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tra sbuffi e sbalzi di vento

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Post N° 30

Post n°30 pubblicato il 29 Gennaio 2005 da sughrue
 
Foto di sughrue


Nel 480 a.C. Le forze dell'impero persiano sotto il re Serse, stimabili intorno ai due milioni di uomini, attraversarono l'Ellesponto e marciarono per invadere e sottomettere la Grecia.
In un tentativo disperato di ritardarne l'avanzata, all'incirca 4000 uomini, tra spartani e loro alleati, vennero mandati al passo delle Termopili nel nord della Grecia, un passo angusto a tal punto da poter in parte neutralizzare le moltitudini persiane e la loro cavalleria. Per due giorni essi tennero testa agli invasori.
Poi, rimandato indietro il grosso delle truppe, rimase solo Leonida con 300 spartiati, nella speranza che un gruppo così selezionato e pronto a sacrificare la propria vita potesse ancora contrastare, sia pure per pochi giorni, l'invasione massiccia.
Distrutte le armi dalla forza del nemico, essi combatterono "con le mani nude e con i denti" (come ci racconta lo storico Erodoto), prima di essere sopraffatti.
Gli spartani morirono tutti, ma con il sacrificio della propria vita consentirono ai greci di organizzare la difesa, tanto che, durante quell'autunoo e la primavera successiva, questi sconfissero i persiani a Salamina e a Platea preservando quell'embrione di democrazia e libertà che altrimenti sarebbe perito sul nascere.
Oggi alle Termopili ci sono due monumenti. Su quello moderno, chiamato il monumento a Leonida, in onore del re spartano morto in battaglia, è riportata la risposta del re alla richiesta di Serse di consegnare le armi. La risposta fu di tre parole: "Venite a prendervele".
Il secondo monumento , quello antico, è una semplice pietra senza ornamenti con incise le parole del poeta Simonide. Sono versi che costituiscono molto probabilmente l'epitaffio più famoso che sia stato mai scritto per un soldato:


Va' e riferisci agli spartani,

o straniero che passi,

che obbedienti al loro comando

noi qui giaciamo.


Di tutti gli spartani e i tespiesi che combatterono tanto valorosamente, la prova di coraggio più straordinaria fu data dallo spartano Dienece. Si dice che, prima della battaglia, uno dei trachini gli avesse detto che gli arcieri persiani erano così numerosi che, quando tiravano, la massa di frecce era tale da oscurare il sole. Dienece, tuttavia, per nulla spaventato dalla forza dell'esercito persiano, rispose tranquillamente. "Bene. Almeno così combatteremo all'ombra".

Erodoto, Le storie

 
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