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Prato, Cina

Post n°347 pubblicato il 28 Giugno 2008 da cloudbreak
 

Per motivi di lavoro, ieri mattina sono andato su chiamata di un cliente al Macrolotto. E' una zona artigianale ed industriale di Prato. Una zona dove sorgono molti edifici industriali, realizzati nel corso degli anni per spostare le vecchie aziende nate attorno al settore tessile.
Prato è stata per lungo tempo la capitale italiana del settore tessile. Fin dal dopoguerra, era consuetudine che un operaio, a costo di parecchi sacrifici, riuscisse a comprare un telaio da installare in uno scantinato od in un garage, dove aveva modo di lavorare al termine del proprio turno in fabbrica, magari aiutato dalla moglie, spesso casalinga, che portava avanti il lavoro durante la giornata. Se si passava dalle vie della città durante la notte, non era insolito sentire il rumore dei telai, accesi ventiquattro ore al giorno.
I piccoli imprenditori che nascevano cominciavano così la propria fortuna, ingrandendo la loro attività, acquistando altri macchinari, assumendo personale. Ed avevano bisogno di nuovi spazi. Ecco che nacque la zona denominata, appunto, Macrolotto, dove vennero spostate le attività del settore tessile.
Nel corso degli anni, l'economia pratese si sviluppò rapidamente e prosperò proprio basandosi sul settore tessile. E conobbe la propria crisi negli anni recenti, quando nuovi mercati, nuovi produttori esteri potevano realizzare il medesimo prodotto a costi infinitamente più bassi. Molte aziende del settore tessile cominciarono a chiudere, molti spazi industriali vennero lasciati liberi. Non per molto.
Se si arriva nella zona del Macrolotto si cominciano a vedere cartelli in due lingue. Oltre alle indicazioni in italiano, infatti, ci sono anche le scritte in cinese. Lingua che prende il sopravvento man mano che ci si addentra nelle strade interne.
Dove cominci a vedere sempre meno facce italiane: le uniche presenti sono quelle dei committenti, di coloro cioè che portano il lavoro da fare alle aziende cinesi presenti in zona, e dei tecnici addetti alla manutenzione dei macchinari e degli impianti. I nuovo imprenditori che hanno rilevato le strutture esistenti, infatti, utilizzano i macchinari che hanno trovato, totalmente made in Italy, e devono appoggiarsi a tecnici che vengono dall'esterno, dalla zona "italiana".
Così è stato anche per me. Un nostro cliente ci ha chiesto l'intervento per un impianto di pressurizzazione che aveva problemi, e, in qualità di centro assistenza di zona, siamo andati sul posto. Insegna in cinese, scritte in cinese, nessun italiano, tranne, appunto, il nostro cliente. All'interno dell'attività, una tintoria industriale, un caldo opprimente, dovuto alle macchine che devono lavorare con acqua caldissima. Operai cinesi che girano a torso nudo, pallidi, costretti a respirare aria impregnata di residui acetici e di altre materie chimiche usate per le operazioni di tintura dei tessuti. Ti guardano, ti tengono d'occhio, ma cercano di non farsi notare. Continuano a lavorare, a spostare carrelli carichi di tessuti, a muovere sacchi di materie prime. Qualcuno si riposa, sdraiato sulle pile di sacchi, qualcun altro appoggiato direttamente per terra, leggendo un giornale, rigorosamente in cinese. Altri parlano tra di loro, sempre continuando a lavorare.
Uno è sempre vestito bene: è il titolare dell'azienda. E' l'unico che ti rivolge la parola, anche perchè è l'unico che capisce bene l'italiano, mentre con gli altri è difficile farsi capire se non a gesti. Il titolare chiede quello che stai facendo, si informa, ma ti dedica poco tempo, preso com'è a seguire i propri "dipendenti". E ti lascia fare quel che devi, senza crearti troppi problemi.
Noi interveniamo su ciò che dobbiamo, sistemiamo l'attrezzatura. Prima di andare via salutiamo il titolare, il quale, molto gentile, ci offre il caffè. Il nostro cliente, titolare italiano di una piccola impresa di manutenzione attrezzature tessili, ci saluta, deve andare in un'altra azienda, l'unica interamente italiana della zona.
Noi torniamo indietro. Rientriamo nella strada principale, ritroviamo i cartelli in doppia lingua. Passiamo oltre, proseguiamo.
E ritroviamo i cartelli segnaletici solo in italiano.
Sì, siamo tornati in Italia.

 
Rispondi al commento:
Nuta
Nuta il 28/06/08 alle 09:59 via WEB
Ma per le olimpiadi fanno nulla a Prato?
 
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