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Messaggi di Agosto 2010

36ESIMA LEGGE AD PERSONAM A FAVORE DI BERLUSCONI E DELLE SUE AZIENDE!!!!!!!!!

Post n°1395 pubblicato il 19 Agosto 2010 da albert.z
 

Mondadori salvata dal Fisco
scandalo "ad aziendam" per il Cavaliere

La somma dovuta dall'azienda editoriale: 173 milioni, più imposte, interessi, indennità di mora e sanzioni. Una norma che si somma ai 36 provvedimenti "ad personam" fatti licenziare alle Camere dal premier. Segrate è difesa al meglio: i suoi interessi li cura lo studio tributario di Giulio Tremonti, nel '91 non ancora ministro. Marina Berlusconi mette da parte 8,6 milioni, in attesa delle integrazioni al decreto. Che puntualmente arrivano

di MASSIMO GIANNINI 

Sotto i nostri occhi, distolti dalla Parentopoli privata di Gianfranco Fini usata come arma di distruzione politica e di distrazione di massa, sta passando uno scandalo pubblico che non stiamo vedendo. Questo scandalo si chiama Mondadori. Il colosso editoriale di Segrate  -  di cui il premier Berlusconi è "mero proprietario" e la figlia Marina è presidente  -  doveva al Fisco la bellezza di 400 miliardi di vecchie lire, per una controversia iniziata nel '91. Grazie al decreto numero 40, approvato dal governo il 25 marzo e convertito in legge il 22 maggio, potrà chiudere la maxi-vertenza pagando un mini-tributo: non i 350 milioni di euro previsti (tra mancati versamenti d'imposta, sanzioni e interessi) ma solo 8,6. E amici come prima.

Un "condono riservato". Meglio ancora, una legge "ad aziendam". Che si somma alle 36 leggi "ad personam" volute e fatte licenziare dalle Camere dal Cavaliere, in questi tumultuosi quindici anni di avventurismo politico. Repubblica ha già dato la notizia, in splendida solitudine, l'11 agosto scorso. Ma ora che il centrodestra discute di una "questione morale" al suo interno, ora che la propaganda di regime costruisce teoremi assolutori sul "così fan tutti" e la macchina del fango istruisce dossier avvelenati sulle compravendite immobiliari, è utile tornarci su. E raccontare fin dall'inizio la storia, che descrive meglio di ogni altra l'enormità del conflitto di interessi del premier, il micidiale intreccio tra funzioni pubbliche e affari privati, l'uso personale del potere esecutivo e l'abuso politico sul potere legislativo.

Il prologo: paura a Segrate

La vicenda inizia nel 1991, quando il marchio Mondadori, da poco entrato nell'orbita berlusconiana, decide di varare una vasta riorganizzazione nelle province dell'impero. Scatta una fusione infragruppo tra la stessa Arnoldo Mondadori Editore e la Arnoldo Mondadori Editore Finanziaria (Amef). Operazioni molto in voga, soprattutto all'epoca, per nascondere plusvalenze e pagare meno tasse. Il Fisco se ne accorge, scattano gli accertamenti, e le Finanze chiedono inizialmente 200 miliardi di imposte da versare. L'azienda ricorre e si apre il solito, lunghissimo contenzioso. Da allora, la Mondadori vince i due round iniziali, davanti alle Commissioni tributarie di primo e di secondo grado. È assistita al meglio: i suoi interessi fiscali li cura, in aula, lo studio tributario di Giulio Tremonti, nel 1991 non ancora ministro delle Finanze (lo diventerà nel '94, con il primo governo Berlusconi). Nell'autunno del 2008 l'Agenzia delle Entrate presenta il suo ricorso in terzo grado, alla Cassazione. Nel frattempo la somma dovuta dall'azienda editoriale del presidente del Consiglio è lievitata: 173 milioni di euro di imposte dovute, alle quali si devono aggiungere gli interessi, le indennità di mora e le eventuali sanzioni. Il totale fa 350 milioni di euro, appunto.

Se la Suprema Corte accogliesse il ricorso, per Segrate sarebbe un salasso pesantissimo. Soprattutto in una fase di crisi drammatica per il mercato editoriale, affogato quanto e più di altri settori dalla "tempesta perfetta" dei mutui subprime che dal 2007 in poi sommerge l'economia del pianeta. Così, nel silenzio che aleggia sull'intera vicenda e nel circuito perverso del berlusconismo che lega la famiglia naturale alla famiglia politica, scatta un piano con le relative contromisure. Che non sono aziendali, secondo il principio del liberalismo classico: mi difendo "nel" mercato, e non "dal" mercato. Ma normative, secondo il principio del liberismo berlusconiano: se dal mercato non mi posso difendere, cambio le leggi. Un "metodo" collaudato, ormai, che anche sul fronte dell'economia (come avviene da anni su quello della giustizia) esige il "salto di qualità": chiamando in causa la politica, mobilitando il partito del premier, militarizzando il Parlamento. Un "metodo" che, nel caso specifico, si tradurrà in tre tentativi successivi di piegare l'ordinamento generale in funzione di un vantaggio particolare. I primi due falliranno. Il terzo centrerà l'obiettivo.

Il primo tentativo: il "pacchetto giustizia"

Siamo all'inverno 2008. Nessuno sa nulla, del braccio di ferro che vede impegnate la Mondadori e l'Amministrazione Finanziaria. Nel frattempo, il 13 aprile dello stesso anno il Cavaliere ha stravinto le elezioni, è di nuovo capo del governo, e Tremonti, da "difensore" del colosso di Segrate in veste di tributarista, è diventato "accusatore" del gruppo, in veste di ministro dell'Economia. Può scattare il primo tentativo. E nessuno si insospettisce, quando nel mese di dicembre un altro ministro del Berlusconi Terzo, il guardasigilli Angelino Alfano, presenta il suo corposo "pacchetto giustizia" nel quale, insieme al processo breve e alla nuova disciplina delle intercettazioni telefoniche, compare anche la cosiddetta "definizione agevolata delle liti tributarie". Una norma stringatissima: prevede che nelle controversie fiscali nelle quali abbia avuto una sentenza favorevole, in primo e in secondo grado, il contribuente può estinguere la pendenza, senza aspettare l'eventuale pronuncia successiva in terzo grado (cioè la Cassazione) versando all'erario il 5% del dovuto. È un piccolo "colpo di spugna", senz'altro. Ma è l'ennesimo, e sembra rientrare nella logica delle sanatorie generalizzate, delle quali i governi di centrodestra sono da sempre paladini. In realtà, è esattamente il "condono riservato" che serve alla Mondadori.

L'operazione non riesce. Il treno del "pacchetto giustizia", che veicola la pillola avvelenata di quello che poi sarà ribattezzato il "Lodo Cassazione", non parte. La dura reazione del Quirinale, dei magistrati e dell'opposizione, sia sul processo breve che sulle intercettazioni, costringe Alfano allo stop. "Il pacchetto giustizia è rinviato al prossimo anno", dichiara il Guardasigilli alla vigilia di Natale. Così si blocca anche la "leggina" salva-Mondadori. Ma dietro le quinte, nei primi mesi del 2009, non si blocca il lavoro dell'inner circle del presidente del Consiglio. Il tempo stringe: la Cassazione ha già fissato l'udienza per il 28 ottobre 2009, di fronte alla sezione tributaria, per discutere della controversia fiscale tra l'Agenzia delle Entrate e l'azienda di Segrate. Così scatta il secondo tentativo. In autunno si discute alla Camera la Legge Finanziaria per il 2010. È il secondo "treno" in partenza, e per chi lavora a tutelare gli affari del premier è da prendere al volo.

Il secondo tentativo: la Finanziaria

Giusto alla vigilia dell'udienza davanti alla sezione tributaria della Suprema Corte, presieduta da un magistrato notoriamente inflessibile come Enrico Altieri, accadono due fatti. Il primo fatto accade al "Palazzaccio" di Piazza Cavour: il 27 ottobre il presidente della Cassazione Vincenzo Carbone (che poi risulterà pesantemente coinvolto nello scandalo della cosiddetta P3) decide a sorpresa di togliere la causa Agenzia delle Entrate/Mondadori alla sezione tributaria, e di affidarla alle Sezioni Unite come richiesto dagli avvocati di Segrate, con l'ovvio slittamento dei tempi in cui verrà discussa. Il secondo fatto accade a Montecitorio: il 29 ottobre, in piena notte, il presidente della Commissione Bilancio Antonio Azzolini, ovviamente del Pdl, trasmette alla Camera il testo di due emendamenti alla Finanziaria. Il primo innalza da 75 a 78 anni l'età di pensionamento per i magistrati della Cassazione (Carbone, il presidente che due giorni prima ha deciso di attribuire la causa Mondadori alle Sezioni Unite, sta per compiere proprio 75 anni, e quindi dovrebbe lasciare il servizio di lì a poco). Il secondo riproduce testualmente la "definizione agevolata delle liti tributarie" già prevista un anno prima dal "pacchetto giustizia" di Alfano. È di nuovo la legge "ad aziendam", che stavolta, con la corsia preferenziale della manovra economica, non può non arrivare al traguardo.

Ma anche questo secondo tentativo fallisce. Stavolta, a bloccarlo, è Gianfranco Fini. La mattina del 30 ottobre, cioè poche ore dopo il blitz notturno di Azzolini, il relatore alla Finanziaria Maurizio Sala (ex An) avverte il presidente della Camera: "Leggiti questo emendamento che consente a chi è in causa con il Fisco e ha avuto ragione in primo e in secondo grado di evitare la Cassazione pagando un obolo del 5%: c'è del marcio in Danimarca...". Fini legge, e capisce tutto. È l'emendamento salva-Mondadori, con la manovra non c'entra nulla, e non può passare. La norma salta ancora una volta. E non a caso, proprio in quella fase, cominciano a crescere le tensioni politiche tra Berlusconi e Fini, che due anni dopo porteranno alla rottura. Ma crescono anche le preoccupazioni di Marina sull'andamento dei conti di Segrate. Per questo il premier e i suoi uomini non demordono, e di lì a poco tornano all'attacco. Scatta il terzo tentativo. Siamo ai primi mesi del 2010, e sui binari di Palazzo Chigi c'è un terzo "treno" pronto a partire. Il 25 marzo il governo vara il decreto legge numero 40. È il cosiddetto "decreto incentivi", un provvedimento monstre, dove l'esecutivo infila di tutto. Durante l'iter di conversione, il Parlamento completa l'opera. Il 28 aprile, ancora una volta durante una seduta notturna, un altro parlamentare del Pdl, Alessandro Pagano, ripete il blitz, e ripresenta un emendamento con la norma salva-Mondadori.

Il terzo tentativo: il "decreto incentivi"

Stavolta, finalmente, l'operazione riesce. Il 22 maggio le Camere convertono definitivamente il decreto. All'articolo 3, relativo alla "rapida definizione delle controversie tributarie pendenti da oltre 10 anni e per le quali l'Amministrazione Finanziaria è risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio", il comma 2 bis traduce in legge la norma "ad aziendam": "Il contribuente può estinguere la controversia pagando un importo pari al 5% del suo valore (riferito alle sole imposte oggetto di contestazione, in primo grado, senza tener conto degli interessi, delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni)". E pazienza se il presidente della Repubblica Napolitano, poco dopo, sul "decreto incentivi" invia alle Camere un messaggio per esprimere "dubbi in ordine alla sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza, per alcune nuove disposizioni introdotte, con emendamento, nel corso del dibattito parlamentare". E pazienza se la critica del Quirinale riguarda proprio quell'articolo 3, comma 2 bis. Ormai il gioco è fatto. Il colosso editoriale di proprietà del presidente del Consiglio è sostanzialmente salvo. Per consentire alla Mondadori di chiudere definitivamente i conti con il Fisco manca ancora un banale dettaglio, che rende necessario un ultimo passaggio parlamentare. Il decreto 40 non ha precisato che, per considerare concluso a tutti gli effetti il contenzioso, occorre la certificazione da parte dell'Amministrazione Finanziaria.

Per questo, nel bilancio semestrale 2010 del gruppo di Segrate, presentato il 30 giugno scorso, Marina Berlusconi fa accantonare "8.653 migliaia di euro relativi al versamento dell'importo previsto dal decreto legge 25 marzo 2010, numero 40" sulla "chiusura delle liti pendenti", e fa scrivere, a pagina 61, al capitolo "Altre attività correnti": "Pur nella convinzione della correttezza del proprio operato, e con l'obiettivo di non esporre la società a una situazione di incertezza ulteriore, sono state attuate le attività preparatorie rispetto al procedimento sopra richiamato. In particolare si è proceduto all'effettuazione del versamento sopra richiamato. Nelle more della definizione del quadro normativo, a fronte dell'introduzione di specifiche attestazioni da parte dell'Amministrazione Finanziaria previste nelle ultime modifiche al decreto, e tenuto anche conto del fatto che gli atti necessari per il perfezionamento del procedimento e l'acquisizione dei relativi effetti non sono stati ancora completati, la società ha ritenuto di iscrivere l'importo anticipato nella posta in esame...". Ricapitolando: la Mondadori mette da parte poco più di 8,6 milioni di euro, cioè il 5% dei 173 che avrebbe dovuto al Fisco (al netto di sanzioni e interessi), in attesa di considerare perfezionato il versamento al Fisco in base alle ultime integrazioni al decreto che saranno effettuate in Parlamento. E le integrazioni arrivano puntuali, alla Camera, il 7 luglio: nella manovra 2011 il relatore Antonio Azzolini (ancora lui) inserisce l'emendamento finale: "L'avvenuto pagamento estingue il giudizio a seguito dell'attestazione degli uffici dell'Amministrazione Finanziaria comprovanti la regolarità dell'istanza e il pagamento integrale di quanto dovuto". Ci siamo: ora il "delitto" è davvero perfetto. La Mondadori può pagare pochi spiccioli, e chiudere in gloria e per sempre la guerra con l'Erario, che a sua volta gliene da atto rilasciandogli regolare "quietanza".

L'epilogo: una nazione "ad personam"?

Sembra un romanzaccio di fanta-finanza o di fanta-politica. È invece la pura e semplice cronaca di un pasticciaccio di regime. Nel quale tutto è vero, tutto torna e tutto si tiene. Stavolta Berlusconi non può dire "non mi occupo degli affari delle mie aziende": non è forse vero che il 3 dicembre 2009 (come riportato testualmente dalle intercettazioni dell'inchiesta di Trani) nel pieno del secondo tentativo di far passare la legge "ad aziendam" dice al telefono al commissario dell'Agcom Giancarlo Innocenzi "è una cosa pazzesca, ho il fisco che mi chiede 900 milioni... De Benedetti che me li chiede ma ha già avuto una sentenza a favore, 750 milioni, pensa te, e mia moglie che mi chiede 90 miliardi delle vecchie lire all'anno... sono messo bene, no?". Stavolta Berlusconi non può dire che Carboni, Martino e Lombardi sono solo "quattro sfigati in pensione": non è forse vero che nelle 15 mila pagine dell'inchiesta delle procure sulla cosiddetta P3 la parola "Mondadori" ricorre 430 volte (insieme alle 27 in cui si ripete la parola "Cesare") e che nella frenetica attività della rete criminale creata per condizionare i magistrati nell'interesse del premier sono finiti sia il presidente della Cassazione Carbone (cui come abbiamo visto spettava il compito di dirottare alle Sezioni Unite la vertenza Mondadori-Agenzia delle Entrate) sia il presidente dell'Avvocatura dello Stato Oscar Fiumara (cui competeva il necessario via libera a quel "dirottamento"?).

È tutto agli atti. Una sola domanda: di fronte a un simile sfregio delle norme del diritto, un simile spregio dei principi del mercato e un simile spreco di denaro pubblico, ci si chiede come possano tacere le istituzioni, le forze politiche, le Confindustrie, gli organi di informazione. Possibile che "ad personam", o "ad aziendam", sia ormai diventata un'intera nazione?

m.giannini@repubblica. it

 
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I nostri cari ladri non estinti

Post n°1394 pubblicato il 19 Agosto 2010 da albert.z
 
Tag: LADRI

Buongiorno a tutti, si avvicina la ripresa delle attività, questo è il penultimo Passaparola registrato prima delle vacanze, credo che questi Passaparola così un po’ a volo pindarico ci aiutino a guardare un po’ più dall’altro la nostra realtà e magari a capire meglio quello che succede.

Tutti i ladri del Presidente
Molto spesso ci sono commentatori che non è che non capiscono quello che succede, fanno finta di non capire quello che succede, pensate soltanto a quanta ipocrisia intorno alle leggi vergogna, quanti paraculi ci hanno raccontato che le leggi vergogna con qualche aggiustamento, con qualche emendamento possono funzionare e quanti altri dicono: ma perché Berlusconi continua a occuparsi di queste faccende, della giustizia quando c’è un paese in crisi profonda, non si sa quante imprese riapriranno i battenti dopo l’estate, quanta gente perderà ancora il lavoro, quanto crollerà ancora il reddito degli italiani e lui si occupa soltanto di queste cose?


Politica, economia, giornalismo e Chiesa nel Paese di Berlusconi
I vertici della protezione civile sappiamo come sono messi, sono tutti tra l’ora d’aria e i domiciliari, c’è pure un cardinale indagato, il Cardinale Sepe, Vescovo di Napoli che era il capo della propaganda Fide e gestiva il patrimonio immobiliare sterminato del Vaticano, non tanto per raccogliere soldi per i poveri e le missioni, quanto per fare ogni tanto anche qualche favore a gente tipo Lunardi, Bertolaso, Bruno Vespa è un suo inquilino affezionatissimo.


Questo sistema fondato sul malaffare, sul crimine del potere, sulla corruzione e su tutti i contorni, non ci conviene proprio dal punto di vista economico e quindi se conoscete qualcuno che vota per dei ladri, ditegli di smettere, passate parola

Marco Travaglio

 
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ODIO LA SINISTRA..... E LA DESTRA

Post n°1393 pubblicato il 18 Agosto 2010 da albert.z
 

Odio la Sinistra,
odio la Sinistra dei cantori del nulla ideologico,
dei moralisti, degli intellettuali, dei filosofi
impegnata sempre a impartire lezioni.
Odio la Sinistra delle trattative sotto il tavolo,
degli inciuci, dei silenzi, delle votazioni in aula per l'indulto
e dell'assenza dall'aula per lo Scudo Fiscale.
Odio la Sinistra che ha trasformato l'opposizione in una caricatura,
la Sinistra autoreferenziale che non tollera nessuno alla sua sinistra e dialoga con mafiosi e piduisti.
Odio le ottusità e le furbizie della Sinistra, il distacco dagli operai, dai precari,
l'altezzosità dei suoi giornalisti maestri del pensiero unico.
Odio la Sinistra che ha dimenticato gli operai, i precari, i disoccupati,
la Sinistra dei sindacati scomparsi, quella degli inceneritori, dell'acqua privata,
del nucleare sicuro e dei parlamentari che maturano la pensione dopo due anni e mezzo.
Odio la Sinistra dei tesorieri di partito che incassa centinaia di milioni di rimborsi elettorali
e che organizza feste di partito tutto l'anno.
Odio la Sinistra che non è più comunista, né socialista e neppure socialdemocratica,
la Sinistra che candida De Luca in Campania e Carra in Parlamento e che elogia Tronchetti e Marchionne.
Odio la Sinistra che attacca in pubblico Berlusconi e che gli ha regalato televisioni,
ricchezza, impunità e che non ha mai fatto una legge sul conflitto di interessi,
la Sinistra che fa 10 domande su Noemi e la D'Addario per un'intera estate
e che per 15 anni non ne fa una sui mandanti della morte di Borsellino.
Odio la Sinistra che ha dimenticato Pasolini, Berlinguer, Pertini e che vuole riabilitare Craxi,
la Sinistra che se non sei di sinistra sei di destra e se sei di sinistra devi fare una coalizione delle forze progressiste.
Odio la Sinistra che si nutre di berlusconismo e di anti berlusconismo per sopravvivere,
la Sinistra che non discute mai di programmi,
ma di persone, avversari, equilibri, poltrone, percentuali di voto, candidati.
Odio la Sinistra della TAV, della base americana di Dal Molin e delle sue cooperative del cemento,
la Sinistra del "Lavoro, lavoro, lavoro!" di Fassino e sua moglie mantenuti in Parlamento da generazioni di italiani.
Odio la Sinistra dei consigli regionali in galera per tangenti, della Campania trasformata in discarica da Bassolino,
dei "termovalorizzatori" di Chiamparino, della spocchia dei funzionari di partito.
Odio la Sinistra dei richelieu da strapazzo che costruiscono alleanze e coalizioni nell'ombra.
Odio la Sinistra che, per non perdere voti, soffoca i movimenti dei cittadini nel suo recinto razionale e riformista
dove pascolano le vacche sacre con la barba bianca e, se non ci riesce, ne inventa di fasulli per occupare uno spazio politico.
Odio la Sinistra, così come la Destra, per la loro capacità di togliere ossigeno alle idee,
per la divisione dei cittadini in fazioni una contro l'altra armata con i politici a fare da arbitro,
per la distruzione della sola idea di un futuro.

BEPPE GRILLO

 
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IN RICORDO DI COSSIGA

Post n°1392 pubblicato il 18 Agosto 2010 da albert.z
 

Scrive Dalla Chiesa: "Ha condotto una massiccia attività di diseducazione civica e ha inaugurato un nuovo genere giornalistico: l'intervista a Cossiga, che consisteva nel mettergli davanti un microfono e ospitare senza fiatare le sue allusioni e le sue bugie". E lo storico Giuseppe De Lutiis aggiunge: "Faceva dichiarazioni continue, sempre parziali e mai utili alle indagini. Ha rivelato un cinquantesimo dei segreti di Stato che conosceva". Riposi in pace. E che nessuno faccia a lui i torti che lui fece alle vittime della Repubblica di Simone Ceriotti, Nando Dalla Chiesa e Luca Telese

 

12 Maggio 1977 : perchè Kossiga con il k

12 maggio 1977. Fino a che non si scoprirà tutta la verità sulla strategia della tensione e sui veri mandanti politici di decine di assassinii di stato , ritengo giusto ed opportuno appellare l’ex presidente Kossiga con la ” K”.

 

Giorgiana Masi venne colpita mortalmente alle spalle mentre fuggiva con i suoi compagni dalle cariche della polizia. L’inchiesta ha stabilito che a sparargli fu un tiratore inginocchiato che prese la mira. Voleva uccidere.Nei giorni successivi diverse persone, tra i quali Marco Pannella, sottolinearono nelle loro dichiarazioni la presenza di agenti in borghese nascosti tra i dimostranti.

Nel tardo pomeriggio (il sole era quasi calato poiché nel 1977 l’ora legale entrava in vigore dal 22 maggio), tra le ore 19 e le ore 20, due ragazze e un carabiniere furono raggiunti da proiettili esplosi da Ponte Garibaldi e da altre direzioni: primo a essere colpito, dopo le 19, il carabiniere Francesco Ruggeri (o Ruggero) ferito alla mano; verso le 20 vengono colpite Giorgiana Masi, 19 anni, alla schiena da un proiettile calibro 22, deceduta durante il trasporto in ospedale, e Elena Ascione, ferita a una gamba.

Kossiga smentì in tutti i modi ma alcune foto lo inchiodarono: aveva usato agenti provocatori ed era responsabile di quell’omocidio.

A 33 anni di distanza da quel tragico giorno non si conosce ancora il nome dell’assassino. Noi non lo conosciamo. Francesco Kossiga, presidente emerito della Repubblica Italiana, che all’epoca era Ministro dell’Interno, invece sa benissimo come sono andati i fatti e chi sono i responsabili, come ha ammeso lui stesso in una famosa intervista di un anno e mezzo fa.

Niente di strano, dal momento che è stato lui il mandante confesso di quell’omicidio di Stato: “Maroni dovrebbe fare quel che feci io quando ero Ministro dell’Interno (…) Infiltrare il movimento con agenti pronti a tutto…”

Si riferiva alle prime uscite del movimento dell’onda nell’autunno 2008  ed agli scontri di Piazza Navona tra i ragazzi del movimento degli studenti che contrastavano la controriforma Gelmini ed i fascisti del blocco studentesco che mostravano la solita faccia accondiscendente col potere e violenta coi movimenti.

Oggi come allora i fascisti servivano al potere per destabilizzare  i progressi delle lotte e , come dice Kossiga, per attuare la strategia della tensione .

Ma a parte i piccoli Fioravanti servi della strategia Kossighiana, il consiglio a Maroni è sull’ utilizzo di agenti provocatori. Uno dei  peggiori grandi vecchi della notte e del buio del nostro paese ( l’altro è Andreotti) vuole consigliare ai giovani epigoni fascio leghisti come imparare presor e bene la strategia utile 30 anni fa: da Piazza Alimonda agli omicidi in carcere, questi fascistelli in erba verde sono ancora dilettanti…

Rosellina970

http://oknotizie.virgilio.it/go.php?us=10101055ff7dd843

 
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LEGGI AD PERSONAM, AZIENDAM, CRICCAM

Post n°1391 pubblicato il 13 Agosto 2010 da albert.z
 

 , Lario , leggi ad personam , Mondadori

Mondadori DayMondadori Day

Non c'è atto, legge, decreto, norma, provvedimento di questo governo che non porti il marchio di fabbrica di Silvio Berlusconi. E' una marchio inconfondibile, che sforna provvedimenti in serie con su scritto "ad personam", con la variante, ad aziendam, che poi è la stessa identica cosa. Ultimo in ordine di tempo è la cosiddetta norma salva Mondadori, ultimo atto dell'era Berlusconi. Anche questa volta, come tutte le volte, la maggioranza ha camuffato per bene l'ennesima legge ad aziendam e l'ha furbescamente infilata tra le pieghe di un altro provvedimento, il Decreto legge incentivi, che con la materia editoria non ha nulla a che fare. Un abile trucchetto messo in campo ogni volta per imbrogliare il Parlamento. In virtù di questo provvedimento, la Mondadori, casa editrice di proprietà del presidente del Consiglio, che doveva versare al Fisco 173 milioni di euro, saliti a 350 per via degli interessi, ne ha pagati solo 8,6 milioni, chiudendo un contenzioso quasi ventennale con le agenzie delle entrate per il mancato pagamento di tasse evase nel '91, ai tempi della fusione Amef e Arnoldo Mondadori. Insomma, un ennesimo lodo che consente di archiviare i processi tributari arrivati in Cassazione con due sentenze favorevoli al contribuente mediante il pagamento del solo 5 per cento del valore della lite. E sì che la faccenda scocciava parecchio al presidente del Consiglio che, in un'intercettazione con l'ex consigliere dell'Agcom Giancarlo Innocenzi, per descrivere la voracità del fisco la paragonava a quella dell'ex moglie Veronica Lario. Ma in soccorso del presidente è giunto puntuale il governo e la sua maggioranza che gli ha sfornato il provvedimentino ad hoc. Dunque, mentre il 2009 ha segnato un anno difficilissimo per tutta l'editoria, la Mondadori è stata l'unica a chiudere con 34 milioni di utile netto e un giro di affari di 1,5 miliardi di euro. Questo è Berlusconi, la sua concezione della politica al servizio di se stesso e dei suoi interessi. Questo è il berlusconismo che noi combattiamo da sempre: un gigantesco, unico al mondo conflitto di interessi che si fa gioco della democrazia, della Costituzione, delle leggi dello Stato per sistemare se stessi e le proprie pendenze, per usare le parole di Famiglia Cristiana, la difesa e la tutela dei propri interessi a svantaggio degli altri. Ieri Beppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, ironicamente, si diceva certo che tutti i media oggi si sarebbero occupati della norma Salva Mondadori con la stessa attenzione dedicata giustamente alla casa di Montecarlo. Mai come in questo momento c'è bisogno di scrivere una pagina nuova per il bene del Paese.

 Buone vacanze a tutti. Con amicizia,

Massimo Donadi

 
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Storia del PD

Post n°1390 pubblicato il 13 Agosto 2010 da albert.z
 

Storia del PD

Non ci sono più i De Gasperi, Fanfani, Donat Cattin, La Pira, Berlinguer.

Ora abbiamo politici scadenti, incapaci, inciucioni

che ci hanno svenduto a Berlusconi,

facendolo diventare il padrone di tutto.

 
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Europa7 e Rete4. Un caso di somma ingiustizia

Post n°1389 pubblicato il 13 Agosto 2010 da albert.z
 

Un caso di somma ingiustizia, che grida vendetta!

Francesco Di Stefano parla del suo diritto, calpestato da tutti, a vantaggio di Berlusconi

 

 

 
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Imputati. Possono essere utili se parlano, ma la legge li fà tacere.

Post n°1387 pubblicato il 12 Agosto 2010 da albert.z
 

Legge infame Fassino Napolitano sui pentiti

 

 

Spatuzza non protetto dal governo, perché parla di Berlusconi!

 

 

 
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Occorre un ricambio nel PD. Via i compromessi con Berlusconi

Post n°1386 pubblicato il 12 Agosto 2010 da albert.z
Foto di albert.z

Battere Berlusconi, nonostante le sue tv e i giornali a Lui favorevoli, sarebbe possible, anche se con una certa difficoltà. Basterebbe fare in modo che la gente delusa dai vari governi Prodi, D'Alema, Amato, Prodi2, tornasse a votare. Per farlo, devono andare via chi ha dato a Berlusconi tutto ciò che voleva, a danno della democrazia e degli elettori di centrosinistra.

 Devono andare in pensione, non chiedo la galera. ( E la meriterebbero! NON AVER FATTO ESEGUIRE LA SENTENZA SU RETE4, NON MANDANDOLA SUL SATELLITE, EQUIVALE AD UN CRIMINE!!! Per colpa di queste persone, il benficiario di diritto, Francesco Di Stefano, che aveva pagato la frequenza, non ha avuto giustizia!!!! E Berlusconi ha goduto di un privilegio dannoso alla democrazia).

 Per far vincere il PD occorre lasciare a casa quelli compromessi. Via almeno i più responsabili dei cedimenti e degli odiosi inciuci: Veltroni, D'Alema, Fassino, Violante, Latorre e qualche altro. Via dal PD, CHI NON HA SAPUTO DIFENDERE LA DEMOCRAZIA, MA HA FATTO SPORCHI GIOCHI DI BOTTEGA PERSONALI. Un ricambio è fondamentale, in quanto nessuno, che conosce queste cose, può votare questa gente.

SONO INAFFIDABILI. Sarebbe come votare Mastella!

 
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I veri colpevoli di questa mancanza di democrazia: Violante, Veltroni, Fassino, D'Alema...

Post n°1383 pubblicato il 11 Agosto 2010 da albert.z
 

Per colpa di questi ex- comunisti, si è lasciato che un paese cadesse nelle mani di uno con tre reti tv, giornali e metodi già evidenziati di poca legalità.

Fassino, Violante, Occhetto, Veltroni, D'Alema, ci hanno svenduto per un piatto di lenticchie.

Hanno dato ad un uomo solo un potere immenso, che nessuno ha mai avuto.

Gli inciuci vengono da lontano. Veltroni lo sa bene!!!

 

DOMANDE A BERSANI: A nome di chi, e a vantaggio di chi, avete lasciato che Berlusconi entrasse in PARLAMENTO,  nonostante una legge del 1957 lo impedisse?
A vantaggio di chi non avete fatto la legge sul conflitto d'interessi? A vantaggio di chi avete lasciato che Rete4 trasmettesse sulla frequenza pagata da Francesco Di Stefano, sebbene una sentenza lo vietasse?
Non siete credibili! Andate in pensione e lasciate il posto ai giovani non compromessi!

 
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La fedeltà. Ha un costo?

Post n°1382 pubblicato il 11 Agosto 2010 da albert.z
 

L'appunto in un'agenda del 2004 dell'ex giornalista Sasinini
Da Berlusconi 70 mld per la fedeltà di Bossi
Lo riporta l'ordinanza del gip. Il periodo è quello in cui venne pignorata la casa del leader della Lega Nord.
 
MILANO
- Silvio Berlusconi avrebbe dato 70 miliardi di lire a Umberto Bossi in cambio della sua totale fedeltà. È scritto nell'agenda del 2004 dell'ex giornalista Guglielmo Sasinini (agli arresti domiciliari), uno degli indagati nell'inchiesta sui dossier illeciti.
L'appunto di Sasinini è riportato a pagina 303 dell'ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari Gennari ha disposto l'arresto di tredici persone nell'ambito dell'inchiesta sui dossier illegali. A fianco della presunta operazione appare anche il nome di Giulio Tremonti senza alcuna ulteriore spiegazione. Negli appunti si dice che il periodo sarebbe stato quello in cui venne «pignorata per debiti la casa di Bossi», quindi prima del successo della Casa delle libertà nelle elezioni del 2001. Infine, nel medesimo appunto, sotto l'indicazione pre-governo Berlusconi, si legge che «sottosegretario Minniti... da ex Sisde ha saputo una...?».
GHEDINI: «FANTASIE» - «Le notizie di presunti accordi tra Bossi e Berlusconi sono non soltanto destituiti di ogni fondamento, ma frutto di un'assoluta fantasia che sarebbe risibile se non apparisse connotata da scopi diffamatori o ancora peggio per inquinare la vita politica del Paese», ha replicato il senatore di Forza Italia Niccolò Ghedini, avvocato difensore di Silvio Berlusconi. «Agiremo in tutte le sedi opportune al fine di far sì che simili falsità non possano essere propagate».
Secondo Roberto Castelli, esponente della Lega Nord, si tratta «della bugia più clamorosa dell'inchiesta».

BOSSI: «È UN MONDO DI MERDA» - Molto più colorita e nel suo stile la replica del diretto interessato: Umberto Bossi. «È un mondo di merda, a uno gli passa la voglia di far politica», ha detto Bossi all'Ansa. «Io ho dato mandato di querelare questa persona e mi domando come facciano a uscire simili cose. L'hanno fatto apposta per fare danni politici. Berlusconi è uno che non tira fuori un soldo nemmeno per pagare i manifesti elettorali, figurarsi se tira fuori dei soldi per la Lega».

 
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L'acquisto della villa di Arcore

Post n°1381 pubblicato il 11 Agosto 2010 da albert.z
 

La villa di Arcore

Camillo Casati Stampa di Soncino fu il proprietario  precedente (Roma 1927).  Morto suicida nel 1970 dopo aver assassinato la moglie Anna Fallarino e il di lei compagno Massimo Minorenti, la proprietà passò alla sua figlia di primo letto (avuta con Letizia Izzo), Anna Maria.

 La giovane all'epoca diciottenne e quindi secondo la legge minorenne venne affidata ad un tutore, nella persona di Giorgio Bergamasco. Pro-tutore viene nominato Cesare Previti. Nel 1972 Bergamasco viene nominato ministro dei Rapporti con il Parlamento nel primo governo Andreotti e Previti diventa il tutore unico della Casati Stampa. Quest'ultima, nel frattempo sposatasi con il Conte Pierdonato Donà dalle Rose e trasferitasi in Brasile, si svincola della tutela giuridica, mantenendo tuttavia Previti come suo avvocato. Pressata da esigenze economiche accetta nel 1973 la proposta di Previti di mettere in vendita la villa, che trova un acquirente in Silvio Berlusconi che acquista la tenuta per una somma di appena 500 milioni di lire e per giunta dilazionati nel tempo, mentre il valore effettivo del solo immobile di 3500 mq è di oltre 1 miliardo e 700 milioni dell'epoca come risulta dalle stesse stime legate all'eredità. Inoltre, all'interno della villa era conservata un'importante pinacoteca di opere del XV e XVI secolo, una biblioteca di oltre 3000 volumi antichi, oltre ad un immenso parco con scuderie e piscine. Alla fine del '74 Berlusconi si insedia ad Arcore, ma Previti "suggerisce" alla sua "assistita" di posticipare il rogito catastale che verrà fatto nel solo 1980, evitando così il pagamento delle tasse di proprietà. Una parte della somma pattuita vien inoltre versata sotto forma di azioni della Edilnord, poi riacquistate da Berlusconi stesso.

Silvio Berlusconi che ne è l'attuale proprietario ha fatto eseguire un restauro di tipo conservativo della porzione più antica e un ripristino di alcune parti alterate da precedenti interventi o che apparivano ormai fatiscenti. Grazie a questi lavori sono anche stati liberati, sistemati e resi disponibili splendidi locali sotterranei. L'attuale proprietario vi ha collocato un mausoleo personale (opera di Pietro Cascella), oggetto di interesse da parte della stampa mondiale, con loculi per i prossimi, una statua da 100 tonnellate ed un faraonico sarcofago in marmo rosa.

 
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"Spostiamo la causa in Cassazione"

Post n°1380 pubblicato il 11 Agosto 2010 da albert.z
 

CONFLITTO INTERESSI

Caso Mondadori. Le telefonate tra Lombardi e l'avvocato generale Fiumara dopo un regalo di bottiglie di vino.  Sulla data dell'udienza: Qua dipende da Vincenzo (Carbone ndr). Presidé, quando? Il 28 gennaio. Ah, il 28 gennaio

 MILANO - Il dossier salva-Mondadori ha avuto, sul fronte giudiziario, un protagonista d'eccezione: la loggia della P3. Le carte del Tribunale del Riesame testimoniano in diversi passaggi come la "loggia" si sia mossa in più occasioni per condizionare l'iter giudiziario del contenzioso fiscale che oppone la società del premier all'Agenzia delle Entrate.

La regia dell'operazione, secondo gli elementi raccolti dai pm, sarebbe stata presa da Pasquale Lombardi, arrestato assieme a Flavio Carboni e Arcangelo Martino. Con un obiettivo chiarissimo: spostare la causa dalla Commissione tributaria della Cassazione - ritenuta molto severa in temi di elusione fiscale - alle Sezioni unite, considerate evidentemente più malleabili.

Nell'ambito dell'inchiesta sul trasferimento tra i differenti rami della Corte Suprema, gli inquirenti hanno ascoltato il vice-segretario della Cassazione Francesco Tirelli e l'avvocato generale Oscar Fiumara, da cui era arrivato un okay al passaggio alle sezioni unite. Lo stesso Fiumara è stato intercettato il 5 novembre 2009 (una settimana dopo il "trasloco" del contenzioso in mani più sicure) al telefono con Lombardi. "Debbo tirarle le orecchie", gli dice, ringraziando il tributarista campano che gli ha spedito un certo numero di bottiglie di vino pregiato ("un qualcosa di raro, Bue Apis 2004", spiega Lombardi). "Troppa roba... ecco, via - continua Fiumara - . Tutte queste bottiglie sono troppe, troppe... non si ripeta mai più. Grazie". "Grazie a lei per quello che ha fatto. ... Eccellenza, arrivederci", chiude sibillino l'uomo della P3. Frasi che proverebbero la corruzione secondo gli inquirenti, mentre Fiumara si difende sostenendo che da lui non arrivò alcun placet: "La Mondadori aveva presentato un'istanza di rimessione alle Sezioni Unite  -  ha detto  -  Da parte nostra non ci fu opposizione ma neanche consenso. Semplicemente ci rimettemmo alla decisione della Suprema Corte. Si chiama fair play...".

La cricca, stando alle carte, era in contatto per il caso Mondadori pure con l'ex presidente della Cassazione Vincenzo Carbone. Carbone "si preoccupa di annunciare a Lombardi la data dell'udienza e riceve in cambio olio e promesse per il futuro", scrivono i giudici. L'ermellino è ritenuto uno snodo chiave dell'intero iter: Lombardi lo dice al telefono a Martino: "Qua dipende da Vincenzo...". E a lui il faccendiere campano chiederà: "Presidè, quando?", domandandogli della data del ricorso. E Carbone: "Il 28 gennaio". Lombardi: "Ah, 28 gennaio... e n'à putimmo fà nu poco prima e vè?". Lombardi dirà ancora a Carbone: "Ieri sono stato con molti amici bravi e dicono che tu dovresti stare altri due anni alla Cassazione". In quei giorni, guarda caso, il governo stava studiando una leggina ad hoc per posticipare da 75 a 78 anni la pensione dei magistrati (norma fatta saltare dall'opposizione dell'Anm) di cui avrebbe usufruito lo stesso Carbone. Il Riesame scrive: "La disponibilità di Carbone ad andare incontro alle richieste del Lombardi discutendo con lui di un ricorso che non lo riguardava e fornendo consigli procedurali non deve stupire anche se lascia sgomenti".

 
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CONFLITTO INTERESSI. BERLUSCONI E' AL GOVERNO PER FARE GLI AFFARACCI SUOI

Post n°1379 pubblicato il 11 Agosto 2010 da albert.z
 

 

La legge ad aziendam salva la Mondadori
la maxicausa chiusa con una transazioneTasse evase, si conclude una vicenda iniziata nel 1991 con una plusvalenza da 173 milioni. Una cifra su cui per il fisco andavano pagati Ilor e Irpeg. Sono bastati 8,6 milioni

di SARA BENNEWITZ ed ETTORE LIVINI

MILANO - Legge salva-Mondadori doveva essere e legge salva-Mondadori è stata. La casa editrice controllata dalla Fininvest si avvia a chiudere con una mini-transazione da 8,6 milioni un contenzioso quasi ventennale in cui l'agenzia delle entrate le contestava il mancato pagamento di 173 milioni di tasse evase nel '91, in occasione della fusione tra Amef e Arnoldo Mondadori. Segrate ha già contabilizzato a tempo di record nella sua semestrale il versamento della sanzione per calare il sipario sulla partita con l'amministrazione finanziaria "grazie al decreto legge 25 marzo 2010 n. 40 sulla chiusura delle liti pendenti". Si tratta  -  in soldoni  -  del cosiddetto "Lodo Cassazione", un provvedimento contestato dall'opposizione per il macroscopico conflitto d'interessi del premier che consente di archiviare i processi tributari arrivati in Cassazione con due sentenze favorevoli al contribuente mediante il pagamento del solo 5% del valore della lite.

La società di Marina Berlusconi  -  che aveva vinto in primo e secondo grado le cause con il fisco  -  ha colto subito la palla al balzo archiviando questo delicatissimo caso giudiziario prima della decisione della Corte suprema. I vertici di Segrate hanno confermato nella relazione di bilancio "la convinzione della correttezza" del proprio operato ma hanno preferito metter mano al portafoglio per "non esporre l'azienda a una situazione di incertezza ulteriore". Anche perché negli ultimi mesi il contenzioso con l'erario aveva causato più di un attrito tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini.

Il presidente della Camera negli ultimi due anni si è messo di traverso per ben due volte alla norma salva-Mondadori che la maggioranza ha provato a far approvare a più riprese: in una prima occasione facendo cancellare la cosiddetta "definizione agevolata delle liti" dal pacchetto giustizia per il processo breve messo a punto da Angelino Alfano e poi costringendo il governo a sfilarla lo scorso novembre dalla finanziaria 2010 dopo essere stato avvisato in extremis della presenza del decreto tra le pieghe della legge di bilancio dal relatore al Senato Maurizio Saia (Pdl).

L'ennesima legge ad personam, però, una volta uscita dalla porta, è rientrata dalla finestra ben mimetizzata all'interno del Dl incentivi. E a questo punto, nella scorsa primavera, anche Fini ha ceduto, dando luce verde al provvedimento che ha consentito tra l'altro alla società di casa Berlusconi di evitare un imbarazzante braccio di ferro con il ministero dell'economia di Giulio Tremonti. La controllata Fininvest a dicembre 2009 aveva accantonato in bilancio solo 1,8 milioni a fronte delle liti pendenti con l'erario.

Il vecchio contenzioso fiscale di Segrate era un serio cruccio pure per lo stesso presidente del consiglio che in una conversazione telefonica intercettata con l'ex consigliere Agcom Giancarlo Innocenzi si lamentava delle richieste per il divorzio di Veronica Lario  -  "mia moglie vuole 45 milioni"  -  paragonandole alla voracità di un fisco che gliene chiedeva 900 milioni. In realtà la cifra richiesta dalle Entrate alla Mondadori (tecnicamente legata al disavanzo di fusione con Amef) era di soli 173 milioni dell'epoca destinati a salire con gli interessi a 350 milioni. Una cifra comunque molto importante per la casa editrice di Segrate che ha chiuso l'esercizio 2009, un anno difficile per tutta l'editoria, con 34 milioni di utile netto e un giro d'affari di 1,5 miliardi di euro.

 
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Le bugie di Berlusconi. Guarda e rifletti

Post n°1377 pubblicato il 07 Agosto 2010 da albert.z
 

Editto bulgaro contro Biagi, Santoro e Luttazzi

Il verme Sgarbi nega la verità

 
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