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Proposte contro gli sprechi e i privilegi delle caste

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Parlamento pulito: no a impunita'

Basta! Parlamento pulito                                    
 

PRAGMATISMO

NO ALLE IDEOLOGIE, SI AL PRAGMATISMO.

NUOVA COSTITUZIONE COSTRUITA DAL POPOLO

PER REGOLARE I POTERI DEI PARTITI E DEI POLITICI.

NO AI PRIVILEGI DELLA CASTA DI DECIDERE IL PROPRIO STIPENDIO.

SI AL PRINCIPIO CHE TRA STIPENDIO PIU' BASSO E QUELLO PIU' ALTO

DEVE ESSERCI UN RAPPORTO FISSO.

STIPENDI DEI POLITICI IN MEDIA EUROPEA.

STIPENDIO DEL MANAGER NON SUPERIORE A 13 VOLTE

QUELLO MEDIO DELL'OPERAIO DELLA SUA AZIENDA.

NO ALLE STOCK OPTION

NO ALLA FINANZA CREATIVA, NO AI DERIVATI

 

 Questo sito non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicita'. Non puo' pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001 Alcune delle immagini contenute sono prese dal web. Per qualsiasi problema fatemi sapere e verranno rimosse.

 

Messaggi del 24/08/2007

Ci hanno spremuto per 5 anni

Post n°347 pubblicato il 24 Agosto 2007 da albert.z
 

Meno Sprechi, Meno Tasse

Via S. Francesco D’A., 1

24121 B E R G A M O

Tel. 035/271105  Fax 035 4178997

e-mail: gmorstabilini@bastasprechi.org

www.bastasprechi.org

                                                                        Ai soci e/o sostenitori

                                                                       

Oggetto: La Lega organizza lo sciopero fiscale?

            Strano che la Lega si accorga solo adesso che gli Italiani pagano troppe tasse! Perchè non le hanno ridotte nel corso dei cinque anni di Governo Berlusconi? Perchè la spesa pubblica corrente invece di venire tagliata come avevano promesso in campagna elettorale, alla fine dei cinque anni del loro governo risultava aumentata di oltre il 25 per cento? Perchè non hanno abolito l’Irap? Perchè non hanno tagliato gli sprechi osceni di denaro pubblico? Come fanno ad avere il coraggio di presentarsi come salvatori della Patria quando sanno che milioni di Italiani hanno costretto il buon Gian Antonio Stella e il suo amico Sergio Rizzo a 18 ristampe del loro volume “La casta” nel giro di due mesi? Gli Italiani dovrebbero ancora dare fiducia a questi politicanti?

L’unico motivo vero della loro rivolta fiscale è quella di cavalcare il malcontento della gente per riprendersi il potere e continuare a spartirsi in modo clientelare l’ingente somma di tasse da noi pagate: oltre 397,4 miliardi di euro nello scorso anno.

L’unica speranza viene dai comitati spontanei di gente comune che sono sorti in varie parti del Paese. Gli imprenditori e i loro dipendenti devono rendersi conto che nessuno dei partiti attualmente al potere hanno a cuore le sorti di questo Paese.  Smettiamola di farci prendere in giro da Berlusconi e Bossi. Anche se cambiano nome e mettono facce nuove (Michela Brambilla) penseranno solo ed esclusivamente al loro interesse privato come hanno sempre fatto. Visco,  Prodi, Veltroni: burocrati che pensano solo ad acquisire i voti dall’immenso settore statale e parastatale e costringono le imprese alla chiusura. Tagli agli sprechi: solo chiacchere.

Dobbiamo mettere in previsione la riduzione di un milione di dipendenti statali e parastatali. Abolire gli enti inutili.

Dobbiamo renderci conto che dobbiamo pensare anche alla cosa pubblica, non possiamo pensare solo alle nostre officine, ai nostri studi, ai nostri negozi.

In una economia globalizzata, le nostre aziende non sono più competitive. Non possiamo sostenere un costo della politica così alto.

L’ultima speranza è che i tanti comitati spontanei riescano ad unire le forze e la parte onesta del Paese riesca ad avere il sopravvento sulla parte parassita che occupa tutto il potere. Alcuni li trovate sul nostro sito (link). Altri li aggiungeremo nei prossimi giorni, sono in corso contatti molto, molto promettenti.

Per prima cosa: aboliamo l’Irap

Allo scopo di spremere oltre ogni limite le nostre aziende, l’On Visco una decina di anni fa riuscì a fare approvare una imposta calcolata sugli utili aumentati di alcuni costi molto significativi come i costi del personale, per interessi passivi, per compensi agli amministratori, perdite su crediti.

            Solo un Paese ormai rassegnato a tutto poteva sopportare per oltre dieci anni un’imposta come  l’IRAP, Imposta sui Redditi delle Attività Produttive!

Prendiamo il caso di una società del settore metalmeccanico alle porte di Bergamo. Riassumo i dati:

Differenza tra costi e ricavi prima del calcolo delle imposte dirette = 130.000,00 euro di utile.

Si calcola l’Ires ( imposta sui redditi delle società) aliquota 33% su 130.000,00 più 40.000,00 euro di costi “dichiarati dal Fisco indeducibili” riguardano l’Ici (imposta comunale sugli immobili), il 50% dei costi di autovetture anche se utilizzate in modo esclusivo nell’azienda, il 50% dei costi dei telefoni cellulari,  costo dei cellulari, le multe per infrazioni al codice della strada, le perdite su crediti non documentate, secondo il Fisco, in quanto i clienti sono spariti e quindi è inutile chiedere l’apertura di una procedura fallimentare. Più altri cento piccoli costi non deducibili. Esempio spese per il pranzo con gli agenti stranieri. La fattura del ristorante (totale fattura perchè l’iva non è detraibile) è considerata spesa di rappresentanza e quindi detraibile solo per un terzo, ma in cinque anni. Ossia può detrarre un quindicesimo nel 2004 e la stessa cifra per i quattro anni successivi.

Ires 33% su 170.000,00          =   56.100,00

Calcolo dell’IRAP:

Utile      130.000,00

costo del personale dipendente   1.630.000,00

compensi agli amministratori     100.000,00

interessi passivi      140.000,00

perdite su crediti per clienti falliti        40.000,00

costi non deducibili 40.000 meno l’Ici deducibile ai fini Irap        30.000,00

Totale imponibile Irap 2.070.000

    =========

Irap  4,25% su 2.070.000      =     87.550,00 

Totale imposte sul reddito   56.100,00 + 87.550,00      =   143.650,00

Ossia le imposte sul reddito sono oltre il 110 per cento dell’utile prima delle imposte.

Da un utile di euro 130.000,00 alla fine la società si trova con una perdita di 13.650,00 euro.

Naturalmente le imposte dirette si mangiano tutto l’utile netto, ma come si vede nel prospetto sopra riportato la società ha già pagato l’Ici per 10.000,00 euro, ha già pagato l’iva non detraibile sulle autovetture, l’iva non detraibile sui telefoni cellulari, tasse vidimazioni libri sociali, tassa annuale iscrizione alla Camera di Commercio, tasse deposito bilanci presso il registro Ditte, valori bollati sui vari contratti.

Se consideriamo anche queste imposte e tasse, la percentuale del carico fiscale  per la società in questione non è pari al 110 per cento: è ancora di più!

Come sopperire al mancato introito di 33 miliardi di euro rappresentati dall’Irap?  Noi proponiamo di abolire gli incentivi alle imprese per 22 miliardi (la maggior parte non si capisce in quali tasche vadano a finire) e siamo già ai due terzi dell’opera.  Per la differenza c’è l’imbarazzo della scelta: 1) abolizione delle Province, visto che dovevano venire abolite quando sono state create le Regioni, 2) Taglio degli sprechi pubblici, a partire dai 46 palazzi utilizzati dai politici, ne bastano quattro, 3) Taglio del 90% delle auto blu, 4) Riduzione degli sprechi in materia sanitaria (vedi regioni Lazio e Calabria), 5) licenziamento dei nullafacenti della pubblica amministrazione come ad esempio il personale assunto come autista ma che non possiede la patente o i 2202 dirigenti a libro paga della Regione Sicilia, 6) Abolizione degli enti inutili.

Bergamo, 24 agosto 2007

Giovanni Morstabilini

 
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Sentenze comprate

Post n°346 pubblicato il 24 Agosto 2007 da albert.z
 

di marco travaglio
La sentenza del 1991 che annullò il Lodo Mondadori era comprata. Da 17 Anni, dunque, Berlusconi - soi disant «uomo che s’è fatto da sé» - possiede abusivamente una casa editrice, con i suoi libri e i suoi settimanali (tra i quali Panorama e il defunto Epoca), che ha utilizzato finanziariamente per accumulare utili e politicamente, prima per sostenere i suoi padrini (Craxi in primis), poi per costruire il consenso necessario alla sua «discesa in campo», ai suoi due governi e alle sue quattro campagne elettorali.
Ecco la storia.
IL LODO. Nel 1988 Berlusconi, che già da tempo ha messo un piede nella casa editrice rilevando le azioni di Leonardo Mondadori, annuncia: «Non voglio restare sul sedile posteriore». De Benedetti, che controlla il pacchetto di maggioranza, resiste all’assalto e si accorda con la famiglia Formenton, erede di Arnoldo, che s’impegna a vendergli il suo pacchetto azionario entro il 30 gennaio ‘91. Ma gli eredi cambiano idea e, nel novembre ‘89, fanno blocco con Berlusconi che, il 25 gennaio 1990, si insedia alla presidenza della casa editrice.
Oltre a tre tv e al Giornale, dunque, il Cavaliere s’impossessa del gruppo editoriale che controlla Repubblica, Panorama, Espresso, Epoca e i 15 giornali locali Finegil, spostandolo dal campo anticraxiano a quello filocraxiano.
La “guerra di Segrate”, per unanime decisione dei contendenti, finisce dinanzi a un collegio di tre arbitri, scelti da De Benedetti, dai Formenton e dalla Cassazione. Il lodo arbitrale, il 20 giugno ‘90, dà ragione a De Benedetti. Il suo patto con i Formenton resta valido, le azioni Mondadori devono tornare all’Ingegnere. Berlusconi lascia la presidenza, arrivano i manager della Cir debenedettiana: Carlo Caracciolo, Antonio Coppi e Corrado Passera.
Ma il Cavaliere rovescia il tavolo e, insieme ai Formenton, impugna il lodo alla Corte d’appello di Roma. Se ne occupa la I sezione civile, presieduta da Arnaldo Valente (secondo Stefania Ariosto, frequentatore di casa Previti). Giudice relatore ed estensore della sentenza: Vittorio Metta, anch’egli intimo di Previti. La camera di consiglio si chiude il 14 gennaio ‘91.
Dieci giorni dopo, il 24, la sentenza viene resa pubblica: annullato il Lodo, la Mondadori torna per sempre a Berlusconi. L’Ingegnere lo sapeva già: un mese prima il presidente della Consob, l’andreottiano Bruno Pazzi, aveva preannunciato la sconfitta al suo legale Vittorio Ripa di Meana. «Correva voce - testimonierà De Benedetti - che la sentenza era stata scritta a macchina nello studio dell’avvocato Acampora ed era costata 10 miliardi... Fu allora che sentii per la prima volta il nome di Cesare Previti, come persona vicina a Berlusconi e notoriamente molto introdotta negli uffici giudiziari romani».
Nonostante il trionfo, comunque, Berlusconi non riesce a portare a casa l’intera torta. I direttori e molti giornalisti di Repubblica, Espresso e Panorama si ribellano ai nuovi padroni. Giulio Andreotti, allarmato dallo strapotere di Craxi sull’editoria, impone una transazione nell’ufficio del suo amico Giuseppe Ciarrapico: Repubblica, Espresso e i giornali Finegil tornano al gruppo Caracciolo-De Benedetti\, Panorama, Epoca e il resto della Mondadori rimangono alla Fininvest.
I SOLDI. Indagando dal 1995 sulle rivelazioni di Stefania Ariosto sulle mazzette di Previti ad alcuni giudici romani, il pool di Milano scopre il fiume di denaro che dalla Fininvest affluì sui conti esteri degli avvocati della Fininvest e da questi, in contanti, nelle mani del giudice Metta. Il 14 febbraio ‘91 dalle casse della All Iberian parte un bonifico di 2.732.868 dollari (3 miliardi di lire) al conto Mercier di Previti. Da questo, il 26 febbraio, altro bonifico di 1 miliardo e mezzo (metà della provvista) al conto Careliza Trade di Acampora. Questi il 1° ottobre bonifica 425 milioni a Previti, che li dirotta in due tranche (11 e 16 ottobre) sul conto Pavoncella di Pacifico. Il quale preleva 400 milioni in contanti il 15 e il 17 ottobre, e li fa recapitare in Italia a un misterioso destinatario: secondo l’accusa, è Vittorio Metta. Il giudice, nei mesi successivi, fa diverse spese (tra cui l’acquisto e la ristrutturazione di un appartamento per la figlia Sabrina e l’acquisto di una nuova auto Bmw) soprattutto con denaro contante di provenienza imprecisata (circa 400 milioni). Poi si dimette dalla magistratura, diventa avvocato e va a lavorare con la figlia Sabrina nello studio Previti. A proposito di quei 3 miliardi Fininvest, Previti parla di «tranquillissime parcelle», ma non riesce a documentare nemmeno uno straccio di incarico professionale in quel periodo. Mentono anche Pacifico e Acampora. E così Metta che, sulla provenienza dell’improvvisa, abbondante liquidità (per esempio, un’eredità), viene regolarmente smentito dai fatti. Poi giura di aver conosciuto Previti solo nel ‘94, ma mente ancora: i pm Boccassini e Colombo scoprono telefonate fra i due già nel 1992-93. Poi ci sono le modalità a dir poco stravaganti della sentenza Mondadori: dai registri della Corte d’appello emerge che Metta depositò la motivazione (168 pagine) il 15 gennaio ’91: il giorno dopo della camera di consiglio. Un’impresa mai riuscita a un giudice, né tantomeno a lui, che impiegava 2-3 mesi per sentenze molto più brevi. Evidente che quella era stata scritta prima che la Corte decidesse.
IL PROCESSO. Nel 1999 il pool chiede il rinvio a giudizio per Berlusconi, Previti, Metta, Acampora, Pacifico. Nel 2000 il gup li proscioglie tutti con formula dubitativa (comma 2 art. 530 cpp). Ma nel 2001 la Corte d’appello, accogliendo il ricorso della Procura, li rinvia a giudizio, tranne Berlusconi, appena tornato a Palazzo Chigi e salvato dalla prescrizione: a lui i giudici accordano le attenuanti generiche. Perché a lui sí e agli altri no? Per «le attuali condizioni di vita individuale e sociale il cui oggettivo di per sé giustifica l’applicazione» delle attenuanti. La Cassazione conferma: il Cavaliere non è innocente, anzi è «ragionevole» e «logico» che il mandante della tangente a Metta fosse proprio lui. Ma un semplice fatto tecnico come le attenuanti prevalenti «per la condotta di vita successiva all’ipotizzato delitto». Anziché rinunciare alle generiche per essere assolto nel merito, Berlusconi prende e porta a casa. E fa bene: gli altri coimputati, senza le attenuanti, saranno tutti condannati. In primo grado, nel 2003, Metta si prende 13 anni, Previti e Pacifico 11 anni sia per Mondadori sia per Imi-Sir, e Acampora (per la sola Mondadori) 5 anni e 6 mesi. Nel 2005, in appello, tutti condannati per Imi-Sir e tutti assolti (sempre col comma 2 dell’art. 530) per Mondadori. Ma nel 2006 la Cassazione annulla le assoluzioni e ordina alla Corte d’appello di condannare anche per Mondadori. La qual cosa accade nel febbraio 2007: Previti, Pacifico e Acampora si vedono aumentare la pena di un altro anno e 6 mesi e Metta di 1 anno e 9 mesi, in «continuazione» con le condanne ormai definitive per Imi-Sir. Scrivono i giudici che la sentenza Mondadori fu «stilata prima della camera di consiglio», «dattiloscritta presso terzi estranei sconosciuti» e al di «fuori degli ambienti istituzionali». Tant’è che al processo ne sono emerse «copie diverse dall’originale». Berlusconi era all’oscuro dell’attività corruttiva del suo avvocato-faccendiere (che ufficialmente non difendeva la Fininvest nella causa, seguita dagli avvocati Mezzanotte Vaccarella e Dotti)? Nemmeno per sogno: il Cavaliere - scrivono i giudici - aveva «la piena consapevolezza che la sentenza era stata oggetto di mercimonio». Del resto, «la retribuzione del giudice corrotto è fatta nell’interesse e su incarico del corruttore», cioè di Berlusconi. E «l’episodio delittuoso si svolse all’interno della cosiddetta “guerra di Segrate”, combattuta per il controllo di noti ed influenti mezzi di informazione\, e si deve tener conto dei conseguenti interessi in gioco, rilevanti non solo sotto un profilo meramente economico, comunque ingente, ma anche sotto quello prettamente sociale della proprietà e dell’acquisizione dei mezzi di informazione di tale diffusione». La Corte riconosce infine alla parte civile Cir di De Benedetti il diritto ai danni morali e patrimoniali, da quantificare in separata sede civile: «tanto il danno emergente quanto il lucro cessante, sotto una molteplicità di profili relativi non solo ai costi effettivi di cessione della Mondadori, ma anche ai riflessi della vicenda sul mercato dei titoli azionari». Ora che la sentenza è definitiva, e che Previti si è visto revocare l’affidamento ai servizi sociali per il “regime” dei domiciliari la Cir con gli avvocati Pisapia e Rubini chiederà 1 miliardo di euro di danni.
In pratica, 17 anni dopo, la restituzione del maltolto.

L'Unità 1 Agosto 2007

 
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