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Proposte contro gli sprechi e i privilegi delle caste

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Costi della politica, le proposte dell'Italia dei Valori

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Parlamento pulito: no a impunita'

Basta! Parlamento pulito                                    
 

PRAGMATISMO

NO ALLE IDEOLOGIE, SI AL PRAGMATISMO.

NUOVA COSTITUZIONE COSTRUITA DAL POPOLO

PER REGOLARE I POTERI DEI PARTITI E DEI POLITICI.

NO AI PRIVILEGI DELLA CASTA DI DECIDERE IL PROPRIO STIPENDIO.

SI AL PRINCIPIO CHE TRA STIPENDIO PIU' BASSO E QUELLO PIU' ALTO

DEVE ESSERCI UN RAPPORTO FISSO.

STIPENDI DEI POLITICI IN MEDIA EUROPEA.

STIPENDIO DEL MANAGER NON SUPERIORE A 13 VOLTE

QUELLO MEDIO DELL'OPERAIO DELLA SUA AZIENDA.

NO ALLE STOCK OPTION

NO ALLA FINANZA CREATIVA, NO AI DERIVATI

 

 Questo sito non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicita'. Non puo' pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001 Alcune delle immagini contenute sono prese dal web. Per qualsiasi problema fatemi sapere e verranno rimosse.

 

Messaggi del 23/01/2007

QUANTA NULLITA'

Post n°110 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 
Foto di albert.z

 

 
 
La storia politica del cavaliere
Riporto un sunto di ciò che ha scritto un amico.
Egregio Cavaliere, quanta nullità.
 «Silvio Berlusconi è entrato in politica per difendere le sue aziende», sono parole di Marcello Dell'Utri (28 dicembre 1994)che ammetteva così le diverse difficoltà affrontate da Fininvest nei primi anni novanta.«[...] la situazione della Fininvest con 5 mila miliardi di debiti. Franco Tatò, che all'epoca era l'amministratore delegato del gruppo, non vedeva vie d'uscita: "Cavaliere, dobbiamo portare i libri in tribunale" [...] I fatti poi, per fortuna, ci hanno dato ragione e oggi posso dire che senza la decisione di scendere in campo con un suo partito, Berlusconi non avrebbe salvato la pelle e sarebbe finito come Angelo Rizzoli che, con l'inchiesta della P2, andò in carcere e perse l'azienda» l'intervista è stata pubblicata nel libro 'Saranno potenti?' (Spergling & Kupfer, 2003, ISBN 8820035014).Riguardo all'indebitamento, risulta dal tradizionale rapporto di Mediobanca, che ogni anno analizza le dieci maggiori aziende italiane, che le aziende del gruppo Berlusconi avevano nel 1992  7.140 miliardi di lire di debiti (4.475 finanziari e 2.665 commerciali), mentre il loro capitale netto ammontava a 1.053 miliardi. Essendo questa una situazione ad alto rischio di bancarotta, aumentata dal fatto che nel 1993 gli introiti pubblicitari televisivi registrarono crescita zero (dopo molti anni di aumenti elevati ed ininterrotti), le banche creditrici cominciarono in quel periodo a richiedere il saldo dei conti. Silvio Berlusconi ha più volte dichiarato che dopo il suo ingresso in politica è stato vittima di un persecuzione giudiziaria organizzata dai suoi oppositori. Ma certamente le false fatture di Publitalia, presunte tangenti (ai partiti per la gestione delle discariche lombarde e per le licenze del supermercato Le Gru di Grugliasco, a funzionari pubblici per la vendita dei "palazzi d'oro", e altre ancora per gli spot sull'AIDS, i finanziamenti ai congressi di partito e le frequenze televisive. Questa è anche tangentopoli. Silvio Berlusconi ha però più volte ribadito che le indagini hanno seguito la sua scesa in campo, e ha denunciato i magistrati milanesi, presso la procura di Brescia, per il reato di "attentato ad organo costituzionale"; la denuncia è stata archiviata, e nelle motivazioni si legge: risulta dall'esame degli atti che, contrariamente a quanto si desume dalle prospettazioni del denunciante, le iniziative giudiziarie [...] avevano preceduto e non seguito la decisione di "scendere in campo"» (Carlo Bianchetti, giudice per le udienze preliminari di Brescia, ordinanza di archiviazione della denuncia,15 maggio 2001).     La Corte d'appello di Venezia, già nel 1990 (quattro anni prima della sua entrata in politica), aveva infatti dichiarato Berlusconi colpevole di aver giurato il falso davanti al Tribunale di Verona che indagava sulla sua iscrizione alla P2. Da questo reato venne salvato dall'amnistia del 1989. Altro che indulto. La mai abrogata legge n.361 del 1957 all'articolo 10 afferma: "Non sono eleggibili (...) coloro che (...) risultino vincolati con lo Stato (...) per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica". Dati i numerosi possedimenti in campo mediatico, edilizio e assicurativo della famiglia Berlusconi, Silvio Berlusconi risulterebbe perciò tuttora ineleggibile per la legge italiana. Tuttavia, la Giunta per le elezioni, anche grazie ad una parte degli esponenti del PDS del neo-segretario Massimo D'Alema, decide nel luglio 1994 di rigettare il ricorso presentato da alcuni esponenti di centro sinistra, permettendo l'ascesa politica di Berlusconi. Mai detto il grazie a D'Alema. Tuttavia secondo il rinomato settimanale britannico The Economist, Berlusconi, nella sua doppia veste di proprietario di Mediaset e Presidente del Consiglio, deteneva il controllo di circa il 90% del panorama televisivo italiano. Questa percentuale include sia le stazioni da lui direttamente controllate, sia quelle su cui il suo controllo può essere esercitato in maniera indiretta attraverso la nomina (o l'influenza sulla nomina) degli organismi dirigenti della televisione pubblica. Il vasto controllo sui media esercitato da Berlusconi è stato ricollegato da alcuni osservatori alla possibilità che i media italiani possano essere soggetti ad una limitazione delle libertà d'espressione. L'Indagine mondiale sulla libertà di stampa (Freedom of the Press 2004 Global Survey), uno studio annuale pubblicato dall'organizzazione americana Freedom House, ha retrocesso l'Italia dal grado di "Libera" (Free) a quello di "Parzialmente Libera" (Partly Free)sulla base di due principali ragioni, la concentrazione di potere mediatico nelle mani del presidente del consiglio Berlusconi e della sua famiglia, e il crescente abuso di potere da parte del governo nel controllo della televisione pubblica RAI. L'indagine dell'anno successivo ha confermato questa situazione con l'aggravante di ulteriori perdite di posizione in classifica.  Lo stesso Berlusconi, per rispondere alle crititche su un suo conflitto di interessi, pochi giorni prima delle elezioni politche del 2001, in un'intervista al Sunday Times annunciò di aver contattato tre esperti stranieri ("un americano, un britannico e un tedesco"), di cui però non fece i nomi, che lo consigliassero nel trovare una soluzione alla questione. Pochi giorni dopo ribadì al TG5 la sua decisione, specificando che: "In cento giorni farò quel che la sinistra non ha fatto in sei anni e mezzo: approverò un disegno di legge che regolamenterà i rapporti tra il Presidente del Consiglio e il gruppo che ha fondato da imprenditore" a cui fecero eco le parole del presidente di AN Gianfranco Fini e di altri politici della CdL, i quali nei giorni seguenti confermarono più volte che, in caso di vittoria alle elezioni, l'intenzione del governo era quella di presentare entro i primi 100 giorni un disegno di legge per risolvere la questione tramite un blind trust. Non vennero mai resi noti i nomi dei tre esperti stranieri che si sarebbero dovuti occupare della questione, nè vennero mai presentati disegni di legge del tipo di quelli annunciati prima delle elezioni. Anche questa è una favola...peccato che sia durata 1412 giorni. Una vita se confrontata alla situazione attuale.   DE LUCA FRANCESCO

 
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Craxi lancia Berlusconi tradendo i socialisti ?

Post n°108 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 
Foto di albert.z

CRAXI LANCIO' BERLUSCONI CONSCIAMENTE O FU MALACCORTO A DARGLI TRE RETI TV?  Provate a rispondere a questa domanda.

PRIMA IL DECRETO BERLUSCONI, VOLUTO DA CRAXI,  E POI IL 6 AGOSTO 1990  LA LEGGE MAMMì . La P2 profetizzava che chi possiede tre reti può governare e creare grande turbativa influendo pesantemente, se era all'opposizione.

La legge seguiva un periodo nel quale si era costruito un quasi-monopolio della televisione privata da parte della Fininvest, al di fuori della legge, che aveva portato ad interventi dell'esecutivo, come il cosiddetto Decreto Berlusconi, finalizzati a bloccare interventi della magistratura contro la diffusione su scala nazionale di programmi privati.

La legge fu ritenuta da alcuni oppositori devastante per l'ordinamento legale e civile dello stato.

I cultore del diritto comunitario hanno rilevato una certa distanza tra il testo della legge ed i principi della direttiva comunitaria, Televisione senza frontiere, da recepire.

I commentatori attribuiscono questa discordanza all'eccessiva attenzione posta dal legislatore nazionale nel non intaccare la posizione dominante della Finivenst piuttosto che alle effettive esigenze del mondo della comunicazione televisiva.

Tuta questa potenza di comunicazione poteva o no essere pericolosa in mano ad un uomo solo? 

Avrebbe potuto intervenire pesantemente sulla vita democratica e sulle istituzioni? Avrebbe potuto farsi leggi per autoassegnarsi del denaro? O leggi per farsi prescrivere dei reati? O leggi per ampliare le proprie potenzialità di guadagno?

 
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Un pò di storia   7

Post n°107 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 

Nell’autunno 1993 a casa del procuratore Borrelli avviene un incontro tra i due pool giudiziari più amati (e temuti) d’Italia: quello di Milano e quello di Palermo. Sono presenti Di Pietro, Gherardo Colombo, Davigo. Arrivano dalla Sicilia il procuratore Gian Carlo Caselli con Roberto Scarpinato, Antonio Ingroia, Luigi Patronaggio. Il vertice ha lo scopo di mettere a confronto le esperienze delle due Procure: molti dei costruttori indagati e arrestati a Milano hanno cantieri aperti anche in Sicilia. La Lodigiani, la Cogefar del gruppo Fiat, la Calcestruzzi del gruppo Ferruzzi, la Grassetto di Ligresti, le cooperative rosse dell’Emilia-Romagna sono attive a Milano come a Palermo. E in Sicilia, mentre a Milano si sviluppa Mani pulite, è in corso una complicata indagine su mafia e appalti, che aveva scoperto la Tangentopoli siciliana: una torta da 1.000 miliardi, su cui vegliava Cosa nostra. A Palermo era chiamata “Tavulinu”: il tavolino a tre gambe a cui erano seduti gli imprenditori, i politici e gli uomini della mafia. È il colonnello Mario Mori, capo del Ros, che ne parla a Di Pietro, presentandogli i risultati del rapporto “Mafia e appalti” stilato già nel 1991 dal giovane capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno. Dopo l’incontro con Mori, Di Pietro, accompagnato da De Donno, vola a Roma e il 12 novembre 1992 interroga in carcere Giuseppe Li Pera, rappresentante in Sicilia di una grande impresa edile friulana, la Rizzani De Eccher. Poi si mette all’opera: “Faccio opera di pubbliche relazioni con gli avvocati degli imprenditori che sono attivi sia a Milano sia in Sicilia”, racconta Di Pietro. “Sondo se è possibile avere aperture nelle due direzioni. E ottengo qualche risultato”. Milano-Palermo: indagini incrociate per due Tangentopoli gemelle.

Dieci anni dopo, gli entusiami per Mani pulite
del biennio 1992-93 sono completamente svaporati. Il tifo da stadio si è trasformato in indifferenza, o addirittura in ostilità. Riprendono però in tutta Italia le manifestazioni per la giustizia: a Firenze, a Milano, a Roma. E ancora a Milano, sabato 23 febbraio, al Palavobis, proprio per ricordare i dieci anni di Mani pulite.
Alla fine di questa storia, ecco un ultimo rivolo di quelle inchieste. È in corso a Milano un processo che vede accusati, per corruzione, due giudici, un imprenditore e il suo legale. I fatti risalgono a diversi anni fa: centinaia di milioni versati su conti esteri ai due giudici perché emettessero sentenze favorevoli all’imprenditore. La pubblica accusa ha in mano prove molto circostanziate e convincenti. Nel frattempo, però, l’imprenditore è divenuto, a furore di mezzo popolo, presidente del Consiglio. E mezzo mondo si chiede: se sarà condannato, che cosa farà Silvio Berlusconi? Accetterà la sentenza? Il presidente della Repubblica gli chiederà di dimettersi? O gli chiederà di tornare in Parlamento per la riconferma della fiducia? O, forse, il presidente del Consiglio, forte del mandato popolare, convocherà manifestazioni di piazza in suo favore e contro i giudici? Ne va del destino dell’Italia, non solo delle sue mani insaponate sotto il rubinetto. 
Durante il governo Berlusconi si fa la legge per ridurre i tempi delle prescrizioni per vari reati dei colletti bianchi:: legge ex- Cirielli

Come è andata a finire? Pochi giorni fa sono scattate le prescrizioni. Fine dei processi.

 
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Un pò di storia   6

Post n°106 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 

Poi, la svolta: “Avevo l’impressione di essere fuori dal mondo, di essere l’unico rimasto a presidiare un palazzo deserto, mi sono sentito in una trincea vuota. E dopo tanti giorni di carcere ho capito che stavo combattendo una battaglia persa in partenza. La reazione del sistema era assolutamente ipocrita. Aveva ragione il povero Sergio Moroni, quando nella sua lettera, scritta prima del suicidio, aveva parlato di “ruota della fortuna”: sei stato preso, peggio per te. Con Moroni ne avevamo discusso la scorsa estate. Aveva molto sofferto per il cordone sanitario che gli era stato fatto attorno. Tangentopoli ha messo a nudo, oltre al giro delle tangenti, la slealtà dei rapporti politici: sei stato arrestato? peccato per te, entri nel cesto delle mele marce. Gli altri, che con te hanno diviso errori e responsabilità, si girano dall’altra parte. Inaccettabile”.
Zaffra rifiuta anche la teoria craxiana del complotto: “Ero in carcere quando scrisse, ad agosto, quei tre famosi corsivi contro l’inchiesta Mani pulite e contro il giudice Di Pietro. Sbaglia. Non dovrebbe prendere scorciatoie e vedere complotti dietro l’angolo, giudici mossi da scopi politici. È vero, i magistrati possono abusare dello strumento della carcerazione preventiva, ma non estorcono false confessioni: alla fin fine l’imputato racconta la verità. Sarà amaro ammetterlo, ma è così”.

 
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Un pò di storia  5

Post n°105 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 

Quando Zaffra tradì l'amico Bettino

Loris Zaffra era l’uomo che doveva succedere a Mario Chiesa. Ex sindacalista, socialista emergente, capogruppo del Psi al Comune di Milano, entra nel ristretto gruppo dei fedelissimi di Craxi e diventa il possibile candidato, dopo la caduta di Mario Chiesa, a diventare sindaco di Milano. Ma è anch’egli arrestato per tangenti, il 30 luglio 1992. Craxi e i dirigenti socialisti difendono strenuamente il loro compagno e rilasciano alla stampa dichiarazioni di fuoco contro i magistrati della Procura milanese: è la prima reazione organizzata contro Mani pulite, che raggiunge i toni più drammatici quando, nell’estate 1992, tre indagati si tolgono la vita.
Tra questi, il parlamentare socialista Sergio Moroni, che si uccide il 2 settembre nella sua casa di Brescia, dopo che gli erano già stati recapitati tre avvisi di garanzia. Prima della morte, invia al presidente della Camera Giorgio Napolitano una lettera in cui, ammettendo di aver avuto un ruolo nel sistema di finanziamenti illeciti che sostenta i partiti italiani, protesta contro ciò che gli sembra essere una decimazione casuale della classe politica: “Non è giusto che ciò avvenga attraverso un processo sommario e violento, per cui la ruota della fortuna assegna a singoli il compito di vittime sacrificali. (...) Non lo accetto nella serena coscienza di non aver mai personalmente approfittato di una lira. Ma quando la parola è flessibile, non resta che il gesto”.
Dopo quella drammatica estate, Zaffra, considerato un “irriducibile”, smentisce egli stesso il suo leader, confessando la sua partecipazione al sistema delle tangenti e concorrendo a determinare il secondo avviso di garanzia a Craxi. Non solo: in un’intervista a Marcella Andreoli su Panorama del 24 gennaio, Zaffra ricapitola la sua vicenda e ribalta sui compagni di partito l’accusa di aver emarginato gli indagati, anche quelli che poi si sono tolti la vita. Racconta: arrestato una prima volta, era uscito dal carcere senza aver parlato. “Venivo guardato come un essere strano, miracolato, proprio perché ero stato anche a San Vittore”.

 
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Un pò di storia  4

Post n°104 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 

Circa un anno dopo, nell’autunno 1993, la vicenda De Mico-Cia ha una seconda puntata. Protagonista, il giudice Guido Salvini, impegnato in quegli anni nella complessa indagine sull’eversione di destra che porterà a individuare e mandare sotto processo alcuni responsabili della strage di piazza Fontana. Il braccio destro di Salvini in quell’inchiesta, Massimo Giraudo, capitano del Ros (Raggruppamento operativo speciale) dei carabinieri, raccoglie le dichiarazioni di un personaggio dell’ambiente criminale ed eversivo, Biagio Pitarresi, il quale racconta di essere in contatto con un uomo della Cia in Italia, Carlo Rocchi, che gli ha chiesto di passargli informazioni sulle indagini di Salvini e Giraudo. I due verificano le affermazioni di Pitarresi: Rocchi lavora davvero per gli americani. Intercettano un suo rapporto sulle indagini inviato via fax a un ufficio dell’ambasciata Usa a Roma. Negli anni precedenti ha svolto missioni anche all’estero, in America Latina e in Corea, e tra l’altro è stato l’ultimo a vedere vivo il banchiere Michele Sindona, in carcere, prima della sua misteriosa morte per avvelenamento avvenuta il 22 marzo 1986. Rocchi, del resto, ha stretti contatti anche con il capocentro di Milano del Sisde (il servizio segreto civile italiano), tale “dottor Rinaldi”.

Ma Pitarresi riferisce anche altro:
Rocchi gli ha chiesto di attivarsi pure su Mani pulite. “L’ultimo favore richiestogli”, riporta un rapporto del Ros datato 17 dicembre 1993, “era stato quello di rintracciare il Larini prima che lo trovassero le forze di polizia italiane (...). In relazione a tale sollecitazione giunta al Pitarresi, si rappresenta che lo stesso, nel corso dell’ultimo colloquio, faceva presente che tra qualche mese sarebbe stata effettuata un’operazione di screditamento del dottor Di Pietro, basata su un servizio da esso prestato presso la polizia di Stato”.
Dalle telefonate intercettate, risulta che Rocchi è in contatto con l’architetto De Mico, che qualche mese prima aveva tentato di “agganciare” Davigo promettendogli, appunto, di “rintracciare” Larini. E proprio la fotocopia del passaporto di De Mico viene trovata durante una perquisizione degli uffici di Rocchi effettuata dagli uomini di Giraudo. Pitarresi racconta che Rocchi gli ha chiesto addirittura di organizzare un attentato a Gerardo D’Ambrosio. In seguito, un tentativo di azione contro il coordinatore del pool comunque ci sarà: il 14 aprile 1995 la scorta di D’Ambrosio metterà in fuga un misterioso personaggio appostato, con in mano un fucile, nel giardino di una scuola davanti all’abitazione del magistrato.

 
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Un pò di Storia   3

Post n°103 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 

In Italia i complotti piacciono. Non c’è da stupirsene, viste le “manine” e “manone” che hanno mosso la nostra storia recente. Anche Mani pulite è stata ed è interpretata – spesso e da sponde opposte – come il risultato di un complotto. Di “toghe rosse” all’opera per portare al potere i “comunisti”. Del “capitalismo” e della “finanza” per realizzare le privatizzazioni a basso costo. Dei servizi segreti, per guidare il cambiamento del sistema politico. A questo proposito, si può raccontare una storia accaduta tra il 1992 e il 1993 e che sembra dimostrare come Di Pietro e colleghi, più che essere aiutati e diretti dai servizi segreti, siano stati controllati e ostacolati.
Nel luglio 1992, un avvocato, Franco Sotgiu, si presenta nell’ufficio di Piercamillo Davigo dicendogli che un suo cliente, l’architetto Bruno De Mico (già coinvolto nell’inchiesta sulle “carceri d’oro”), ha importanti comunicazioni da fargli. Il magistrato si aspetta dichiarazioni a verbale su episodi di tangenti. Ma, dopo un appuntamento andato a vuoto, l’avvocato Sotgiu gli propone un luogo d’incontro alternativo, un appartamento: Davigo, prudente, lo esclude; non accetta alcun incontro sull’inchiesta fuori dai luoghi deputati, il palazzo di Giustizia, le caserme. Viene infine concordato un appuntamento presso la caserma dei carabinieri di via Moscova. De Mico finalmente arriva, ma rifiuta che le sue dichiarazioni siano messe a verbale: non riguardano l’inchiesta, dice, ma la sicurezza dei magistrati. E racconta. Prende spunto dall’arresto di Salvatore Ligresti, appena avvenuto, per mettere in guardia gli uomini del pool: Ligresti, costruttore siciliano potentissimo a Milano, è un personaggio di grande spessore e di altissima pericolosità, dice De Mico, ha rapporti segreti con ambienti criminali italoamericani. Ma proprio per questo, prosegue, vi sono altri “ambienti americani” che sono disponibili a dare una mano al pool, per garantire la sicurezza dei magistrati e per aiutare a riportare in Italia i latitanti di Mani pulite (in quel momento, il cassiere segreto di Craxi Silvano Larini). Quegli “ambienti americani”, continua De Mico, sarebbero entrati in azione dopo un segnale che provenisse dal pool: la partecipazione di un magistrato, preferibilmente Di Pietro, a Sixty Minutes, un noto programma trasmesso dal network televisivo statunitense Cbs.

Davigo è perplesso, sente odore di bruciato
in questa storia in cui sono evocate la mafia e la Cia: sa che la magistratura italiana non può avere rapporti con i servizi segreti. Sospetta un “trappolone”: che cosa succederebbe se qualcuno riuscisse a dimostrare che Mani pulite accetta di avvalersi di collaborazioni illegittime, vere o immaginarie, magari di 007 made in Usa?
Stende un rapporto per il procuratore Francesco Saverio Borrelli e poi apre un’indagine a carico di De Mico e di ignoti per il reato ipotizzato dall’articolo 246 del codice penale: spionaggio per conto di Stati stranieri. Le perplessità aumentano quando l’avvocato Sotgiu telefona a Davigo chiedendo un incontro immediato: “Le devo parlare, vengo a casa sua”. Il magistrato rifiuta e rilancia: “Se vuole, ci vediamo nel suo studio”. Anche questa volta Sotgiu rifiuta la verbalizzazione: Davigo allora se ne va, lasciando sul posto un capitano dei carabinieri, che come ufficiale di polizia giudiziaria può avvalersi di fonti confidenziali. In questo e in un ulteriore incontro con l’ufficiale, Sotgiu ribadisce per conto di De Mico la disponibilità di non meglio specificati “ambienti americani”, che sarebbero pronti a consegnare Larini al pool, purché non sia loro chiesto come Larini sia fatto arrivare in Italia: la proposta, par di capire, è quella di un rapimento stile 007. L’ufficiale, opportunamente istruito, non solo non offre garanzie d’impunità, ma anzi diffida apertamente dal compiere reati. Con questo, i rapporti si interrompono.
Nelle settimane seguenti, Borrelli, accompagnato dal procuratore generale Giulio Catelani, si reca al Quirinale, per informare della vicenda il presidente Oscar Luigi Scalfaro. È accolto con estrema cortesia e grande cordialità. Ma quando comincia a capire il motivo della visita, il presidente smorza progressivamente il suo sorriso e diventa via via più freddo, più distaccato; quasi brusco, al congedo: lascia intendere che la questione non è di sua competenza e che non ne vuole sapere. A un decennio di distanza, i magistrati del pool non hanno ancora maturato certezze su questa vicenda. Reale intromissione di agenzie straniere? Iniziativa personale di De Mico? O “trappolone”, come lo chiama Davigo, tentativo di far compiere qualche passo falso ai magistrati?
DA  :  http://www.societacivile.it/focus/articoli_focus/mani_pulite.html

 
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Un pò di storia  2

Post n°102 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 

“Vede, Tangentopoli ha due protagonisti, Gustavo Dandolo e Godevo Prendendolo...”. Così l’avvocato Giovanni Maria Flick, avvocato di tanti illustri imputati di Mani pulite e poi, nel 1996, ministro della Giustizia nel governo Prodi, spiega il rapporto che si era creato tra imprenditori e politici. È proprio spezzando il sodalizio e l’omertà tra i due soggetti della corruzione che Di Pietro e colleghi fanno decollare la loro inchiesta.
Il primo a crollare è stato un politico: Mario Chiesa. Che altro poteva fare? Era in cella da più di un mese. Attraversava un momento particolarmente difficile della sua vita personale. Di Pietro gli aveva individuato e sequestrato una dozzina di miliardi. Gli imprenditori che lo avevano foraggiato cominciavano a tradirlo. E perfino il suo partito, al quale aveva portato per anni voti e soldi, lo aveva abbandonato: lui, che sperava di diventare sindaco di Milano, era stato definito da Bettino Craxi un “mariuolo”. Così, il 23 marzo 1992, l’aspirante sindaco comincia a confessare le sue tangenti.
Il 22 aprile vengono arrestati otto imprenditori, i primi di una lunga serie: hanno lavorato per il Trivulzio, hanno pagato tangenti a Chiesa. Confessano quasi subito. Sono sollevati, alla fine, si sono liberati da un peso: non solo morale, ma anche economico. Mani pulite esplode. Tanti altri imprenditori corrono a raccontare le loro tangenti. Denunciano i cassieri segreti dei partiti, quelli che facevano il giro a raccogliere mazzette. Tra questi, il democristiano Maurizio Prada, presidente dell’Atm (l’azienda milanese dei trasporti), che fa compiere all’indagine una svolta: ma come, noi politici siamo diventati i cattivi, la gente applaude al nostro arresto; e loro, gli imprenditori, che fino a ieri ci correvano dietro per pagarci e vincere gli appalti senza fatica, ora fanno i concussi, i santerellini obbligati a pagare dai partiti malvagi? Ora li aggiusto io, avrà pensato. E ha cominciato a raccontare le tangenti gentilmente offerte da una azienda che, grande com’è, se avesse voluto, avrebbe certamente potuto non pagare: la Fiat.

Racconta, Prada, prima le mazzette pagate dai pesci piccoli.
Poi quelle di Enso Papi, il numero uno della numero uno tra le imprese edili italiane, la Cogefar (gruppo Fiat). Infine, nel febbraio 1993, racconta una cordiale colazione di lavoro in una saletta appartata del ristorante milanese Club 44, avvenuta nel maggio 1988: con lui, due altissimi dirigenti della Fiat, Antonio Mosconi (già vicepresidente della Cogefar e da due mesi amministratore delegato della Toro Assicurazioni) e Francesco Paolo Mattioli (presidente della Cogefar e direttore centrale finanziario della Fiat: sopra Mattioli c’è direttamente Cesare Romiti). “Sapevano perfettamente delle tangenti”, rivela Prada.
I giovani della Confindustria, riuniti a Santa Margherita, il 5 giugno 1992 avevano accolto e applaudito Di Pietro come una star: era l’uomo che li stava liberando di politici e amministratori corrotti ed esosi. Gianni Agnelli in quegli stessi giorni aveva detto dei magistrati: “Stanno lavorando. È bene che lo facciano serenamente e tranquillamente. Gli scandali, quando ci sono, è sempre bene che vengano a galla. Si faccia piena luce e si accertino i fatti. Non credo alla mezze misure, in certe situazioni è determinante la chiarezza totale”. Poi le inchieste proseguono e arrivano fino a Romiti, a De Benedetti, a Gardini, a Berlusconi... E dagli applausi si passa alle campagne di stampa contro i giudici.

 
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Un pò di storia per i giovani 1

Post n°101 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 

1992. La crisi della politica, che già da qualche anno faceva allontanare i cittadini dai partiti tradizionali e crescere l’astensionismo o il voto per nuovi gruppi (dalla Lega di Umberto Bossi alla Rete di Leoluca Orlando). E la spesa pubblica fuori controllo, che stava portando l’Italia verso la bancarotta. “Il Paese viveva in una situazione di capitalismo senza mercato, secondo la formula che piaceva tanto a Gianni De Michelis”, spiega il giurista Guido Rossi. Lo Stato, insomma, non solo controllava una larga fetta dell’economia, ma spendeva, spendeva, perché ai partiti che lo avevano letteralmente occupato interessava – più che l’utilità delle opere realizzate e l’efficienza dei servizi prestati – mantenere il consenso e portare a casa le “provvigioni” (alias tangenti) che permettevano di pagare “i costi della politica” (e dei politici). Dall’altra parte, gli imprenditori grandi e piccoli si erano organizzati per vincere gli appalti spartendosi il mercato tra loro e pagando robuste mazzette ai partiti, evitando così i noiosi impicci della concorrenza e del libero mercato.

Eccola qua, allora, Tangentopoli:
non è solo il sistema delle tangenti (peraltro pesanti: 10 mila miliardi di lire l’anno, secondo i calcoli realizzati nel 1992 dall’economista Mario Deaglio); è, per le imprese, un sistema di accordi di cartello; e, per i partiti, un sistema di sperpero sistematico dei soldi pubblici. Risultato: il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel ’92 arriva al 118 per cento (per entrare in Europa l’Italia doveva stare sotto il 60). Insomma: il crac. Eravamo a un passo da una situazione argentina. Non poteva durare. E infatti quando un magistrato più abile e fortunato di altri dà la prima spallata, il castello di carte crolla. Cedono, uno dopo l’altro, gli amministratori, gli imprenditori, i politici. Come le tessere di un grande domino. Anche perché, nel frattempo, il mondo era cambiato: imploso il blocco sovietico, perdono forza i partiti che anche in Italia erano legittimati dall’uno o dall’altro dei due schieramenti. Saltano quelle reti di protezione (politiche, ma anche giudiziarie: avocazioni, porti delle nebbie e ammazzasentenze) che rendevano improcessabili i potenti.
E implode anche quella variante di capitalismo di Stato che era in mano ai boiardi del Caf (Craxi-Andreotti-Forlani). Cade il Muro di Berlino, ma anche il Muro di Bettino. Tutto ciò, per le vie insondabili della Storia, diventa diffusa insofferenza verso i partiti, voglia di cambiamento, tifo per i giudici, perfino giustizialismo (vedi): insomma, Mani pulite.

 
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Costo politica

Post n°100 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 

Incredibile! Un partito che rifiuta dei soldi legali!

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Riporto qui un articolo preso dal Blog del Ministro per la Infrastrutture Antonio Di Pietro. Sono felice che il ministro continui ad aggiornare il proprio blog nonostante ora ricopra una carica pubblica. Molti sui colleghi non hanno aggiornato i rispettivi blogs da luglio e questo è un peccato perchè è importante pubblicare i propri pensieri agli elettori, ma ancor più importante sentire il parere e la voce dei propri elettori.

"L’ultima puntata del programma televisivo Report(che consiglio di vedere cliccando) di Milena Gabanelli è stata dedicata al finanziamento dei partiti da parte delle aziende. Il programma si è soffermato sui finanziamenti che aziende concessionarie dello Stato hanno erogato durante la campagna elettorale. Si tratta di operazioni legalmente lecite, ma censurabili sul piano etico, morale e anche del buon senso. Le aziende concessionarie ottengono dallo Stato le concessioni e contemporaneamente finanziano i partiti che lo compongono.immagine
I finanziamenti nel caso delle concessionarie autostradali derivano dai pedaggi pagati dai cittadini. Insomma, il pedaggio dei cittadini finanzia i partiti attraverso le concessionarie che operano a rischio imprenditoriale quasi nullo. La società Autostrade (di Benetton, in foto) ha erogato somme importanti a molti partiti. L’Italia dei Valori ha subito restituito la ‘donazione’ di 20.000 € ricevuta. Altri partiti non hanno fatto lo stesso, una loro libera scelta, anche se non condivisibile. Non credo infatti sia opportuno che un concessionario dello Stato paghi i partiti con i soldi dei cittadini per ottenere dei possibili favori.
Riduca, piuttosto, i pedaggi.

Partiti con le somme ricevute da parte di Autostrade nel 2006:

Alleanza Nazionale 150.000 € cannella@alleanzanazionale.it
Comitati per Prodi 150.000 € www.romanoprodi.it
Margherita 150.000 € sede@margheritaonline.it
DS 150.000 € progetto@dsonline.it
Forza Italia 150.000 € www.forzaitalia.it/index3.htm
Lega Nord 150.000 € www.leganord.org/
Udeur 50.000 € info@popolariudeur.it
UDC 150.000 € info@udc-italia.it

A onor del vero devo dire che anche i Verdi e Rifondazione Comunista hanno rifiutato i soldi elargiti da Autostrade.

 
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Dopo Mani Pulite

Post n°99 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 

1997-2000: Alleanza politica anti-magistrati             La strategia della prescrizione

Dopo il 1994, il rischio che i processi venissero cancellati a causa della prescrizione  divenne molto concreto, e la cosa era chiara sia ai giudici che ai politici.

Questi ultimi (senza distinzioni tra la coalizione di Berlusconi e l'Ulivo,  specialmente sotto la leadership di Massimo D'Alema) ignorarono le richieste del sistema giudiziario di finanziamenti per acquistare equipaggiamenti, e promulgarono leggi che, secondo molti critici, resero i già penosamente lenti processi italiani ancora più lenti, e soggetti a prescrizione più rapida.

 Previti e Craxi

Nel 1998 Cesare Previti, ex manager Fininvest e parlamentare nelle file di Berlusconi, evitò il carcere grazie all'intervento del Parlamento, anche se Berlusconi e i suoi alleati erano all'opposizione.

Craxi invece accumulò diversi anni di condanne definitive, e scelse la contumacia - secondo i suoi sostenitori, l'esilio volontario - ad Hammamet in Tunisia, dove risiedette dal 1994 fino alla sua morte, avvenuta il 1 gennaio 2000.

Nel 1994, il Governo Berlusconi I inviò degli ispettori per indagare su eventuali scorrettezze commesse dai magistrati della Procura di Milano, tra cui quelli del pool di Mani pulite. Nella loro relazione finale, presentata il 15 maggio 1995, gli ispettori del governo Berlusconi affermarono che:

Collabora a Wikiquote

«Nessun rilievo può essere mosso ai magistrati milanesi, i quali non paiono aver esorbitato dai limiti imposti dalla legge nell'esercizio dei loro poteri»
(relazione finale degli ispettori inviati dal Governo Berlusconi I, 15 maggio 1995)

Un altro acerrimo critico dei magistrati di Mani pulite è il critico d'arte e politico Vittorio Sgarbi.

 
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Mani pulite   8

Post n°98 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 
Foto di albert.z

Nel 1995 furono avviate molte indagini contro Di Pietro, il quale anni dopo fu assolto da tutte le accuse, mentre su Berlusconi vennero formulate altre accuse di corruzione. Si scoprì poi che il principale accusatore di Di Pietro, il magistrato bresciano Fabio Salamone, era il fratello di un uomo contro il quale lo stesso Di Pietro aveva sostenuto l'accusa, e che era stato condannato a 18 mesi di carcere per vari reati di corruzione. Ci volle comunque del tempo prima che le autorità se ne rendessero conto, e riassegnassero Salamone ad altri incarichi. I sottufficiali dei carabinieri Giovanni Strazzeri e Felice Corticchia vennero condannati per calunnia nei confronti di Di Pietro, ma i presunti mandanti restarono ignoti alla giustizia.

Dopo essere stato prosciolto, Di Pietro iniziò la sua carriera politica, cosa che precedentemente aveva escluso dicendo che non voleva sfruttare la sua popolarità, guadagnata compiendo quello che secondo lui era solo il suo dovere. Il movimento da lui fondato, l'Italia dei Valori, è tuttora attivo e, pur essendo indipendente e con diverse sfumature, nelle competizioni elettorali si è quasi sempre schierato con le principali coalizioni di sinistra susseguitesi negli anni.

 
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Mani Pulite   7

Post n°96 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 

      Il conflitto fra Berlusconi e Di Pietro

Cominciò a questo punto quella che è stata definita come la "battaglia tra Berlusconi e Di Pietro". Da una parte le indagini giudiziarie sulle aziende di Berlusconi, dall'altra il governo che mandava "ispettori" negli uffici dei giudici milanesi, alla ricerca di irregolarità formali. Questa tattica, insieme al contributo di media  che sostenevano il premier e la sua azione nei confronti dei magistrati, contribuì secondo alcuni a creare una situazione che in altri contesti si definirebbe FUD (Fear, Uncertainty and Doubt, "paura, incertezza e dubbio"). La battaglia fu senza vincitori: il 6 dicembre Di Pietro si dimise dalla magistratura e due settimane dopo il governo si dimise, alla vigilia di un voto di fiducia critico in Parlamento che avrebbe potuto avere un esito sfavorevole a Berlusconi.

 
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I MIEI VALORI

Post n°95 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 
Foto di albert.z

PERCHE' VOTO PER DI PIETRO

PENSO CHE DI PIETRO ABBIA DIMOSTRATO, CON MANI PULITE, CHE LO STATO, PER FUNZIONARE BENE, DEVE ESSERE GOVERNATO DA PERSONE ONESTE E CAPACI, CHE ABBIANO DEI VALORI, COME LA GIUSTIZIA, LA LIBERTA', LA DEMOCRAZIA, LA SOLIDARIETA', IL FEDERALISMO SOLIDALE E RESPONSABILE, LA GIUSTIZIA SOCIALE, LA PACE.

QUESTI PRINCIPI SONO LA BANDIERA DI ITALIA DEI VALORI.

 
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Mani pulite   6

Post n°93 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 

1994: L'ingresso di Berlusconi e le "fiamme sporche"

Nel frattempo, le indagini si allargarono oltre i confini della politica: il 2 settembre 1993, fu arrestato il giudice milanese Diego Curtò. Il 21 aprile 1994, 80 uomini della Guardia di Finanza (fu per questo coniato il termine fiamme sporche) e 300 personalità dell'industria furono accusate di corruzione. Alcuni giorni dopo, il segretario della Fiat ammise la corruzione con una lettera ad un giornale.

[modifica] Il governo Berlusconi

Nel 1994, Silvio Berlusconi entrò impetuosamente in politica (con le sue parole, "scese in campo") e vinse le elezioni. Il 13 luglio 1994, il governo Berlusconi promulgò un decreto legge (c.d. "decreto Biondi") che favoriva gli arresti domiciliari nella fase cautelare per la maggior parte dei crimini di corruzione. Sempre secondo i detrattori del premier, la tempistica della legge sarebbe stata gestita con attenzione, facendola coincidere con la vittoria dell'Italia sulla Bulgaria nelle semifinali della Coppa del mondo di calcio del 1994, per far passare sotto silenzio la legge in un Paese che pensava solo ai mondiali. In seguito, Roberto Baggio mandò alto l'ultimo rigore contro il Brasile, mentre i notiziari mostravano immagini di politici accusati di corruzione che uscivano di prigione. Forse anche per questa nuova coincidenza, nuove voci di protesta contro il sistema politico tornarono a farsi udire. Le immagini di Francesco De Lorenzo, ex Ministro della Sanità, ebbero l'effetto maggiore, perché il pubblico trovava particolarmente odioso il furto di denaro dagli ospedali.

Silvio Berlusconi e Bettino Craxi
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Silvio Berlusconi e Bettino Craxi

Solo pochi giorni prima, i poliziotti arrestati avevano parlato di corruzione nella Fininvest, la maggiore delle proprietà della famiglia Berlusconi. La maggior parte dei magistrati del pool Mani Pulite dichiararono che avrebbero rispettato le leggi dello Stato, incluso il c.d. "decreto Biondi", ma che non potevano lavorare in una situazione di conflitto tra il dovere e la loro coscienza, chiedendo quindi di essere riassegnati ad altri incarichi.

Forse perché il governo non poteva permettersi di essere visto come un avversario del popolare pool di giudici, il decreto fu frettolosamente ritirato; si parlò in effetti di un "malinteso", e lo stesso Ministro dell'Interno Roberto Maroni (Lega Nord) sostenne che non aveva nemmeno avuto la possibilità di leggerlo. Anche se il ministro della giustizia era Alfredo Biondi, molti sospettarono che il decreto fosse stato scritto da Cesare Previti, un avvocato della Fininvest di Berlusconi. Non vi è tuttavia alcuna prova a sostegno di tale affermazione. Il 28 luglio, il fratello di Berlusconi fu arrestato e subito rilasciato.

 
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MANI PULITE   5

Post n°92 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da albert.z
 

 Gli attacchi e le minacce a Di Pietro nel 1993

In marzo, quando Di Pietro richiese una rogatoria internazionale ad Hong Kong sui conti di Craxi, ricevette contemporaneamente un messaggio dalla Falange armata  *: «a Di Pietro uccideremo il figlio».

In giugno Aldo Brancher è il primo manager Fininvest ad essere arrestato per tangenti. Il 12 luglio Silvio Berlusconi invia un fax a Il Giornale, di cui è proprietario, ordinando di attaccare i magistrati del pool; ma Federico Orlando e Indro Montanelli si rifiutano. Il 17 luglio, Il Sabato, il settimanale di Comunione e Liberazione, pubblica un dossier sulle presunte malefatte di Di Pietro; il dossier verrà poi proposto nuovamente nel 1997.

Il Gico di Firenze (il Gruppo investigativo sulla criminalità organizzata della Guardia di finanza) raccoglie fuori verbale le confidenze di un pentito, Salvatore Maimone, sulle ipotetiche coperture offerte alla mafia dell'Autoparco dai pubblici ministeri Di Pietro, Spataro, Di Maggio e Nobili. Il processo Autoparco dimostrerà che l'indagine del Gico era costruita sul nulla.

* falange armata :18 Ottobre 1993 Vengono cambiati i capi dei servizi segreti italiani: Direttore del SISMI è il gen. Cesare Pucci, a comandare il SISDE è chiamato il prefetto Domenico Salazar e al CESIS va il gen. Giuseppe Tavormina. Viene approvata anche una epurazione di ufficiali dei servizi tra i quali, dirà il ministro della Difesa Fabio Fabbri 300 uomini del SISMI, tra i quali si annidano i 16 sospetti telefonisti della Falange Armata, e l'intera settima divisione, quella da cui dipende Gladio. Più che epurati in realtà verranno rispediti alle sedi di provenienza.  21 Ottobre  Attentato a Padova durante la notte contro il Palazzo di Giustizia che viene in parte distrutto. L'attentato viene rivendicato dalla Falange Armata

 
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