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Proposte contro gli sprechi e i privilegi delle caste

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Costi della politica, le proposte dell'Italia dei Valori

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Parlamento pulito: no a impunita'

Basta! Parlamento pulito                                    
 

PRAGMATISMO

NO ALLE IDEOLOGIE, SI AL PRAGMATISMO.

NUOVA COSTITUZIONE COSTRUITA DAL POPOLO

PER REGOLARE I POTERI DEI PARTITI E DEI POLITICI.

NO AI PRIVILEGI DELLA CASTA DI DECIDERE IL PROPRIO STIPENDIO.

SI AL PRINCIPIO CHE TRA STIPENDIO PIU' BASSO E QUELLO PIU' ALTO

DEVE ESSERCI UN RAPPORTO FISSO.

STIPENDI DEI POLITICI IN MEDIA EUROPEA.

STIPENDIO DEL MANAGER NON SUPERIORE A 13 VOLTE

QUELLO MEDIO DELL'OPERAIO DELLA SUA AZIENDA.

NO ALLE STOCK OPTION

NO ALLA FINANZA CREATIVA, NO AI DERIVATI

 

 Questo sito non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicita'. Non puo' pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001 Alcune delle immagini contenute sono prese dal web. Per qualsiasi problema fatemi sapere e verranno rimosse.

 

Messaggi del 28/12/2006

2001-2006: 5 anni di malgoverno

Post n°50 pubblicato il 28 Dicembre 2006 da albert.z
 
Foto di albert.z

La politica economica del governo Berlusconi, fra obiettivi mancati e opere incompiute ha trascinato l’Italia all’ultimo posto fra i paesi europei in quanto a competitività, credibilità internazionale, produzione industriale e costo del lavoro. La nostra economia soffre per le scelte sbagliate di una coalizione di governo che non ha saputo comprendere i problemi reali del paese, troppo presa da ricette liberali populiste e conflitti d’interessi.Nei cinque anni del governo Berlusconi i divari fra l’Italia e il resto dell’Unione europea sono aumentati sia sul fronte dell’economia reale sia su quello della finanza pubblica.Diciamocelo pure, i cinque anni del Cavaliere a Palazzo Chigi hanno rappresentato il trionfo del sommerso. Per quanto riguarda il riferimento che gli attuali dati siano riconducibili alla politica di Giulio Tremonti, baderei semmai a riconoscere l'intera eredità da lui generosamente lasciata agli italiani. Condivido con Padoa-Schioppa il giudizio positivo sull'ultima manovra finanziaria targata Tremonti, ma le precedenti manovre e le conseguenti scelte economiche sono state disastrose perchè smentite nei fatti.Dal 2001 al 2005 la produzione industriale e la produttività sono arretrate come in nessun altro paese europeo e l’asfittica crescita del prodotto interno lordo (Pil) ne è stata la logica conseguenza.Rispetto le voci della Confindustria, delle società da Romanelli citate, ma per l’Economist l’Italia ha rappresentato per anni (in coincidenza col governo della Cdl) «il vero malato dell’Europa». Considerando anzitutto la crescita reale del Pil, nel periodo 2001-2005 l’Italia è ultima nell’Unione europea con un modesto 0,6% di crescita media annua, e quella che è stata per anni la scusa per eccellenza del centrodestra, secondo cui peggio di noi stavano paesi come la Germania dimenticava come quest'ultimo paese a differenza del nostro non ha un debito pubblico che sfora il tetto massimo del 108%. Prendendo invece a riferimento il periodo 1996-2000 la crescita dell’Italia si attestò all’1,9% medio annuo, eppure il governo Berlusconi ebbe l’ardire di scrivere che: "L’eredità tendenziale che ci viene trasmessa dalla passata legislatura, indica un andamento modesto della crescita economica (circa il 2%)" (si veda il Dpef 2002-2005, p. 33). Per inciso, nel 2000 la crescita reale del PIL fu del 3,1%, risultato che oggi appare in tutta la sua grandezza. Passando ora a considerare la produzione industriale va notato che essa è scesa del 4,6% rispetto ai livelli del 2000, cosicché l’Italia è stato l’unico paese dell’Unione europea con un calo così consistente, anche in termini di tasso di crescita medio annuo.Il costo del lavoro per unità di prodotto nel periodo 2001-2004 è aumentato del 16,5% cioè il 3,8% in media annua, vale a dire più che in Germania (0,7%), Francia (2,0%) Regno Unito (1.2%), e Spagna (3,3%).Ciò indica una profonda perdita di competitività del sistema e una dinamica pluriennale negativa, invertendo la tendenza del periodo 1996-2000, quando anche nel nostro Paese il costo del lavoro era diminuito dello 0,7% medio annuo. Alla luce di tutto questo, non stupiscono ma creano rammarico le classifiche che indicano la percezione internazionale della “competitività economica” dell’Italia, scivolata nel 2005 al 48° posto cioè l’ultimo fra gli stati dell’Unione europea (World Economic Forum Competitiveness Report), e che, l’indice di “rischio-paese” calcolato dall’Economist Intelligent Unit che varia tra A ed E, sia passato da A a B. Gli «anni di crescita economica superiori a quelli registrati nel quinquennio precedente» annunciati dalla Casa della Libertà durante la scorsa campagna elettorale non ci sono stati. In realtà, è accaduto l’esatto opposto e non è frutto del caso bensì della “non politica economica”, ovvero della “politica dal lato della domanda”, attuata dal governo Berlusconi quando invece l’Italia avrebbe avuto bisogno della politica dell’offerta, anche per fronteggiare la competizione internazionale. D’altra parte, il programma economico di legislatura del governo Berlusconi non avrebbe potuto essere realizzato in nessun caso e in nessuna congiuntura internazionale.Sul deludente grado di realizzazione delle Grandi Opere la Relazione della Corte dei Conti del 22 marzo 2005 è esauriente (Allegato F, Finanziamenti disponibili alla data del 31.12.04: “Somme erogate in conto competenza”). A fine 2004, la quota dei finanziamenti resi disponibili dal CIPE per la realizzazione delle opere sul totale del fabbisogno stimato era appena del 9,8%. I dati di fonte ANCE, l’associazione di categoria dei costruttori edili e non un istituto di ricerca di matrice politica, comprensivi anche del 2005, attestano una crescita nominale dei finanziamenti CIPE stanziati pari a 73 miliardi di euro aggiuntivi. Peccato però che ben il 55% necessita di “risorse da reperire”. Da chi? Come? Quando? Ma non è finita qui. Se si prendono in esame i pagamenti realmente effettuati, il bilancio è ancor più deludente. Dopo 5 anni dall’emanazione della “Legge “Obiettivo” la quota di finanziamenti effettivamente “erogati”, ma non necessariamente “cantierati”, è pari ad appena 17,2% del totale, per complessivi 33,8 miliardi di euro. Di questi, ben 10,8, cioè circa un terzo, erogati sulla base di gare effettuate nei governi dell’Ulivo, ovvero sotto la Legge Merloni. Quindi i soldi non sono stati spesi e le opere non sono state fatte. Ci sarebbe un'intera legislatura da criticare ma, non si può vivere con un piede nel passato ed uno nel futuro. Attualmente, il Governo Prodi ha l'arduo compito di riportare l'Italia tra i vincenti e non basta schierarsi sugli scenari internazionali con i più forti come ha fatto il Cavaliere, convinto che il successo economico italiano fosse proporzionato al grado di stima dell'amico G.W.Bush. Bene Prodi nel discorso introduttivo alla conferenza stampa di fine anno. Le risposte una più interessante dell'altra. Continui così Professore, l'indice di gradimento tante volte contestatole dall'opposizione e che la vede in crescendo sarà la giusta risposta a questa destra logorante e petulante,la cui ricetta neanche i propri elettori conoscono. Le gaffe del Cavaliere me le risparmio, ormai sono brutti ricordi. Ps. Auguri al presidente della Camera Bertinotti, si rimetta presto.
De Luca Francesco

 
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Una buona notizie per i veneti e tutti quelli che passano per Mestre

Post n°49 pubblicato il 28 Dicembre 2006 da albert.z
 
Foto di albert.z

Il Passante di Mestre

passante_di_Mestre.jpg

Ogni mese si riunisce il Cipe, il Comitato Interministeriale per la programmazione Economica, per valutare le proposte dei diversi ministeri. A partire da questo mese vi informerò attraverso il blog sulle opere approvate per il Ministero delle infrastrutture.
Nei provvedimenti del 22 dicembre è compreso il Passante di Mestre, la cui realizzazione sarà a cura dell’Anas.
Gli utili dei pedaggi che saranno pagati dagli automobilisti sul Passante, al netto di spese e oneri, saranno totalmente reinvestiti per la costruzione di infrastrutture in Veneto. La definizione tecnica dell’accordo con la Regione Veneto è in fase di completamento e dovrebbe concludersi nel mese di Gennaio 2007. Il Governatore Gian Carlo Galan che ha già avuto modo di dichiarare: ‘...battaglia che ha visto il ministro Di Pietro contrapposto alle concessionarie autostradali, per fondatissimi motivi’, potrà avviare e completare le numerose opere previste in Veneto. La collaborazione tra Ministero e Pubbliche Amministrazioni locali è fondamentale per lo sviluppo del Paese ed è una linea a cui mi atterrò senza alcun calcolo politico. Senza quindi distinguere tra Governatori o Sindaci di destra e di sinistra.


 
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Co:Co.Co  e  Incarichi esterni.

Post n°48 pubblicato il 28 Dicembre 2006 da albert.z
 
Foto di albert.z

P.A.: Nicolais firma circolare Co.Co.Co. e incarichi esterni

Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione ha firmato una circolare contenente linee di indirizzo in materia di affidamento di incarichi esterni e di collaborazioni coordinate e continuative nelle pubbliche amministrazioni. La circolare prende spunto dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 giugno 2006 in tema di controllo e monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica per l’anno 2006 per ricordare che il decreto legge n. 233 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006, ha modificato l’articolo 7 del decreto legislativo n. 165 del 2001 stabilendo che gli incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa possono essere conferiti solo ad esperti di provata competenza per prestazioni di natura temporanea altamente qualificate. Il legislatore è intervenuto sulla materia in maniera puntuale in modo da escludere che le pubbliche amministrazioni possano ricorrere a rapporti di collaborazione coordinata e continuativa in luogo dei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato.

 
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I ladri non mancano

Post n°47 pubblicato il 28 Dicembre 2006 da albert.z
 
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Una commissione di inchiesta interna al Comune ha accertato che la mega truffa organizzata da dirigenti e impiegati ha provocato un «buco» di 30 milioni

Taranto, il caso degli «illicenziabili»

Si aumentarono lo stipendio per anni, quasi tutti al loro posto

Tutti ci provano tanto le pene sono minime e solo dopo tre gradi di processi.Con la possibilità di qualche indulto.
L'ipergarantismo distruggerà lo Stato, che per le canaglie, è terra di conquista.

 

Come osano, sospenderlo dal servizio? Francesco Grassi, uno dei ventitré dirigenti e impiegati del comune di Taranto arrestati ai primi di luglio perché si erano auto-regalati sontuose buste paga per un totale di 5 milioni di euro in cinque anni, ha già fatto ricorso. Gli altri sei obbligati a non ripresentarsi in ufficio il ricorso lo stanno preparando. Gli altri ancora, sono tornati alla loro scrivania da un pezzo. Per non dire di tutti gli altri dipendenti ancora che, per la commissione d'inchiesta interna, si sarebbero complessivamente fregati almeno da 21 a 30 milioni di euro. Un decimo del gigantesco buco nel quale è precipitata l'ex capitale industriale della Puglia, dichiarata in bancarotta. Stando alle accuse, mosse dalle denunce di un ex consigliere comunale, Nello De Gregorio, Grassi si sarebbe fatto dei regalini nello stipendio, dal 2001 al 2006, con compensi extra per misteriosi lavori «a progetto», per 389 mila euro. Dice però che non è stato ancora rinviato a giudizio e la legge è legge, signori e signore: come si è permesso, il commissario Tommaso Blonda, di sospendere lui e i protagonisti degli altri casi più gravi? Si dirà che, come ha accertato il comandante della Finanza Emanuele Fisicaro, c'è chi in un mese si era fatto omaggio di 19.439 euro e chi di 39.160: ma che c'entra? Certo, c'è chi è accusato come Nicola Blasi, di essersi preso coi ritocchi in busta paga 434 mila euro, chi come Giuseppe Cuccaro 429 mila, chi come Orazio Massafra 422 mila e chi come Cataldo Ricchiuti (al quale sono stati sequestrati 12 fabbricati e un terreno e 124 mila euro in banca: mica male per un funzionario comunale...) addirittura 567 mila.

Ma perché non dovrebbero tornare al loro posto, in attesa del rinvio a giudizio e poi della decisione del Gip e poi del processo in Assise e poi di quello in Appello e poi di quello in Cassazione e magari ancora di qualche ricorso alla corte costituzionale? E il bello è che la magistratura potrebbe dare loro ragione. Perché qui è lo scandalo: Francesco Boccia, mandato da Amato a Taranto come liquidatore (primo caso in Italia per una grande città) ha le mani legate da leggi e leggine così pelosamente garantiste da impedirgli di fatto di usare la mano pesante. Una impotenza che, oltre ad alleggerire la posizione di quella massa di persone coinvolte nella maxi- truffa sugli stipendi (tutte assolutamente convinte che un giorno o l'altro il can-can finirà e magari con l'aiuto dell'indulto anche questa seccatura dell'inchiesta evaporerà in una nuvoletta) rischia di lanciare un pessimo segnale a una città allo sbando. Mario Pazzaglia, il veneto-marchigiano incaricato con Giuseppe Caricati di mettere il naso nei conti, fa professione di ottimismo e cerca di incoraggiare Taranto a reagire spiegando che «con uno scatto di orgoglio la città può recuperare e rinascere». Ma certo il baratro nei conti lasciato dalla giunta guidata dalla forzista Rossana Di Bello (dimessasi pochi mesi dopo una trionfale rielezione in seguito a una condanna per gli appalti dell'inceneritore) gela il sangue: finora siamo già a un buco accertato di 382 milioni di euro. Pari a oltre sei mila euro di «rosso» per ogni famiglia. Un disastro. Sul quale non è avviata solo un'opera di rilettura dei bilanci (che potrebbe rivelare un abisso finanziario che qualcuno paventa addirittura intorno al miliardo di euro) ma si sono aperte un mucchio di inchieste penali. Per falsità in bilancio. Per un appalto da 28 milioni per la pubblica illuminazione. Per il Parco Cimino dato in gestione per 1.000 euro l'anno (neppure pagati) a un ristoratore che faceva lavori edilizi (anche abusivi) e poi mandava il conto al Comune. Per una specie di fontana da due milioni di euro piazzata in mezzo al mare e mai usata. E altro ancora. Una gestione sciagurata.

E meno male che non è andato in porto il progetto un po' megalomane di costruire il Colosso di Zeus, un bestione che avrebbe dovuto ricordare un'antica opera di Lisippo. E magari avrebbe ricordato anche il monumentale sindaco Giancarlo Cito, che prima di finire in galera fu il Re di Taranto e prometteva di far di Taranto «la Svizzera del Sud» e minacciava Di Pietro di «riempirgli la bocca di cemento a presa rapida» e quando si prese pure la squadra di calcio ordinò ai giocatori di darsi da morire sul campo sennò avrebbe «messo le gambe dei più brocchi a mollo in una vasca di piranha». Ma torniamo ai nostri «eroi». La difficoltà di licenziare o perfino di sospendere i dipendenti infedeli del Comune di Taranto, coincidenza, nei giorni in cui un pezzo della sinistra vorrebbe arruolare d'un colpo, senza filtri, 300 mila precari, dei quali moltissimi saranno bravissimi ma una parte certo una palla al piede. E dà ragione a chi, come scriveva Pietro Ichino ieri sul Corriere, sostiene che «la precarietà degli uni è l'altra faccia dell'iperprotezione e inamovibilità degli altri». Cioè di chi, avuto un posto pubblico, non può più essere rimosso da qui all'eternità. Sapete quante notizie Ansa escono, su milioni e milioni di takes dal 1981 ad oggi, incrociando le parole «dipendenti comunali» + «licenziati», declinate al plurale o al singolare? Dodici. Ma nella stragrande maggioranza non raccontano di licenziamenti (come quello di 9 becchini triestini, sbattuti fuori perché davvero nessuno se la sentì di difenderli dopo che avevano aperto un sacco di tombe per rubare ori e orologi ai morti) ma di rimozioni tenacemente intralciate dal sindacato o da un giudice. Come nel caso di Fabrizio Filippi, accusato dal comune di Livorno di essere un lavativo e finalmente messo fuori, dopo una accanita guerriglia processuale, solo dopo 13 anni di sentenze e di ricorsi. O di quello spazzino licenziato dal comune di Latisana dopo un'assenza non giustificata di 15 giorni e fatto riassumere dalla magistratura perché, essendo l'uomo sempre ubriaco, «non era provata la volontà dell'inottemperanza al dovere di prestare servizio». Per non dire di un caso simile a quello di Taranto. Ricordate cosa successe a Napoli? Finirono sotto inchiesta in 321, quattro anni fa, per essersi gonfiati lo stipendio. Molti dichiarando con l'autocertificazione di avere a casa a proprio carico una tale quantità di nonni, suoceri, cugini, zie, cognate e consuocere da ottenere fino a 15 o 20 mila euro di arretrati. Altri perché si erano ritoccati le buste paga attribuendosi fino a 32 milioni al mese. E «voci accessorie» fino a 105 l'anno. Bene: solo uno, il dirigente dell'ufficio Aldo Buono, è stato rimosso. Gli altri, se non se ne sono andati per godersi la «meritata pensione», stanno ancora lì. E con l'indulto di quest'anno si sono tolti pure il pensiero del processo: marameo!

 

 
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