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Messaggi del 11/09/2008

Ripristiniamo la verità

Post n°733 pubblicato il 11 Settembre 2008 da albert.z
 

Capitolo 1: La vicenda Salamone

Comincerò dalla vicenda di Fabio Salomone, di cui pubblico la “Sentenza della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura” n. 2/98 del 16 gennaio 1998 in cui si “dichiara il dr. Fabio Salamone responsabile della incolpazione ascrittogli al capo A - vale a dire responsabile del fatto che non si fosse astenuto dallo svolgere indagini su di me- e gli infligge la sanzione disciplinare dell’ammonimento-” (così testualmente il dispositivo).

Comincio da questo provvedimento perché riguarda proprio il magistrato della Procura della Repubblica di Brescia che indagò a ripetizione su di me formulando a mio carico una miriade di accuse, poi tutte smontate dai giudici “perché il fatto non sussiste”. Certo, alla fine ho avuto giustizia ma quelle accuse furono prese e rilanciate da altri che avevano interesse a costruirmi addosso una montagna di nefandezze che non avevo commesso, con lo scopo di non rendere credibile il lavoro che avevo fatto come magistrato e quindi – per una insana proprietà transitiva – irrilevanti le porcherie che avevo scoperto nei loro confronti.

Ebbene, credo proprio che poche persone abbiano mai saputo che il Dr. Fabio Salamone doveva astenersi dall’indagare su di me in quanto io in precedenza avevo effettuato rilevante attività di indagine a carico di suo fratello Filippo Salamone, successivamente incriminato ed arrestato in altra sede per gravi delitti. Per saperne di più sulle vicende di Filippo Salamone, basta cercare in Rete (leggi "Mafia e appalti, condanna definitiva per Filippo Salamone"). Trattasi di un imprenditore siciliano che venne individuato – anche nell’ambito dell’inchiesta Mani pulite – come uno dei terminali tra le imprese mafiose del Nord e la mafia. Infatti egli è stato alla fine condannato in via definitiva a 6 anni di carcere per concorso in associazione mafiosa (insieme a Lorenzo Panzavolta della Calcestruzzi Spa, figura di spicco nell’inchiesta Mani Pulite).

In questa sede, mi interessa però far rilevare il fatto che io ho denunciato al CSM il dr. Fabio Salamone dopo – e solo dopo – che le indagini sul mio conto si erano concluse. Non volevo che si pensasse che me la prendessi con lui per non volermi sottoporre alla Giustizia né che io volessi confondere e mischiare la sua storia personale di magistrato con quella di imprenditore cosìcosì di suo fratello Filippo. Queste cose le fa chi sa di non essere innocente.
Della storia che ho appena raccontato ne ho parlato una volta con un giornalista, Piero Colaprico, cosa che il dott. Fabio Salamone non ha gradito citandoci in giudizio entrambi per diffamazione.

Allego la sentenza numero 33125 del Tribunale di Roma che invece “rigetta la domanda” del dott Fabio Salamone in quanto “deve ritenersi, nel caso di specie, l’insussistenza di una responsabilità civile non ravvisandosi un contenuto diffamatorio punibile nelle affermazioni dell’intervistato”. Carta canta!

ANTONIO DI PIETRO

 
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Capitolo 2: la questione Gorrini

Post n°732 pubblicato il 11 Settembre 2008 da albert.z
 

In questi anni, molti si sono divertiti e molti hanno avuto interesse a criminalizzarmi a seguito di un’inchiesta svolta nei miei confronti nel 1995 dai magistrati di Brescia (specie il dr. Salamone di cui ho parlato nel primo capitolo) e riguardante i miei rapporti con il dr. Gorrini, avvenuti oramai oltre 20 anni addietro. Secondo l’accusa, io avrei preteso da Gorrini:

-un prestito di 100 milioni, senza interessi;
-la cessione gratuita di una autovettura Mercedes;
-l’affidamento a mia moglie (che fa l’avvocato) di cause della Maa Assicurazione riguardante sinistri stradali;
-il ripianamento dei debiti contratti alle corse dei cavalli da Eleuterio Rea, persona che avrei pure favorito all’epoca in cui egli divenne Capo dei Vigili di Milano.

In tutti questi anni, le suddette accuse mi sono state rinfacciate in ogni occasione, come se avessi davvero commesso i reati in questione. Anzi tutti oramai le danno per acquisite.

Ebbene, pubblico la sentenza di primo grado n. 189 del 29.03.96 del GIP di Brescia (allego il documento integrale diviso in pagine: indice - 1-20 - 21-41 - 42-62 - 63-83 - 84-104 - 105-134), in cui - dopo una meticolosa ricostruzione di tutti gli avvenimenti in ben 132 pagine fitte fitte di motivazione - il giudice così conclude : “dichiaro non luogo a procedere nei confronti di Di Pietro Antonio in ordine ai reati ascritti perché i fatti non sussistono”. Per intenderci, le accuse sopra menzionate – e di cui giornalisti prezzolati e politici interessati si sono riempiti la bocca in tutti questi anni per denigrarmi – semplicemente “non sussistono”. Come a dire che – se fossi stato accusato di omicidio – il morto sarebbe in realtà vivo.

Non basta. Anche la Corte di Appello di Brescia, investita della questione dalla Procura, ha confermato senza riserve la sentenza del GIP. Pubblico la sentenza d’Appello n. 829/97 del 9 luglio 1997 della Corte di Appello di Brescia (allego il documento integrale diviso in pagine: indice - 1-20 - 21-31 - 32-42 - 43-53 - 54-64 - 65-75 - 76-86 - 87-97 - 98-107), anch’essa preceduta da una motivazione di oltre 100 pagine.
Per una più comoda lettura, invito a seguire gli appositi indici, sia della sentenza di primo grado che della sentenza d’appello dei rispettivi quel documenti.

A questo punto, vi chiederete: ma perché allora Gorrini ha accusato ingiustamente Di Pietro? Se lo è chiesto anche il Giudice ed al riguardo ha scritto l’apposito capitolo 9°, significativamente intitolato “le reticenze, gli interessi, i legami di Gorrini”. Sono ben 29 pagine di “cruda verità” (da pag. 71 a pag. 99 della prima sentenza), finora sostanzialmente inedite, che da sole dovrebbero bastare per far capire (a chi ne ha voglia ed è scevro da preconcetti di qualsiasi natura) che cosa all’epoca è stato messo in piedi – e chi lo ha fatto e perché – per fermare Mani Pulite.

Sull’analisi di queste 29 pagine di motivazione giudiziaria tornerò a parlare in uno dei prossimi capitoli di questa storia a puntate. Per ora mi basta segnalare il seguente passo della sentenza del GIP: “…scaturisce il fondato sospetto che lo stesso (Gorrini) abbia volutamente alterato i contenuti reali dei rapporti con Di Pietro, strumentalizzandoli per interessi propri e di altri personaggi inquisiti dall’ex magistrato che finalmente potevano vedere nella vesta di accusato il loro acerrimo accusatore…” (vedi pag. 84 sentenza primo grado).

Già, ma chi sarebbero questi altri personaggi? Si legge a pag. 72 della stessa sentenza: “…Gorrini…si era presentato dopo essersi rivolto nel settembre 94 a Berlusconi Paolo, imputato in vari procedimenti della c.d. Tangentopoli promossi da Di Pietro e dal Pool Mani Pulite, al Berlusconi avendo fornito copia di un promemoria datato 4.10.1994, contenente le accuse…(a Di Pietro)”.

Si legge, inoltre, a pag. 89 sempre della stessa sentenza: “…Il Gorrini ha narrato che aveva contattato Berlusconi e Cusani (quello del processo Enimont) indicati come "i due marpioni là" onde "far loro presente in quale situazione loro mi avevano coinvolto…".

Insomma, risulta per tabulas che Gorrini, prima di recarsi dagli inquirenti a raccontare una vicenda non vera, aveva in qualche modo concordato la storia con Paolo Berlusconi. Allora è forse il caso di ritornare al tipo di indagini di cui mi stavo occupando nella rovente estate del ‘94. Avevo da poco chiesto l’arresto di Paolo Berlusconi per la vicenda delle tangenti alla Guardia di Finanza…il fratello Silvio (che poi sarà inquisito pure lui per gli stessi fatti) era Capo del Governo e promulgò il decreto Biondi con cui venivano fermate le nostre indagini…io e gli altri del Pool ci appellammo al paese…nel frattempo dalla Svizzera stavano arrivando rogatorie compromettenti… proprio il giorno in cui Gorrini datava il suo promemoria accusatorio per Paolo Berlusconi, io presentavo all’udienza del processo Enimont le carte che mi erano arrivate dai colleghi Svizzeri sul conto All Iberian (che, per chi non lo ricorda, era il conto estero su cui transitò il denaro dal Gruppo Berlusconi a Craxi, anche in relazione alla vicenda per cui poi furono condannati Previti e Squillante).

ANTONIO DI PIETRO

 
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