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« PERSONE STRANEIL GIORNO DEL MIO DIVORZIO »

LA FESTA

Post n°683 pubblicato il 22 Settembre 2009 da quelluomo

Si trattava di una delle feste di G., e non era la prima a cui partecipavo. Le feste di G. sono di solito meravigliose. Meravigliose perchè lui ha una bella casa e ottima roba da servire alle persone. E le persone che sono invitate alle sue feste sono rigorosamente selezionate. Non si è mai più di venti. Certe volte si fa l'alba, in altri casi la festa può protrarsi anche di più. Sedevo all'ombra di un mobile a quattro ante, per ripararmi dalla luce accecante di una lampada a neon. Sedevo su una vecchia e comoda poltrona di pelle e avevo a portata di mano la base circolare di un tavolo di ferro battuto su cui avevo riposto tutto quello di cui avevo bisogno. Chiaramente tutti si potevano servire delle mie cose, ma ciò accadeva molto di rado, perchè ognuno preferiva organizzarsi un proprio spazio. Le donne mi sembravano piuttosto strane. Erano tutte donne di cui ero innamorato ma mi sembravano strane. Mi sembravano strane per via di quello che avevo preso, pensai. O forse per quello che avevano preso loro. Feci pace con il cervello. Erano strane per tutte e due le ragioni. Due ragazze vennero d'improvviso di fronte a me e mi fecero un complimeto che mi piacque moltissimo. Mi ero molto emozionato e le vedevo sorridere (in modo strano) e non sapevo proprio cosa rispondere. Non ringraziai nè contraccambiai perchè mi parve una cosa troppo ovvia. Mi limitai a sorridere (credo in modo strano) e poi cercai di afferrarle tutte due ma non mi riuscii di farlo perchè una si dileguò subito. L'altra si fece fare ma non parve successivamente molto impressionata dalle mie proposte, quando gliele (gliele ma era donna) esplicitai. Si limitò a dire che voleva solo un bacio sulle labbra ma francamente non so se l'accontentai.

La mattina dopo mi svegliai in ospedale. Fu uno strano risveglio. Non mi ricordavo assolutamente come diavolo ero andato a capitare lì ma non provai la minima sorpresa nè, tantomeno, mi sentii smarrito. Sapevo benissimo dove mi trovavo e assaporavo con le narici l'odore credo di cloroformio e tutto il bianco che mi circondava e devo dire che mi sentivo piuttosto bene, cioè mi sentivo veramente fuori dal samsara, nella misura in cui non avevo nè dolore, nè fame, nè sete, nè voglia di fumare, nè di dormire, nè di alzarmi, nè di pensare. Evidentemente la flebo che mi avevano attaccato al braccio pensava tutto lei. Entrò un'infermiera. Era alta come me, credo, cioè bassina ma per essere donna nemmeno troppo bassa, diciamo un metro e sessantacinque, un metro e settanta, e disse che doveva farmi il letto e si avvicinò abbastanza e quando fu a portata, non so proprio perchè mi sia comportato così, le sferrai un umido bacio che la colpì sulle labbra. Lei si mise a ridere, ma in un modo così convincente che pensai che mi fosse grata di quello che le avevo fatto e infatti ripresi a farlo ogni volta che mi si presentava l'occasione. Al terzo o quarto bacio però la situazione cambiò e lei mi guardò di traverso come a dire che lo scherzo era bello finchè durava poco. Mi sentii un imbecille con la "i" minuscola. Volevo addirittura chiederle scusa ma temevo di peggiorare le cose. Mi limitai ad ammettere che ero sempre fuori di me, che non si poteva andare avanti così. Lei annuì e poi mi fece il letto.

 
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