Non sono più una mamma allattona…

Sono ormai 3 mesi che non sono più una mamma “allattona” o una mamma-mucca come dice qualcuno e sono settimane che penso a cosa scrivere perchè sinceramente non so nemmeno bene come sia andata…

Erano le feste di Natale, Diamante si è ammalata poco prima, io intorno alla Vigilia ho iniziato a tossire e poi dopo Natale è arrivata anche la febbre, sia per me che per mio marito. Erano notti atroci, mi alzavo tantissime volte per bere e prendere qualcosa per la tosse incessante e se non mi alzavo ero sempre nel letto con Diamante attaccata al seno che non voleva lasciare il capezzolo e urlava come una pazza se cercavo di staccarla o avevo bisogno di muovermi.

Da mesi ormai le chiedevo di “ciucciare bene”, proprio un po’ come era accaduto con Elettra: non sentivo più la calata e tenerla attaccata al seno di notte mi teneva sveglia e mi innervosiva, come se sentissi degli spilli, senza contare le solita costante posizione che mi portava ad avere formicolii alle mani e torcicollo… ma tenevo duro perchè volevo che questa volta fosse la bambina a smettere.

Invece complice l’influenza che quest’anno ci ha stremati, una sera le ho detto che saremmo andati a letto senza fare la ciuccia. La reazione dovevo aspettarmela, perché le mie figlie non amano i compromessi e se devono fare qualcosa che viene loro chiesto vogliono che sembri una loro decisione, anche soltanto 5 minuti più tardi, ma deve essere la loro ultima parola, non quella di un altro.

Così è successo che nonostante le mie proposte di coccola alternativa (abbracci, lettone, favola tutto insieme come al solito, oppure divano, fascia, dondolio, dondolio e cartone animato… tutto quello che sapevo le piacesse) lei ha rifiutato tutto lamentandosi e spingendomi via… ha deciso di fare quello che le ho chiesto ma ovviamente a modo suo: complice il fatto che fossero quasi le 23  in 5 minuti è crollata con la testa sul tavolo, con me vicino che la accarezzavo soltanto… a ripensarci mi viene il magone.

Mi sono sentita uno schifo, ma reduce da notti insonni, debolezza e malessere il mio cervello mi diceva che dovevo fare così… anche se il mio cuore protestava dentro urlando “nooooo!”. La sua ultima poppata l’ha fatta quel pomeriggio, con 3 anni 7 mesi.

Nella notte si è svegliata solo una volta, le ho ricordato che mamma e tetta erano malate  e lei si è girata dall’altra parte senza fiatare, accoccolandosi con la schiena contro la mia pancia, io l’ho stretta a me e da lì tutto è cambiato.

Nei giorni seguenti la richiesta di “ciuccia” è subito diminuita e al mio “adesso non si può, mamma sta male” lei non ha quasi mai protestato, ci abbracciavamo forte e poi tornava a giocare; io e mio marito siamo anche stati d’urgenza in ospedale a fare le radiografie ai polmoni per via della continua tosse e febbre, Diamante è rimasta a casa con la sorella maggiore e al nostro ritorno mi ha chiesto se ero ancora malata per poter poppare, ma poi la cosa è andata scemando, come se nulla fosse.

Non è cambiata, è rimasta una bimba serena, felice, con i suoi momenti di crisi mattutina quando non vuole mettere certi indumenti per uscire o pretende che solo io possa porgerle le scarpe e non la sorella, ma insomma è tutto come prima… forse assurdamente anche meglio.

Le cose non sono andate come mi immaginavo e come speravo di fare con questa terza bambina… come sempre del resto. Probabilmente lei era pronta da un pezzo, aspettava solo che fossi io a decidere per lei? Io non so se ero pronta, non credo di esserlo ancora: infatti quando mi chiede ancora di provare a ciucciare dicendo “vediamo se sono ancora capace” non riesco a negarglielo… e fa esattamente come prima di Natale, mi mastica un po’, ride sotto i baffi e poi se ne va e a me va bene così.

La tristezza più intensa deriva dal pensiero che non sarò MAI PIU’ una mamma allattona, non sarò mai più neo-mamma, non avrò gravidanze, parti, momenti intensi di nascita e amore puro e nemmeno allattamenti prolungati in cui godermi l’essenza di un cucciolo d’uomo… sarò “solo” una mamma.

Mi manca non allattare più perchè credo di essere nata per questo: avere dei bimbi piccoli da accudire nonostante le difficoltà e allattarli alla luce del sole, sempre, senza paura dei giudizi, dimostrando che si può fare, che è la cosa migliore per il bambino, per la società, che se qualcuno dà fastidio deve solo girarsi dall’altra parte.

Allattate mamme… allattate voi adesso senza paura, seguite il vostro istinto e non sbaglierete mai.

Per essere una mamma green (o quasi)

Sono sempre stata un po’ “green”, fin da ragazza credo, in realtà mi definivo semplicemente “antiquata” o “come mia nonna”, perchè ho sempre amato le tradizioni e lo stile di vita di una volta, semplice, a contatto con la natura, apprezzando i racconti della madre di mio padre, i suoi insegnamenti, i suoi regali.

Nel tempo, un po’ per le conoscenze acquisite, per le nuove persone incontrate sulla mia strada (anche virtualmente) ed altre esperienze di vita che mi hanno dato tanto, diciamo che sono “peggiorata” e diventata ancora più pignola in questo senso, soprattutto in alcuni campi.

In sostanza vorrei riassumere cosa si può fare per essere “abbastanza green” (dico abbastanza perchè la perfezione non esiste, non può esistere!), per far del bene alla propria persona, alla famiglia, all’ambiente; naturalmente il troppo stroppia, diventa difficile star dietro proprio a tutto, a volte impossibile per motivi di lavoro, di organizzazione famigliare, di luogo in cui si abita, ma si può fare comunque tanto e tutti insieme ancora di più.

  • Intanto si possono abbattere gli sprechi: vestiti riciclati dei fratelli o degli amici per i bambini, idem lettini, passeggini, molti libri e giochi;
  • ancora meglio se acquistate una fascia rigida, che solitamente va da zero a 18 kg, si lava con il bucato di tutti i giorni, non ingombra, non deve essere smaltita, costa come un passeggino ad ombrello (e molto meno di un trio dei più scarsi) ma serve davvero a soddisfare le esigenze di mamma e bambino ed è in fibre naturali;
  • allattare i bimbi e a lungo: il latte della mamma va sempre bene, protegge molto di più dalle malattie, non servono ciucci, biberon, scaldabiberon, latte artificiale (che influisce ovviamente sull’ecosostenibilità);
  • fare autosvezzamento: il bambino mangiando il nostro cibo ci aiuta ad essere più attenti nell’avere un’alimentazione sana per tutta la famiglia e senza acquistare omogenizzati ed altri prodotti confezionati si aiuta nuovamente il pianeta;
  • acquistare prodotti biologici, ma soprattutto a km zero, dal contadino vicino a casa, ai GAS  o anche al supermercato, ma prediligendo prodotti locali o perlomeno italiani!
  • bere l’acqua del rubinetto e cercare di ponderarne il consumo, come già evidenziato nel mio articolo.
  • preparare dolci fatti in casa, per la merenda, la colazione… così non avranno coloranti e conservanti e molto altro (a casa mia ad esempio vanno a ruba i muffin, che ho anche fatto in versione vegana);
  • usare i pannolini lavabili, se possibile anche di notte (ma a volte dipende proprio da bambino a bambino): un pannolino U&G impiega circa 500 anni a decomporsi, quindi è immaginabile quanto inquinamento ambientale si crei per ogni piccolo essere umano;
  • per la casa usare aceto, bicarbonato, acido citrico e altri detergenti il più possibile ecologici per pulire, lavare i piatti o in lavatrice;
  • organizzarsi per le commissioni in paese in modo da non usare la macchina: a piedi con i piccoli in fascia e i grandi per mano, o bicicletta per tutti, fa bene al pianeta, ma anche alla forma fisica;
  • per il corpo usare burro di karitè e olio di mandorle come idratanti per tutta la famiglia, saponi di Aleppo e Marsiglia e pochi altri di uso quotidiano facendo attenzione all’INCI e sperimentando anche shampoo alternativi come acqua e bicarbonato o acqua e farina di ceci (che è ottima anche per molte altre ricette di bellezza);
  • usare l’henné per tingere i capelli: costa poco, è naturale, ci sono diverse colorazioni e rinforza ed illumina i capelli, a casa in poche ore.
  • scegliere attività per la domenica e l’estate che siano all’aria aperta, in montagna, in campeggio, al fiume, perchè i bambini hanno bisogno di sperimentare, sporcarsi, osservare animali, insetti e fiori e soprattutto stare in compagnia di altri bambini;
  • per i regali ai più piccoli scegliere giochi di legno, educativi, creativi ed evitare quelli rumorosi, luminosi ecc. che implicano l’utilizzo di pile e spesso rendono i bambini troppo eccitati; meglio ancora un libro da leggere insieme per farsi le coccole prima della nanna e iniziare ad appassionare alla lettura.

Ecco qua i miei spunti… e voi cosa fate per essere “abbastanza green”? Attendo i vostri suggerimenti!

Tutti gli usi del burro di Karitè puro

Quando ho scoperto il burro di karitè puro, quindi senza profumi e trattamenti (non raffinato), non l’ho più lasciato e praticamente in casa lo usiamo per tutto e sempre, a discapito di qualsiasi altra crema utilizzata pochissimo, che finisce nell’armadietto solo perché ci viene regalata.

Il burro di karitè è davvero ideale per tutto:

  • le sue proprietà emollienti sono ottime per idratare il viso: consiglio però a chi ha la pelle molto grassa di applicarlo solo la sera, affinché durante la notte abbia il tempo di assorbirsi completamente; usarlo di frequente riduce tantissimo la comparsa di rughe, borse, occhiaie.
  • sempre per via della sua potente proprietà idratante è ottimo anche per i piedi e i talloni secchi: dopo aver passato una pietra pomice sulle parti screpolate, ungete bene le parti anche più volte al giorno e per un’azione urto applicate la sera, avvolgete con la pellicola e sfasciate al mattino.
  • ovviamente è fantastico anche per le mani e anche in questo caso  si possono ungere abbondantemente le stesse prima di coricarsi e avvolgerle in  guanti di cotone per per un’azione idratante più intensa.
  • grazie alla sua non-tossicità si può tranquillamente usare anche come burro-cacao sulle labbra, nonché come idratante del naso quando è molto arrossato e screpolato durante i raffreddori.
  • ottimo per seno e pancia in gravidanza: applicare il più possibile per limitare l’insorgere di smagliature e tenere la pelle elastica e morbida.
  • sempre in gravidanza è possibile utilizzare il burro di karitè per ungere e mantenere elastico il perineo, che ha bisogno di essere morbido durante il parto.
  • è un fantastico dopo sole, nonché crema solare, per lenire gli arrossamenti e prevenire macchie, scottature, rughe. In casa lo usiamo tutti, anche le bambine.
  • per il sederino dei più piccoli è una manna se usato contro gli arrossamenti, sia a livello preventivo che curativo: in caso di candida da pannolino si può miscelare con qualche goccia di tea tree per ammorbidire la parte interessata e fungere anche da antibatterico (alternandolo però, ad appositi prodotti per la candida).
  • durante l’allattamento è un’ottima cura per i capezzoli, funge da preventivo a ragadi e arrossamenti e non serve risciacquare prima di attaccare il bambino (attenzione però che il burro sia davvero puro).
  • dopo una scottatura non grave, se applicato immediatamente, previene la formazione delle classiche vesciche e applicato più volte accelera la guarigione (la bruciatura nell’immediato duole un po’ di più, poi il dolore scompare completamente).
  • per chi ha capelli molto secchi, soprattutto per prevenire la formazione di doppie-punte, dopo il lavaggio e prima di asciugarli si può applicare un filo lievissimo di burro di karitè dopo averlo ammorbidito tra le mani.
  • per capelli molto danneggiati da sole, tinte ecc: applicare il burro sui capelli asciutti e poi avvolgere in un asciugamano per qualche ora o tutta la notte; l’indomani lavateli come fate di solito.
  • naturalmente si può usare come una normale crema su tutto il corpo, sempre, dopo la doccia, dopo la depilazione anche delle parti più delicate, sia dagli adulti che dai bambini, aiutando così la rigenerazione cutanea.
  • ottimo quindi anche per massaggi al pancino dei neonati, per i massaggi AIMI, per le gambe affaticate  e le spalle appesantite dalla lunga giornata.

Il burro di karitè si presenta abbastanza compatto e di odore particolare (subito potrà sembrarvi molto strano e forte, ma utilizzandolo spesso arriverete a non farci più caso); nei periodi più caldi e se lo portate in spiaggia diventa molto più morbido, se non addirittura liquido come olio, per poi tornare solido ad ogni abbassamento di temperatura: non ci sono problemi per il burro, dovrete solo regolare meglio la quantità da mettere.

Ho cercato di acquistarlo presso le farmacie, para-farmacie o erboristerie di zona, ma difficilmente l’ho trovato puro, mentre on-line è più facile acquistarlo, anche senza confezione, pagandolo quindi anche meno in grande quantità (di solito sui 500 g, sfuso sotto vuoto, sui 12 €).

Per chi ha praticità nella preparazione di prodotti naturali per il corpo, il burro è ottimo per fare saponi, burri di cacao, cosmetici vari.

E allora che aspettate? Comprate burro di karitè in quantità!

noi che siamo diverse…

… alla società diamo fastidio.

Ne parlavamo io e la mia ostetrica, che qualche giorno fa è passata a trovarmi, facendomi una grande e piacevole sorpresa.
E abbiamo proprio convenuto insieme che noi donne e madri che partoriamo in casa, allattiamo, portiamo in fascia e magari scegliamo la medicina alternativa e siamo anche un po’ scettiche sui vaccini siamo davvero una spina nel fianco per la società.

Credo che tutto si riconduca sempre al business e molto subdolamente a quanto il nostro pensiero potrebbe rivoluzionare il mondo e far crollare quello che si era creduto fino al giorno prima: di conseguenza crollerebbe anche tutto il castello di carte che sta su solo grazie a chi si lascia abbindolare dalle credenze popolari sui vizi e l’educazione infantile, che ormai scorrono nelle nostre vene come linfa vitale e da acquisti superflui che invece sembrano strettamente indispensabili.

Dove andrebbero a finire tutte le industrie produttrici di latte artificiale, se tutte le madri del mondo allattassero almeno un anno, che cosa farebbero i ginecologi senza più donne che si recano da loro inutilmente per nove mesi ad ogni gravidanza, cosa farebbero i produttori di passeggini stile “Cartier” se usassimo tutte una fascia, anche per 2/3 figli… e le aziende farmaceutiche? Perché chi si cura senza esagerare, senza fretta, lasciando al corpo il tempo di provare a reagire da solo, anche senza arrivare all’omeopatia che per alcuni è “acqua fresca” (ma guarda caso funziona), difficilmente un corpo diventa dipendente a vita dai farmaci, soprattutto se di base ci sono una corretta alimentazione e un allattamento prolungato.

Ebbene sì, diamo fastidio.

Non compriamo ammennicoli di ogni sorta per i nostri bambini, ma più spesso tanti libri e giochi in legno, li teniamo nel lettone se hanno paura e si svegliano molto, eppure non ne inficia nemmeno la nostra intimità, visto che di figli ne facciamo anche tre (o anche di più!), siamo strani noi con questa nostra fissazione de “meno oggetti e più affetti” e quindi la società ci emargina perché non facciamo crescere il PIL, non facciamo girare l’economia, ci etichetta come “madri talebane”, come pazze che vogliono andare indietro invece di guardare al futuro.

Eppure io credo che sia questo il futuro: i nostri figli sono il futuro del pianeta, un bambino ascoltato saprà ascoltare, un bambino felice sarà un adulto felice, un bambino amato amerà le persone e non gli oggetti, amerà animali e piante intorno a sé e quindi tutto il pianeta.

Paura di non vaccinare i bambini? Siamo noi il virus più micidiale, siamo noi uomini, con tutta questa corsa a produrre e a vendere sempre di più, che esauriremo le risorse e faremo morire il mondo e poi noi stessi, esattamente con un virus.

Dobbiamo fermarci, tornare indietro veramente, ricercare i veri valori, non il petrolio, ricercare la felicità nelle piccole cose, non nel passeggino più grande e più attrezzato.

Noi madri e donne che magari non compriamo neanche il bagno schiuma ma solo sapone di Aleppo e laviamo il pavimento con l’aceto, non siamo all’antica, anzi, stiamo solo guardando al futuro con occhi diversi, per la Madre Terra appunto e per i nostri figli.

Per i nostri figli non siamo fastidiose ed è questo quello che conta.
Sono fiera di essere fastidiosa.

Il nostro cosleeping

OVVERO ESPERIENZE E SUGGERIMENTI PRATICI

Quando è nata la nostra prima figlia, Sophia, sentir parlare di bambini che non dormivano la notte o che, per quieto vivere, dormivano nel lettone mi lasciava abbastanza basita.

Prima di tutto credevo che tutti i bambini dormissero chi più chi meno come gli adulti, perché in effetti la mia bambina era così, difficilmente si svegliava, aveva orari e abitudini semplici e gestibili, la notte erano rarissimi i risvegli, al limite solo nei periodi in cui spuntavano i dentini e se la domenica mattina si svegliava presto e la mettevamo nel lettone tra noi non riprendeva a dormire, perché aveva già riposato con un bel sonno di 10 ore circa!

Inoltre io e mio marito eravamo certamente condizionati dall’educazione ricevuta, secondo la quale era proprio proibito toccare il letto di mamma e papà, se non quasi per ragioni di vita o di morte e poi che ne sarebbe stata dell’intimità dei genitori?

Quando restai incinta della seconda bambina, 7 anni dopo, avevo nel frattempo sentito sempre più amici parlare di notti insonni e ripetuti risvegli notturni, a cui sopravvivevano semplicemente dormendo con il loro bambino, altrettanto semplicemente bisognoso di contatto.

Quando la piccola nacque dimostrò quasi immediatamente di avere richieste ed abitudini opposte alla sorella, sia di giorno che soprattutto di notte: mentre la sera allattavo nel lettone mio marito mi leggeva “Besame Mucho” di Carlos Gonzales  http://fiera.bambinonaturale.it/news/sonno-bambini-carlos-gonzales/ , ove – non credendo alle mie orecchie – sentivo parlare di bambini che dopo i 3/4 mesi si svegliano anche più di prima, perché non solo vogliono poppare, ma anche perché sono più sensibili alla lontananza dalla madre.

Appresi inoltre che non è un problema del bambino il fatto di non riuscire a dormire da solo o di avere diversi risvegli, che non è un vizio da condannare e reprimere immediatamente, ma che si tratta soltanto di un gene della sopravvivenza, che viene tramandato di generazione in generazione sin dai tempi degli uomini delle caverne, dove il bambino attaccato da una belva feroce sopravviveva solo se stava accanto alla madre e non poteva essere dimenticato da lei quando fuggiva e non moriva di fame perché accudito e nutrito se piangeva ripetutamente.

Incredula, dovetti rivedere le mie conoscenze sul sonno dei bambini.

Fu così che, un po’ meno ottusa, intenzionata a sopravvivere e non di meno desiderosa di soddisfare i bisogni di mia figlia, iniziò il nostro cosleeping, con alti e bassi e non senza varianti più o meno (s)comode per gestire certe situazioni.

Ad esempio all’inizio non riuscivo a stare troppo nella posizione sul fianco per allattare Elettra, perché provavo un forte mal di schiena, allora chiedevo a mio marito di appoggiarsi a me e farmi da sostegno, oppure se ero da sola avevo imparato a mettere 2 cuscini di appoggio prima sdraiarmi.

Se tutto andava bene e la piccola era serena, quando vedevo che sembrava stecchita dal sonno, la spostavo leggermente più in là nel lettone o nel suo lettino messo in tandem con il nostro, con la sponda abbassata, così potevo toccarla ed eventualmente riprenderla appena piangeva senza alzarmi mai e magari dormire qualche ora (all’inizio era al massimo una!) in una posizione più comoda.

Moltissime volte invece restava tutta la notte con noi, passando da una tetta all’altra e, nonostante quel che si dica sulla sicurezza, non è mai accaduto che le schiacciassimo nemmeno una manina durante il sonno, perché il sonno della mamma (e in qualche modo anche quello del papà) cambia decisamente quando si ha un neonato accanto! Il sonno profondo per mesi diventa un vero sogno a cui si anela fortemente, le posizioni spaparanzate pure, le dormite fino a tarda mattina restano un ricordo lontano…

Ma il tutto è decisamente affievolito e più sopportabile se non ci si deve alzare dal letto ogni volta, prendere freddo, camminare o dondolare al buio e in silenzio per riaddormentare il piccolo, cercare di posarlo di nuovo nel suo lettino e al mattino non capire se si è riposato o no.

Nel crescere, anche Elettra ha cambiato abitudini diverse volte, a seconda dell’umore, dei malanni o del semplice evolversi dei suoi ritmi: succedeva infatti che, soprattutto nella notte e non la sera prima di addormentarsi, chiedesse lei di tornare nel suo lettino e ci andasse da sola, su e giù per cercare la comodità, la tetta, il fresco o il caldo.

Raccogliendo sempre informazioni qua e là, mi resi conto che la maggior parte delle popolazioni non occidentali condivide il sonno con i propri bambini con naturalità e senza compromettere la loro indipendenza e la loro crescita, anzi senza forzature l’autonomia ne giova soltanto perché sanno scegliere senza paure il momento adatto a staccarsi e difficilmente tornano indietro, acquistando sicurezza anche in altre occasioni diverse https://www.uppa.it/educazione/pedagogia/come-dormono-i-bambini-nel-mondo/ .

Intorno ai 3 anni Elettra divenne abbastanza grande da sbattere con gambe e braccia nel suo lettino, allora cercammo un altro tipo di cosleeping che l’aiutasse a dormire serena, anche in virtù dei risvegli leggermente diminuiti (a quell’epoca erano ancora 3/4 per notte, già un miracolo per me!): mettemmo un letto matrimoniale nella stanza delle bambine, per farci stare lei e la sorellona Sophia ed affinchè potessi essere comoda anche io se avessi dormito con loro.

Così fu: la sera mi mettevo a letto con le bambine, leggevo una storia, poi spegnevo la luce e cantavo o raccontavo ancora qualcosa, finchè anche la piccola non si fosse addormentata. Allora sfilavo il braccio da sotto la sua testina (abitudine chiesta a lungo questa) e andavo nel mio letto… fino al primo risveglio, dopo di che dormivo con le bambine fino al mattino.

A loro la sistemazione piacque molto: Sophia aveva la compagnia tanto agognata ed Elettra pian piano mi cercò sempre meno perché sentiva il contatto con la sorella.

I suoi risvegli, con la necessità di avere la mamma a fianco per riaddormentarsi, durarono ancora un’annetto circa, per poi sparire quasi da un giorno all’altro, senza un particolare motivo, semplicemente era cresciuta e aveva acquisito sicurezza e capacità di riprendere sonno da sola, senza nemmeno chiamarmi, durante le fasi del sonno (che tutti in realtà abbiamo).

Con Diamante (32 mesi) stiamo facendo tutt’ora cosleeping, quasi con le stesse modalità, a seconda dei momenti e delle sue esigenze più o meno intense, ormai senza porci domande, senza preoccupazioni, senza aver ancora pensato a quando piazzare il letto matrimoniale in camera delle sorelle, che nel frattempo sono cresciute e hanno diviso nuovamente i letti, per avere ognuna il suo spazio, in totale indipendenza e serenità.

Sinceramente, prima della nascita di Elettra, di Diamante e di queste esperienze non avrei mai pensato che mi sarebbe mancato dormire con loro… invece sì, mi mancherà un neonato nel lettone, mi mancherà il loro odore, il loro corpicino morbido abbandonato sopra di me, indifeso e in cerca di protezione.

Il cosleeping che abbiamo praticato io e mio marito con le bambine non è stato sempre semplice e abbiamo sempre cercato compromessi che arrecassero comodità e sonno riposante un po’ a tutti, a giorni alterni e a periodi, però ci ha salvati da notti in bianco e ci ha resi persone migliori… ed anche le mie bambine hanno potuto giovare del nostro calore e amore a seconda dei loro bisogni.

Buona notte!

COSLEEPING

Il riflesso di emissione… che inganna

Intanto raccomando sempre a chi pensa di avere problemi in allattamento, di sentire una consulente (LLL o IBCLC), non il pediatra (i pediatri curano le malattie e non fanno quasi mai corsi sull’allattamento, se non è loro intenzione approfondire ed informarsi bene), dopo di che, visto che sento spesso dire “il bimbo al seno si stacca e piange… non avrò latte!”, vorrei chiarire io stessa che non è proprio così.

A questo link de La Leche League trovate il dettaglio di come funziona il riflesso di emissione:

http://www.lllitalia.org/index.php?option=com_content&task=view&id=279&Itemid=26

Quindi Vi racconto come sempre il mio vissuto, cosa mi è stato detto dalla mia consulente (la mitica cugina) e quindi cosa ho imparato.

Lla mia bimba Elettra, da sempre molto ciucciona ed esigente, come ho raccontato ne “i miei allattamenti” intorno ai 40 giorni cambiò comportamento e mi mandò in crisi, non solo perché forse aveva preso poco peso dopo una crescita esponenziale o avevo sbagliato la pesata settimanale (più probabile), ma anche perché spesso quando l’attaccavo al seno si attaccava e staccava di continuo strillando.

Ebbene, quando si staccava, io vedevo zampillare fuori il latte, spruzzando a quasi un metro di distanza, ma la fatidica domanda “avrò latte?” rimbombava fissa nella mia mente! Figuriamoci se capita ad una madre che magari non vede nemmeno uscire il latte in questo modo…

La risposta è semplice: il latte c’è, ce n’è troppo ed esce troppo forte, per via di un riflesso di emissione che hanno alcune madri e che inganna a causa della reazione del neonato.

In realtà è esattamente il contrario, cioè se ci fosse poco latte, il bimbo starebbe attaccato senza lamentarsi ed il più possibile, ecco perché i primi giorni dopo il parto è normale e giusto per natura avere un bimbo che vuole attaccarsi spesso e a lungo, per stimolare il seno e far aumentare la produzione… e ovviamente per prendere ogni piccola quantità di latte!

Le soluzioni, pe calmare il neonato, allattarlo tranquillamente e togliersi ogni dubbio sulla presenza del latte, posso essere diverse:

  • Io mi sono trovata subito bene allattando da sdraiata: nella posizione semi-inclinata classica (dove la mamma è seduta in poltrona con il bimbo in braccio per intenderci) con un riflesso di emissione forte il latte finisce dritto in gola al bambino, che non sa gestirlo, si infastidisce e quindi si stacca e piange; sdraiati sul fianco invece il latte fluisce in bocca e quindi per il piccolo è più semplice accoglierlo e poi deglutire;

sdraia

  • Un’altra posizione, da utilizzare magari a casa di altri (per non doversi sdraiare), è quella in cui la mamma sta seduta con la schiena un po’ inclinata e appoggia il bambino direttamente sopra al seno (che quindi non sarà rivolto verso il basso), così il latte, anche uscendo forte, è leggermente rallentato dalla forza di gravità e non finisce in gola;

sopra

  • Per le passeggiate invece, consiglio l’uso della fascia e la posizione del bimbo il più verticale possibile, sempre per limitare il getto di latte in gola.

fascia

Può anche accadere, come faceva la mia Elettra, che il riflesso di emissione forte sia più fastidioso se il bimbo non vuole ciucciare per cibarsi, ma solo per dormire, quindi può essere nuovamente fuorviante perché la mamma pensa di avere latte solo in certi momenti della giornata (un’altra ricorrente frase delle comari è “alla sera c’è meno latte”, ma in realtà alla sera intervengono altri fattori, soprattutto la stanchezza del bimbo!), ma è sempre e solo un inganno della mente o una diceria.

Basta ricordarsi che il latte c’è sempre, purchè non ci siano interferenze tra seno e neonato (niente ciuccio, niente acqua o tisane o aggiunte di ogni tipo), perché sono un binomio che sa regolarsi benissimo da sé e, al limite, per togliersi ogni dubbio, è sempre meglio chiamare le persone che si occupano di allattamento, non la vicina di casa!

Buone ciucciate serene…

PIANO DEL PARTO, PERCHE’ E COME STILARLO

In una gravidanza fisiologica, ossia quando tutto va come natura vuole, potete fare praticamente tutto ciò che vi pare durante il travaglio e parto, anche partorire in casa se lo desiderate, ma se decidete di partorire in ospedale la situazione non dovrebbe essere per nulla diversa.

L’ospedale dovrebbe ricreare l’ambiente e la protezione che casa vostra può darvi, insieme alla sicurezza di una struttura adeguata.

Come fare per fare in modo che il vostro parto sia come voi lo desiderate?
In primo luogo scegliete con calma il luogo in cui volete andare a partorire, dovrebbe essere almeno quello che più si avvicina alle vostre esigenze, quindi informatevi, chiedete le percentuali di parti fisiologici, cesarei e VBAC, ponendo più domande possibili, affinchè ogni dettaglio che vi interessa venga alla luce, sia per quanto riguarda travaglio e parto, che per quanto concerne la degenza vostra e del bambino.

Praticamente chiedete pure tutto ciò che più vi sta a cuore e se volete chiedete pure di farvi fare una visita alla sala parto.
Se non trovate tutto ciò che vorreste nella stessa struttura potete scrivere un PIANO DEL PARTO o BIRTH PLAIN (in seguito PDP), ossia una proposta rivolta alla struttura contenente esigenze e aspettative per il parto e per i giorni seguenti, preoccupandovi di farlo avere in pronto soccorso, in ginecologia ed ostetricia e, se presente, al nido.

Preoccupatevi soprattutto di trovare personale disposto ad ascoltarvi e a condividere con voi quello che state chiedendo, sottoscrivendolo insieme a voi e a vostro marito.

Io scelsi di stilare il mio piano del parto in occasione del VBAC, per essere sicura di aver predisposto tutto e non precluderne la riuscita (temevo fortemente qualche intervento esterno che mi avrebbe fatto male fisicamente e moralmente), ma credo di essere stata fortunata perché all’epoca, nell’ospedale che scelsi, lavorava un ginecologo veramente a favore del parto naturale dopo cesareo (non per nulla sua moglie è ostetrica e segue parti in casa), pertanto forse anche senza PDP sarei stata ascoltata ed indisturbata in tutto e per tutto, al fine di avere un parto ed una degenza quasi come a casa, come meritano tutte le donne e tutti i bambini

Ecco comunque come indicai le mie richieste:

Piano del parto di …

 “…Questo istante della nascita, questo momento di fragilità estrema, come bisogna rispettarlo!!
Il bambino è tra due mondi. Su una soglia. Esita.
Non fategli fretta. Non spingetelo. Lasciatelo entrare.
Che momento! Che cosa strana! Questo esserino che non è più un feto e non ancora un neonato.
Non è più dentro la madre, l’ha lasciata. Eppure lei respira ancora per lui.
E’ l’istante analogo a quello in cui l’uccello corre con le ali spiegate e poi di colpo, appoggiato sull’aria, volerà.
Quando si è staccato da terra, quando ha decollato? Non si sa.
Come non si sa dire quando la marea che sale comincia a ridiscendere.
Un momento ineffabile, impalpabile, il momento della nascita, quello in cui il bambino lascia la madre…”
Frédérick Leboyer

Premessa
Ho scelto questo Ospedale per via di alcune conoscenze personali che lavorano nell’ambito di codesta struttura e per le informazioni molto positive raccolte, sia per quanto riguarda travaglio e parto, sia per il secondamento e le pratiche neonatali.
Ho scritto infine questo piano del parto per illustrarVi le mie aspettative e considerazioni in merito alle suddette fasi della nascita del mio bambino.

Il mio percorso
Il 04/04/2001 è nata la mia prima bambina, Sophia, con taglio cesareo programmato per via della sua presentazione podalica.
All’epoca, nonostante la posizione della piccola fosse rimasta tale per tutta la gravidanza, né il mio ginecologo, né il personale dell’ospedale di Biella mi consigliarono tecniche naturali o altresì invasive per il capovolgimento del feto in tempi utili.
Io stessa comunque mi accuso di non aver cercato informazioni in tal senso, arrivando però piuttosto serena al giorno dell’intervento.
Soltanto dopo la nascita di Sophia, soprattutto nei primi giorni, colsi alcune sensazioni spiacevoli di impotenza, di distacco, di freddezza mia nei confronti della mia bambina: sentimenti che tutt’oggi mi porto dentro e che mi fanno desiderare con tutte le mie forze e sotto ogni aspetto un parto ed una degenza NATURALI per me e questa nuova creatura in arrivo.

Presupposti
Personalmente considero il parto non una patologia, ma un processo fisiologico; e, dunque, affinché un parto risulti facile, veloce e senza complicazioni, sono convinta che occorra rispettarne primariamente la fisiologia, creando le condizioni che permettano ai naturali processi (come la secrezione ormonale specifica) di attuarsi correttamente, senza interventi esterni.

In linea di principio, in base a quanto stabilito dall’art. 21 della Costituzione Italiana (libertà di opinione), dall’art. 2 e 13 della stessa carta (inviolabilità della propria persona) e dalla legge regionale Lazio n. 84 del 03-06-1985, volta a tutelare la dimensione psico – affettiva del parto, tenendo presente che il potere decisionale dei genitori rimane insostituibile ed insormontabile e che nessun atto sanitario può essere legittimamente imposto, richiedo che eventuali interventi, terapie e procedure mediche attive sia su di me che sul mio bambino mi vengano preventivamente spiegate (anche in caso di urgenza) e che il consenso finale spetti a me ed a mio marito.

Il travaglio

Vorrei avere la possibilità di muovermi liberamente, camminando a mio piacimento e assumendo le posizioni in cui sentirmi a mio agio;
Vorrei poter contare sulla costante e continua presenza e supporto di mio marito e dell’ostetrica;
Desidero non essere sottoposta a monitoraggio continuo, se non effettivamente necessario;
Vorrei poter mangiare e bere durante il travaglio se ne sento il bisogno;
Vorrei poter fare un bagno o una doccia, nel caso ne sentissi il bisogno;
Chiedo di non subire clisteri e rasatura del pube;
Chiedo che le membrane non vengano rotte artificialmente, se non in caso estremo;
Non voglio che il travaglio venga accelerato con flebo, gel o altro;
Non voglio somministrazione di anti-dolorifici o sedativi;
Desidero che venga rispettato il mio diritto ad un travaglio in ambiente protetto ed intimo, nel quale io mi possa esprimere liberamente, senza troppi elementi di disturbo, per questo vorrei che il travaglio si svolgesse in una atmosfera adatta alle sue necessità fisiologiche: dunque in semioscurità, silenzio, privacy, clima caldo;
Vorrei che le visite interne fossero ridotte al minimo indispensabile e che prima di effettuarle mi venga chiesto il permesso;
Desidero sentirmi libera di affrontare il dolore con vocalizzi, urla o altro.

Il cesareo
 se si arrivasse a valutare l’eventualità di un taglio cesareo desidero che prima mi siano spiegate nel dettaglio le motivazioni, dopo averle ottenute concederò l’eventuale consenso;
 anche in caso di cesareo d’urgenza desidero ricevere un’anestesia non totale che mi permetta di vedere il neonato appena uscito dalla pancia;
 desidero che il bambino venga trattato nella maniera più delicata e dolce possibile;
 vorrei che il bambino, se in condizioni di salute normali, venisse consegnato immediatamente al padre o alla persona che mi accompagna per essere poi consegnato a me non appena concluso l’intervento.

La fase espulsiva
 desidero poter scegliere la posizione che mi sembrerà più adeguata al momento dell’espulsione. Gradirei non sentirmi obbligata a partorire in posizione litotomica;
 desidero che tra la fine della dilatazione e l’inizio della fase espulsiva sia rispettata la fisiologica fase di transizione. Non voglio essere costretta a spingere a comando senza lo stimolo essenziale del “riflesso di eiezione del feto”;
 vorrei che la stanza, al momento del parto, fosse silenziosa, minimamente illuminata e ben riscaldata, e che le persone presenti fossero solo l’ostetrica dell’ospedale, il padre del bambino e l’ostetrica che mi accompagna;
 vorrei poter evitare qualsiasi intervento ostetrico operativo o invasivo (uso di ventosa, forcipe, manovra di Kristeller, etc:).

L’episiotomia
 non vorrei subire l’episiotomia: l’ostetrica potrà aiutare il mio perineo a dilatarsi naturalmente, assecondando la mia voglia di spingere ed eventualmente aiutandomi con olii e/o pezze calde. Preferisco, ammesso che questo accada, una piccola lacerazione spontanea.

Il secondamento e l’approccio al neonato
 gradirei che il bambino mi venisse consegnato immediatamente dopo l’espulsione e che ogni eventuale azione, su di me e su di lui, sia posticipata alla fine del secondamento e/o altro momento più opportuno;
 chiedo che il cordone ombelicale sia lasciato intatto fino all’espulsione della placenta;
 desidero attendere la fine del secondamento nella posizione che mi è più congeniale;
 desidero che si aspetti l’espulsione della placenta secondo i tempi fisiologici e senza somministrarmi farmaci per velocizzare l’espulsione;
 chiedo che al bambino sia praticata l’aspirazione oro-faringea solo se necessaria;
 ogni manovra o somministrazione di farmaci al bambino desidero che venga eseguita su consenso dei genitori e chiedo che la primaria assistenza neonatale sia effettuata accanto a me.

La degenza
 durante la degenza preferirei che il mio bambino rimanesse sempre con me, a meno che non sia io a chiedere il sostegno delle puericultrici;
 desidero che il bambino non sia immediatamente lavato, ma lasciato con il suo odore e ricoperto della vernice caseosa, prezioso elemento per la sua salute, che la sua pelle assorbirà naturalmente;
 nel caso sia io che il bambino fossimo in buona salute mi riservo di chiedere la dimissione precoce, nelle ore immediatamente successive al parto.

L’allattamento
 voglio essere libera di attaccare mio figlio al seno fin dai suoi primi istanti di vita, per tutto il tempo che mamma e bambino desiderano, contando sul massimo supporto e sostentamento del personale ospedaliero;
 conto sul fatto che a mio figlio non vengano somministrate sostanze quali latte artificiale, soluzione glucosata o succhiotti: in casi estremi, per l’aggiunta di latte, richiedo che si tratti di quello che potrò estrarre dal mio seno con un tiralatte.

Vi ringrazio anticipatamente, certa di trovare la Vostra comprensione e collaborazione, fiduciosa che le mie richieste saranno accolte, potendo disporre liberamente del mio corpo in questa esperienza così unica, intima, intensa e naturale che è il partorire.

Luogo, data e firma

Letto approvato e sottoscritto dal papà del nascituro

I miei allattamenti

Tutto comincia nel lontano 2001.
La mia prima bimba, Sophia, nasce con taglio cesareo perché podalica e tralascio i dettagli su quanto mi sono sentita presa in giro sull’argomento parto.

Ricordo perfettamente però che all’inizio non la sentivo davvero mia, la allattavo, la tenevo in braccio per un po’, ma poi la posavo abbastanza in fretta, come se fosse una bambola e in tutto ciò, anche se vagamente, ricordo che applicavo i consigli ricevuti in ospedale e da molta altra gente (mia madre compresa, perché la reputavo abbastanza esperta, avendo lavorato al reparto nido dell’ospedale per diversi anni e solo tempo dopo mi sono resa conto di quanto fossero assurde le sue affermazioni, visto che non aveva allattato né me, né mia sorella), su orari, tempi, ciucci, latte che va via, produzione aumentata bevendo birra, doppia pesata, bimbi che si viziano, bimbi che piangono solo per fame, e potrei continuare.

Dopo un mese però comincio a sentirmi davvero “mamma” e a provare piacere nell’allattare mia figlia, ma lei pare avere reazioni strane al seno: si agita, piange, la sera non ne vuol sapere di staccarsi… si calma solo col ciuccio, così comincio a pensare di non avere abbastanza latte e, come si può immaginare, in virtù dei consigli ricevuti, con mio enorme rammarico dopo circa 40 gg passo all’aggiunta di latte artificiale.

Prima di rinunciare del tutto all’allattamento al seno mi informo e gioco la carta della consulente IBCLC che c’è in zona, che mi consiglia di dare a Sophia l’aggiunta con il bicchiere e di attaccare la bimba il più possibile al seno; nel tentativo di farmi sostenere da mia madre (almeno fisicamente per qualche giorno, per potermi dedicare solo alla piccola) mi sento dire che sono pazza a dare da mangiare alla bimba con una tazzina invece di un biberon, che la faccio solo soffrire.

Sono abbandonata a me stessa, troppo insicura, troppo spaventata dalle circostanze, non ho nemmeno il supporto di mio marito perché disinformato più di me, non me la sento di risentire la consulente, e così, dopo qualche altro giorno di seno e biberon alternati, passo definitivamente al latte artificiale, piangendo… e delegando il più possibile il pasto col biberon a chiunque sia presente in quel momento, perchè mi sento fallita e incredula, dato che all’inizio avevo latte da vendere ed era partito tutto così bene (non una ragade, bimba che cresceva…).

Mi arrendo, ma resto con l’amaro in bocca… non mi basta vedere la bimba che cresce serena… nel mio profondo resta un dolore sordo e in attesa di essere rivendicato in qualche modo.

Passano 6 anni e finalmente, dopo una perdita precoce, arriva la gravidanza di Elettra, che desideravo da tempo.
Per prima cosa comincio ad informarVi sul vbac perché anelo con tutta me stessa a non ripetere l’esperienza del cesareo, per me e soprattutto per la bambina. Quale mondo nuovo mi si apre sul parto naturale!

Dopo tanti colloqui e conoscenze acquisite, mi faccio accompagnare da un’ostetrica (e naturalmente da mio marito, che mi ha supportata in tutto il percorso e creduto in me) e la mia bimba nasce in un ospedale a 40 km da casa, con tutta la naturalità possibile, senza interferenze, quasi senza essere toccata da mani sconosciute, in perfetta serenità.

Come per il parto, durante la gravidanza mi preoccupo di venire a conoscenza di tutto quello che è importante sapere circa l’allattamento al seno, perché sono decisa ad allattare ad ogni costo e così vado a qualche incontro tra mamme e consulenti e leggo “tutte le mamme hanno il latte” di Paola Negri e “l’arte dell’allattamento materno” della LLL.

Anche per quel che riguarda l’allattamento scopro che tutto quel che sapevo fino a quel giorno era…. sbagliato! E così fin dalla nascita della piccola Elettra non ascolto nessun consiglio, ma applico pedestremente quel che viene detto nei succitati libri, tengo la bimba attaccata al seno giorno e notte (e nemmeno all’ospedale osano allontanarla da me), non le do il ciuccio, appena piange la allatto, controllo solo pannolini bagnati e peso una volta a settimana (e cresce bel oltre i 125 grammi che dovrebbe prendere secondo gli standard).

Purtroppo appena torno a casa dall’ospedale, anche un po’ debole per via di una emorragia avuta dopo il parto, mi viene un tremendo ingorgo con febbre, ma lascio perdere tutto il resto e con il supporto telefonico di mia cugina (pediatra dell’ospedale dove ho partorito, molto competente in allattamento e ad oggi anche consulente IBCLC), attacco la bambina alla lupa, faccio impacchi caldi sul seno e sto a letto più che posso, perché IO VOGLIO ALLATTARE e nel giro di qualche giorno il seno si libera e attaccarla non fa più male, che sollievo!

La bimba in generale si sveglia molto di notte, di giorno è sempre in braccio (infatti inizio subito ad usare una fascia), ma non ho mai voglia di posarla, la sento mia da subito, siamo legatissime, è tutto diverso dalla prima volta, sono una persona nuova, so che la mia stanchezza è ripagata da quanto cresce bene e felice la mia bambina.

Intorno ai suoi 40 gg, forse reduce dalla brutta esperienza precedente, ho un momento di panico: alla pesata della settimana la bimba pare aver preso solo 80 grammi, ed io ho un crollo emotivo, temo che per qualche ragione il latte mi stia di nuovo andando via… è il mio destino? Eppure la piccola la allatto a richiesta, dorme beata, non piange…

Mi “salva” di nuovo mia cugina, la pediatra più in gamba della terra. Mi dice di non guardare il peso, ma solo i pannolini, che forse è stata una pesata sbagliata, che in un mese ha preso 1600 grammi e quindi forse ha rallentato un po’, insomma ci sentiamo ogni giorno e ogni giorno racconto come va e vengo supportata e rassicurata e così supero la crisi, la bimba sta bene, continua a crescere.

Il nostro allattamento continua alla grande, non offro mai acqua o un biberon di LA o tisane, la consolo poppando per ogni cosa, coliche, sonno, stress della giornata, le notti sono piene di risvegli… tanti risvegli, anche 10/12 per notte… la piccola vuole solo poppare e dormire poppando… poppare dormendo… io sono esausta per interi giorni consecutivi, ma non mollo, so che sto facendo la cosa giusta, so che la sua felicità sarà la mia, so che il nostro legame è insostituibile.

E così passano i mesi: quando Elettra ne ha 8 torno a lavorare e la porto dalla nonna, 8 ore al giorno quasi da subito. Mia madre è preoccupatissima: crede di doverle dare un biberon di latte in mia assenza, crede che la bimba piangerà senza un ciuccio, crede tante cose…

In realtà, nonostante lo svezzamento quasi inesistente, poichè la piccola si nutre ben poco di cibi solidi (i nostri, perché ho iniziato a darle le pappe come tradizione vuole, ma lei ci ha messo poco a farmi capire che voleva quello che avevamo noi nel piatto!), prediligendo sempre il seno, si adatta presto alla nuova routine: mangia a spizzichi durante il giorno con la nonna, assaggiando comunque di tutto (poi la sera e la notte fa il pieno di latte di mamma) si addormenta senza seno, beve dal bicchiere, non ha bisogno di altri sostituti del latte né tantomeno di biscotti ipercalorici e la nonna resta stupefatta e si convince di quanto le avevo prospettato e di tutto il mio lavoro fatto fino ad allora, affinchè la bimba venga allattata esclusivamente con latte materno e senza altre forzature.

Unica nota leggermente dolente: avevo iniziato intorno ai 5 mesi della bambina a tirarmi il latte, affinchè mia madre potesse averne un po’ di scorta in freezer per le emergenze, ma Elettra non ne ha voluta una goccia, né col bicchiere, né col beccuccio, né caldo, né freddo… voleva il latte di mamma, direttamente dalla fonte!

L’esperienza però mi ha insegnato che, nonostante la mia enorme difficoltà a tirarmi il latte, non poteva assolutamente essere che il latte non ci fosse perché la bimba invece poppava felice e cresceva e che quindi le 2 cose non sono collegate.

Il nostro allattamento procede: Elettra resta una bimba molto esigente ed ad alto contatto fino a 2 anni inoltrati, finchè comincia l’asilo (2 anni e 4 mesi) e, forse per problemi di dentizione o di adenoidi (da lì infatti comincia a respirare male, ad ammalarsi di continuo e ad avere problemi di orecchie), forse per mera casualità, inizia a poppare male, sento dolore quando si attacca, mi pare che non succhi il latte ma resti solo appesa al seno e pertanto le chiedo costantemente di ciucciare bene o di staccarsi e riprovare.

Inoltre la notte si sveglia di nuovo moltissimo, almeno ogni 2 ore, se non ogni 45 minuti e quel continuo ciucciare male mi dà molto fastidio ai capezzoli e non mi lascia riposare.

La cosa continua così per altri 4/5 mesi: io a volte sono sofferente, altre sono paziente, ma non ci sono variazioni o miglioramenti, io non sento più la calata del latte che avevo sempre sentito sino ad allora, mi innervosisco perché Elettra si attacca spesso e male ed un fatidico giorno, nel sonno, mi morde molto forte, fino a far sanguinare il capezzolo.

La sera successiva, con mio enorme dispiacere ed andando un po’ contro la mia volontà, decido di dire alla bimba che ho molto male e che quindi non può più poppare. I primi minuti serali sono stati difficili, ma alla fine abbiamo risolto l’addormentamento con una storia, un po’ di tv e come sempre tante coccole e nanna insieme, riscoprendo un nuovo modo di amarci da lì in poi.

Avrei preferito che fosse lei a lasciare il seno, e magari oltre i 31 mesi, ma nonostante l’interruzione brusca non ho avuto alcun ingorgo e perciò a posteriori ho pensato che la piccola non prendesse più il latte da diverso tempo e che quindi un nuovo modo di amarci non doveva farmi sentire in colpa.

Elettra cresce, resta una bimba esigente e ad alto contatto, ad altissima richiesta, (infatti la notte si sveglia ancora, per cui ho conferma che i risvegli non sono dovuti alla tetta!) tanto che da quando è nata penso di chiudere definitivamente con le gravidanze, ma poi, un giorno, forse per via di un altro aborto (quando Elettra non aveva nemmeno 2 anni, una gravidanza inaspettata, ma poi accolta con gioia), rinasce dentro di me la voglia di un neonato, di un esserino da accudire ed allattare.

E’ così che nell’estate 2013 cerchiamo un altro gioiello da amare… e con enorme gioia di tutti scopriamo che si tratta proprio di un’altra femminuccia e, indecisi sul nome ed in virtù di alcune coincidenze, nasce Diamante Adele e stavolta con parto in casa.

Che dire… dopo 36 ore arriva già la montata lattea, io sono serena, al settimo cielo per questa nascita naturalissima e ormai non ho più alcun dubbio! La piccola è una ciucciona nata, cresce a vista d’occhio, è esigente ma non troppo, un po’ un mix delle 2 sorelle. A volte dorme beata nella sdraietta, a volte nella fascia, senza tanti problemi so che tetta e contatto sono il meglio per lei (e per me).

L’attacco spesso a rugby per drenare il seno all’interno e lei si lascia posizionare come preferisco pur di ciucciare.
Scopro anche che ha bisogno di meno latte zuccherino e quindi per 2 giorni le offro per 4 ore sempre lo stesso seno e questo mi aiuta a diminuire la produzione e a far sì che la notte la piccola riposi meglio, senza lamenti per la digestione.

E poi la sera, mi accorgo per caso che non riesce ad addormentarsi se mi sdraio o mi siedo per darle il seno, ma che si rilassa solo se la tengo in fascia in verticale con seno a portata di bocca: nel giro di pochi minuti si addormenta e riesco anche a posarla per un poco senza che si svegli.

Il nostro allattamento prosegue senza intoppi, anche se intorno ai 6 mesi una mattina mi sveglio con un ingorgo. E’ molto doloroso e mi abbatte fisicamente, ma attacco la bimba più spesso da quella parte e nel giro di 24 ore tutto torna come prima e alla mia Diamante viene dato presto il nomignolo di “bella balena” da quanto cresce bene!

Quando ha 9 mesi torno al lavoro e lei, come le sorelle, viene accudita tutto il giorno dalla nonna, che è ormai reduce dall’esperienza precedente e non si fa più tanti problemi: mi tiro un po’ di latte, giusto per tamponare i primi giorni in cui la lascio solo al mattino, ma anche con lei scopro che devo buttarlo via, perché non ne vuole sapere di berlo in alcun modo. La nonna le prepara le pappe in modo classico, invece a casa io applico da subito “l’autosvezzamento”, in cui offro solo il nostro cibo, sano e ben cucinato e lei assaggia qualche boccone, prediligendo sempre e comunque la tetta. Anche a lei non offro mai biberon e sa bere sin da subito dal bicchiere.

Diamante, per quanto amante del latte di mamma, al contrario si dimostra non troppo interessata al cibo solido, assaggia di tutto, ma proprio in quantità minime ed infatti intorno all’anno rallenta decisamente la sua crescita.

Oggi la piccola ha 2 anni e 4 mesi e naturalmente ciuccia ancora e per fortuna bene, senza darmi fastidio o dolore; non ha mai un grande appetito quando è a tavola, ma esattamente come con la tetta, che resta la base della sua alimentazione (anche se ci vediamo solo mattino e sera) stuzzica diverse volte al giorno (un grissino, 2 fette di un frutto…) ed io so che si auto-regola benissimo da sola.

Le notti con lei, al contrario di quanto accadeva alla stessa età con Elettra, sono molto più facili e gestibili; nonostante ricerchi il seno per addormentarsi ogni volta che si sveglia, adesso si accontenta anche delle coccole del papà quando vede che mi alzo al mattino, pur di restare a dormire ancora un po’.

Sono felice perchè lei è felice. Il seno è diventato anche punto di sfogo e rassicurazione quando torna dall’asilo, quindi non glielo nego mai. Al contrario quando siamo a spasso è così distratta che nemmeno si ricorda!
Spero di allattarla ancora a lungo, così a lungo da far sì che un giorno si ricordi quello che invece Elettra e naturalmente Sophia hanno già dimenticato di questi momenti solo nostri, unici, magici, di mamma e figlia che con così poco creano senza accorgersene un rapporto speciale.

Allattare non è solo nutrimento.

Partiamo dall’inizio… siamo semplicemente mammiferi

A scuola, fin dalle elementari, la maestra ci ha spiegato la classificazione degli animali, divisi tra mammiferi, ovipari, ovovivipari ecc, ma forse non abbiamo mai veramente collegato e realizzato come si comporta un mammifero e come dovrebbe comportarsi quindi anche l’uomo. Ricordo bene che la prima cosa che viene detta per insegnare a distinguere i mammiferi dagli altri animali è che il mammifero allatta i piccoli… ma le differenze sono molte e purtroppo la società di oggi tende a non considerarle più valide come metodo di accudimento per i cuccioli d’uomo.

Intanto partiamo dalla grande scoperta che feci dopo il primo allattamento fallito, leggendo “Tutte le mamme hanno il latte” di Paola Negri, che già dal titolo la dice lunga e poi molto altro con “Abbracciamolo subito” di Michel Odent e “Besame mucho” di Carlos Gonzales, per citare alcuni esempi.

Facciamo un esempio pratico: mamma gatta per partorire si isola, cerca un posto sicuro e non lascia avvicinare nessuno. Poi lascia che i cuccioli appena nati cerchino da soli i capezzoli e non interferisce nel loro istinto di succhiare finchè hanno voglia e quante volte desiderano, li lascia da soli solo per cercare cibo, ma poi torna sempre a soddisfare il loro bisogno di latte, di coccole, di presenza rassicurante.
Invece noi? Solitamente il nostro parto avviene in ospedale, circondate da estranei, da gente che tocca il nostro piccolo, che interferisce con l’imprinting, che ci dice di non viziarlo tenendolo troppo al seno o in braccio, proponendo surrogati che non esistono in natura, come ciucci, biberon, passeggini, culle dondolanti, di cui in realtà il cucciolo d’uomo non ha assolutamente bisogno.

Il cucciolo d’uomo, nonostante il progresso, la tecnologia, la medicina e quant’altro, è sempre stato e resta un piccolo mammifero, ancora più indifeso e in cerca di protezione di un qualsiasi altro! Infatti il suo DNA prevede tuttora che pianga se lasciato solo, o addirittura anche solo posato per un istante, perché il suo istinto crede ancora che la sua sopravvivenza sia possibile solo se accanto alla mamma, per succhiare al seno (nutrimento) e per stare tra le sue braccia (coccole e salvezza dalle belve feroci… esattamente come milioni di anni fa).

Ho scoperto sulla mia pelle che il bambino non ha bisogno d’altro. La mamma che accudisce il suo piccolo tenendolo nel lettone di notte, in braccio di giorno, al seno quando e quanto vuole, non sta facendo altro che accudire, non viziare.
Ed esattamente come accade ancora tutt’oggi in diverse comunità del mondo e per molti mammiferi animali, la mamma i primi tempi avrebbe bisogno del supporto pratico (ed emotivo) delle altre donne di famiglia, perché nessuno nega che crescere un bambino non sia faticoso! Spesso e volentieri c’è anche un altro bambino da accudire, a cui serve un pranzo e dei vestiti puliti, per cui la mano costante di un altro adulto è preziosa, proprio per far sì che invece il nuovo nato possa avere tutte le attenzioni della madre.

La società che invece spinge le madri a lasciare al più presto il bambino ad altri, lo fa solo per interessi commerciali, per vendere biberon, per vendere culle, per far sì che le madri tornino al lavoro al più presto e collaborino all’aumento del PIL, perché possano andare in palestra e dal parrucchiere… sempre per far girare l’economia a mio dire: tutte cose che ad un bimbo appena nato (e anche più cresciuto!) non servono, ad un bimbo non interessa che la madre sia all’ultima moda, ma che sia semplicemente presente.

Quello che ho imparato a ricordare, ogni volta che mia figlia di 2 anni piange, è che non è lei a sbagliare, a fare i capricci, ad essere terribile, ma che sono io a dover imparare a rispettare i suoi bisogni, le sue richieste di attenzione, perché la natura non sbaglia, la natura SA cosa sia meglio per lei.
Certi giorni, nel mio caso da sola e da subito, è davvero dura fare la mamma mammifera… ma è anche vero che allattare di notte e avere un bimbo nel lettone è meno faticoso di alzarsi 10 volte per 10 biberon, o per 10 ninne nanne e che fare la spesa o passeggiare con un bimbo nella fascia è più facile e più sicuro anche per lui, perché non respira i gas delle auto, non tocca carrelli pieni di microbi, se piove se ne sta sotto l’ombrello con la mamma.

Fare la mamma ad alto contatto, non è una scelta di vita new age, è solo agire secondo natura…

L’allattamento al seno non è solo nutrimento

Da tempo rifletto su questo argomento, perché allatto la mia terza figlia da oltre 2 anni e ormai spesso mi sento dire che dovrei smettere, o che LEI dovrebbe smettere, per i motivi più disparati: è solo un vizio, non le serve perché mangia altro, così potrei lasciarla dormire dai nonni ecc.

Partiamo dai vizi: per me i vizi sono abitudini ben diverse dal poppare al seno! Bere e fumare sono vizi, oppure lasciare sempre una cosa al posto sbagliato è un vizio che andrebbe corretto, oppure stare sul divano davanti alla tv per ore anche d’estate è veramente un brutto vizio.

Poi c’è qualcuno che osa commentare che “ha sempre la tetta in bocca”, ma l’avverbio sempre è veramente soggettivo: per me 1 volta al mattino, 3 la sera e qualche ciucciata notturna non significano sempre, oltre a dover ragionare sul fatto che la mia bimba durante la settimana non mi vede tutto il giorno, per cui avrà ben diritto di chiedermi di poppare 3/4 volte nel giro di 3/4 ore prima di andare a dormire, no? Ed infine sull’avere o meno la tetta in bocca svariate volte vorrei far notare che noi adulti abbiamo all’incirca lo stesso “vizio” se consideriamo quante volte al giorno mettiamo in bocca una caramella, beviamo un caffè, beviamo un sorso d’acqua, facciamo uno spuntino, facciamo aperitivo prima di cena, beviamo un altro caffè. Questi gesti quotidiani non sono forse paragonabili a 4/5 poppate di un bimbo di 2 anni?

Parliamo poi del cibo solido a confronto con il latte materno: io sono stata una bambina non allattata al seno, fino a 8 anni circa non mi è mai piaciuto mangiare, non avevo fame, non assaggiavo nulla e chiedevo solo di bere latte (di mucca) e biscotti, finchè non è scattata una molla che mi ha fatto capire quanto è gustoso mangiare. Però sostanzialmente non sono mai stata deperita, qualche boccone di frutta qua e là lo mandavo giù e nessuno ha mai osato dire a mia madre che per me era giunto il momento di smettere di bere latte! Quindi mi chiedo perché mai dovrebbe essere diverso per una bimba allattata al seno, che è il cibo più naturale per un bambino (come lo è il latte della sua specie per ogni mammifero), che gode di ottima salute, assaggia poco ma di tutto ed è felice.

Avrei da disquisire anche sul dormire fuori casa: a volte sarebbe comodo lasciare la bimba dai nonni, le eviterebbe la levataccia mattutina o di prendere freddo se è malata, ma… i bambini devono stare con la mamma! L’allattamento al seno prevede che un bimbo poppi anche di notte proprio perché in natura è previsto che il cucciolo d’uomo stia con la mamma il più possibile, goda della sua presenza e del suo contatto per una crescita intellettiva migliore, per sentirsi al sicuro e un giorno diventare una persona saggia ed indipendente. Il cucciolo d’uomo crescerà e diventerà un bambino, un ragazzo, non resterà per sempre attaccato al seno della mamma, anzi. Diamo tempo al tempo.

In sostanza l’allattamento non è solo nutrimento: l’allattamento al seno offre protezione, consolazione, risposo, richiama la mamma che si distrae per mille impegni, ovviamente offre pappa finchè non si gradiscono gusti diversi ed inconsciamente offre tempo per abituarsi ad essi senza costrizioni ed aeroplani che imboccano.

Allattando spesso ci si sente “usate come un ciuccio“? Non è proprio così: in natura il ciuccio non cresce sugli alberi! E’ il ciuccio ad essere un surrogato della tetta, ad essere una comodità della società moderna, che vuol mettere un tappo al bambino che chiede la mamma. La scoperta dell’acqua calda è che i bambini crescono bene e felici anche senza ciuccio, loro non sanno che esiste, loro chiedono solo le giuste attenzioni di chi li ha messi al mondo.

L’allattamento al seno è raccomandato dall’OMS (organizzazione mondiale della sanità http://www.allattare.info/) fino a 2 anni e finchè mamma o bambino lo desiderano. L’allattamento al seno è importante per il bambino, ma anche per la mamma, che nell’offrire nutrimento ed anche quanto sopra citato supera meglio la depressione post-partum, dimagrisce, si sente appagata ed utile, diminuisce la percentuale di probabilità di avere un tumore al seno.

L’allattamento al seno non è solo nutrimento per il corpo, ma anche per l’anima di chi allatta e di chi è allattato.