addirittura, leggo perché è bellissimo, abolito per i nuovi assunti un'indennità salariale. E uno dice "vabbé l'azienda risparmia un sacco di soldi". Viene ridotta l'indennità salariale di 3 euro al mese. Un'altra di 0,70 euro al mese, lordi eh! E viene abolita anche un'altra indennità di 1,7 euro al mese. Cioè vengono tolti al lavoratore assunto 3,6 euro lordi al mese. Cioè siamo all'accanimento terapeutico contro i lavoratori.
Ma il fatto più grave, comunque, è che se il lavoratore decide, nell'arco della sua vita lavorativa di scioperare per chiedere più pause; per chiedere di essere rispettato; si dice che lo sciopero è vietato perché se scioperi rischi il licenziamento.

Quindi queste sono le cose che stanno scritte. Per questa ragione siamo in presenza non solo di un ricatto, ma di una violazione feroce dei diritti costituzionali. A questo punto Italia dei Valori torna al ragionamento principale.
La FIAT vuole produrre 280mila auto nell'impianto di Pomigliano, in particolare la Panda? Io credo che il sindacato deve mettere la FIAT in condizione di produrre 280mila auto. La FIAT vuol fare con i tre turni di lavoro? Credo che il sindacato debba mettere la FIAT in condizione di fare tre turni di lavoro e rendere l'azienda efficiente, produttiva e competitiva.
Ma quello che Italia dei Valori sostiene è: "Ma chi l'ha detto che per fare queste produzioni bisogna ridurre gli operai a schiavi?"

Con questo accordo non sei nemmeno libero di scioperare (e guardate che lo sciopero lo fa un operaio rimettendoci dei soldi, pur guadagnando 1150 euro al mese). Non c'è nessuno che sciopera per niente. Quindi andare a toccare un diritto fondamentale garantito dalla nostra Costituzione è gravissimo.

Italia dei Valori dice: "Caro Marchionne, sei un grande manager, ti è riconosciuto, sei riuscito a fare della FIAT un'azienda protagonista nel mercato mondiale. Vedi di non discutere sui giornali. Parla con i lavoratori, sappi che un lavoratore se viene ridotto a schiavitù, prima o poi si ribella e quindi la fabbrica non funzionerà. Perché le fabbriche e gli uffici funzionano quando i lavoratori si sentono partecipi e coinvolti.

E infine l'ultimo dato che rileviamo come Italia dei Valori è questo: noi abbiamo un ricordo. Nel passato, quando c'erano grandi conflitti come questi, si diceva "qual è l'obiettivo?" L'obiettivo è mantenere 5mila posti di lavoro a Napoli che hanno un indotto di altri 10mila lavoratori, quindi un obiettivo da condividere. Quando si configgeva c'era un ministro che chiamava le parti e diceva "venite nella mia stanza, non si esce di qui senza un accordo". Cos'ha fatto Sacconi?

Sacconi, da lacchè qual é, ha semplicemente deciso di dar ragione alla FIAT a prescindere e di insultare i lavoratori. Ma questo non è un Ministro del lavoro. Questo è il ministro della precarietà e della disoccupazione. E' il Ministro che insulta chi lavora. Quindi quel che è davvero equivalente ad una bestemmia in Chiesa, in questa vicenda è che il Governo invece di chiamare a responsabilità la FIAT e le organizzazioni sindacali prende parte nella partita dove ci sono già 50 giocatori contro 2. Cinquanta a favore della FIAT e due a favore dei lavoratori. Nei due a favore dei lavoratori, ci sta anche l'Italia dei Valori.

 
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Il cavaliere impunito e la regola del silenzio

Post n°1316 pubblicato il 16 Giugno 2010 da albert.z
 

DDL INTERCETTAZIONI

 

di GIORGIO BOCCA

Giù la maschera. Quello che vuole, che pretende la maggioranza al potere è l'impunità totale, il silenzio sui suoi furti e malversazioni. Ai tempi di tangentopoli la maggioranza al potere si accontentava di far passare i suoi furti per legittima pubblica amministrazione. Ricordate la tesi del craxiano Biffi Gentili? Se i politici sono chiamati ad amministrare grandi città, grandi problemi con competenze da tecnocrati perché non devono essere pagati come tali? E se non lo sono perché si vuole impedire che si autofinanzino? Oggi la maggioranza al potere non ha più bisogno di questi sofismi. Rivendica il diritto di rubare attraverso la politica come un normale, dovuto diritto di preda. Al tempo di tangentopoli i socialisti craxiani ma anche quelli di altri partiti avevano nascosto i furti per mezzo della politica nei conti "protetti" cioè segreti in Svizzera a Singapore a Hong Kong. E avendo messo il bottino al sicuro si erano tolti anche il gusto di prendere per i fondelli i loro concittadini con la tesi assurda che l'autofinanziamento dei partiti non era solo una necessità ma un dovere di chi si faceva carico di amministrare lo Stato e la democrazia.


Oggi nella Italia berlusconiana il furto attraverso la politica è scoperto, normale. Appena si può si ruba e viene il sospetto che sia avvenuta una mutazione antropologica, che la maggioranza al potere sia convinta che l'uso della politica per rubare sia non solo normale ma lodevole e che le istituzioni abbiano il dovere di proteggerlo. L'Italia un tempo paese dei misteri, delle società segrete, delle congiure massoniche sotto l'egida del cavaliere di Arcore sta diventando una democrazia autoritaria dichiarata e compatta a difesa dei suoi vizi e dei suoi furti. Perché opporsi al bavaglio che viene imposto all'informazione? Non aveva ragione Mussolini ad abolire la cronaca nera e a coprire gli scandali del regime? Esiste un modo più efficace di lavare i panni sporchi in gran segreto senza che le gazzette li mettano in piazza? L'imprenditore Anemone che si rifiuta di rispondere ai magistrati che indagano sui suoi affari non è la pecora nera, l'eccezione ma la norma della società berlusconiana del fare tutto ciò che comoda ai padroni, senza pagare dazio.

La conferma della mutazione antropologica viene dal fatto che i politici presi con la mano nella marmellata mostrano più stupore che vergogna. La loro corruzione era normalissima, candida, da buon padre ladro di famiglia. A uno era bastato pagare una garconnière al centro di Roma, un altro aveva lasciato mano libera agli impresari edili dopo il terremoto in cambio di una revisione in casa sua dei servizi igienici, diciamo del funzionamento del cesso e del bagno. Ad altri ancora la possibilità di avere a spese dello Stato qualche mignotta, insomma la grande crisi della politica italiana, il grande rischio di una democrazia autoritaria, di una dittatura mascherata, morbida starebbe nella banalità del male, nei piccoli vizi nelle piccole tentazioni della cosiddetta classe dirigente.

Un'Italia senza misteri con un capo del governo schietto, schiettissimo. Che vuole? Che pretende? Il minimo di un uomo del fare più che del pensare: di non avere controlli, di non avere intralci e se gli viene in testa di allevare un cavallo nessuno si permetta di obbligarlo a tirar su una mucca. Che cosa ha scoperto il Cavaliere? Quello che avevano scoperto prima di lui tutti gli uomini autoritari del fare, che i controlli sono fastidiosi e a volte insopportabili. In una parola: che la democrazia è più complicata e faticosa della dittatura.

 

(12 giugno 2010)  Da REPUBBLICA

 
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La Barbera e la strage di Borsellino

Post n°1315 pubblicato il 11 Giugno 2010 da albert.z
 

Scritto da Attilio Bolzoni -

Per almeno due anni fu una "fonte" del Sisde. Nome in codice "Catullo". Per ora non ci sono legami tra i buchi neri delle inchieste e il doppio ruolo del poliziotto. Possibili ripercussioni sulle indagini per gli attentati all'Addaura e a Paolo Borsellino

C'è una relazione riservata che è finita fra le carte delle stragi siciliane. E' la fotocopia di un fascicolo dei servizi segreti, una scheda intestata alla "fonte Catullo". Sotto il nome in codice, c'è anche il nome vero del personaggio sotto copertura: Arnaldo La Barbera, capo della squadra mobile di Palermo a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta e poi a capo del "Gruppo Falcone-Borsellino", il pool di investigatori che per decreto governativo ha investigato sulle uccisioni dei due magistrati.
leggi tutto
Questa è l'ultima informazione arrivata dall'Aisi (l'Agenzia per la sicurezza interna) ai procuratori di Caltanissetta che indagano su Capaci e via Mariano D'Amelio, ed è anche l'informazione che potrebbe dare una sterzata decisiva a tutte le inchieste sui massacri di mafia avvenuti in quella stagione in Sicilia. Arnaldo La Barbera, morto di cancro nel settembre del 2002, fama di funzionario integerrimo, un duro catapultato nella prima settimana di agosto del 1988 in una Palermo rovente soffocata dai sospetti e dai veleni, in realtà era al soldo del Sisde con una regolare retribuzione registrata nel fascicolo spedito qualche settimana fa agli inquirenti siciliani. Un'anomalia - capo della mobile di Palermo e "fonte Catullo" - che forse porterà a inseguire altre tracce sulle stragi. A cominciare dall'autobomba che ha fatto saltare in aria Borsellino e a finire al fallito attentato dell'Addaura.

Per il momento non c'è alcun collegamento - preciso, documentato - fra i buchi neri delle indagini sui massacri e la scoperta della "fonte Catullo", lo scenario che però si apre con l'entrata in scena di La Barbera agente segreto è di quelli molto inquietanti.
A svelare l'esistenza della scheda e del doppio incarico di Arnaldo la Barbera sono stati due giornalisti, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, che ne L'Agenda Nera - un saggio che sarà in libreria domani (Chiarelettere, pagg 464, euro 15) - ricostruiscono come sono state taroccate le indagini su via D'Amelio. Un capitolo è dedicato ai "depistaggi di Stato". Ed è lì che si svela l'identità della "fonte Catullo". Chi ha indagato sugli assassini di Paolo Borsellino - e ha incastrato il falso pentito Vincenzo Scarantino, quello smentito diciassette anni dopo da Gaspare Spatuzza - risultava nel 1986 e nel 1987, quindi nei due anni precedenti al suo arrivo a Palermo, un agente sotto copertura. Se la circostanza è assai strana di per sé (perché un poliziotto, anzi un superpoliziotto, avrebbe dovuto ricevere degli "extra" dal servizio segreto? e quali notizie di polizia giudiziaria avrebbe dovuto rivelare all'intelligence?), ancora più complicato e cupo è il contesto in cui questa informazione scivola. E' quello della strage Borsellino. Indagine che è parzialmente da rifare, con un pezzo del processo già definito in Cassazione che va verso la revisione.

Le ultime investigazioni hanno accertato che il pentito Scarantino, voluto a tutti i costi da Arnaldo La Barbera come l'autore del furto di quell'auto che poi servì a uccidere Borsellino, mentiva. E mentiva probabilmente per sviare le indagini. L'interrogativo che si pongono oggi i magistrati: Vincenzo Scarantino è stato incastrato per un'ansia da prestazione, per trovare subito un colpevole oppure è stato "costruito" a tavolino per insabbiare ogni altra indagine sugli assassini del procuratore?

La scoperta della "fonte Catullo" riporta anche ad un'altra vicenda: quella sul fallito attentato all'Addaura. Una nuova inchiesta ha capovolto la scena del crimine: quel giorno - il 21 giugno 1989 - sugli scogli c'era un pezzo di Stato che voleva Falcone morto e un altro pezzo che l'ha salvato. Da una parte boss e agenti dei servizi che piazzarono l'ordigno, dall'altra i poliziotti Nino Agostino ed Emanuele Piazza che scoprirono quello che stava accadendo e riuscirono a sventare l'attentato. Dopo un mese e mezzo l'agente Agostino fu ucciso (Emanuele Piazza fu strangolato nove mesi dopo) e la squadra mobile di Palermo seguì per anni un'improbabile "pista passionale". Un altro depistaggio. Cominciato la stessa notte dell'omicidio con una perquisizione a casa del poliziotto ucciso. Qualcuno entrò nella sua casa e portò via dall'armadio alcune carte che Agostino nascondeva. Quel qualcuno era l'ispettore di polizia Guido Paolilli, ufficialmente in servizio alla questura di Pescara ma spesso "distaccato" a Palermo e "a disposizione" di La Barbera. Scendeva in Sicilia in missione segreta - come la sera che perquisì la casa dell'agente Agostino e fece sparire gli appunti - senza lasciare mai traccia della sua presenza nell'isola. Qualche mese fa una microspia ha registrato la sua voce mentre raccontava al figlio: "In quell'armadio di Agostino c'erano carte che ho distrutto".

Fonte: repubblica.it (Attilio Bolzoni)

 
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Fini non riesce a staccarsi da Berlusconi. I Tony.

Post n°1313 pubblicato il 09 Giugno 2010 da albert.z
 
Tag: Tony

Una legge anche se approvata, non deve entrare in funzione, fino a che si sia chiarito se è costituzionale. Appena approvata l'Opposizione deve chiedere il giudizio alla Consulta. Solo dopo aver ottenuto la convalida può essere promulgata.

 
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Il peggio deve ancora venire

Post n°1312 pubblicato il 09 Giugno 2010 da albert.z
 

Vendi tutto (pubblicato in data 04/06/2010)

 

Alla fine hanno gettato la maschera, le chiacchere stanno a zero: l'Unione Europea e la moneta unica sono un progetto fallimentare, ancora non fallito solo per adesso. Da Novembre 2009 a Maggio 2010 la posta sul tavolo è passata dai ridicoli 10 miliardi di euro per aiutare la Grecia ai 750 miliardi per salvare il salvabile. E lo stillicidio continua: adesso tocca alla Spagna che perde la tripla A. Per chi non avesse ancora capito sta per arrivare un conto salatissimo, altro che politica di austerity dei conti pubblici stile lacrime e sangue !  Direi molto, ma molto peggio.

Comiciamo con lo svegliare il risparmiatore italiano che confida eternamente sulla sicurezza dei titoli di stato, al momento se c'è un paese al mondo che ha la possibilità di bissare il default dell’Argentina a distanza di dieci anni, lo troviamo proprio dentro ai confini europei.  Eh sì, perché ormai tutta l’attenzione mediatica è incentrata sulla inquietante architettura debitoria che hanno tutti gli stati europei, nella fattispecie preoccupano gli intrecci debitori sulle detenzioni dei titoli di stato che i paesi virtuosi hanno nei confronti dei paesi periferici. Sostanzialmnete il debito dei paesi strutturalmente deficitari è in mano ai paesi virtuosi: quindi la vita di questi ultimi è strettamente collegata a quella dei paesi al momento in difficoltà. Il destino del debito dei PIGS (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna: preferisco l’Italia all’Irlanda) rappresenta il destino dell’Euro e dell’Europa.

Quello che sta accadendo il tutto il mondo è proprio una perdita di credibilità dell’euro in considerazione delle incapacità che avranno i paesi europei nel futuro per onorare questi debiti. E questa incapacità è dettata oltre che da evidenti deficienze strutturali (forse insuperabili) anche da oggettive problematiche legate allo sviluppo dei trend demografici della popolazione europea: è un po come avere una trave nel culo e voler andare a fare un giro in bicicletta. Direi che è abbastanza arduo oppure molto doloroso. Giorno dopo giorno la verità viene centellinata goccia a goccia per evitare fenomeni tipo le bank runs o la fuga dai titoli di stato, qualunque essi siano. Il debito infatti, prima o poi, qualcuno lo dovrà rimborsare. Quelli che scrivono che non vi è da preoccuparsi o che attraverso finanziarie che non avranno impatto sulle tasche dei contribuenti mi sembrano opinionisti improvvisati che filosofeggiano in un campo di letame. 

Altro che manovre lacrime e sangue: in Europa è ormai in atto un progressivo impoverimento, il quale ha già raggiunto e superato in alcuni stati il punto di non ritorno.  Quanto stiamo vivendo è il frutto della convergenza molto spiacevole di due gradienti evolutive: da una parte il processo di apertura ad Oriente senza alcun tipo di controllo o limite (che ha portato a regalare posti di lavoro una volta europei agli orientali) e dall’altra, il progressivo invecchiamento della popolazione europea, con l’Italia e la Spagna che fanno da apripista. Un modello economico (il nostro), basato su un protezionismo sociale sfrenato, purtroppo non ha futuro: il ridimensionamento del gettito fiscale dovuto ad una mutazione del tessuto produttivo e della disocupazione giovanile sta diventando una bomba con la miccia accesa. 

Vi è di più: le attuali generazioni di pensionati, a cominciare da quelli italiani, non si rendono conto di quello che sta accadendo, hanno visto in passato la giostra della cuccagna che ha sempre elargito regali a tutti e ora borbottano spazientiti perché non riescono più a conseguire le rendite finanziarie di un tempo o perché non riescono ad affittare l’appartamento che hanno ai prezzi di cinque anni fa. Purtroppo nella maggior parte dei casi abbiamo a che fare con persone stupide, ignoranti ed avide. Di certo la loro generazione al momento non può essere chiamata in causa per risolvere proprio quello che ha creato. I ragazzi di oggi che sono interinali a singhiozzo devono beffardamente ringraziare i loro nonni o i loro genitori per quello che sta accadendo o per il lavoro che non hanno. Purtroppo non può avere futuro un paese in cui sono (per adesso) i nonni a prendersi cura dei nipoti, e non il contrario. Il peggio deve ancora arrivare: l’unica incertezza è il quando.

Riproduzione concessa con citazione della fonte
EugenioBenetazzo.com

 
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Addio informazione: dittatura mediatica del governo

Post n°1311 pubblicato il 05 Giugno 2010 da albert.z
 


Sul ddl intercettazioni stiamo assistendo a un'operazione di maquillage che l'Italia dei Valori denuncia con forza. Il nostro dissenso verso questa legge vergogna rimane netto e senza tentennamenti. E' un no di principio. E' un no alla difficoltà ad intercettare che questo Governo vuole imporre alla magistratura. E' un no al bavaglio che Berlusconi e i suoi fedelissimi vogliono imporre alla stampa.

Nell'ultimo periodo mi chiedo spesso se l'articolo 21 della Costituzione, quello che definisce la stampa non soggetta a censure, esista ancora oppure no.
E' un dubbio sempre più consistente, considerato che la libertà di informare ed essere informati, purtroppo per il nostro Paese, è sempre più sottoposta a lacci e laccioli.
Adesso il Governo cerca di indorare la pillola sul Ddl Alfano stralciando la norma sugli 007. Ma è un gioco che non ci convince. Prima lanciano la bomba. Poi, dopo aver fatto tanti feriti, se ne escono dicendo: "La seconda bomba non la lanciamo più".
In realtà le mosse di questo Governo sono ormai chiare a tutti. Non sorprende, ad esempio, l'ultimo caso relativo alle trasmissioni in Rai di Roberto Saviano.

La Rai è ormai diventata la stalla di Arcore, e il direttore della Rai è il suo stalliere. Si rivela nel direttore generale una preoccupante perdita di autorevolezza e credibilità.  Chiediamo al ministro delle Comunicazioni se ritenga di farsi promotore di una modifica del contratto di servizio con la Rai per poter in futuro consentire la rimozione del direttore generale quando si rivelino palesi atti d’insufficiente competenza e autorevolezza.

E' vergognoso chiedere di oscurare uno come Roberto Saviano, pensando che possa offendere l'Italia andando in tv. Mentre nessuno chiede di oscurare gente come il presidente del Consiglio, che offende il Paese quotidianamente.

Leoluca Orlando

Sta per arrivare una legge che con ogni probabilità legherà le mani ai magistrati, chiuderà in molti casi la bocca ai giornali, proteggerà gli affari della malavita organizzata, regalerà l’impunità ai politici che fanno affari oltre la legge e soffocherà anche la libertà della Rete. Non è pochissimo. Vorremmo gentilmente sapere, articolo per articolo e parola per parola, in modo del tutto trasparente, chi la sta scrivendo.

Comunque saremo in una dittatura mediatica di regime.

E Napolitano firma. Per lui va bene tutto, basta che lo lascino tranquillo nella sua reggia, a far finta di fare il Presidente.

 

 

 
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La verità sulla casa a Silvana Mura

Post n°1310 pubblicato il 03 Giugno 2010 da albert.z
 

In merito alle dichiarazioni dell’architetto Zampolini e alle notizie di stampa pubblicate nelle ultime ore circa l’appartamento di via Quattro Fontane non ho alcun problema a dichiarare di essere la persona che vi abita.
Per vivere in questa casa, di due stanze, bagno e cucina, pago un canone di locazione mensile di 1.800 euro al mese piu’ spese condominiali per un importo totale di oltre 2.000 euro mensili, come previsto da regolare contratto stipulato nel novembre del 2006 con la Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, proprietaria dell’immobile, dal sig. Claudio Belotti, padre di mio figlio.
Non conosco ne’ ho mai avuto alcun rapporto con i signori Balducci e Anemone, ma per tutto quello che attiene al mio appartamento ho sempre avuto come unico referente l’ente proprietario dell’immobile.
Non corrisponde dunque al vero che l’on. Antonio Di Pietro sia mai stato affittuario di questo appartamento, ne’ che me lo abbia ceduto sotto alcuna forma.
Come tesoriera del partito Italia dei Valori, dichiaro inoltre, che e’ destituita di ogni fondamento la notizia secondo cui il partito Italia dei Valori avrebbe preso in locazione un appartamento in via della Vite.
Poiche’ personalmente, e come tante altre persone che abitano in appartamenti di proprieta’ della Congregazione per l’evangelizzazione dei Popoli, non ho mai avuto nulla a che fare con la cosi’ detta ‘cricca’, ma mi trovo invece destinataria dell’ennesima “crocchetta” avvelenata, poiche’ si ritiene che colpendo me si possa in qualche modo colpire Antonio Di Pietro, ho dato mandato ai miei legali di vagliare attentamente le notizie pubblicate oggi sul mio conto e di assumere tutte le iniziative necessarie contro coloro che si sono resi e si renderanno autori di dichiarazioni lesive della verita’ e della mia dignita’ personale.

Ritengo valide le risposte di Silvana Mura e di Di Pietro su queste cose: qualcuno cerca di intorbidare le acque per salvare se stesso o gli amici.

 
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Quando il male vuole apparire come il bene

Post n°1309 pubblicato il 03 Giugno 2010 da albert.z
 

Evasione, processi e condoni
la "favola" fiscale del premier

di MASSIMO GIANNINI

NELLA sua breve e "inappellabile" telefonata a Ballarò 1 dell'altro ieri, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha fornito agli italiani due importanti "notizie". La prima in risposta ad una osservazione effettivamente sollevata in studio da chi scrive. "È una menzogna che io abbia fornito qualunque forma di giustificazione morale ai fenomeni di evasione fiscale". La seconda replicando ad un'accusa che invece nessuno gli aveva mosso: "Non ho mai evaso le tasse, né io né le mie aziende".

GUARDA IL VIDEO 2

Rispetto a queste affermazioni, e affidandosi esclusivamente ai fatti oggettivi della cronaca di questi anni, è utile ripercorrere tutto ciò che è realmente accaduto. Senza giudizi. Senza commenti. Ma attingendo semplicemente alle parole pronunciate dal premier, ai processi nei quali è stato ed è tuttora coinvolto, e ai condoni varati dai governi che ha presieduto.

LE PAROLE
1) Autunno del 2000: Berlusconi è il leader dell'opposizione. Il 15 ottobre è a Milano, e interviene alla festa di Alleanza Nazionale, partner di Forza Italia nella nascente Casa delle Libertà. Ai militanti dell'allora alleato di ferro Gianfranco Fini, il Cavaliere dice, testualmente: "Non ne può più neanche il mio dentista, che paga il 63% di tasse. Ma oltre il 50% è già una rapina... Non volete che non ci si ingegni? E' legittima difesa...".
2) Inverno 2004: Berlusconi è presidente del Consiglio, ha rivinto le elezioni per la seconda volta. In una conferenza stampa a Palazzo Chigi, risponde alla domanda di un cronista e dichiara, testualmente: "Le tasse sono giuste se arrivano al 33%, se vanno oltre il 50 allora è morale evaderle".
3) Autunno 2004: Berlusconi, sempre capo del governo, interviene alla cerimonia annuale della Guardia di Finanza e, dal palco, arringa così le Fiamme Gialle, impegnate nella lotta agli evasori: "Voi agite con grande equilibrio e rispetto dei cittadini, nei confronti di chi si vuole sottrarre a un obbligo che qualche volta si avverte come eccessivo. C'è una norma di diritto naturale che dice che se lo Stato ti chiede un terzo di quello che con tanta fatica hai guadagnato ti sembra una richiesta giusta e glielo dai in cambio dei servizi che lo Stato ti offre. Ma se lo Stato ti chiede di più, o molto di più, c'è una sopraffazione nei tuoi confronti: e allora ti ingegni per trovare sistemi elusivi che senti in sintonia con il tuo intimo sentimento di moralità, che non ti fanno sentire colpevole...".
4) Primavera 2008: Berlusconi è in piena campagna elettorale, dopo la caduta del governo Prodi. Il 2 aprile interviene all'assemblea annuale dell'Ance, l'Associazione nazionale dei costruttori. E afferma quanto segue: "Se lo Stato ti chiede un terzo di quanto guadagni, allora la tassazione ti appare una cosa giusta, ma se ti chiede il 50-60% ti sembra una cosa indebita e ti senti anche un po' giustificato a mettere in atto procedure di elusione e, a volte, anche di evasione. Noi abbiamo un'elusione fiscale record giustificata da aliquote troppo elevate...".
5) Autunno 2008: Berlusconi ha stravinto, per la terza volta, le elezioni. Il 4 ottobre, di nuovo in conferenza stampa a Palazzo Chigi (immortalato dalle telecamere dei tg delle tre reti Rai) sostiene: "Se io lavoro, faccio tanti sacrifici... Se lo Stato poi mi chiede il 33% di quello che ho guadagnato sento che è una richiesta corretta in cambio dei servizi che lo Stato mi da. Ma se mi chiede il 50% sento che è una richiesta scorretta e mi sento moralmente autorizzato ad evadere, per quanto posso, questa richiesta dello Stato...".

I PROCESSI
Insieme alle parole, ci sono gli atti che Berlusconi compie e ha compiuto in questi anni. Prima di tutto come privato cittadino e come imprenditore che guida un impero mediatico, industriale e finanziario. Un ruolo che lo ha esposto a numerosi processi, per comportamenti illeciti che configurano altrettante evasioni tributarie. Qui rilevano solo i principali procedimenti con ricadute fiscali, dunque, e non anche quelli per reati penali di altro genere (come ad esempio il processo per il Lodo Mondadori, per corruzione, o il processo Mills, per corruzione in atti giudiziari, anche questi per altro "risolti" grazie alle leggi ad personam varate nel frattempo dallo stesso governo Berlusconi, come il Lodo Alfano prima, il legittimo impedimento poi).
1) Tangenti alla Guardia di Finanza: Berlusconi è accusato di averne pagate per evitare controlli fiscali su quattro sue società, Mediolanum, Mondadori, Videotime e Telepiù. In primo grado viene condannato a 2 anni e 9 mesi. In appello i magistrati applicano le attenuanti generiche, e quindi scatta la prescrizione. Cioè l'imputato ha commesso il reato, ma per il giudice è scaduto il tempo utile alla condanna.
2) All Iberian 1: Berlusconi è accusato di aver pagato tangenti per 21 miliardi a Bettino Craxi. Viene condannato in primo grado a 2 anni e 4 mesi. In appello, ancora una volta, scatta la prescrizione.
3) All Iberian 2 e 3: in questi altri due filoni di questo processo Berlusconi è accusato di falso in bilancio, con costituzione di fondi neri per 1000 miliardi di vecchie lire, ed evasione delle relative imposte, attraverso quello che i periti tecnici della Kpmg e i pm di Milano definiscono il "Group B very discreet" della Fininvest, cioè il "presunto comparto estero riservato" della finanziaria del Cavaliere. Viene assolto perché "il reato non sussiste più": nel frattempo, alla fine del 2002, il suo governo ha approvato la legge che depenalizza il falso in bilancio e i reati societari.
4) Medusa Cinema: Berlusconi è accusato di illecito nell'acquisto della società cinematografica, per 10 miliardi non iscritti a bilancio. Condannato in primo grado a 1 anno e 4 mesi, viene assolto in appello, ancora una volta con la formula della prescrizione. Il reato c'è, ma i termini per la condanna sono scaduti.
5) Diritti televisivi Mediaset: Berlusconi è accusato dai pm di Milano per appropriazione indebita e frode fiscale per 13,3 milioni di euro. La procura ha chiesto il rinvio a giudizio, ma il processo è stato sospeso, prima per effetto del Lodo Alfano (dichiarato successivamente incostituzionale dalla Consulta), e ora per l'intervento della legge sul legittimo impedimento.

I CONDONI
C'è infine una sfera "pubblica", che riguarda le decisioni che il Cavaliere ha assunto come capo del governo, nella lotta contro gli evasori fiscali e nella "disciplina" di casi che, sotto questo profilo, hanno riguardato direttamente lui stesso o le sue aziende.
1) Nella primavera 1994 Berlusconi "scende in campo" e vince le sue prime elezioni. E' l'epifania della Seconda Repubblica. Per festeggiarla, il governo vara il suo primo condono fiscale: frutta ben 6,4 miliardi di euro. Forte di questo trionfo, lo stesso governo vara anche il suo primo condono edilizio, che porta nelle casse del fisco 2,5 miliardi. Seguiranno altre cinque sanatorie, nel corso delle successive legislature guidate dal Cavaliere: nel 2003 nuovo condono fiscale di Tremonti, per 19,3 miliardi, insieme il primo scudo fiscale per il rientro dei capitali all'estero da 2 miliardi, poi nel 2004 nuovo condono edilizio di Lunardi da 3,1 miliardi, e infine tra il 2009 e il 2010 l'ennesimo scudo fiscale, appena concluso, e con un rimpatrio di capitali previsto in oltre 100 miliardi di euro. L'infinita clemenza verso chi non paga le tasse, praticata in questi sedici anni, non è servita a stroncare il fenomeno dell'evasione, anzi l'ha alimentato.
2) Dei condoni hanno beneficiato milioni di italiani. Ma ha beneficiato anche il premier e il suo gruppo. Dopo la Finanziaria del '93 che introduce il secondo condono tombale, rispondendo ad un articolo di Repubblica che anticipava la sua intenzione di beneficiare della sanatoria, Berlusconi fa una promessa solenne durante la conferenza stampa di fine d'anno: "Vi assicuro che né io né le mie aziende usufruiremo del condono". Si scoprirà poi che Mediaset farà il condono per 197 milioni di tasse evase, versandone al fisco appena 35, e lo stesso farà il Cavaliere per i suoi redditi personali, risolvendo il suo contenzioso da 301 milioni di euro pagando all'Agenzia delle Entrate appena 1.800 euro.
3) Condono peri i coimputati: con decreto legge 143 del giugno 2003, presunta "interpretazione autentica" del condono di quell'anno, il governo infila tra i beneficiari anche coloro che "hanno concorso a commettere i reati", pur non avendo firmato dichiarazioni fraudolente. Ennesima formula ad personam: consente di salvare i 9 coimputati del premier nel processo per falso in bilancio.
4) Condono di Villa Certosa: Il tribunale di Tempio Pausania indaga da tempo sugli abusi edilizi commessi nella ristrutturazione della residenza sarda del premier. Con decreto del 6 maggio 2004 il governo attribuisce a Villa Certosa la qualifica di "sede alternativa di massima sicurezza per l'incolumità del presidente del Consiglio". Nel 2004, con la legge 208, il condono edilizio dell'anno precedente viene esteso anche alle cosiddette "zone protette". Villa Certosa, nel frattempo, lo è appunto diventata. La Idra, società che gestisce il patrimonio immobiliare del premier, presenta subito dieci richieste di condono, e chiude così il contenzioso con il fisco. Versamento finale nelle casse dell'Erario: 300 mila euro. E amici come prima.
m.giannini@repubblica.it

(03 giugno 2010)  da Repubblica

 
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