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Costi della politica, le proposte dell'Italia dei Valori

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PER REGOLARE I POTERI DEI PARTITI E DEI POLITICI.

NO AI PRIVILEGI DELLA CASTA DI DECIDERE IL PROPRIO STIPENDIO.

SI AL PRINCIPIO CHE TRA STIPENDIO PIU' BASSO E QUELLO PIU' ALTO

DEVE ESSERCI UN RAPPORTO FISSO.

STIPENDI DEI POLITICI IN MEDIA EUROPEA.

STIPENDIO DEL MANAGER NON SUPERIORE A 13 VOLTE

QUELLO MEDIO DELL'OPERAIO DELLA SUA AZIENDA.

NO ALLE STOCK OPTION

NO ALLA FINANZA CREATIVA, NO AI DERIVATI

 

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Messaggi del 05/03/2010

INTEGRAZIONE FALLITA

Post n°1195 pubblicato il 05 Marzo 2010 da albert.z
 

Integrazione: il fallimento del modello svedeseMalmo - Un residente su tre è musulmano. Quasi tutti sono disoccupati.

Dopo Francia, Gran Bretagna e Paesi Bassi, ora anche la tollerantissima e civilissima Svezia deve arrendersi. L’integrazione con le popolazioni islamiche è quanto meno improbabile, se non impossibile. La triste verità fotografata dal seguente articolo del Corriere della Sera mette definitivamente la parola fine al modello “buonista” d’integrazione svedese. Sarebbe opportuno che in Italia si imparasse dagli errori altrui.

Tratto da Corriere.it del 05/05/2009, di P. Salom

MALMÖ — «Io? Sono di Gaza». Rani, 15 anni, strizza l’occhio agli amici che gli si fanno intorno a semicerchio, come se volessero proteggerlo da una minaccia incombente. Si chiamano Mohammed, Ali, Hata, Isak. Tutti coetanei. Età da medie, al massimo liceo. «A scuola? Ma no, nessuno di noi ci va. Tempo perso». La stessa domanda, provoca identica risposta: sono di Ramallah, Il Cairo, Sarajevo. Bisogna insistere. E allora rispondono con le voci che si sovrappongono, in una primavera nordica solo annunciata: «Certo che siamo nati a Rosengard: ma questa non è mica casa nostra».

Periferia orientale di Malmö. Palazzi gettati come mattoncini a formare isole tanto ordinate quanto slegate l’una dall’altra, cemento a vista: uno dei tanti progetti che, sulla carta, negli anni Sessanta e Settanta, dovevano risolvere una volta per tutte il «problema casa» della classe operaia più viziata d’Europa. Oggi i lavoratori svedesi sono una minoranza minacciata più dall’incedere dell’immigrazione islamica che dalla crisi economica. «Non c’è più posto per noi», spiega con un sorriso a mezza bocca Anders Püschel, al momento «disoccupato». Non c’è più posto per nessuno, a giudicare dagli ultimi eventi. A Rosengard, dove Ibrahimovic ha imparato prima a fare a botte poi a calciare il pallone, la sera, non si esce di casa. I poliziotti sono diventati il bersaglio preferito di Intifade istantanee:sassaiole sulle auto di pattuglia che tornano in rimessa ammaccate, come se avessero attraversato un campo profughi palestinese con le insegne dell’esercito di Israele bene in vista.

Ogni sera, da mesi, cassonetti, cabine, e qualunque struttura pensata per la città si trasformano in roghi appiccati da molotov lanciate direttamente dal salotto di casa. I vigili del fuoco, stanchi di diventare il bersaglio preferito dopo gli agenti, hanno deciso di ritirarsi dal loro Forte Apache, la caserma di Rosengard. Henrik Persson, il comandante della stazione dei pompieri del quartiere, si è appena dimesso: «Nessuno mi ascolta, nessuno ci aiuta. Non ha senso continuare così ». Persson ha raccontato che, a una recente riunione operativa, un dirigente della polizia lo ha messo in guardia: «Preparatevi a vedere lanciare le molotov contro di voi». Ma a una richiesta di fondi e rinforzi, spiega ancora Persson, «ho ricevuto un netto rifiuto». Dall’opposizione, la consigliera centrista Anja Sonesson chiede «l’imposizione immediata di un coprifuoco per arginare l’ondata di violenza. I ragazzini con meno di 18 anni non dovrebbero uscire dopo le 9 di sera». Per il momento, i socialdemocratici, la maggioranza, resistono: «Sarebbe la fine della democrazia, del sistema svedese ». Il sindaco Ilmar Reepalu è convinto che una misura così drastica accentuerebbe «il carattere di enclave a se stante del quartiere. Al contrario noi dobbiamo cercare di unire Rosengard al resto della città, farne un zona residenziale come le altre».

Malmö, terza città della Svezia, capoluogo della prospera Scania, porto sull’Öresund con un passato di traffici che non torneranno più, ha 270 mila abitanti, centomila dei quali stranieri, per lo più concentrati a Rosengard e dintorni. Come dire, un residente su tre è musulmano. Molti vengono dai Balcani, dall’Africa, dall’Asia centrale. «Ci sono cento e più nazionalità nel quartiere — spiega Stefan Alfelt, corrispondente locale di Aftonbladet, uno dei principali quotidiani nazionali —. Pochi di loro hanno un’occupazione. In alcune zone i senza lavoro sono addirittura l’86% degli adulti. I giovani crescono osservando i genitori che vivono di carità pubblica. Sanno di essere senza speranza e si comportano di conseguenza: fanno la guerra». Curiosamente, non è un conflitto «Rosengard contro gli altri». «Gli scontri raramente superano i confini del quartiere — dice ancora Alfelt —. È una guerra civile locale: tutti contro tutti». In realtà, qualche volta la violenza lascia Rosengard e si sposta verso il centro elegante, l’isola pedonale dove si affacciano vetrine e ristoranti ancora affollati nonostante la crisi.

Ai primi di marzo è bastato l’arrivo della nazionale israeliana di tennis, impegnata in Coppa Davis contro la Svezia, proprio a Malmö, a far insorgere la comunità islamica, in quell’occasione alleata dei centri sociali svedesi e i black blok di tutta Europa. Un mix esplosivo che la polizia ha affrontato a modo suo. Con le maniere forti: cariche a cavallo, botte da orbi e pistole impugnate contro i dimostranti. Inutile parlare di integrazione, a Rosengard. Il modello sociale svedese? «Non spetta a me interpretare la politica del governo», ci ha detto il sindaco Ilmar Reepalu, socialdemocratico, facendo intendere che lui, la sua città, vuole continuare ad amministrarla come se il welfare scandinavo non fosse superato dalla realtà. Certo «dobbiamo iniziare a progettare qualcosa di diverso. Ne va della tranquillità di tutti». Solo una questione di ordine pubblico, allora? La polizia, conclude il portavoce Lars-Hakan Lindholm, «sa esattamente cosa fare e lo farà». Il punto è: per quanto, ancora?
Bin Laden non mi fa paura, il Corano sì. (Mons. Babini, Vescovo Emerito di Grosseto, il 3/1/2010)
 
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IL COSTO DELLA CORRUZIONE

Post n°1193 pubblicato il 05 Marzo 2010 da albert.z
 

Inchiesta G8, "Il costo della corruzione"
In carcere De Vito Piscicelli e Cerruti

Nella nuova ordinanza si descrivono le attività di Balducci e De Santis
Il Gip: "Sistema di potere forte e collaudato, in grado di inquinare gli appalti''

 

Inchiesta G8,

Angelo Balducci

FIRENZE - Concorso in corruzione continuata e aggravata: è questa l'accusa che ha portato alle nuove quattro misure cautelari nell'ambito dell'inchiesta sui grandi eventi, con riferimento in particolare all'appalto per la scuola marescialli dei carabinieri a Firenze. Nella nuova ordinanza del Gip di Firenze si descrivono le attività di Angelo Balducci  (ex presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici) e Fabio De Santis (ex provveditore della Toscana) per pilotare alcuni appalti e le "utilità " - promesse di tangenti e favori - che, in cambio, avrebbero ricevuto da alcuni imprenditori. Nuove misure cautelari riguardano poi l'imprenditore Francesco Maria De Vito Piscicelli e l'avvocato Guido Cerruti, sempre per la vicenda dell'appalto della scuola.

"Un sistema di potere talmente forte, collaudato, insidioso, in grado di inquinare gli appalti e la concorrenza tra le imprese'': così lo descrive il Gip Rosario Lupo. Un meccanismo, rileva il Gip, "messo in piedi da imprenditori senza scrupoli" e da "pubblici funzionari venduti" che "fa rilevantissimi danni non solo alle casse dello Stato ma anche all'ambiente e alla qualità degli interventi pubblici sul territorio". Dall'ordinanza emerge anche il ruolo del coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini, che sarebbe intervenuto per arrivare alla nomina di De Santis ai vertici dell'organismo toscano titolare del potere di assegnazione degli appalti per le opere pubbliche.

L'ordinanza: "La corruzione e il suo costo". Nell'ordinanza si legge che Balducci e De Santis, sempre per la loro attività in merito al cantiere-scuola, "ricevevano l'utilità economica costituita dal conferimento, da parte della Btp, di un incarico di consulenza legale" all'avvocato romano Guido Cerruti, "che concordava con Fusi la corresponsione di una somma di denaro pari al 2% sull'importo incassato qualora fosse stato riconosciuto un risarcimento economico in favore della Btp, ovvero di una somma di denaro pari all'0,8% dell'importo dell'appalto (valore circa 250 mln di euro)" se i lavori "fossero stati riaffidati" all'impresa. Cerruti accettava l'incarico "conferitogli da Fusi su indicazione di Balducci e De Santis, "i quali, anziché tutelare gli interessi" della pubblica amministrazione nella controversia" tra Btp e ministero delle Infrastrutture per la scuola, "concordavano con Fusi e lo stesso Cerruti le strategie da adottare con la controparte, a tal fine adoperandosi per assumere ruoli di pubblica amministrazione attiva, che consentivano a Balducci e De Santis, con l'aiuto di Cerruti, di assumere iniziative volte a far ottenere alla Btp l'affidamento dell'appalto". Ancora per De Santis si parla di un orologio di marca, valore alcune migliaia di euro, ricevuto da Fusi e Piscicelli.

Arresti per Cerruti e Piscicelli.
Le nuove misure cautelari riguardano l'imprenditore Francesco Maria De Vito Piscicelli e l'avvocato Guido Cerruti, per la vicenda dell'appalto della scuola marescialli dei carabinieri, a Firenze. Per entrambi l'accusa sarebbe corruzione. In particolare, Piscicelli avrebbe messo in contatto l'imprenditore fiorentino Riccardo Fusi, della Btp, con i vertici della Ferratella, per permettere all'impresa di tornare nell'appalto della scuola dei marescialli, passato dalla Btp all'Astaldi a causa di un contenzioso amministrativo partito dopo che l'impresa toscana aveva eccepito sull'indice di sismicità previsto dal progetto. De Vito Piscicelli è in carcere mentre per Cerruti sono stati disposti gli arresti domiciliari.

Indagato Denis Verdini. Indagato per corruzione anche il coordinatore del Pdl Denis Verdini, amico di vecchia data di Fusi, per il ruolo che avrebbe avuto nella nomina di De Santis a provveditore per le opere pubbliche della Toscana - incarico che per l'accusa sarebbe stato funzionale per aiutare la Btp a rientrare nei lavori per la scuola. L'on. Verdini, su sollecitazione di Fusi e Balducci, si sarebbe "attivato per la nomina presso gli organi competenti, agendo nell'ambito del suo ruolo politico-istituzionale".

Il ruolo di Cerruti.
Il nome di Cerruti, considerato vicino ai vertici della Ferratella, compare in alcuni atti che riguardano l'iter del contenzioso amministrativo: il legale, su suggerimento dell'ex provveditore alle opere pubbliche della Toscana Fabio De Santis (anche lui agli arresti), viene poi nominato da Fusi come suo consulente nella vicenda. Sulla vicenda della scuola la procura fiorentina aveva presentato una richiesta di custodia cautelare parallelamente a quella che lo scorso 10 febbraio ha portato in carcere Fabio Balducci, Fabio De Santis, Mauro Della Giovampaola e Diego Anemone. Poi le indagini sugli appalti per il G8 e i Mondiali di Nuoto hanno subito un'accelerazione e questo ramo dell'inchiesta è rimasto momentaneamente indietro.

La partita della scuola.
Per l'accusa è grazie a Piscicelli, che in cambio avrebbe chiesto soldi e la partecipazione con Btp in Ati per appalti, che Fusi (siamo a cavallo del 2007-2008) entra in contatto con Balducci e De Santis. Obiettivo, per l'accusa, favorire la Btp negli appalti, e rientrare nel cantiere per la scuola. I contatti, stabiliti dalle intercettazioni, andranno avanti nei mesi seguenti. Successivamente entra in scena anche l'avvocato Guido Cerruti, vicino a De Santis, che un anno fa diventa il legale di Fusi per la partita della scuola.

I lavori per i Nuovi Uffizi. Cerruti compare anche in intercettazioni relative ai lavori per i Nuovi Uffizi. Proprio ieri l'avvocato era stato interrogato in procura a Firenze insieme alla sua collaboratrice di studio Raffaella Di Tarsia Belmonte. Anche Piscicelli nei giorni scorsi si era presentato in procura per essere sentito dai magistrati titolari dell'inchiesta. "Non posso aggiungere dettagli - ha detto - ancora non ho letto l'ordinanza", questo il commento del legale di Carducci, avvocato Vincenzo Dresda. Il legale di Piscicelli Marcello Melandri si è limitato a dire di essere stato contattato dal proprio assistito per accompagnarlo nella caserma a Roma dei carabinieri per una notifica.

(05 marzo 2010)

MA IL GRANDE COSTRUTTORE BERLUSCONI, ESPERTO IN EDILIZIA, OLTRE CHE OPERAIO, CAPOTRENO.........NON CAPIVA CHE I COSTI ERANO MAGGIORATI? A COSA PENSAVA ? ALLA NOEMI? O ALLA DADDARIO?

I BERLUSCONES SONO TRANQUILLI. IN GRECIA, CHE E' QUASI IN BANCAROTTA, DOVE TAGLIANO? CHI PAGA LA CRISI? I SOLITI : LAVORATORI DIPENDENTI E PENSIONATI.

GLI ALTRI CONTINUANO A BALLARE FELICI! 

 
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CRIMINALITA' ORGANIZZATA: VOGLIONO FARE ALTRE 21 PROVINCE!!!!! DELINQUENTI!!!!!!

Post n°1188 pubblicato il 05 Marzo 2010 da albert.z

L'inchiesta italiana. La fabbrica delle poltrone: dovevano sparire, ne stanno arrivando altre 21
Si contano 19 enti con meno di 200 mila abitanti. Il record in Sardegna: ne ha 8, le più piccole

Province inutili e sprecone
ci costano 14 miliardi all'annoPer mantenerle 160 euro a carico di ciascun italianodi CARMELO LOPAPA

 

Province inutili e sprecone ci costano 14 miliardi all'anno
ROMA - L'ultima occasione per nuove infornate milionarie l'ha fornita il decreto sulla Protezione civile appena approvato dal Parlamento. Alle Province colpite da calamità naturali e dichiarate in stato di calamità (ed è noto con quale frequenza accada in Italia) è assegnata in via straordinaria "una somma pari a euro 1,5 per ogni residente". Col decreto enti locali votato ieri con la fiducia alla Camera, arriva il taglio progettato dal ministro della Semplificazione Calderoli, ma il 20 per cento dei consiglieri in meno scatterà solo a cominciare da quelli che verranno eletti in futuro.

Dovevano essere soppresse, stando ai proclami del premier Berlusconi in campagna elettorale. Di quei proclami, due anni dopo, non si ha più traccia. E qualsiasi progetto di riforma fa ormai fatica a scalfire quei 110 centri di potere che sono le Province italiane. In compenso, com'è noto, di province ne sono nate di nuove anche negli ultimi anni: sette. Costano allo Stato 14 miliardi di euro l'anno. Danno lavoro a 61 mila persona.
Ma a chi fa gioco la loro sopravvivenza, dipendenti a parte? Quali interessi girano dietro questo giro vorticoso di finanziamenti e poltrone? Perché i politici di destra e sinistra sono tornati sui loro passi e ora difendono a spada tratta enti fino a poco tempo fa giudicati "inutili"?

GLI SPERPERI
Enti e poltrone da moltiplicare, nuove funzioni e fiumi di risorse in arrivo. La grande attesa adesso è tutta per i decreti attuativi del federalismo fiscale. Che delegherà agli enti intermedi tra Regioni e Comuni una buona fetta di competenze. Alle quali - mettono avanti le mani gli amministratori provinciali - dovranno corrispondere risorse adeguate. Gli enti gestiscono strade e immobili scolastici, promuovo i prodotti del territorio, certo. Garantiscono servizi che i cittadini nemmeno immaginano vengano forniti dalle Province. Queste sconosciute e comunque benemerite, per certi versi. Per altri, tuttavia, un po' meno. Su come vengano utilizzati i fondi a loro disposizione la pubblicistica è vastissima e si aggiorna ormai di settimana in settimana. Un mese fa, l'opposizione alla giunta provinciale di Venezia ha denunciato i 9.240 euro spesi per il lampadario in vetro di Murano del Palazzo (sede dell'ente) di Cà Corner, che ora fa bella mostra tra il quarto e il quinto piano vicino la sala di rappresentanza. Ma anche i 28mila euro spesi per le trasferte della sola giunta guidata dalla leghista Francesca Zaccariotto in novembre. Con la presidentessa, fresca di elezione nel giugno scorso, che sull'elegante pezzo d'arredamento si è giustificata: "Non ci trovo nulla di scandaloso. C'era bisogno di un lampadario, mica potevamo mettere un neon a Cà Corner" (Corriere veneto, 27 gennaio).

Proprio sotto la voce Province, si scopre che in tema di spese il virtuoso Nordest non ha nulla da invidiare alle bistrattate giunte meridionali, se è vero che a Trento ancora si chiacchiera del finanziamento da 300 mila euro erogato dalla Provincia autonoma a beneficio della fondazione universitaria dei Focolarini di Firenze, "Sophia". Oppure dei 439 mila euro stanziati dalla medesima giunta, guidata dal rutelliano Lorenzo Dellai, per la ristrutturazione della sala stampa dell'ente (48.592 solo per l'incarico all'architetto). Neanche fosse destinato alle conferenze stampa del prossimo G20. Il 22 febbraio, il capogruppo Pd alla Provincia di Napoli, Pino Capasso, attacca: "L'amministrazione Cesaro (centrodestra, ndr) ha promesso agli elettori sobrietà nelle spese, ma ha portato l'importo per contributi ad associazioni amiche fino 3 milioni e 144.414 euro. Tra le iniziative ritenute fondamentali, "Cogli l'attimo", euro 9.800, "C'è di più per te" o "Sognando di diventare campioni tirando la fune" euro 5.000. E Sant'Antimo, città di origine del presidente Cesaro, batte tutti con aiuti per euro 125.832".

LE MISSIONI D'ORO
Ma è storia di questi giorni anche la "generosa" spedizione di presidenti di province e assessori siciliani alla Bit di Milano. Roba che ha fatto gridare allo scandalo consiglieri regionali del Pdl. Alla prestigiosa Borsa del turismo si sono presentati, al seguito del governatore Raffaele Lombardo, e tre suoi assessori, tra gli altri i presidenti delle Province di Palermo (Giovanni Avanti), di Trapani (Girolamo Turano) e Ragusa (Francesco Antoci), tutti di centrodestra. "Di quante persone era composta la comitiva della Regione, a quale titolo erano presenti i partecipanti e poi, risponde al vero che la spesa sostenuta dalle casse regionali si è aggirata intorno al milione di euro" incalza un'interrogazione di queste ore del Pdl. Va detto che gli enti intermedi esistono in tutta Europa, anche il Pd si guarda bene dal proporne la soppressione delle Province.
Ma c'era davvero bisogno di nuovi enti? Di nuove amministrazioni locali, coi loro uffici, i loro consigli-mangiatoia dei partiti, con le nuove inevitabili poltrone? E che senso hanno le mini province, alcune delle quali nate di recente?

Se ne contano 19 con meno di 200 mila abitanti, sono il 17 per cento del totale. Isernia di abitanti ne conta addirittura 89 mila. Ma il record è della Sardegna. Non solo per averne 8 per un territorio da 1 milione 600 mila abitanti (andranno tutte a rinnovo a maggio). Ma anche perché in ultimo ne ha viste proliferare altre quattro. Tutte in versione short. Sono le province più piccole d'Italia: Medio Campidano (105.400 abitanti), Carbonia Iglesias (131.890 abitanti), Olbia Tempio (138.334 abitanti) e quella di Ogliastra (solo 58.389 abitanti). Le prime tre nate nel territorio della provincia di Cagliari, l'ultima in quello della provincia di Nuoro. Ognuna coi suoi consiglieri, i suoi assessori, i suoi presidenti. E i suoi dipendenti, almeno quelli, distaccati.

I TAGLI, DIMENTICATI
La verità è che sulle Province non c'è giro di vite che tenga. Il decreto taglia-poltrone del ministro Roberto Calderoli ha dovuto fare i conti col muro di gomma della lobby degli amministratori (di destra e sinistra, senza distinzioni). Difficile incidere sul costo pro capite dell'ente Provincia su ciascun cittadino, stimato di recente in 160 euro l'anno (con picchi nell'Italia centrale: 178 euro, al Nord è 164, al Sud 143 euro). In Basilicata, si legge nella relazione al ddl di soppressione delle Province presentato dal dipietrista Massimo Donadi, la spesa pro capite - non si sa perché - sarebbe di oltre 240 euro. "Il nostro candidato sa bene che lavorerà per un ente che presto aboliremo" annunciava il 3 aprile 2008 Silvio Berlusconi al fianco del candidato Pdl alla presidenza della Provincia di Roma. E rincarava: "Dal momento della fondazione delle Regioni, tutti si aspettavano l'abolizione delle Province. Abbiamo calcolato che se ne ricaverebbe un risparmio di dodici miliardi di euro". Considerazioni che erano state prese sul serio da tutta la stampa di destra. "Appello a Berlusconi: elimina le Province", titola il 29 novembre 2008 Libero nel giorno in cui lancia la campagna conclusa con l'inutile raccolta di migliaia di firme ("Silvio batti un colpo, ricorda le tue promesse"). Di quella campagna, di quelle promesse, a inizio 2010 non vi è più traccia, anche se la spesa è cresciuta a 14 miliardi e le province sono diventate 110. Da dicembre, l'Unione delle province italiane è guidata dal presidente di quella di Catania, l'ex eurodeputato Giuseppe Castiglione, pidiellino. Detentore di uno dei pacchetti di voti più consistenti che Silvio Berlusconi possa contare nel granaio elettorale siciliano. "Non intendiamo fare una battaglia corporativa. Siamo anche disponibili al taglio delle poltrone, io stesso ho ridotto da 15 a 9 gli assessorati in Provincia di Catania, quasi azzerato le consulenze rispetto al mio predecessore Lombardo" racconta nello studio della sede Upi di Palazzo Cardelli nell'omonima piazza del centro storico di Roma. Edificio di prestigio che fino all'81 fungeva da ufficio della potente corrente dorotea Bisaglia-Rumor e che dall'87 l'Upi affitta, con i suoi 500 metri quadri, per un canone di 7 mila euro al mese. "Siamo disponibili anche a discutere di accorpamenti di Province  -  riprende Castiglione  -  quel che chiediamo è che col federalismo fiscale ci vengano garantite risorse adeguate alle nuove competenze, che si apra la strada per una nostra autonomia finanziaria. Forniamo servizi ai cittadini, è giusto poterlo fare al meglio". Rivendicazioni che il presidente Upi ha già avanzato negli incontri del 10 febbraio con i presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani. "Il problema non è la soppressione delle Province, soluzione semplicistica e improponibile - spiega Walter Vitali, senatore Pd, ex sindaco di Bologna, una vita spesa sulle politiche degli enti locali del suo partito - Sono enti intermedi che esistono in tutta Europa. Quel che noi proporremo con un ddl, in una chiave di riforma costituzionale, sarà l'introduzione del modello spagnolo. Mantenerle come istituzioni, ma eliminando il ceto politico provinciale: con consigli composti solo dai rappresentanti dei comuni e non da politici da eleggere". Il presidente Upi Castiglione alza già barricate: "Siamo pronti a discutere anche della revisione dei confini delle Province. Ma non a trattare sul tema della legge elettorale".

Come sopravvivono oggi le Province? Da dove provengono i 14 miliardi necessari a mantenerne strutture e dipendenti? Come si provvede alle indennità di giunte e consiglieri?
Oggi, le entrate tributarie incassate direttamente dalle Province ammontano a poco meno di 4 miliardi di euro (3 miliardi 748 milioni, a fine 2009), derivanti per lo più da Rc auto (1,5 miliardi), imposta di trascrizione (881 milioni) e addizionale energetica (682 milioni di euro). Per coprire il fabbisogno però ne occorro-no altri otto, di miliardi, stando al più recente report sullo stato della burocrazia e delle finanze delle Province, predisposto dall'Upi. Servono per le funzioni topiche di questi enti, ovvero la viabilità (3 miliardi), la tutela ambientale (900 milioni), l'edilizia scolastica (1,6 miliardi), lo sviluppo economico (1,2 miliardi). Ma anche tanto altro.

I CORSI DI FORMAZIONE
Ad esempio, pochi sanno che le Province ancora organizzano e gestiscono i corsi di formazione professionale per una spesa di 800 milioni di euro, sovrintendono ai Centri per l'impiego, per 500 milioni, gestiscono il trasporto pubblico extra urbano per 1,3 miliardi, si occupano di promozione turistica e sportiva dei loro territori per 550 milioni. E poi c'è il capitolo personale. I 61.000 dipendenti (il 23% laureato) assorbono 2 miliardi 450 milioni di euro del budget, pari al 25 per cento. E poi ci sarebbe l'altro capitolo, quello più dibattuto, i compensi dei 4.207 amministratori: ovvero i 107 presidenti, i 107 vice, gli 863 assessori, i 107 presidenti dei Consigli, i 3.023 consiglieri. Sono i "politici" provinciali, ai quali sono desinati 119 milioni di euro l'anno. Di questi, poco più della metà (53 milioni) assorbita dalle indennità di presidenti, vice, assessori e presidenti dei consigli. Il resto (65 milioni) a beneficio dei consiglieri e dei loro gettoni. Oggi, il presidente di una piccola provincia (sotto i 250 mila abitanti) gode di un'indennità di 4.130 euro lordi mensili, quello di una grande provincia (oltre il milione di abitanti) un'indennità da quasi 7 mila euro.

Oltre alle quattro miniprovince sarde, le ultime nate, com'è noto, sono quelle di Fermo (nelle Marche), di Barletta-Andria-Trani (in Puglia) e di Monza e Brianza. Solo per mettere in piedi quest'ultima sono stati necessari 47 milioni di euro. "Sprechi? Guardino altrove, le Province sono fondamentali" sbotta nel giugno scorso il sindaco leghista di Monza, Marco Mariani, entusiasta per la nascita del nuovo ente brianzolo. Le richieste ancora in piedi per istituire nuove province sono 21. Come dire: ventuno nuovi consigli provinciali (con relativi gettoni di presenza), ventuno nuovi presidenti di provincia, giunte provinciali, altrettanti nuovi prefetti e i loro dipendenti. Si spazia dalla provincia di Sibartide-Pollino a quella del Canadese e delle Valli di Lanzo. Da Lanciano-Vasto-Ortona a Frentania (una provincia con quattro capoluoghi). Qualche tempo addietro l'attuale ministro Gianfranco Rotondi ne ha presentate otto: Sulmona, Bassano del Grappa, Marsi, Sibartide-Pollino, Melfi, Aversa, Venezia Orientale e Avezzano.  
 
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Post n°1187 pubblicato il 05 Marzo 2010 da albert.z
 

Scudo fiscale – La carica dei 200.000

 

 

di    Giacomo Berdini 

 
 
 
    
Su 200.000 contribuenti che hanno aderito allo scudo, 50 sono stati segnalati per sospetto di riciclaggio. Secondo il sottosegretario Molgora la cifra è irrisoria, ma l’opinione dello stesso Befera sembra contraddirlo. Molgora inoltre non ha rilasciato commenti in merito all’obbligo di segnalazione degli aderenti all’Archivio dei rapporti con gli intermediari.

Sono stati circa 200.000 i contribuenti che hanno aderito alla normativa per il rientro dei capitali dall’estero, secondo quanto evidenziato dall’Agenzia delle Entrate.
La notizia è stata diffusa dal sottosegretario all'Economia Daniele Molgora, in risposta un’interrogazione avanzata da Alberto Fluvi, capogruppo del Pd in commissione Finanze alla Camera.

Molgora, inoltre, avrebbe confermato la segnalazione di circa 50 operazioni considerate sospette, secondo il sottosegretario pari a circa “lo 0,00025 per cento del totale”,  percentuale “perfettamente in linea” con la media di sistema, pari allo 0,00026 per cento, ovvero 21mila segnalazioni a fronte di 80 milioni di comunicazioni all'Archivio dei rapporti con operatori finanziari.
Il caso concreto presenta 50 segnalazioni antiriciclaggio contro un numero di contribuenti aderenti allo scudo di 200mila, pari appunto allo 0,00025%, ma è proprio su questa procedura che si appunta l'insoddisfazione del deputato democratico.

Se per Molgora, infatti, questa cifra pare irrisoria, della stessa opinione non è parso il direttore dell’Agenzie delle Entrate, Attilio Befera, che ha invece fatto notare come cinquanta segnalazioni “non sono poche su 150.000 soggetti”.
Di solito, ha spiegato Befera, su 150 milioni di movimenti finanziari le segnalazioni di questo tipo sono circa 15.000. Lo scorso mese anche Mario Draghi, governatore di Bankitalia, aveva osservato che le 50 segnalazioni arrivate riferite allo scudo erano “un numero esiguo” e aveva quindi invitato le banche a impegnarsi di più nell'esame delle operazioni di rimpatrio.

Molgora, peraltro, non sembra molto sicuro nemmeno della situazione emersa attorno alla questione dell’anonimato, in seguito all’allarme lanciato da Assosim e Assofiduciaria.
Quando Fluvi ha posto l’interrogativo sull’esistenza dell'obbligo di comunicare all'Archivio dei rapporti con operatori finanziari i dati fiscali dei soggetti che hanno aderito alla manovra, come stabilito da una circolare 2007 dell'Agenzia delle entrate per il precedente decreto 2001 sul rientro dei capitali all'estero, il sottosegretario ha preferito non rispondere.

(NOTIZIA DA VERIFICARE) VEDREMO MEGLIO NEI PROSSIMI GIORNI

 
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AL SERVIZIO DEL PADRONE

Post n°1186 pubblicato il 05 Marzo 2010 da albert.z
 

Gli aderenti all'appello chiedono la rettifica del servizio che ha definito "assoluzione"
la prescrizione per il legale inglese accusato di essere stato corrotto da Berlusconi

Tg1-caso Mills, le firme sono 150 mila
Ora la consegna alla Rai
Anche Franco Siddi, segretario della Fnsi, aderisce all'iniziativa
La società Pannunzio denuncia Minzolini: "Gravissima lesione della deontologia professionale"
di CARMINE SAVIANO

 

Tg1-caso Mills, le firme sono 150 mila Ora la consegna alla Rai
Una valigia piena di firme. E' quella che Arianna Ciccone, organizzatrice del Festival di giornalismo di Perugia, consegnerà venerdì mattina alle 10 ai vertici della Rai. Una valanga di fogli e di faldoni per dare forza alla sua richiesta nei confronti del Tg1 di Augusto Minzolini: "Rettificate, avete dato notizie false sul caso Mills: la prescrizione non è un'assoluzione". E con sé Ciccone porterà anche un computer. Per mostrare cosa è diventata la pagina Facebook aperta sabato scorso: un luogo d'incontro virtuale dove oltre 150mila cittadini in carne e ossa sostengono la sua battaglia contro una manomissione della verità. "Se Garimberti e Minzolini non mi riceveranno salirò negli uffici e lascerò pacchi di firme alle loro segreterie e ai giornalisti". Un atto dovuto "alle tante persone che hanno sottoscritto il mio appello".

Con Arianna Ciccone ci sarà il segretario della federazione nazionale della stampa, Franco Siddi, e una piccola delegazione. Una "decina di persone", alcune di loro conosciute grazie al gruppo su Facebook. Tra queste anche i membri della "Società Pannunzio per la libertà d'informazione", che, per la stessa vicenda, hanno denunciato Augusto Minzolini all'ordine dei giornalisti del Lazio. E dopo il picchetto alla Rai, il gruppo raggiungerà proprio la sede dell'Odg laziale per consegnare una parte delle firme. "Lì la mia presenza sarà soltanto simbolica, e servirà a dar man forte all'esposto", dice la Ciccone. Che è intenzionata a proseguire la sua battaglia anche dopo la consegna delle firme.

"In questi giorni ho avvertito un vero deficit di rappresentanza. Nessuna parola dall'Ordine nazionale, nessuna parola dai partiti", continua Ciccone. "Eppure la vicenda è gravissima, non ha precedenti". Quello che bisogna auspicare è "una battaglia culturale che finalmente ci liberi dal problema di fondo, quello dell'occupazione della Rai da parte dei partiti politici". E il gruppo Facebook può "essere una piattaforma per iniziare un percorso maggiormente strutturato". Ma per adesso l'attenzione è tutta rivolta alla consegna di venerdì. "Documenteremo tutto, con foto e video".


Intanto, proprio sulla denuncia della Società Pannunzio si è aperto un nuovo versante della contestazione. Nell'esposto, depositato il 28 febbraio scorso, si legge: "Riteniamo che sia stato compiuto non un involontario errore (che peraltro non è stato seguito da alcuna rettifica) ma, dolosamente, una gravissima lesione della deontologia professionale e quindi chiediamo un'immediata apertura di un provvedimento disciplinare contro Augusto Minzolini e quanti altri siano riconosciuti corresponsabili della medesima truffa".

Alla denuncia è seguita una prima risposta dell'Ordine che, riservandosi di adottare i provvedimenti del caso, ha sottolineato come nell'edizione delle 13,30 di venerdì scorso, "il Tg1 ha dato notizia del processo Mills, sottolineando nei titoli che la Cassazione aveva assolto l'avvocato inglese accusato e condannato in primo e secondo grado per corruzione. La realtà è un'altra, come è noto". E ancora: "l'Ordine dei Giornalisti del Lazio stigmatizza l'episodio anche e soprattutto perché il direttore Augusto Minzolini è un nostro iscritto".
 
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Cosa fece Maometto, oltre a "scrivere" il Corano

Post n°1185 pubblicato il 05 Marzo 2010 da albert.z
 
Tag: predoni

L'esempio di Maometto stesso ha posto le fondamenta per la violenza mediante le sue opere e i suoi comandi, che si trovano negli hadith. L'11% delle pagine degli hadith di Bukhari fa riferimento alla Guerra Santa. La jihad militare è una parte tradizionale dell'Islam, sebbene la partecipazione alla guerra santa sia oggi ritenuto dalle correnti moderate un dovere facoltativo e non un obbligo.

Maometto proclamò di aver avuto la sua prima visione da Dio nell'anno 610 dopo Cristo, e i primi 13 anni del suo ministero furono contraddistinti da una predicazione pacifica nella città della Mecca; durante questo periodo, Maometto si mostrò come un uomo ben intenzionato che cercava di elevare la condotta morale del suo popolo attraverso una serie di leggi che - perché fossero accettate da tutti - faceva credere gli fossero state dettate da Dio. Ma nell'anno 623 egli divenne un leader politico nella città di Medina: col suo potere politico comparve un nuovo comportamento aggressivo. Attaccò le carovane e usò la spada per diffondere la sua religione e accrescere il suo potere: nei soli 10 anni in Medina, Maometto condusse personalmente 27 sanguinose invasioni e ne preparò 65, ordinando ai suoi seguaci di condurne molte altre. Si trattava, in pratica, di razzie e saccheggi per procurarsi il cibo, tanto che alcuni teologi musulmani sostengono che le uniche «guerre sante» siano quelle da lui combattute. Tuttavia, già nel VII secolo il califfo Omar proibì ai suoi soldati di comperare e coltivare appezzamenti di terra - desiderava restassero una casta militare dedita alle arti belliche, anche se avrebbero dovuto essere in gran parte mantenuti a spese dello Stato: ovviamente, una tale situazione rendeva la guerra inevitabile per procurarsi i beni con cui pagare i soldati. Maometto, inoltre, assassinò molti dei suoi oppositori durante la sua vita, compresi poeti e poetesse di opere satiriche. Durante la sua battaglia contro i quraisciti, attaccati a tradimento dopo che lui stesso li aveva convinti ad una tregua, donne e bambini furono venduti come schiavi, e centinaia di uomini catturati furono decapitati (pratica che abbiamo visto essere comune per i terroristi di oggi); anche alcuni del suo stesso popolo furono inorriditi da queste cose.

 
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Uccidete gli infedeli!!!

Post n°1184 pubblicato il 05 Marzo 2010 da albert.z
 

I messaggi del Corano, ispirati dall'arcangelo Gabriele, riguardo a chi non crede in Maometto:

Nel Corano troviamo scritto:
Nella sura 2 (190-193): «Combattete per la causa di Allah contro Coloro Che vi combattono [...]. Uccideteli ovunque li incontriate, e scacciateli da dove vi Hanno Scacciati: la persecuzione è peggiore dell'omicidio. [...] Uccideteli Se vi assalgono,. Questa è la ricompensa dei miscredenti. Combatteteli Finchè non CI SIA più persecuzione e il culto SIA [Reso solo] ad Allah ».

Nella sura O 4 (76): «Coloro Che credono combattono per la causa di Allah, Mentre i miscredenti combattono per la causa degli idoli. Combattete gli alleati di Satana. Deboli sono le astuzie di Satana ».

Interessante è poi la sura 5 (33), ove alla «giustizia umana» si affianca la «giustizia divina»: «La ricompensa di Coloro Che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero E che seminano la Corruzione sulla terra è Che Siano Uccisi O Crocifissi, Che Siano Loro Tagliate la mano e la gamba da lati opposti o Che Siano esiliati sulla terra: ecco l'ignominia Che li toccherà in questa vita; nell'altra vita avranno castigo immenso ».

Ancora, Nella sura 9 (5-23): «Quando poi Siano trascorsi i mesi sacri, uccidete QUESTI associatori ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete Loro agguati. [...] Combatteteli Finchè Allah li castighi per mano vostra, li copra di ignominia, vi dia la vittoria su di loro, guarisca i Petti dei credenti [...]. Oh voi che credete, non prendete per alleati i vostri padri ei vostri fratelli se preferiscono la miscredenza alla fede ». Il versetto 29 è ILLUMINANTE: «Combattete Coloro Che non credono in Allah e Nell'ultimo Giorno, Che non vietano Quello che Allah e il Suo Messaggero Hanno vietato, e Quelli, tra la gente della Scrittura, Che non scelgono la religione della verità» ; questo è molto grave perchè il popolo della Scrittura comprende gli Ebrei ei Cristiani! Inoltre, il Corano incita non Aver pietà del nemico Finchè non si Converta (sura 47, versetto 35): «Non siate dunque deboli e non proponete l'Armistizio Mentre siete preponderanti».

Ora lo sapete. Attenti all'arcangelo!

 
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Non fatevi abbindolare dagli imbonitori

Post n°1183 pubblicato il 05 Marzo 2010 da albert.z
 
Foto di albert.z

Molti fanno Mercato delle illusioni e dei falsi miracoli,
così ingannando le stupide Moltitudini
(Leonardo da Vinci)

Attenti! Attraverso i Telegiornali cercano di darvi le notizie Che Servono a Creare

 consenso al padrone, mentre tacciono su quelle che gli portano dissenso.

Usate il cervello: informatevi.

 
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Attenti,ora sono buoni, ma poi......

Post n°1181 pubblicato il 05 Marzo 2010 da albert.z
 

Gli alberi si giudicano dai frutti. Gli uomini dalle gesta.

Maometto proclamò di aver avuto la sua prima visione da Dio nell'anno 610 dopo Cristo, e i primi 13 anni del suo ministero furono contraddistinti da una predicazione pacifica nella città della Mecca; durante questo periodo, Maometto si mostrò come un uomo ben intenzionato che cercava di elevare la condotta morale del suo popolo attraverso una serie di leggi che - perché fossero accettate da tutti - faceva credere gli fossero state dettate da Dio. Ma nell'anno 623 egli divenne un leader politico nella città di Medina: col suo potere politico comparve un nuovo comportamento aggressivo. Attaccò le carovane e usò la spada per diffondere la sua religione e accrescere il suo potere: nei soli 10 anni in Medina, Maometto condusse personalmente 27 sanguinose invasioni e ne preparò 65, ordinando ai suoi seguaci di condurne molte altre. Si trattava, in pratica, di razzie e saccheggi per procurarsi il cibo, tanto che alcuni teologi musulmani sostengono che le uniche «guerre sante» siano
 quelle da lui combattute; tuttavia, già nel VII secolo il califfo Omar proibì ai suoi soldati di comperare e coltivare appezzamenti di terra - desiderava restassero una casta militare dedita alle arti belliche, anche se avrebbero dovuto essere in gran parte mantenuti a spese dello Stato: ovviamente, una tale situazione rendeva la guerra inevitabile per procurarsi i beni con cui pagare i soldati. Maometto, inoltre, assassinò molti dei suoi oppositori durante la sua vita, compresi poeti e poetesse di opere satiriche. Durante la sua battaglia contro i quraisciti, attaccati a tradimento dopo che lui stesso li aveva convinti ad una tregua, donne e bambini furono venduti come schiavi, e centinaia di uomini catturati furono decapitati (pratica che abbiamo visto essere comune per i terroristi di oggi); anche alcuni del suo stesso popolo furono inorriditi da queste cose.

E verso gli infedeli come si dovevano comportare?

Nel Corano c'è scritto:" Uccidete gli infedeli ovunque li trovate!"

vedi: http://www.storico.org/jihad.htm

  Gli olandesi cominciano ad aprire gli occhi!

 

 
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